I GRANDI
DISASTRI IN ITALIA
Sezione
a cura di Michele Squillaci e Francomputer
( e altri gratuiti contributi di scrittori e
giornalisti )
1906
- Eruzione
del Vesuvio
(con un accenno a quella del 1872)
* Terremoto a Palermo - * Alluvioni nel Nord Italia
1-
Premessa
Tra i tanti episodi catastrofici, che colpirono l’Italia tra la seconda metà dell’800 e fino al 1915, escludendo le guerre, non mancarono terremoti, incendi, inondazioni, epidemie e tra l’altro qualche eruzione vulcanica. La Campania fu duramente colpita da una serie variegata di eventi naturali di cui alcuni, come le epidemie, interessarono quasi tutta la penisola mentre altri, tra cui l’eruzione del Vesuvio che colpì il suo territorio nel 1872, nel 1906 ed in epoca più recente nel 1944, ebbero caratteristica locale.
2- Il Vulcano
Il Vesuvio visto da PompeiIl Vesuvio sorge in Campania nei pressi di Napoli ed è l'unico vulcano attivo dell'Europa continentale. La circonferenza del suo piede che quasi raggiunge il mare è di 54 km. L’altezza varia dai 1200 ai 1300 metri. Costituito inizialmente da una sola montagna fu diviso dall’eruzione di Ercolano e Pompei del 79 dopo Cristo in due cime di diversa altezza: quella di Somma a sinistra e quella del Vesuvio a destra.
La bellezza dei luoghi, la fertilità del terreno e le grandi aree di interesse archeologico hanno da sempre attirato visitatori, scienziati e letterati. Anche Giacomo Leopardi nel 1836, per sfuggire alla minaccia del colera, si trasferì, nei suoi pressi dove compose due grandi liriche: "Il tramonto della luna" e "La ginestra". Alle sue falde malgrado la pericolosità della dislocazione sorsero e sorgono tuttora alcuni centri ad alta intensità abitativa.3- Eruzione del 1872
Il 26 aprile 1872 nel corso della notte, il Vesuvio entrò in eruzione. Sui dintorni caddero cenere e lapilli provocando danni e disagi alla popolazione. L’eruzione non risultò particolarmente grave anche se alcuni paesi rimasero danneggiati. In ogni caso furono immediatamente organizzati soccorsi per raggiungere i luoghi più colpiti tra cui i comuni di Portici e di Resina. In dette località oltre a drappelli di Carabinieri e del Corpo di Sanità Militare, furono fatti affluire da Napoli, reparti dell'8° e del 32° fanteria, da Capua giunsero poi contingenti del 4° reggimento bersaglieri. Le truppe si distinsero nelle usuali attività di protezione civile trasportando i profughi in zone sicure, sgombrando le strade dalla cenere e dai lapilli e vigilando sulle abitazioni evacuate al fine di contrastare episodi di delinquenza comune e di sciacallaggio.
Informato dell’avvenimento il 30 aprile, Vittorio Emanuele II si recò sui luoghi sinistrati portando il suo conforto alle popolazioni ed elogiando le truppe impegnate nelle operazioni di soccorso per l’opera meritoria da esse svolta.
3- Eruzione del 1906
Nel 1906 il giornalismo italiano si dedicò ai conflitti sociali persistenti, alle crisi di governo, alla conclusione dei progetti di statalizzazione delle reti ferroviarie, all’attività diplomatica legata alla conferenza di Algeciras, agli accordi commerciali stipulati con il Negus di Etiopia ed al trattato concluso con Francia ed Inghilterra per delimitare le reciproche sfere di influenza in Etiopia contrastando con tale atto le ingerenze di altre potenze nell’area ed in particolare quelle della Germania. Alle notizie gratificanti che riguardarono l’inaugurazione del valico alpino del Sempione, a quelle prestigiose concernenti l’assegnazione del premio Nobel a Giosué Carducci per la letteratura ed a Camillo Golgi, che divise il premio per la medicina con l’istologo Cajalper, si contrapposero quelle certamente meno liete che riguardarono ulteriori disastri naturali che, in sequenza terrificante, dopo aver funestato il 1905, continuarono a verificarsi, sia nel 1906 sia negli anni successivi, devastando con la furia distruggitrice degli elementi scatenati ampie regioni d’Italia.
Nell’aprile del 1906 tutte le prime pagine dei giornali uscirono riportando nelle loro edizioni speciali notizie sull’eruzione del Vesuvio. La Campania fu duramente colpita. Gravi i danni ai centri abitati posti nei pressi delle sue falde, molti i morti, i feriti e sopratutto le persone costrette ad abbandonare la zona per trovare una più sicura sistemazione nelle città vicine. Per parecchio tempo le cronache si occuparono di questo avvenimento di risonanza anche internazionale, pur non trascurandone altri.
