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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1923 (1)

L'ITALIA FASCISTA - NUOVE LEGGI - LE RIFORME - IL LAVORO

L'ITALIA FASCISTA - LE LEGGI PER LA DIFESA DELLO STATO - LA LEGGE SULLE ATTRIBUZIONI DEL PRIMO MINISTRO - LA LEGGE CONTRO LA MASSONERIA - LA PENA DI MORTE - IL TRIBUNALE SPECIALE - LE FORZE ARMATE - L'IMPIEGO DELLE FORZE ARMATE - LE RIFORME FINANZIARIE - LA POLITICA TRIBUTARIA - L'ORDINAMENTO CORPORATIVO - I SINDACATI - LA MAGISTRATURA DEL LAVORO - IL MINISTERO DELLE CORPORAZIONI - LA CARTA DEL LAVORO - LE ASSICURAZIONI - LE PREVIDENZE
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Mi addentro in uno dei periodi più polemici della storia d'Italia; le fonti sono tante, troppe, molto spesso lacunose e altrettanto quelle faziose. Qui preferiamo non attingere a nessuna fonte a favore o a sfavore, ma riportare solo i testi ufficiali di quel periodo che sono in fin dei conti quelli che hanno letto gli italiani dal 1922 al 1943. Ognuno tragga da sé (pro o contro) le sue conclusioni.
Come diceva Napoleone: "La storia non è metafisica; non può essere scritta con la fantasia, occorre prima apprenderla". E tutti sappiamo che esiste una storia oltre la storia dei libri, ed è quella dei documenti.
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(queste LEGGI varate nel primo periodo del Fascismo (1923) sono state successivamente aggiornate, e per non ripeterci nel parlarne all'atto della loro gestazione o modifiche, i testi sono ripresi dal Consuntivo Ufficiale Pubblicazione Nazionale dell'anno 1928; trattano le leggi che riportiamo, la loro storia, la natura delle stesse, i commenti ufficiali)
(Un'altra intera e completa sintesi "ufficiale" è poi quella del 1936)
(i testi sono integrali e fedeli alla citata "pubblicazione" che possediamo in originale)

"L'ITALIA FASCISTA"

"Nel memorando discorso di Udine, che contiene in germe alcune delle linee essenziali della grande trasformazione operata dal Fascismo sulla Nazione e sullo Stato Italiano, Benito Mussolini ebbe a dire : «Quello che il Fascismo sinora ha fatto è opera negativa. Ora «bisogna che ricostruisca. Così si parrà la sua nobilitate, così si parrà la sua forza, il suo animo». L'insonne artiere della Rivoluzione ben intuiva sin d'allora il compito grandioso e tremendo che attendeva il Fascismo, ben presagiva lo sforzo magnifico che era necessario compiere perchè la nuova Italia (nuova nelle forme, ma più ancora nello spirito animatore di cose grandi e possenti) potesse sorgere in cospetto alle Nazioni del mondo a testimoniare la volontà imperitura della razza degna oggi di raccogliere il retaggio spirituale dei suoi eroi, dei suoi profeti, dei suoi martiri.

Lentamente, con opera assidua, instancabile, penetrante nelle intime fibre della compagine nazionale, il Fascismo - sotto la guida del suo Duce invitto - va effettuando l'opera di selezione, di rinnovamento, di potenziamento della nostra stirpe, ed oggi - alla distanza di soli sei anni dalla Marcia su Roma - già appaiono gli effetti mirabili, ancorchè non definitivi, e già di un popolo disgregato, avvelenato in parte dalle utopie sovversive, scettico dell'avvenire, il Fascismo ha saputo fare una Nazione alacre, compatta, disciplinata, fortemente unitaria che guarda al futuro con occhio calmo e fiducioso, consapevole della forza e della saggezza della mente che la guida e la protende verso le radiose immancabili mète del suo destino.
Scopo di queste brevi pagine è di lumeggiare - in rapida sintesi - ciò che il Regime ha compiuto in sei anni di potere. L'opera non è terminata, nè poteva esserlo, ma già da qualche fatto, chiara si delinea l'architettura gigantesca del nuovo edificio che sulle rovine del mondo democratico liberale la dottrina fascista senza tregua va costruendo in Italia.
È evidente che con la conquista del potere (fine di ottobre 1922) cominciava la vera e propria conquista dello Stato. Giustamente osserva Balbino Giuliano ("La formazione storica del fascismo in Mussolini e il suo Fascismo" Le Monnier. Firenze) ) che lo scopo immediato del Governo fascista era di modificare il rapporto fra libertà e autorità; rapporto che i Regimi antecedenti avevano assolutamente falsato. Essi avevano sempre sostenuto la libertà degli individui contro l'autorità sovrana dello Stato. «Ora il Fascismo affermava un concetto politico precisamente antitetico, affermava cioè che l'interesse dello Stato supera tutti gli interessi individuali e che quindi esso ha il pieno diritto di pretendere dagli individui l'iniziale atto di devozione".
Ogni individuo pertanto «deve subordinare all'interesse dello Stato il suo particolare interesse egoistico, perchè l'interesse di quello, assicurando la disciplina necessaria allo sviluppo di tutte le attività produttive è condizione indispensabile all'appagamento di tutti gl' interessi individuali».
È questo in fondo il leit-motiv, il motivo conduttore e animatore di tutta la legislazione fascista: l'interesse dell'individuo sottoposto a quello determinato dalle superiori esigenze della Nazione, della razza, della civiltà.

