I GRANDI
DISASTRI IN ITALIA
Sezione
a cura di Michele Squillaci e Francomputer
( e altri gratuiti contributi di scrittori e
giornalisti )
ANNO 1883
Terremoto a Casamicciola
1 - Premessa
Nella seconda metà dell’ottocento si verificarono in Italia molti
avvenimenti naturali, eruzioni vulcaniche, epidemie, incendi, inondazioni
e terremoti. Tra questi ultimi assunsero particolare importanza quelli in
provincia di Cosenza nel 1870 e nei pressi di Belluno nel 1873. Altri eventi
tellurici seguirono a Rimini nel 1875, a Casamicciola nel 1881 e nel 1883,
nelle Calabrie nel 1894 ed infine a Rieti nel 1898. Tra gli eventi sismici
di maggiore gravità le cronache annoverano quelli di Ischia del 1881
e del 1883.
2 – I Luoghi
L’isola di Ischia fa parte delle isole Partenopee. L'arcipelago include
Ischia, le isole di Procida e Nisida. Ischia con i suoi 46,4 km2, è
la più estesa dell'arcipelago campano. Di origine vulcanica come le
altre, è prevalentemente montuosa e culmina nei 788 m del monte Epomeo.
Ha coste alte e rocciose, con scarse insenature. I suoi centri abitati più
importanti sono l'omonima cittadina di Ischia, Lacco Ameno situato in una
baia della costa nordoccidentale dell’isola, Forìo ubicato su
un promontorio della costa occidentale, Barano d'Ischia, alle pendici meridionali
del monte Epomeo e Casamicciola posta presso la costa settentrionale.
3 – Gli avvenimenti
3. 1 – Terremoto del 4 marzo 1881
Il 4 marzo 1881, alle ore 1 pomeridiane, una scossa violentissima della durata
di soli sette secondi sconvolse Casamicciola, provocando la morte di 124 persone
e gravi danni agli abitati di Casamicciola e di Lacco Ameno. Furono immediatamente
organizzati i soccorsi. Da Napoli giunsero gli zappatori del 15° fanteria,
ed una compagnia del 20°. Il primo contingente iniziò lo sgombero
delle macerie nel tentativo di salvare le persone rimaste sepolte nelle case
crollate. Nelle giornate successive giunsero altre unità del genio
e reparti del 51° fanteria. I soldati furono impiegati in molteplici
azioni di soccorso e nel recupero delle vittime. Contribuirono inoltre al
ripristino delle case abitabili, alla demolizione di quelle pericolanti ed
alla costruzione di baracche destinate ad ospitare i sinistrati agevolando
inoltre, con la loro opera, il ritrovamento di oggetti e masserizie. Tra la
fine del mese di marzo ed i primi giorni di aprile, le truppe lasciarono Ischia
rientrando alle sedi di provenienza.
3. 2 – Terremoto del 28 luglio 1883
Ben più terribile il sisma del 28 luglio 1883 che si verificò
alle ore 21.30 circa. Il movimento tellurico che raggiunse l'ottavo grado
della scala Mercalli, ebbe una durata stimata tra i 14 e i 16 secondi Questo
terremoto, avvertito anche a Napoli, fu seguito da numerose scosse di assestamento.
Benedetto Croce, nel libro Memorie della mia vita, scrisse “Eravamo
a tavola per la cena io la mamma, mia sorella ed il babbo che si accingeva
a prendere posto. Ad un tratto come alleggerito, vidi mio padre ondeggiare
e subito in un baleno sprofondare nel pavimento stranamente apertosi, mia
sorella schizzare in alto verso il tetto. Terrorizzato cercai con lo sguardo
mia madre che raggiunsi sul balcone dove insieme precipitammo e così
io svenni”. (VEDI ALTRA NOTA A FONDO PAGINA)
L'epicentro fu Casamicciola, rasa completamente al suolo, mentre i Comuni
limitrofi subirono notevoli danni. In tutto 2.333 morti e 706 feriti. Solo
a Casamicciola si ebbero 1.784 morti e 448 feriti; tra essi 625 villeggianti
e 51 stranieri.
Le dimensioni della tragedia colpirono l’opinione pubblica di tutta
l'Italia; dalle città partirono soccorsi e truppe. Le Autorità
Militari di Napoli organizzarono immediatamente gli aiuti. Tra i primi ad
accorrere i soldati e gli ufficiali distaccati presso lo Stabilimento Termale
Militare di Ischia che agirono senza indugio curando i feriti e raccogliendo
i morti. Nella giornata successiva giunsero reparti del genio e del 15°
fanteria. Seguirono contingenti del 6° bersaglieri nonché quelli
del 7°, 8°, 65° e 66° reggimento di fanteria. Tutti gli uomini
disponibili appena giunti sul luogo del disastro, furono impiegati nello sgombero
delle macerie, nel recupero delle vittime e nel seppellimento dei morti.