L’eruzione, paragonata poi a quella del 79 dopo Cristo, ebbe inizio il 4 aprile con l’apertura di una squarcio a circa 1.200 metri di quota. La frattura creatasi nella montagna si propagò verso il basso stabilizzandosi con l’apertura di una bocca a quota 800 metri.
Non appena iniziata la prima fase eruttiva le autorità civili e militari di Napoli predisposero le misure essenziali per fronteggiare l’emergenza ed agevolare l’esodo delle popolazioni considerate a rischio. Il 6 aprile con l’apertura di un’altra bocca l’eruzione si fece violenta e la fuoriuscita di lava, cenere e lapilli si riversò sulle zone a ridosso del vulcano. Particolarmente minacciati risultarono gli abitati di Ottaviano, S.Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, S.Anastasia, Boscotrecase, Torre Annunziata, Terzigno, Aiello, Pollena, Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Nola, Nocera ed altri centri minori.
Nella notte del 7 una fenditura si aprì a quota 770 metri, la lava si diresse quindi verso Terzigno scendendo fino ai 200 metri di quota. Nella notte del giorno successivo la fase esplosiva registrò la sua massima intensità associandosi ad un forte terremoto dovuto allo sprofondamento della parte superiore del cono. A causa dell’evento la cima del Vesuvio originariamente più alta di circa 250 metri rispetto a quella di Somma si abbassò ad un livello inferiore. Risultarono quindi modificate le caratteristiche del vulcano la cui altezza passò da 1.335 a circa 1.100 metri.
Nei giorni 6, 7 e 8 si verificarono in alcune zone crolli ed incendi, provocando vittime tra la popolazione civile. Nella zona di S.Giuseppe e di Ottaviano, si ebbero 216 morti e 112 feriti, nella stessa Napoli si contarono 11 morti e 30 feriti per il crollo della tettoia del mercato di Monteoliveto. Inoltre a S.Giuseppe Vesuviano molte case crollarono sotto la pioggia di cenere e lapilli, seppellendo gli abitanti tra le macerie; crollò anche la chiesa, dove trovarono la morte fuggiaschi in cerca di rifugio. La lava investì e distrusse Boscotrecase per poi arrestarsi a circa 100 metri da Torre Annunziata. La nuvola di cenere e lapilli giunse fino ad Avellino, Bari, Foggia e Barletta.
Peggiorando la situazione aumentò l’afflusso di uomini di truppa per l'effettuazione degli interventi di soccorso. Da Caserta e da Capua furono inviati convogli per traferire i profughi verso Napoli.
Alcune colonne si recarono anche nei comuni di Nola e di Nocera. Da Napoli mosse il 45° fanteria che inviò un suo battaglione a Torre del Greco distaccando poi alcune compagnie nei paesi vicini.
A Boscotrecase, Torre Annunziata, S. Giuseppe Vesuviano ed a Terzigno giunsero reparti dell’8° reggimento fanteria. Contingenti del 41° fanteria raggiunsero Ottaviano, Somma Vesuviana, S. Anastasia ed altri paesi vicini. Truppe della brigata Casale intervennero a San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano, Scafati, Castellammare di Stabia, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano, Poggiomarino. Il 12° fanteria sempre della brigata Casale intervenne operando nelle località di San Giuseppe Vesuviano, Castellammare di Stabia e Terzigno. Il 19° fanteria impiegò alcune compagnie tra Portici, Resina, Ponticelli, Cercola ed altre località.
Ai primi reparti intervenuti altri se ne aggiunsero tra cui alcuni squadroni dei Cavalleggeri di Lodi, di Foggia, di Aosta e dei Lancieri di Firenze. Altri reparti del 91° e del 27° fanteria sopraggiunsero poi da Roma e da Firenze unitamente a raggruppamenti del genio e di altre specialità portando soccorso anche a Torre Annunziata.
Tutti si impegnarono nel tentativo di liberare le strade dalla cenere, demolire case pericolanti, custodire beni mobili e prezioni abbandonati, raccogliere e tumulare i morti, trasportare le persone ferite agli ospedali e alle stazioni di vettovagliamento.
Nelle operazioni di assistenza si distinsero anche alcuni reparti della Sanità militare ed a ricordo delle operazioni di cui furono partecipi fu coniata una speciale medaglia reggimentale di benemerenza riportante al dritto l’effigie di Vittorio Emanule III ed al rovescio la leggenda: R. Battaglione Militari Sanitari Umberto I – Benemerenza eruz. Vesuv. 1906.