LE LEGGI PER LA DIFESA DELLO STATO
LA LEGGE SULLE ATTRIBUZIONI DEL PRIMO MINISTRO
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Forte di questi principi e con la mira precipua alla formazione di un potente Stato unitario, il Fascismo impersonato in Benito Mussolini e nei suoi collaboratori, iniziava la sua opera rivoluzionaria. Infranti i partiti che operavano fuori della vita spirituale della Nazione, esso cominciò ad esplicare un graduale processo di attività legislativa per concretare in una serie di principi giuridici le conquiste ideali del Fascismo. Pur riallacciandosi, per quanto era possibile alle migliori tradizioni della nostra storia e della nostra civiltà, il Fascismo fece opera essenzialmente rivoluzionaria, creando nuovi rapporti fra gli elementi costitutivi dello Stato e cercando di risolvere (attraverso riforme geniali e originalissime) quei contrasti di classe che rappresentano ancora la preoccupazione e l'assillo più vivo di tutti i governi della terra.
Ma prima di descrivere i lineamenti del nuovo Stato corporativo che la Rivoluzione va costruendo ed elaborando in tutti i suoi particolari sarà opportuno di gettare un rapido sguardo sopra gli altri elementi della vita statale a cui il Fascismo va dando nuovi impulsi nell'intento di potenziare le forze della Nazione tutta quanta. E cominciamo dalla legge sulle attribuzioni del Capo del Governo Italiano. Con questa il potere esecutivo «rivendica a sè il diritto di autoorganizzazione, già concesso del nostro costituzionalismo parlamentare agli altri due poteri dello Stato». Essa restituisce al principio della divisione dei poteri «la purezza originaria con cui fu concepito dalla mente di Montesquieu».
«In sostanza la soluzione fascista, apparentemente « accentratrice dispotica, si riconnette alla necessità
« generale di epurare l'orbita d'azione del potere ese« cutivo dalle irrazionali ingerenze del Potere legislativo ».
Non è la dittatura che si esprime nel nuovo istituto, posto al vertice della piramide dei poteri dello Stato; ma una vigorosa interpretazione dello spirito della costituzione attraverso lo spirito della Rivoluzione, poichè, per l'una e per l'altra, il solo Capo del Potere Esecutivo è il Re e al Capo del Governo, responsabile della politica totalitaria della Corona, spetta quindi il diritto di organizzare e modificare la ripartizione degli affari amministrativi dello Stato" ( "Opere e leggi del Regime Fascista". IV vol. Roma, Italica, 1927).

LA LEGGE CONTRO LA MASSONERIA

Alle leggi istituite per la difesa dello Stato, appartiene quella contro la Massoneria, per la quale il Governo fascista - primo fra tutti i governi del mondo - ha preso coraggiosamente posizione contro la setta che con le sue misteriose, sotterranee ingerenze minava l'indipendenza e la libertà dello Stato. Ed è sopratutto in difesa della libertà sua propria e di quella dei cittadini che esso ha assunto tale posizione di lotta, non essendo pensabile che lo Stato supremo moderatore della vita civile debba subire influenze e pressioni da parte di poteri occulti che «tessano intorno agli organi più delicati, attraverso i quali si adempiono lo sue funzioni, fitte e subdole reti di interessi, sovente poco utili, e che, comunque, non possono e non debbono sovrapporsi od intersecarsi in quelli supremi della Nazione».
Contro coloro che hanno vantato e vantano le benemerenze storiche della Massoneria, un illustre studioso del Risorgimento, Alessandro Luzio, dopo accurate ed esaurienti ricerche condensate in notevolissimo saggio storico apparso in questi ultimi tempi, ha espresso la sua imparziale «salda convinzione che alla Massoneria pochissimo debba l'Italia, molto possa invece temerne pel suo nazionale avvenire».

Del resto pure ammettendo che, durante l'epoca del Risorgimento, la Massoneria abbia svolto - in misura maggiore o minore - il suo utile compito storico patriottico, ai nostri giorni essa costituiva un anacronismo che non poteva trovare giustificazione veruna nelle esigenze politico-sociali dell'odierna vita nazionale. La sua attività pertanto erasi ristretta da un lato in un sistema grettamente utilitario ed egoistico di favoritismi vicendevolmente concessi ai suoi adepti, dall'altro in un pericoloso e vergognoso servilismo verso lo straniero. Nè occorre a quest'uopo richiamare alla memoria del lettore il famoso Congresso massonico di Parigi del 1917, nel quale gli alti esponenti di Palazzo Giustiniani non ebbero scrupolo di compromettere con un'azione extrastatale le future trattative di pace.

