Il sesto duca
di Savoia, figlio di Carlo I e di Bianca di Monferrato,
non ha storia, poichè come abbiamo visto (e vedremo
sotto) morì a sette anni, mentre sua madre da sei
anni era sua reggente.
Causa della morte di questo bimbo gracile e malaticcio,
fu una caduta. Qualche storico affacciò l'ipotesi
di una di quelle misteriose soppressioni che in quei torbidi
tempi erano tanto comuni nelle Corti. Ma una simile supposizione
viene generalmente scartata, poichè non può
in alcun modo sembrare inverosimile che una caduta abbia
avuto conseguenze mortali per un fanciullo nato debole da
genitori troppo giovani e certo mal curato dagli ignoranti
medici dell'epoca.
Se questo sesto duca non ha storia ne ha invece sua madre...
BIANCA DI MONFERRATO
Dunque dopo
la morte di Carlo I, il ducato di Savoia ebbe nuovamente
un principe fanciullo ed una reggenza femminile.
L'Assemblea dei Tre Stati, convocata a Pinerolo, dove Carlo
era morto, stabilì, dopo lunghe discussioni, che
la tutela dell'erede del duca defunto dovesse essere affidata
alla duchessa vedova, Bianca di Monferrato, la quale sarebbe
anche stata reggente del ducato, con l'assistenza d'un Consiglio
composto di personaggi autorevoli, fra i quali erano l'arcivescovo
d'Auch, Merlo di Piossasco, istitutore del duca pupillo,
e Sebastiano Ferrero, tesoriere generale dello Stato.
La giovane
reggente scelse per residenza sua e del figlio la città
di Torino, che da allora fu sede consueta dei duchi di Savoia,
i quali non tardarono ad adottare pure l'uso della lingua
italiana. Di là dai monti, l'autorità sovrana
fu impersonata da Filippo di Savoia, conte di Bressa.
Figlia di Guglielmo
Paleologo, marchese di Monferrato, e della sua seconda moglie
(figlia di Francesco Sforza), la duchessa Bianca fu, come
Jolanda, una sovrana molto intelligente, dotata di grandi
virtù, per le quali fu assai rispettata ed amata
dai sudditi. Dopo esser stata una moglie esemplare, seppe
essere una ottima madre e una reggente avveduta ed energica,
tanto da tranquillizzare pienamente coloro che alla morte
di Carlo I avevano concepito seri timori per le sorti del
Ducato.
Rimasta vedova
a soli diciotto anni, dovette anzitutto far rispettare i
propri
diritti e quelli del figlio, che aveva appena dieci mesi,
e diede subito prova di un carattere forte e risoluto col
resistere alle pretese nuovamente avanzate dai prozii del
bimbo. Essi infatti non esitarono a tentare di rinnovare
i contrasti e i disordini che già avevano turbata
la reggenza della duchessa Jolanda, e Bianca dovette anzitutto
risolvere il conflitto sorto fra Savoiardi e Piemontesi
per la questione della residenza del duchino e della Corte.
Lo troncò, quel conflitto, con lo stabilirsi a Torino,
come abbiamo già visto.
Ma lo Stato
era travagliato da discordie interne, minacciato dal di
fuori per l'inimicizia del Marchese di Saluzzo e per le
avide mire del Duca di Milano, ed era soprattutto afflitto
dalla grave crisi finanziaria che aveva avuto inizio ai
tempi del Conte Rosso e si era poi acuita da quando Amedeo
VIII era stato eletto papa. La reggente, quindi, si vide
obbligata a lottare contro difficoltà non indifferenti,
e, con l'aiuto del Consiglio di reggenza, riuscì
a vincerle e a superarle in breve tempo manifestando un
senno ed un'abilità di cui nessuno avrebbe potuto
creder capace una principessa ancora tanto giovane.
Venne instaurata
un'energica politica di economie, che giovò prontamente
all'erario, mentre al prestigio e alla potenza della Casa
ducale giovava la politica di conciliazione e di accordi
che Bianca seguì nel trattare col Conte di Bressa,
col Marchese di Saluzzo, con Lodovico il Moro, duca di Milano,
e nel sottrarre il proprio Stato all'ingerenza francese
che proprio allora minacciava d'accentuarsi nelle cose d'Italia.
Quando scoppiò
la peste del 1493, Bianca, sempre in apprensione per la
salute del piccolo Duca, che cresceva gracilissimo, s'affrettò
ad allontanarsi da Torino per recarsi ad Ivrea, donde poi,
ancora per sfuggire al morbo, si trasferì a Vercelli.
E fu in questa città, che nel 1494, per consiglio
di Filippo di Savoia, venuto apposta da Chambéry,
la reggente si decise a malincuore ad accordare a Carlo
VIII (che muoveva alla conquista di Napoli) il passaggio
attraverso gli Stati della Casa di Savoia. Anche in quella
circostanza, ella diede prova di non comune abilità
politica, rifiutando al re francese, senza provocarne lo
sdegno e le possibili rappresaglie, le armi, gli armati
e il denaro ch'egli le richiese insistentemente.
Liberata dall'incubo
di quel passaggio, che non avrebbe potuto evitare senza
esporre a gravi pericoli l'indipendenza del suo Stato, Bianca
si ritirò con tutta la Corte a Moncalieri, dove nella
primavera successiva, e precisamente il 16 aprile 1496,
ebbe il dolore di veder morire suo figlio Carlo Giovanni
Amedeo, detto Carlo II, col quale finì la discendenza
di Amedeo IX e di Jolanda. Unica consolazione, le restò
la figlia Jolanda Lodovica, che aveva allora nove anni.
Con lei si ritirò a vita privata, pur mantenendo
in Torino la propria residenza, ma non tardò molto
a rimaner sola, poichè anche Jolanda due anni dopo
morì, nel 1498.
Da allora,
Bianca, quantunque tenuta sempre in grande considerazione
dai sovrani, dai principi, dai cardinali, scomparve completamente
dalla scena politica e si ridusse a vivere ritiratissima,
dedicandosi alle preghiere, alle opere benefiche ed anche,
pare, alla bachicoltura. Morì il 31 marzo 1519, dopo
aver fondato il convento di Sant'Agostino, in Cavour, e
quello di Barges. Venne sepolta nel convento di Carignano,
da lei considerevolmente arricchito.