L'alleanza con la Prussia
e l'annessione del Veneto
Fedele alla politica di Cavour, la Destra oper� per risolvere diplomaticamente le due "questioni" territoriali rimaste insolute: l'annessione al Regno di Venezia, di Trento e di Trieste, e ancor di pi� Roma, acclamata dal Parlamento italiano capitale naturale, morale e culturale del nuovo regno, ma non ancora eletta a capitale.
l Partito d'azione premeva per una azione immediata contro l'Austria, incurante delle complicazioni internazionali che sarebbero nate da un gesto di forza dell'Italia.
Il governo, allora guidato da La Marmora, seppe resistere alle pressioni dell'opinione pubblica e, pi� cautamente, aspett� il momento favorevole. Nel 1865 furono avviate trattative riservate con l'Austria e, nello stesso tempo, con la Prussia per una eventuale alleanza antiaustriaca.
Veniva creandosi, in Europa, una situazione favorevole, grazie alla Prussia, dove il giovane e ambizioso kaiser Guglielmo I, affiancato dall'abilissimo e altrettanto ambizioso Otto von Bismarck, inaugur� una politica di unificazione della nazione tedesca. In concreto si trattava di annettere al Regno di Prussia i 39 stati della Confederazione germanica; un progetto irrealizzabile se prima non fosse stata sconfitta l'Austria che per diritto presiedeva la Confederazione.
Nel 1866 la Prussia, dopo essersi assicurata la neutralit� della Francia (alla quale promise ingrandimenti territoriali nel Belgio e nel Lussemburgo) e della Russia, propose all'Italia un patto vantaggioso: l'esercito prussiano avrebbe attaccato l'Austria da nord per strapparle la Confederazione germanica, intanto l'esercito italiano avrebbe attaccato da sud impadronendosi del Veneto. Vittorio Emanuele si affrett� ad accettarlo (aprile 1866).
L'Austria, venuta a conoscenza delle trattative intervenne segretamente a offrire all'Italia il Veneto in cambio della neutralit�. Il governo La Marmora rifiut�, si dice per ragioni d'onore, essendosi gi� impegnato con la Prussia, ma in realt� perch� sperava, vincendo la guerra (con un alleato cos� forte), di annettersi anche il Trentino.
Quello stesso anno fu combattuta una guerra (per gli italiani fu la terza guerra di indipendenza) che si concluse in appena tre settimane con la schiacciante vittoria prussiana a Sadowa. Le cose andarono meno bene sul fronte meridionale: l'esercito italiano, 400.000 uomini guidati dal generale Cialdini e dallo stesso La Marmora che aveva preferito affidare il governo a RICASOLI per assumere il comando delle operazioni militari, fu sconfitto nella battaglia di Custoza e la marina nella battaglia di Lissa (pur con la flotta italiana il doppio di quella austriaca!). L'onore delle armi italiane fu riscattato dai volontari di Garibaldi, i "Cacciatori delle Alpi", i quali sconfissero ripetutamente gli austriaci e furono fermati dall'alto comando quando avevano ormai forse spianato la strada per Trento (� il noto episodio dell'�obbedisco� con il quale dopo la vittoria di Bezzecca, Garibaldi, seppure a malincuore, accettava di deporre le armi).
Ma l'episodio di Bezzecca, non fu rilevante. E' solo entrato nella leggenda. Garibaldi anche se non riceveva il famoso dispaccio 1072 di La Marmora, (il 9 AGOSTO, che lui accolse con la famosa espressione) e continuava la sua azione, a Trento con la sua colonna guidata da Giacomo Medici, non ci sarebbe molto probabilmente mai arrivato. Gli austriaci si erano con i reparti gi� disimpegnati con i Prussiani il 21 LUGLIO con l'armistizio e il successivo 26 LUGLIO avevano con loro firmato già la pace. A Trento avrebbero potuto concentrare in brevissimo tempo tutte le forze contro quell'esercito di Garibaldi che fra l'altro non era composto da truppe regolare, ma costituito da volontari.
Nonostante il disastro militare, l'Italia ottenne dall'Austria (pace di Vienna) il Veneto. In verit� la cessione fu "umiliante". Francesco Giuseppe cedette il Veneto non all'Italia, sconfitta in battaglia, in terra e in mare, bens� a Napoleone III, ma l'obiettivo era comunque stato raggiunto. La "vittoria" fu seguita da un notevole strascico di polemiche, rivolte innanzitutto alla monarchia, ancora una volta dimostratasi impreparata e incapace a dirigere le operazioni militari, in secondo luogo ai vertici delle forze armate, allo stato maggiore dell'esercito e della marina, il quale si era rivelato inetto e incompetente.
La Marmora al comando del grosso dell'esercito aveva attaccato frontalmente il Quadrilatero mentre Cialdini stazionava lungo il corso inferiore del Po, da dove intendeva minacciare il fianco sinistro dello schieramento austriaco. Il 24 giugno il generale La Marmora si scontr� a Custoza con gli Austriaci: fu uno scontro modesto ma gli italiani ne uscirono sconfitti e persero 750 uomini. La Marmora si ritir� precipitosamente sulla riva destra del Mincio, come se avesse sub�to una pesantissima sconfitta. Intanto Cialdini, invece di attaccare da sud, si ritirava senza combattere verso Modena.
Le cose (pensando di riscattarsi sul mare) non andarono meglio a Lissa dove l'ammiraglio Persano sub� la pi� umiliante delle sconfitte. Lui come capo espiatorio, fin� poi sotto processo, ma la colpa era dei politici. Sapevano benissimo di impiegare truppe che non avevano mai partecipato a una battaglia navale, e sapevano benissimo che chi li comandava non poteva far altro che quello che poi accadde. Cio� una totale confusione.
Mentre la flotta austriaca era comandata da un buon ammiraglio che aveva a disposizione quadri e marinai quasi tutti veneziani, esperti del mare e di battaglie.
(VEDI 1866 PER LA BATTAGLIA DI LISSA )