LA PENA DI MORTE - IL TRIBUNALE SPECIALE

La suprema necessità della difesa dello Stato, contro qualunque assalto diretto ad abbatterne o anche semplicemente sminuirne la potenza, ha poi trovato il sussidio più saldo in quel complesso di leggi e di disposizioni di carattere preventivo che hanno portato alla riforma della legge di Pubblica Sicurezza e all'istituzione di corpi di Polizia investigativa alle dipendenze dei comandi di legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Nell'ordine repressivo invece sono da menzionare quattro provvedimenti importantissimi: lo scioglimento di tutti i partiti sovversivi, la sospensione dei giornali pericolosi per l'ordine pubblico, per la tranquillità dello Stato; la proroga per altri quattro anni della legge per l'epurazione della burocrazia, e l'istituzione della pena di morte.
Per l'articolo 1° di questa legge, la pena di morte è comminata a chiunque commetta un fatto diretto
contro la vita, 1' integrità o la libertà personale del Re, del Reggente, della Regina, del Principe Ereditario o del Capo del Governo.
Per l'articolo 2° sono egualmente puniti con la pena di morte i delitti contro la sicurezza dello Stato, i crimini, in genere, di alto tradimento.
Gli altri articoli non concernono la pena capitale, sebbene si riferiscono a provvedimenti eccezionali «atti a fronteggiare, con l'esemplarità del magistero punitivo, reati connessi ai precedenti».
L'articolo 4° reprime l'attività criminosa delle organizzazioni sovversive, l'articolo 5° punisce il cittadino che, fuori del territorio dello Stato diffonde comunica voci e notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne dello Stato, per modo da menomarne il credito o il prestigio all'estero, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agl'interessi nazionali. È evidente che l'articolo 5° è essenzialmente destinato a reprimere l'attività criminosa del fuoruscitismo.
Degno di nota è infine l'articolo 7° che istituisce un Tribunale speciale per i delitti contro la sicurezza dello Stato, formato da un Presidente e da cinque giudici scelti, quello tra gli ufficiali generali delle forze armate dello Stato, questi fra i consoli della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Il Tribunale è unico per tutto il Regno, ma può dividersi in più sezioni e può tenere le sue udienze tanto nella sede assegnatagli quanto in qualunque Comune del Regno. Si tratta in fondo di un Tribunale militare ed è logico pertanto che esso segua le norme della procedura penale militare.

LE FORZE ARMATE NEL REGIME FASCISTA
IL CONCETTO UNITARIO NELL'IMPIEGO DELLE FORZE ARMATE
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Il principio rigidamente unitario, che presiede alla concezione dello Stato fascista si rivela altresì nelle riforme degli ordinamenti militari promesse dal Governo Nazionale.
Partendo dal fatto storico della vittoria, conseguita dalle armi italiane contro lo straniero durante la guerra mondiale, Mussolini, nel riorganizzare e rivalutare le forze armate, intese sopratutto di riaffermare e potenziare lo spirito della vittoria; questo Egli giudicò, fin dai primo giorno del suo avvento al Potere, necessità fondamentale e imprescindibile dello Stato Italiano. Per raggiungere questo scopo Mussolini comprese che bisognava considerare il problema dell'organizzazione militare con sguardo unitario, che bisognava "ridurre a un solo governo, a un solo comando, le vecchie autarchie
militari".

Tutte le armi sono considerate dal Fascismo reciprocamente unitarie giacchè uno solo è l'Esercito, sulla terra, sul mare e nel cielo. Questo volle significare la creazione di un comando di Stato maggiore generale. Senonchè, pur rimanendo inalterato il concetto unitario del fine e del comando, il Duce, non appena assunto il Governo, attuò un provvedimento organico di notevolissima portata e cioè la separazione dell'Areonautica dall'Esercito e dalla Marina. Egli che, trovata l'aviazione in uno stato di miserevole abbandono, intese subito a promuoverne il rapido risorgimento, stimò necessario per accelerare la rinascita, che l'Areonautica - "la quale ha spirito, mentalità, tradizioni ed esigenze tutte proprie - avesse a costituire un'arma a sè, retta da un R. Commissario, che divenne poi un Ministero".
Ed Egli stesso, il Duce, assunse la Direzione suprema de1 nuovo organismo. Quindi il Fascismo procedette alla grande opera del riordinamento.
Ma ecco che fra le gerarchie superiori si manifestano dissensi preoccupanti ed evidente si rivela la tendenza dì ciascuna branca delle forze armate, "a risolvere il Proprio problema senza preventivamente ricercare formule di relazione con le esigenze parallele delle altre forze armate, e con le possibilità complessive della Nazione". Fu allora che Benito Mussolini intervenne direttamente nella questione fissando egli stesso le basi granitiche per il coordinamento dei programmi militari fra loro e con le energie potenziali dello Stato.
Mussolini pronunziò al Senato il mirabile discorso che fu il punto vero di partenza dei nuovi studi e delle nuove riforme.
" L'efficienza bellica della Nazione - egli disse fra l'altro - è il risultato supremo di tutte le forze storiche e attuali di un popolo. Dico tutte ! L'elettrificazione dì una ferrovia, che riduce il nostro fabbisogno di carbone, è un aumento della efficienza bellica della Nazione. La bonifica di una palude che riduca la nostra necessità di pane, è un aumento della efficienza bellica della Nazione. E dico storiche, perchè anche le forze storiche giocano profondamente nel destino dei popoli. Sapete voi che cosa vuol dire per la tradizione guerriera della Francia avere Napoleone agli Invalidi? E d'altra Parte tutte le forze economiche, politiche, militari, un alto grado di cultura sarebbero insufficienti, se il popolo sì fosse adagiato in un benessere edonistico e vile, e non fosse più capace di dare lo sforzo guerriero necessario.
« L'efficienza bellica della Nazione è quindi il dato complesso risultante non dalla semplice somma, ma dalla coordinazione armonica dell'efficienza dell'Esercito dell'efficienza della Marina, dell'efficienza dell'Aviazione. E l'efficienza bellica di ognuna di queste tre armi è un dato risultante non dalla semplice somma, ma dalla coordinazione e dall'impiego armonico di questi fondamentali elementi: quadri, truppe, macchine".