Non mancarono episodi di abnegazione e di coraggio una compagnia del genio
portò in salvo, lavorando ininterrottamente per un’intera giornata,
17 persone; un caporale del 6° bersaglieri mettendo a repentaglio la propria
vita si calò in una buca tra le macerie estraendone una ragazza. Per
tale azione fu poi decorato con medaglia d’oro al valore civile con
la seguente motivazione: “Per la segnalata azione di valore compiuta
a Casamicciola nell'estrarre dalle macerie, con evidente e continuo pericolo
della propria vita, la ragazza sedicenne Concetta Giganti, da Napoli, che
riuscì a trarre in salvamento dopo lungo lavoro. 31 luglio 1883”.
Altre ricompense al valore civile, argento e bronzo, furono poi assegnate
ad altri militari.
Concluse le operazioni più urgenti e vista
l’entità del disastro, furono inviate nuove truppe tra cui alcune
squadre del genio e reparti di artiglieria. Altri contingenti del 6° bersaglieri
raggiunsero quelli già dislocati a Casamicciola, a Lacco Ameno ed a
Forìo. Da Salerno e da Gaeta arrivarono poi un battaglione del 54°
ed uno 65° fanteria. Nuclei dei Carabinieri si prodigarono nel soccorso
delle popolazioni, nella distribuzione di viveri e nel mantenimento dell’ordine
pubblico.
Il 1° agosto, informato della catastrofe, Umberto I partì da Monza. A Roma si unirono a lui i ministri Depretis, Mancini ed Acton. Proseguì poi per Ischia dove visitò i luoghi sinistrati portando il suo personale conforto alle popolazioni colpite dal sisma. Nelle stesse giornate il personale del genio iniziò, a Casamicciola, a Lacco Ameno ed a Barano i lavori di demolizione delle case pericolanti. Concluse le operazioni di maggior rilievo i reparti del 6° bersaglieri, dopo un breve periodo di quarantena, rientrarono alle loro sedi, per essere avvicendati da alcuni battaglioni del 54° fanteria.
Il Re, dopo aver visitato anche Lacco Ameno e Forio e prima di ripartire, lasciò la somma di 150.000 lire per i più bisognosi. Anche molti Stati europei ed extra europei, informati della vicenda attraverso le agenzie di stampa, intervennero con aiuti soprattutto finanziari. In totale fu raccolta la cifra di oltre 6.000.000 di lire dell'epoca.
Alla fine del mese di agosto i reparti mobilitati rientrarono alle sedi di provenienza. In segno di riconoscenza per l’assistenza fornita dal Re, al primo bambino nato a Casamicciola, dopo il disastro, fu imposto il nome di “Umberto Liberatore”.
Michele
Squillaci
Bibliografia
Storia Politica d’Italia dal 1849 al 1900 – Agostino Gori –
Vallardi Editore 1904.
Il Popolo Italiano nella storia della Libertà e della grandezza della
patria dal 1800 ai giorni d’oggi. Vallardi Editore 1928
L. Cappelletti – Storia d’Italia Dalla caduta dell’Impero
romano d’occidente fino ai giorni Nostri (476-1900) Vallardi Editore
- 1932
Carabinieri – Due secoli di storia Italiana – Compagnia Generale
Editoriale – 1980.
Bersaglieri – Epopea dei fanti piumati da La Marmora ai Commandos -
– Compagnia Generale Editoriale – 1979.
Epopea di Savoia - - Libreria del Littorio – Roma 1930
Cronache varie.
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NOTA del REDATTORE
Poco prima di morire Benedetto Croce (morì nel 1952) concesse questa intervista-biografia a Ugo Pirro su "Oggi" del 13 aprile 1950. Noi qui facciamo una sintesi dell'articolo, e precisamente dove si accenna al terremoto di Casamicciola, quando il futuro filosofo aveva appena compiuti i 17 anni, ed era in vacanza con tutta la famiglia sull'Isola.
"Nel disastro restò sepolta anche la famiglia Croce, compreso Benedetto. La madre e la sorella Maria furono inghiottite dalle macerie, il padre invece perì dopo lunghe sofferenze aspettando invano soccorso, ad un passo da Benedetto che nulla poteva fare perchè incastrato con tutto il corpo dalle macerie della casa.