Sui luoghi sinistrati si recò Vittorio Emanuele III che, non potendo far uso di altro mezzo di trasporto per l'ingombro delle vie a causa dell'enorme quantità di cenere e lapilli, dovette servirsi di un cavallo messo a disposizione da un contingente dei Cavalleggeri di Lodi distaccato a S. Anastasia. Tutte le truppe furono poi elogiate da Emanuele Filiberto di Savoia all’epoca comandante del X° Corpo d’Armata di Napoli.
Come in altre occasioni, a seguito degli eventi che si verificarono, non mancò la solidarietà internazionale. Aiuti giunsero anche dall’estero ed in particolare dalla Francia e dall’Inghilterra che inviarono nelle zona alcune navi per partecipare alle operazioni di soccorso. Il Re d’Inghilterra Edoardo VII nel corso di una visita in Italia effettuata l’anno successivo si recò di persona sui luoghi danneggiati.* Terremoto a Palermo
Pochi mesi dopo, nel perdurare dell’impegno profuso da strutture civili e militari per far fronte alle esigenze conseguenti all’eruzione vulcanica e a quelle del precedente terremoto del 1905, nuove scosse sismiche colpirono il 14 settembre 1906, in Sicilia, alcune delle zone della provincia di Palermo. Fu nuovamente necessario programmare interventi di protezione civile. A Trabia, centro abitato nei pressi di Termini Imerese, i soccorsi affluirono immediatamente dalle zone vicine. Alle strutture locali si affiancò il plotone zappatori del 34° fanteria che collaborò alla riparazione dei danni, diede assistenza, costruì baracche, si preoccupò poi di fornire quant’altro giudicato indispensabile alle popolazioni vittime del sinistro rimanendo sul posto fino al 23 dicembre 1906.
Il mese successivo toccò nuovamente alla Calabria. Il 24 ottobre 1906, alcune zone del versante ionico della provincia di Reggio ed alcune località alle falde dell’Aspomonte, furono colpite da un altro evento sismico. Ancora una volta si rese necessario ricorrere all’ausilio delle truppe dislocate nelle vicinanze, dei carabinieri e delle organizzazioni civili. Da Potenza furono inviati nuclei del 29° fanteria che raggiunsero S.Ilario dello Jonio, rimanendo nel settore colpito fino al 31 dicembre. Da Bari un altro raggruppamento dell’88° fanteria contribuì con la sua opera ad azioni di salvataggio e di ripristino di quanto pericolante o semidistrutto nelle zone di Brancaleone e di Africo. Colonne di soccorso affluirono anche da Reggio Calabria e da altri settori situati nei pressi delle zone sinistrate.
* Alluvioni nel Nord Italia
Dal Sud al Nord…..quasi contemporaneamente ai fatti di cui sopra le pessime condizioni atmosferiche e le piogge persistenti, gonfiarono nuovamente i fiumi dell’Alta Italia. Nel mese di ottobre e novembre lo straripamento del Po e dei suoi affluenti provocò interventi nella zona del pavese e preoccupazioni a Vicenza dove furono rinforzati gli argini dei fiumi Bacchiglione e Retrone nuovamente (come l'anno prima, 1905) straripati a causa delle piogge. Le autorità si mossero facendo affluire soccorsi per porgere aiuto agli abitanti ed evacuare i cascinali posti in pericolo a causa dell’allagamento delle campagne.
Ad esclusione dell’eruzione del Vesuvio, gli altri eventi del 1906 furono considerati di modesta entità e quindi affidati più alle cronache locali che a quelle nazionali. Con riguardo alle popolazioni danneggiate alcune rivolsero lo sguardo con speranza ai provvedimenti emanati dal Governo e collegati al “pacchetto” sul mezzogiorno, altri con teutonica determinazione si scrollarono di dosso fango, macerie e detriti e ripresero orgogliosamente le loro precedenti attività. Altri ancora, semplicemente ed in silenzio, raccolte le poche cose a disposizione si avviarono verso le banchine dei porti attendendo, in doverosa fila, l’imbarco al fine di trasferirsi in altre nazioni e raggiungere così le già numerose comunità italiane residenti all’estero.
Michele Squillaci
Bibliografia
Il Popolo Italiano nella storia
della Libertà e della grandezza della patria dal 1800 ai giorni d’oggi.
Vallardi Editore 1928
Bersaglieri – Epopea dei fanti piumati da La Marmora ai Commandos - –
Compagnia Generale Editoriale – 1979.
I Carabinieri nella Storia d’Italia - C.E.N. Roma 1984
Collezionismo italiano– Compagnia Generale Editoriale – 1980.
Italia del XX secolo Rizzoli , Milano 1977
Domenica del Corriere - 1906
Guide Treves – Italia - F.lli Treves Editori, Milano 1911
Cronache e documenti vari
Medaglie foto da originale: collezione privata