Lodovico figlio
e successore di Amedeo VIII, fu principe di bell'aspetto,
buono ed affabile, ma apatico, leggero ed incostante, largo
nel promettere, impaziente nell'attendere. Non si circondò
di guerrieri, di dottori, di baroni; preferì avere
intorno a sè dei cantori, dei buffoni, degli istrioni.
Non governò, si lasciò governare dalla moglie
ambiziosa, la bellissima Anna di Cipro, dalla quale non
si sapeva staccare mai un istante, e alla quale non osava
opporsi in nessun modo. Inoltre era tanto amante degli svaghi
« che avrebbe preferito perdere un castelllo piuttosto
che un divertimento ».
Così si esprime press'a poco, certo esagerando, una
cronaca del tempo; ma nelle esagerazioni del cronista non
mancò certo un nocciolo di verità.
Risulta infatti
che il debole Lodovico di Savoia, sposata nel 1433 Anna
di Lusignano, figlia del re di Cipro, donna meravigliosamente
bella, l' amò come una favorita piuttosto che come
una moglie, cosicchè Anna, che era molto intelligente,
astuta e volitiva, nonchè ambiziosissima e capricciosa,
prese sopra di lui un dominio assoluto, divenne arbitra
del governo, e compì in breve tempo un'opera deleteria
che fu di molto danno alla Casa di Savoia.
Come se tutto
ciò non bastasse a rendere difficile il governo di
Lodovico, venne l'assunzione di Amedeo VIII al pontificato,
per la quale mancarono all'indolente principe la guida e
i consigli del padre, e le cose dello Stato precipitarono
in un incredibile disordine, di cui approfittarono molti
disonesti, mentre Anna di Lusignano spadroneggiava; contribuiva
agli sperperi, non si curava di evitare che il discredito
cadesse a poco a poco su di una dinastia già da tanto
tempo rispettata e temuta. Ella si preoccupava soltanto
di soddisfare i suoi capricci e di arricchire certi suoi
favoriti, specialmente ciprioti.
A lungo andare,
le parzialità, le in giustizie della duchessa divennero
causa di grave fermento tra i baroni della Savoia, che ordirono
una lega contro i cortigiani più fortunati o più
abili. Frattanto, le ante cariche della Corte e dello Stato
erano oggetto di accanite contese, le prevaricazioni si
moltiplicavano, il disordine e gli scandali divenivano enormi.
Guglielmo Bolomier de Poncin, autorevole jureconsulito,
cancelliere di Savoia, osò accusare pubblicamente
qualche favorito della duchessa Anna, ed ella promosse contro
di lui un processo per calunnia e per concussione. Dopo
lunghe e appassionate vicende, il disgraziato fu condannato
a morte, e gettato con una pietra al collo nel lago di Ginevra,
presso Chillon, alla presenza dei cortigiani che aveva giustamente
accusati. Altri gentiluomini savoiardi, altri dignitari
dello Stato, subirono poi la stessa sorte sempre per effetto
delle inaudite ingiustizie e del grandissimo disordine di
cui era colpevole Anna di Lusignano e che Lodovico non sapeva
reprimere.
Per un complesso
di circostanze che sarebbe lungo chiarire, durante il regno
di questo principe si verificò una recrudescenza
di quella reazione feudalesca che Aimone e i tre Amedei
che gli erano successi, avevano frenata con grande energia.
Lodovico non si oppose in alcun modo ai prepotenti che minavano
l'autorità ducale. Mentre lasciava opprimere i deboli
e commettere grandi ingiustizie contro coloro che cadevano
in disgrazia, subiva insulti e danni non solo dai principi
vicini, ma anche da feudatari e baroni a lui molto inferiori,
senza sentire il bisogno di reagire o di difendersi. Sempre
sprovvisto di denaro, quantunque vendesse con facilità
feudi ed alte cariche, non rispettò neppure i beni
della Chiesa, ed accettò compensi per fare ottenere
benefizi ecclesiastici. Ed intanto, inutile dirlo, gl'interessi
dello Stato erano trascurati, con incalcolabile danno del
sovrano stesso e dei sudditi d'ogni classe.