Il giovane fu estratto con una gamba fracassata e un braccio ferito. Benedetto fu tra gli ultimi feriti ad essere trasportato a Napoli, le sue condizioni non destavano soverchie preoccupazioni. Un cronista, girando fra le corsie degli ospedali napoletani, lo intervistò e così riferì ciò che il giovane Croce raccontò di quella terribile notte:
"Ieri fu trasportato a Napoli anche il figliuolo primogenito del comm. Croce; egli è gravemente ferito a una gamba e ad un braccio. Perirono il comm. Croce, la moglie e una figlioletta. Il giovinetto superstite di questa ricchissima famiglia foggiana, stabilita da lunghi anni a Napoli, conserva una memoria precisa dell'accaduto. La madre e la sorella sparirono nel vortice del crollamento, né si udì di loro alcuna voce. Egli, che era seduto ad un tavolino insieme col padre, precipitò. Il padre fu coperto tutto dalle macerie, ma parlò dalle nove e mezzo del sabato fino alle undici antimeridiane della domenica successiva. Benedetto era sepolto fino al collo nelle pietre, aveva però il capo fuori di esse. Il giovinetto fu estratto dalle rovine verso mezzogiorno, poco prima che il padre avesse cessato di parlare. Si racconta che con gran senso pratico dicesse al figlio "offri centomila lire a chi ti salva".
Croce racconta che quella notte fu lunga a passare. Lo distraeva, seppure per poco, la luna, mentre gli sovveniva alla mente la descrizione del terremoto di Napoli fatta dal Colletta nella Storia del reame di Napoli.
Sia detto, dunque, senz'ombra di ironia: Croce non poteva che diventare filosofo. Come Socrate che aspettava la morte discutendo di filosofia con i discepoli, così il giovane letterato oscillava tra l'abbattimento e la speranza di salvezza, ripassando la storia dei reame di Napoli.
Benedetto Croce si trovò improvvisamente solo al mondo; della sua famiglia era sopravvissuto con lui soltanto il fratello Alfonso, che proprio poche ore prima della scossa tellurica aveva lasciato Casamicciola. Un grande sconforto lo colpì e dapprima anelò alla morte.
A ridare ancora fiducia nella vita a Benedetto Croce, dopo la tragedia di Casamicciola, pensò lo zio Silvio Spaventa, che lo condusse nella sua casa in via della Missione, a Roma. Così, toccò proprio allo zio rivoluzionario, che per primo aveva salutato Garibaldi che entrava a Napoli, mentre le simpatie della famiglia Croce andavano ai Borbonici, completare l'educazione di Benedetto e aver cura di lui. Ma le ferite riportate a Casamicciola continuavano a far soffrire il giovane ed anzi lo tormenteranno per molti anni ancora. Così, anche a Roma, egli dovette restare ancora a lungo a letto; lo affliggeva, oltre che la ferita alla gamba, anche lo choc nervoso che l'aveva colpito. Ma a tutte queste pene fisiche, se ne aggiungevano altre di ordine morale: in particolare lo affliggeva la paura che le donne non potessero più interessarsi a lui per via della sua gamba così mal ridotta. Si racconta, anzi, che quando Benedetto Croce espresse a un amico le sue preoccupazioni, diciamo così, di carattere sentimentale, quello gli rispose che non c'era assolutamente da preoccuparsi per così poco perché non alla sua gamba, ma piuttosto alla sua borsa avrebbero guardato sempre le donne.
In effetti, il giovane Benedetto era diventato di colpo ricchissimo; la grande proprietà paterna di Montenerodomo, così come quella materna di Pescasseroli, andava divisa fra lui e il fratello Alfonso.
Benedetto, durante le lunghe giornate della convalescenza, immobilizzato a letto, studiava come poteva, servendosi della biblioteca di Silvio Spaventa, e qualcosa scrisse anche in quel periodo; approfittò tuttavia del forzato riposo soprattutto per riordinare i suoi ricordi. Si mostrava già un parlatore, se non di effetto, certamente efficace e convincente: lo zio Silvio Spaventa e Antonio Labriola, che era un assiduo della casa di via della Missione, si soffermavano ad ascoltare volentieri il giovane infermo, e Silvio Spaventa accarezzava già il sogno di fare di lui un diplomatico o ún politicante, poiché lo sentiva pieno di mordente, arguto, armato già di una sottile dialettica, sebbene ancora acerba."
(Francomputer)