Ecco qui delineata (con la consueta prodigiosa chiarezza che il Duce porta in tutte le questioni - le più disparate) la ferrea concezione unitaria della vita militare di un paese. Il carattere di questo scritto non ci consente di diffonderci in minuti particolari di indole tecnica sull'azione riformatrice del Governo nel campo delle forze armate nazionali. Qui diremo che fin dal primo anno dell'avvento al potere di Mussolini, dal gennaio 1923 fu istituita una Commissione suprema di difesa insieme con un Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale, divenuto poi Comitato per la mobilitazione civile.
Dopo, Mussolini, attuando in pieno l'enunciata concezione unitaria, assunse egli stesso la suprema direzione degli affari dell'Esercito della Marina e dell'Areonautica. Contemporaneamente provvedeva ad istituire la carica di Capo di Stato maggiore, che mira a coordinare in pace la preparazione tecnica di tutte le forze armate, così come in guerra dovrà necessariamente coordinare il loro impiego.

La legge dell' 8 giugno 1925 aveva abbinato in una medesima persona le cariche di Capo di Stato Maggiore generale e di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Ciò aveva prodotto, nella pratica applicazione, alcune incertezze che vennero eliminate dalla legge più recente del febbraio 1927, la quale pur rispettando il concetto fondamentale dell'unità nella preparazione tecnica militare, separa la persona del Capo di Stato Maggiore generale, da quella del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Per questa riforma al Capo di Stato Maggiore Generale "spetta la formulazione delle linee maestre" del piano complessivo di guerra e la conseguente definizione della parte a ciascuna forza spettante. Gli elementi politici e tecnici per questi alti studi saranno forniti al Capo di Stato Maggiore generale, in parte dai Capi
di Stato Maggiore delle singole forze armate, in parte dal servizio delle informazioni militari, in parte dallo stesso Capo del Governo.
Infine il Capo di Stato Maggiore generale sarà consultato dal Capo del Governo nelle più importanti questioni coloniali.

Fra le molte realizzazioni del Fascismo in materia militare, menzioneremo l'unificazione del servizio delle informazioni, l'unificazione del servizio chimico militare per i Ministeri della Guerra, della Marina, dell'Areonautica, l'istituzione di una Commissione unica di acquisti relativi al vettovagliamento, vestiario, equipaggiamento ecc.
Con Decreto 11 marzo 1926 unificavasi la parte del servizio sanitario riguardante gli accertamenti medicolegali delle ferite, lesioni ed infermità riportate dal personale delle forze armate o anche dipendenti da altre amministrazioni statali.
Infine con lo stesso decreto si istituiva il servizio dei Cappellani militari in tempo di pace, per l'assistenza spirituale presso le forze armate.

LE RIFORME FINANZIARIE DEL GOVERNO FASCISTA

Nel Governo, il Fascismo ha dato un nuovo assetto alla Finanza Italiana. L'avvento del Fascismo al Potere segna anche per le finanze, come per tante altre cose, l'inizio di un intenso periodo ricostruttivo, i cui risultati appaiono evidenti anche per un osservatore superficiale.
"C'era - ha scritto A. De Stefani - un bilancio in disavanzo e lo si doveva equilibrare; c'era un debito pubblico e lo si doveva pagare; c'era una moneta svalutata e la si doveva rivalutare. C'era il disordine e la pluralità dei comandi, si doveva ristabilire l'ordine e l'unità del Comando".
Ecco tracciati, in poche parole i fini che il Governo Nazionale doveva sforzarsi di raggiungere, ecco espresso, nelle più semplici formule, tutto il programma del risanamento, finanziario che urgeva effettuare nell'interesse supremo della ricostruzione nazionale.
Al risanamento del bilancio "si pervenne mediante una complessa opera di riorganizzazione economica delle pubbliche amministrazioni, la selezione della burocrazia, la migliore valorizzazione delle aziende statali e, principalmente, mediante la revisione del sistema tributario, disorganizzato dalla precedente politica fiscale, specie del dopo-guerra, che fu influenzata da criteri politici e demagogici, più che da criteri economici".
Anche la sistemazione dei debiti contratti all'estero per causa della guerra, ha avuto una onorevole e soddisfacente soluzione. Dagli Stati Uniti l'Italia ha ottenuto il trattamento di favore accordato alle Nazioni che l'avevano preceduta nelle trattative. Tale trattamento ha significato un abbuono di oltre 100 milioni di dollari d' interessi, restando fissato il debito capitale dell' Italia in 2042 milioni di dollari.
Per quanto riguarda l'Inghilterra, l'Italia si è obbligata a pagare 62 annualità che, dopo un primo pagamento di 2 milioni di sterline, attraverso due scaglioni di 4 milioni e 4.1/4 milioni di sterline, raggiungono al settimo esercizio l'ammontare di 4 milioni e mezzo di sterline, che rimane costante sino alla fine del 62° anno.
La somma totale che l'Italia verrà a pagare nel corso di 62 anni sarà di 277 milioni circa di sterline.
Così il pauroso debito complessivo dell' Italia che si elevava a circa 130 miliardi di lire, è stato ridotto a circa 18 miliardi di lire, in valore attuale, da pagarsi in 62 anni.
Alla politica monetaria, che è riuscita a tradurre in atto l'impegno del Primo Ministro di difendere validamente la Lira (« la lira che è il segno della nostra economia, il simbolo dei nostri lunghi sacrifici e del nostro tenace lavoro ») e di restituirle il suo adeguato valore si riferiscono vari provvedimenti come l'unificazione degli istituti di emissione, e l'adozione di un piano di deflazione opportunamente armonizzato alle esigenze dell'organismo economico nazionale.
La volontà poi del Governo Fascista di condurre la Nazione ad attingere in se stessa nella misura più
elevata i mezzi da servire alla ricostruzione nazionale, ha portato alla grande operazione finanziaria del Prestito del Littorio con la quale si è provveduto, non solo al consolidamento del debito fluttuante, ma alla contemporanea emissione per sottoscrizione pubblica di un nuovo titolo consolidato 5 %.