Non può
quindi meravigliare il fatto, a cui già abbiamo accennato
nella monografia precedente, della splendida occasione perduta
da Lodovico di aggiungere ai domini della propria casa il
ducato di Milano, o almeno gran parte di esso, quando morì
Filippo Maria Visconti. Il duca di Savoia, privo di capacità
politica, in lotta con incessanti difficoltà finanziarie,
male attorniato, mal consigliato e per nulla obbedito, non
si mosse quando l' effimera repubblica milanese gli chiese
aiuto contro lo Sforza e gli altri pretendenti. I suoi inetti
consiglieri, dopo aver perso tempo prezioso in vane dispute,
lo indussero a mandar milizie quando era già troppo
tardi. Un cortigiano, certo Compey, favorito della duchessa,
assolutamente incapace di comandare un'azione di guerra,
fu mandato ad invadere la Lomellina, tentò di occupare
Novara ma non vi riuscì, ed infine fu sconfitto e
preso prigioniero dagli sforzeschi. Sorte uguale ebbe un
altro cortigiano, Gaspare di Varax, che subì perdite
ancor più gravi il 20 aprile 1449 in una sanguinosa
battaglia presso Borgomanero.
Altre occasioni
si lasciò sfuggire Lodovico di rialzare le fortune
della sua Casa, altre ne perse per la sua politica infida
e mutevole sempre, che lo fece lasciar da parte da tutti
i possibili alleati. Eppure, egli avrebbe desiderato di
soddisfare l'ambizione della moglie, con l'ingrandire lo
Stato, e dopo la fallita impresa di Milano vagheggiò
quella della conquista di Genova, alla quale rinunciò
poi, non solo per mancanza di ferma volontà e di
mezzi adeguati, ma anche perchè suo padre, allora
papa, lo ammonì, pare, di guardarsi dal concepire
progetti troppo arditi.
Tuttavia, durante
il suo regno malaugurato, furono promulgate alcune buone
leggi, e certe sagge riforme, piuttosto tentate che realizzate,
attestano le buone intenzioni che talvolta egli ebbe, in
mezzo all'irrimediabile disordine del suo governo.
La Casa di Savoia acquistò in quel tempo gli omaggi
feudali dei marchesi Del Carretto e di Giovanni Grimaldi
signore di Monaco, e ricevette la dedizione spontanea della
città di Friburgo, la quale, impoverita e indebolita
anche dalle interne fazioni, era allora rimasta libera dalla
dura dominazione dei duca d'Austria, che l'aveva spogliata
e abbandonata.
Lodovico diede
in moglie una delle sue figlie, Carlotta, al delfino di
Francia, che fu poi Luigi XI, assegnandole la favolosa dote
di duecentomila scudi d'oro, ossia il doppio della maggior
dote che si fosse mai data ad una principessa di Savoia.
Ma quel matrimonio peggiorò le condizioni delle finanze
della Casa, aggravò i nodi della dipendenza della
Savoia verso la Francia, e quando scoppiò
la discordia tra il Delfino e suo padre (papa), procurò
a Lodovico serissimi imbarazzi.
Altri guai
toccarono a Lodovico per causa di parecchi altri dei suoi
figli (che furono diciotto e ai quali accenneremo più
avanti) ma certo i danni maggiori derivarono a lui e alla
sua Casa dalla moglie Anna.
« Ella andava dicendo - scrive uno storico dei Savoia
- che i grandi favori che andava prodigando ai suoi compatrioti
erano mezzi coi quali tentava di conseguire il grande scopo
di trasferire nel dominio di Casa Savoia il regno di Cipro.
Si proponeva infatti di unire in matrimonio il suo secondogenito
Lodovico di Savoia con la principessa Carlotta, unica figlia
di Giovanni II re di Cipro, e di trasferire così
quella corona alla dinastia Sabauda. Il re Giovanni, inconsapevole
delle intenzioni di lei, univa invece la figlia sua con
Giovanni di Portogallo; ma questo principe poco dopo moriva,
e allora la duchessa non mise indugio a concludere il matrimonio
fra la giovane vedova e il proprio figlio Lodovico.
