Luigi XI, allora, volle avere presso di se il duca adolescente
(che fu condotto con le sorelle a Lione, dove erano il re
e la Corte), e delegò a governare la Savoia e il
Piemonte il conte Seyssel de la Chambre, che ebbe infatti
titolo di governatore generale.
Contro costui, violento e dispotico, non tardarono ad esser
lanciate accuse di abuso d'autorità, le quali indussero
il re di Francia a richiamarlo e a sostituirgli il vescovo
di Ginevra. Filiberto, che nutriva già quella vivissima
passione da cui derivò il suo soprannome di Cacciatore,
era in quei giorni a caccia nei dintorni di Grenoble. Il
conte Seyssel De la Chambre, anzichè obbedire al
suo sovrano, fece rapire e ricondurre in Savoia il giovane
duca proponendosi di conservare con la violenza il potere
che gli era stato tolto.
Ma Filippo
di Savoia, allora, tornò in scena, anche per aver
saputo che Luigi XI lo credeva complice dell'autore di quell'audace
colpo di mano, e, procuratisi aiuti dal marchese di Saluzzo,
si recò nascostamente a Torino, dove Filiberto era
stato condotto dal suo rapitore. In quella città,
riuscì con un abile stratagemma a far prigioniero
il De la Chambre, sorprendendolo nel sonno e lo chiuse in
un sotterraneo del Castello. Poi condusse a Lione il nipote,
che vi fu accolto « con ogni dimostrazione di
onore e di affetto », mentre al De la Chambre
venivano confiscati tutti i beni.
A Lione, Filiberto
visse per qualche tempo presso il re suo tutore; ma, colto
durante una partita di caccia da una malattia che sembrò
misteriosa, morì a diciassette anni il 12 aprile
1482.
Corse voce
ch'egli fosse stato avvelenato per volere del cupo monarca
francese. Quella supposizione non potè sembrare totalmente
infondata, poichè era logico pensare che Luigi XI
avesse giudicato opportuno sopprimerlo affinchè nel
ducato di Savoia nascessero nuovi disordini, dei quali egli
avrebbe potuto approfittare per impadronirsi definitivamente
di un paese su cui esercitava già tanta influenza.
Un delitto di quel genere, d'altronde, doveva sembrare assai
verosimile da parte di un re crudele che già ne aveva
commessi molti altri.
Filiberto il
Cacciatore non ebbe così modo di manifestare le sue
qualità di principe; ma lasciò fama d'esser
stato molto intelligente e di aver fatto sperare ai sudditi,
per la sua bontà e per la sua assennatezza, un avvenire
assai migliore del torbido periodo in cui si svolse la sua
vita brevissima. Mentre era ancora fanciullo, gli fu data
in moglie Bianca Maria Sforza, figlia di Galeazzo Maria,
dalla quale non ebbe alcun figlio. Bianca Maria andò
poi sposa, nel 1493, all'imperatore Massimiliano d'Austria.