LA POLITICA TRIBUTARIA

La politica tributaria del Governo Fascista "si è ispirata al concetto di equamente distribuire gli oneri fra le varie categorie dei contribuenti, in modo da non contrarre il rendimento economico privato della Nazione, ma di aumentare l'efficacia liberando dagli impacci i congegni della produzione e dello scambio ed attraendo nell'economia nazionale i capitali esteri".
Il Governo Fascista ha affrontato il problema tributario come un problema di accertamento, di semplicità, di economicità e di generali.
Dopo avere rafforzato gli organi di accertamento, di valutazione, di controllo, si sono stroncate tutte le evasioni legali e tutte le forme ingiustificate di protezionismo finanziario.
È stata così raggiunta la semplificazione tributaria.
Le dieci imposte dirette sul reddito si sono ridotte a quattro soltanto; le tre antiche: ricchezza mobile, terreni e fabbricati a cui si aggiunge la nuova imposta complementare sul reddito complessivo del contribuente, a base moderatamente progressiva e congegnata in modo da tener conto delle condizioni personali del contribuente.

Fra i più recenti provvedimenti tributari è da segnalarsi l'imposta sui celibi (dai 25 ai 65 anni) istituita col R. Decreto-Legge 19 dicembre 1926 a decorrere dal 10 gennaio 1927.
Il provvedimento, oltre un evidente carattere morale, ha anche e sopratutto una portata fiscale, come è detto nella relazione del Capo del Governo, in quanto il bilancio statale non ha mezzi sufficienti per potere adeguatamente provvedere agli innumerevoli bisogni della beneficenza e fra tali bisogni quelli relativi alla protezione della maternità e dell'infanzia, affidate all' Ente Nazionale di recente istituzione, sono certamente i più essenziali, giacchè toccano le basi stesse della famiglia.
È parso quindi logico e naturale che, allo scopo di procurarsi i mezzi necessari, tutti i cittadini i quali, non avendo una famiglia propria, non hanno assunto gli oneri ad essa corrispondenti, venissero chiamati a dare il loro contributo a favore delle madri e dei fanciulli che non trovano nelle loro famiglie una sufficiente protezione materiale e morale.
I celibi però che possiedono redditi devono integrare la somma di imposta fissa con una contribuzione a base progressiva, commisurata sul reddito complessivo, per far sì che ciascuno paghi in base alla propria ricchezza, per quel principio di giusta distribuzione che specialmente in questo caso doveva essere rigorosamente rispettato.

L'ORDINAMENTO CORPORATIVO DELLO STATO
IL RICONOSCIMENTO GIURIDICO DEI SINDACATI.

Disse Benito Mussolini nel suo discorso di Napoli, il 24 ottobre 1922: "Noi vogliamo la grandezza della Nazione nel senso materiale e spirituale. Ecco perchè noi facciamo del Sindacalismo. Noi non lo facciamo perchè crediamo che la massa, in quanto numero, in quanto quantità, possa creare qualche cosa di duraturo nella storia. Questa mitologia della bassa letteratura socialista noi la respingiamo. Ma le masse laboriose esistono nella Nazione, sono gran parte della Nazione, sono necessarie alla vita della Nazione ed in pace ed in guerra. Respingerle non si può e non si deve. Educarle si può e si deve: proteggere i loro giusti interessi si può e si deve".

Ecco come il Duce, alla vigilia della Marcia su Roma, intuiva ed affermava energicamente l'importanza del problema la cui soluzione costituisce quanto di più geniale e originale ha saputo creare lo spirito della Rivoluzione Fascista. E oggi, a sei anni di distanza da quella data, noi dobbiamo riconoscere che le promesse del Duce sono state mantenute ed attuate appieno mercè la nuova legislazione del lavoro che, trasformando dalle fondamenta la costituzione dello Stato Italiano "mira -come dice G. Arias- a risolvere insieme il problema sociale della collaborazione fra le classi e quello politico del migliore regime rappresentativo".