Morì
anche il re Giovanni, e Carlotta, secondo le leggi di Cipro,
rimase legittima erede di quel trono (1458). Il principe
Lodovico andò a Cipro, celebrò il matrimonio
con la regina e fu incoronato re. Ma un arcivescovo, Giacomo,
figlio naturale del defunto re Giovanni, accampando pretese
di successione al trono paterno, si recò, dopo esser
stato respinto dal paese, presso il soldamo d'Egitto, rinnegò
la fede cristiana, ed ottenne un potente aiuto d'armi e
di armati. Con queste forze, egli riuscì ad impossessarsi
dell'isola cacciandone Carlotta e Lodovico, a cui rimase
soltanto la fortezza di Cherines.
Questi avvenimenti
aprirono un abisso nelle finanze di Savoia, perchè
i quattro anni di resistenza di quella fortezza costarono
enormi sacrifici di denaro oltre che di uomini, sì
che lo stesso duca Lodovico diceva ai Ciprioti: «
A voi passò tutto quanto aveva di grasso la Savoia!
» Tanti sacrifici altro non produssero alla Casa
Sabauda che il vano titolo del regno di Cipro.
I diciotto
figli che Lodovico ebbe da Anna di Lusignano furono dieci
maschi e otto femmine. Oltre a quelli a cui abbiamo già
accennato, noi ne nomineremo qui alcuni: AMEDEO IX, primogenito,
che vedremo successore del padre; Giacomo, conte di Romont,
barone di Vaud e gran fautore del duca di Borgogna; Pietro,
che morì a diciotto anni nel 1458, dopo esser stato
successivamente nominato abate di Sant'Andrea di Vercelli,
vescovo di Ginevra e arcivescovo di Tarantasia, cioè
(nota il Cibrario) dopo aver goduto, senza entrare negli
ordini sacri, quelle laute prebende mercè le quali
le Case principesche assorbivano gran parte delle rendite
della Chiesa; Bona, che sposò Galleazzo Maria Sforza;
Filippo, conte di Bresse, Gian Lodovico, vescovo di Ginevra
e Francesco, arcivescovo d'Auch, che insieme con Giacomo
turbarono i regni di Amedeo IX e dei suoi successori, suscitando
guerre civili.
Lodovico morì
a Lione il 29 gennaio 1465, mentre già malato si
recava a Parigi per ottenere certi aiuti dal genero Luigi
XI. La sua salma venne trasportata a Ginevra ed ivi sepolta
secondo il desiderio da lui manifestato, nella cappella
di Santa Maria di Betlemme.
Dopo avere
accennato alle debolezze rovinose di questo duca di Savoia,
accenneremo anche ad alcune sue benemerenze. Durante il
suo regno, infatti, fu edificato il castello di Nizza; furono
rinnovati i provvedimenti per impedire nel ducato d'Aosta
le discordie di giurisdizione tra gli ecclesiastici e i
laici; fu istituito un Consiglio che poi prese il nome di
Senato di Torino, per giudicare le cause civili e criminali;
furono costruiti a difesa di Torino i primi bastioni tra
Porta Po e Porta Palazzo; fu scavato un canale per l'irrigazione
delle campagne tra Ivrea e Vercelli. Lodovico compì
anche i consueti atti di principe religioso, fondando un
convento di Carmelitani a Romully, facendo costruire in
Torino la chiesa di San Tomaso; ed al suo tempo risale anche
l'origine del culto del Santo Sudario (o della Sacra Sindone)
che si dice fosse stato donato da Margherita di Charny alla
Casa di Savoia.
I suoi contemporanei
lo chiamarono il Buon duca e il Generoso,
poichè certo ebbe delle buone qualità; ma
non si può negare che dal suo regno cominciarono
per la Casa di Savoia tristi tempi di decadenza, derivati
in parte dal suo mal governo, i quali ebbero fine soltanto
dopo la metà del secolo successivo.