Prima fra tutte le Nazioni del mondo l'Italia ha dunque dato a se stessa una legge del lavoro e della produzione. Questa legge ha per capisaldi il riconoscimento giuridico dei Sindacati e l'istituzione della magistratura del lavoro. Contro l'agnosticismo dello Stato liberale che si disinteressava, in massima, dei rapporti fra capitalisti e ' operai, contro l'intervento partigiano del socialismo che, nel nome e nell'interesse esclusivo di una classe, tentava con la violenza d'impossessarsi dello Stato, il Fascismo, contemperando le giuste esigenze dei lavoratori e dei datori di lavoro le armonizza in vista degli interessi supremi della collettività e della produzione nazionale. E così la lotta di classe si regola
e si trasforma in collaborazione di classe.
Il principio della rappresentanza sindacale è attuato dalla legge fascista col riconoscimento giuridico di un solo sindacato per ogni categoria di lavoratori e di datori di lavoro. Questa unità sindacale riesce senza dubbio benefica a tutte le categorie di produttori, giacchè, come è stato osservato, possono più agevolmente intendersi tra loro due forti organismi rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro che una serie di organizzazioni contrastanti e in concorrenza, obbedienti a inevitabili speculazioni politiche.
I sindacati riconosciuti hanno la piena personalità giuridica, una vera personalità di diritto pubblico, in quanto - secondo la legge - essi rappresentano legalmente tutti i datori di lavoro, lavoratori, artisti e professionisti della categoria, per cui sono costituiti, vi siano o non vi siano iscritti, nell'ambito della circoscrizione territoriale ove operano. E come logica conseguenza dell'unica rappresentanza sindacale, i soli sindacati legalmente riconosciuti possono stipulare i contratti collettivi di lavoro, i quali hanno effetto rispetto a tutti gli appartenenti alla categoria, siano o non siano iscritti a quei sindacati.

Se l'organizzazione sindacale e l'organizzazione di categoria, comprendente per ciascuna categoria - come dice il Ministro Rocco - solo datori di lavoro o solo lavoratori, l'organizzazione corporativa riunisce i fattori della produzione "ricomponendo quella unità economica e morale che i Sindacati per la loro stessa natura non possono garantire e talvolta compromettono".
La corporazione adunque (risultato della fusione delle associazioni di lavoratori e di datori di lavoro riunite mediante organi centrali di collegamento con una superiore gerarchia comune) "è destinata a risolvere i problemi tecnici ed economici della industria, coordinando, proteggendo e stimolando le iniziative, sotto la vigilanza dello Stato, interprete dell'interesse nazionale".
In vista della loro straordinaria importanza le corporazioni sono considerate dalla legge come organi di Stato.
Nella sfera del diritto pubblico non esistono che le associazioni riconosciute, ma in quella del diritto privato, sebbene entro limiti assai ristretti, anche le altre possono continuare a svolgere, come gruppi collettivi, la loro attività giuridica, anche se prive di personalità. Per l'articolo 11 della legge sindacale sono poi vietate - sotto la minaccia di gravi sanzioni - le associazioni ufficiali, sottufficiali e soldati del Regio Esercito, della R. Marina, della R. Aeronautica e degli altri corpi armati dello Stato, delle province, dei comuni, le associazioni di magistrati dell'ordine giudiziario e amministrativo, di professori, di istituti di istruzione superiore e media, di funzionari, impiegati e agenti dipendenti dai Ministeri dell' Interno, degli Esteri e delle Colonie.
Il divieto non concerne peraltro quelle associazioni costituite non per difesa d'interessi di categoria, ma per fini di previdenza, mutua assistenza, educazione e cultura. In quest'ordine di cose rientrerebbe, ad esempio, il Gruppo Fascista della Scuola - che vuole essere la milizia spirituale del Fascismo nel campo della cultura nazionale - destinato ad accogliere tutti coloro che, forniti di laurea o di diploma di istituto superiore svolgono la loro attività, in forma pubblica o privata nell'ambito dell'istruzione media e superiore.

LA MAGISTRATURA DEL LAVORO

I sindacati esistenti sotto i passati Governi, si erano venuti contrapponendo allo Stato, perseguivano fini in pieno contrasto con gli interessi e con le idealità nazionali. E merito della dottrina fascista aver creato il suo sindacalismo, che la legislazione ha poi intimamente e definitivamente inserito nella vita dello Stato.
Questo infatti, pur lasciando ai cittadini la libertà delle iniziative svolgentisi nella cerchia delle supreme esigenze della Nazione, "vigila, controlla, sorregge. Vuole che il popolo tutto in tutte le sue attività produttrici, obbedisca a un indirizzo che non può non essere unitario, perchè deve essere forte di tutti i consensi e di tutte le forze di fronte alla lotta, inevitabile, delle Nazioni, ancora più grave oggi di prima della guerra".
Conseguenza logica dei principi sin qui esposti è il divieto che la nuova giurisprudenza fa della serrata e dello sciopero definiti dalla legge come reati variamente punibili a seconda dei casi. Sotto questo rispetto la legislazione italiana rappresenta un grande progresso in quanto tende a conciliare gl'interessi nazionali con quelli individuali, prevenendo i tentativi dell'individuo di sovrapporsi alla collettività.
Per regolare gli eventuali conflitti fra capitale e lavoratori è stata istituita la «magistratura del lavoro». Bene osserva, Gino Arias, che tale magistratura rappresenta «la sostituzione della giustizia di Stato alla giustizia privata nelle controversie del lavoro. Non è l'arbitrato obbligatorio, nel quale la questione si dibatte fra i delegati delle parti in conflitto e il terzo arbitro, sia pure, quest'ultimo, in rappresentanza dello Stato, come se interesse prevalente e quasi esclusivo fosse quello dei due contendenti. È lo Stato che si sovrappone ai privati, avoca a sè la controversia e la decide secondo equità....
« La giustizia fra le classi diventa giustizia di Stato. È veramente una grande conquista, forse la più grande da quando la giustizia penale divenne anch'essa da giustizia privata giustizia di Stato »
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"Tutte le controversie relative alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro, - dice l'art. 13, - che concernono sia l'applicazione dei contratti collettivi o di altre norme esistenti, sia la richiesta di nuove condizioni di lavoro, sono di competenza delle Corti di Appello, funzionanti come magistratura del lavoro".
" Per il funzionamento delle Corti d'Appello come magistratura del lavoro - aggiunge l'art. 14 - è costituita presso ognuna delle 16 Corti d'Appello, una speciale sezione a cui sono aggregati di volta in volta due cittadini esperti nei problenii della produzione dell lavoro, scelti dal primo presidente in un albo formato secondo le norme stabilite nel regolamento legislativo. Questi cittadini chiamati a funzionare da esperti debbono aver compiuta l'età di 25 anni, essere di condotta specchiatissima ed illibata e forniti di laurea universitaria o di altro titolo di studio equivalente, fatta solo eccezione a favore di coloro che per l'esercizio effettivo di una determinata attività abbiano acquistato, in questa, fama di singolare perizia».
E' evidente che la Magistratura del lavoro può sussistere soltanto in Italia, perchè qui il Fascismo, creando una forte organizzazione sindacale, ha stabilito le premesse di fatto necessarie alla sua costituzione".

Il Times - il più importante forse dei giornali inglesi - ebbe a scrivere che l'Italia con la creazione del nuovo istituto inizia un esperimento sociale di vasta portata che deve essere considerato da tutto il mondo con molta attenzione. La legislazione australiana, che veniva fino ad ora considerata come la più progredita nei problemi del lavoro, prevedeva solo un arbitrato obbligatorio nelle contese fra capitale e lavoro. La nuova legislazione Italiana è assai più avanzata e complessa. Essa sottomette capitale e lavoro ad una superiore autorità statale che amministra la giustizia.

IL MINISTERO DELLE CORPORAZIONI

All'ardita riforma dello Stato in senso sindacalista si riconnette l'istituzione del nuovo Ministero delle Corporazioni, cui spetta l'amministrazione diretta dei Sindacati, considerati d'ora in poi organi di diritto pubblico.
Il Ministero delle Corporazioni, creato con R. Decreto 1° luglio 1926, ha un Ministro e un Sottosegretario di Stato. Secondo le disposizioni dell'art. 1 al Ministro e, sotto la sua direzione, ai Prefetti delle Provincie, sono affidate tutte le funzioni di organizzazione, coordinazione e controllo che spettano al Governo per la legge fondamentale sulla disciplina giuridica dei contratti collettivi di lavoro, e delle relative norme di attuazione.
Presso il nuovo Ministero è costituito il Consiglio Nazionale delle Corporazioni.
Il Consiglio si compone del Ministro che lo presiede, del Sotto Segretario di Stato, del Direttore generale del lavoro al Ministero dell'Economia nazionale e di un rappresentante di ciascuno degli altri Ministeri, di due rappresentanti per ciascuna delle Confederazioni sindacali nazionali legalmente riconosciute, di un rappresentante per ciascuna Confederazione generale dei datori di lavoro e di quella dei lavoratori legalmente riconosciute, di un rappresentante dell' Opera Nazionale per la maternità e l'infanzia.
Ben a ragione è stato osservato che "tale Consiglio, chiamato a dar parere su ogni questione che gli venga sottoposta dal Ministro delle Corporazioni, può considerarsi una geniale reincarnazione di un glorioso istituto fiorito nel nostro Rinascimento: la Consulta delle Arti. Naturalmente con le infinite varianti determinate dal mutato clina storico e sociale".

LA CARTA DEL LAVORO

Lo spirito del regime corporativo, che mira a fondere in una piena armonia di intenti e di opere tutte le forze produttive del Paese, è mirabilmente espresso da quella Carta del Lavoro la quale racchiude in una poderosa sintesi i principi basilari del nuovo ordinamento economico nazionale.
Nel Gran Consiglio del gennaio 1927 fu stabilito che la Carta del Lavoro sarebbe stata promulgata il 21 aprile del medesimo anno. La promessa fu mantenuta. Dopo «tre mesi di paziente lavoro di raccolta, di coordinamento e di studi su memorie, dati e rapporti (così il Foglio d'ordini 23 aprile anno V), dopo 4 ore di ampia e cordiale disamina nella seduta del Gran Consiglio, il documento - veramente storico - è stato redatto e approvato nel testo rielaborato frase per frase dal Duce. La «Carta del Lavor» - voluta e ispirata dal Capo del Governo e Duce del Fascismo - è e rimarrà il titolo massimo di nobiltà, di orgoglio, di fede della Rivoluzione Fascista e un esempio per le altre Nazioni civili".
Mentre rimandiamo il lettore al Capitolo "Dalla trincea alla Carta del Lavoro" non possiamo passare sotto silenzio alcuni punti fondamentali dello storico documento:

L'art. 1 dice : «La Nazione Italiana è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiore
a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. È un'unità morale, politica ed economica, che si realizza integramente nello Stato Fascista ».
L'art. 2 : «Il lavoro sotto tutte le sue forme intellettuali, tecniche e manuali è un dovere sociale. A questo titolo, e solo a questo titolo, è tutelato dallo Stato. Il complesso della produzione è unitario dal punto di vista nazionale ; i suoi obbiettivi sono unitari e si riassumono nel benessere dei produttori e nello sviluppo della potenza nazionale ». E, per quanto attiene alla previdenza e istruzione, vi è un articolo che dice : « Lo Stato Fascista si propone : 1) il perfezionamento dell'Assicurazione Infortuni ; 2) il miglioramento e l'estensione dell'Assicurazione Maternità ; 3) l'Assicurazione delle malattie professionali e della tubercolosi come avviamento all'assicurazione generale contro tutte le malattie ; 4) il perfezionamento dell'Assicurazione contro la disoccupazione involontaria ; 5) l'adozione di forme speciali assicurative dotalizie per i giovani lavoratori.
« Infine i due ultimi articoli suonano : art. 29 : «L'Assistenza ai propri rappresentanti, soci e non soci, e un diritto e un dovere delle associazioni professionali» e l'art. 30 : « L'educazione e l'istruzione, specie l'istruzione professionale dei loro rappresentanti, soci e non soci, è uno dei principali doveri delle associazioni professionali. Esse devono affiancare l'azione delle opere nazionali relative al Dopolavoro e alle altre iniziative di educazione.
« Giustamente il Gran Consiglio - nell'atto di promulgare la Carta riteneva opportuno di richiamare su di essa l'attenzione di tutto il popolo italiano e di quanti nel mondo si occupano dei problemi contemporanei ; avendo il Regime delle Camicie Nere con questo suo atto di volontà e di fede dimostrato : 10 Che le forze di produzione sono conciliabili fra di loro e che solo a questa condizione sono feconde ; 20 Che esso al di fuori, al di sopra e in antitesi con le rovinose e assurde demagogie socialistiche ormai dovunque fallite, screditate e impo-
tenti, tende ad elevare il livello morale e materiale delle classi più numerose della Società nazionale, consapevolmente entrate di diritto e di fatto nell'orbita dello Stato Fascista ».

L'OPERA NAZIONALE DEL DOPOLAVORO

Come abbiamo testè veduto, a proposito della Carta del Lavoro, lo Stato Fascista insieme con l'inquadramento corporativo dei lavoratori e dei protettori, ha rivolto cure specialissime alle opere di assistenza e di educazione sociale, massime per le classi più umili che vengono così tutelate non solo nelle loro condizioni economiche, ma altresì nella loro vita morale e fisica. In questo campo la più grande creazione dello Stato Fascista è senza dubbio l'Opera Nazionale del Dopolavoro.
Essa fu istituita dal Governo Nazionale con decreto legge 10 maggio 1925, convertito in legge il 13 marzo 1926, legge alla quale furono portate modifiche col R. D. 11 novembre 1926.

Di quest'ora ebbe a scrivere Benito Mussolini: «La sua importanza ai fini dell'educazione fisica ed intellettuale delle classi lavoratrici è già grandissima e più aumenterà nel futuro. La Nazione, intesa nel suo complesso di forze politico-morali, non può prescindere dal destino delle moltitudini che lavorano, poichè il suo interesse mediato e immediato, è di inserirle, come più volte fu detto, nel suo destino e nella sua storia. Altrettanto dicasi dei datori di lavori, i quali hanno un interesse obbiettivo a tenere il più possibile alto lo standard of life dei loro operai, poichè significa maggiore tranquillità nelle officine, maggiore e migliore rendimento delle prestazioni, quindi maggiori possibilità di vincere la concorrenza altrui. Un capitalista intelligente non può sperar nulla dalla miseria. Ecco perchè i capitalisti intelligenti non si occupano soltanto di salari, ma anche di case, scuole, ospedali, campi sportivi per i loro operai.
oggi, il suo Foglio d'Ordini. La parola dice tutto. Non si tratta di un giornale. Non conterrà quindi articoli. Pubblicherà gli ordini delle supreme Gerarchie del Partito, gli ordini e i comunicati del Segretario Generale e qualche nota delucidativa e orientatrice. Nente altro ! Ma quanto basta perchè tutti - dico tutti - i Fascisti le leggano con la più grande attenzione, col più severo raccoglimento. Il Foglio l'Ordini è un altro chiaro indizio del modo con cui l'organizzazione e i compiti del Partito vanno intesi ; la nostra organizzazione è un vero e proprio esercito : i suoi compiti sono segnati nel lavoro quotidiano e nelle mète lontane, che raggiungeremo a qualunque costo. Viva il Fascismo ! »

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Fonti, citazioni, testi, bibliografia
PUBBLICAZIONE NAZIONALE UFFICIALE,
(con l'assenso del capo del governo), 1928


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