Alcuni storici
fanno derivare il soprannome di questo Conte di Savoia dal
colore dei suoi capelli, altri da quello ch'egli soleva
usare nelle sue vesti.
Nacque il 24 febbraio 1360, in Avigliana. Fin dalla prima
giovinezza si meritò d'essere annoverato fra i migliori
cavalieri e divenne prestissimo anche un prode guerriero.
Finchè visse il padre, fu chiamato Conte di Bresse,
dalla signoria che il padre gli diede in appannaggio, insieme
con quella di Bauge.
Nel farlo signore
di quei due possedimenti, Amedeo VI aveva voluto che fin
da ragazzo egli imparasse a governare e a difendere i territori
suoi. E presto quel provvedimento del saggio principe risultò
opportuno, poichè il giovanissimo Amedeo VII dovette
sostenere una piccola guerra contro Odoardo di Beaujeu,
possessore di alcuni castelli della Bresse, che a lui rifiutava
l'omaggio dovuto al signore feudale. Dando bellissime prove
di valore, il futuro successore del Conte Verde riuscì
in brevissimo tempo ad infliggere al signore ribelle una
completa sconfitta e a vederlo umiliato e pentito.
Poco tempo
dopo, Amedeo VII fu mandato dal padre a combattere in vece
sua a fianco del re di Francia Carlo VI, ch'era in guerra
coi Fiamminghi, e diede nuove prove di valore, distinguendosi
specialmente nella battaglia di Rosbec, vinta dai Francesi
il 27 novembre 1383.
Ritornato nella
Bresse, vi fu raggiunto dalla- dolorosa notizia della morte
del Conte Verde, del quale raccolse immediatamente la successione,
ma ciò non gli impedì di recarsi nuovamente
in Francia, dopo un breve intervallo, per combattere alla
testa di settecento Savoiardi contro gl'Inglesi, che si
erano alleati ai Fiamminghi e li soccorrevano con forze
rilevanti nella loro strenua lotta col re Carlo VI.
Si distinse ancora in parecchie battaglie, e durante l'assedio
di Bourbourg acquistò fama di formidabile guerriero
nei tornei e nei duelli nei quali incessantemente gareggiavano
in perizia e in valore i gentiluomini assediati e quelli
assedianti.
Reduce in Savoia,
nel 1385, dovette subito combattere per sottomettere i Vallesi,
che, per istigazione dei Visconti, si erano ribellati al
loro vescovo, Edoardo di Savoia.
Compiuta vittoriosamente quell'impresa, rivolse le armi
contro i marchesi di Saluzzo, i quali ad ogni successione
ricorrevano a nuovi pretesti per rifiutare di riconoscere
la supremazia dei Conti di Savoia.
Ma, improvvisamente richiamato in Francia da Carlo VI, di
nuovo in guerra con gl'Inglesi, il Conte Rosso dovette sospendere
l'assedio di Saluzzo e concludere una nuova tregua coi suoi
avversari.
Durante la sua assenza, i conti di San Martino e di Valperga
provocarono col loro tirannico governo una grave insurrezione
nel Canavese. Il marchese di Monferrato soffiò su
quell'incendio, che si estese; ma ritornato Amedeo, l'insurrezione
venne rapidamente sedata col concorso di Gian Galeazzo Visconti,
e ai domini della Casa di Savoia poterono essere aggiunti
parecchi possedimenti assai considerevoli per importanza
ed estensione.
Ma un acquisto
molto più importante era riservato ad Amedeo VII.
I cittadini di Nizza, minacciati, nel 1388, dagli Angioini
di Provenza, che odiavano fieramente, mandarono ad Amedeo
VIII una solenne ambasceria, offrendogli la loro sudditanza.
Amedeo accettò, e il 12 agosto di quell'anno entrò
con gran pompa nella città e prese possesso della
contea nizzarda, il cui esempio fu poi seguìto da
Ventimiglia.
« La dedizione, nota il Predari, venne poi confermata
dal trattato di Chambéry del 1419, concluso da Amedeo
VIII e Violante d'Aragona, madre e tutrice di Luigi d'Angiò
re di Napoli e di Sicilia, e per tal modo la Casa di Savoia
ebbe, per consentimento dei due partiti avversari, quella
importante regione».
Così
Amedeo, primo fra i principi della sua Casa, estese fino
al mare i suoi domini. Ebbe anche le valli di Barcellonetta
e di Stura, ma nulla potè togliere ai marchesi di
Saluzzo, e subì l'amarezza di vedere la contea d'Asti
distaccarsi dalla signoria di Milano per passare in soggezione
al duca d'Orléans, che aveva sposato Valentina Visconti.
Amarezza lieve a paragone di quella, che la morte gli risparmiò,
di veder chiamata in Italia, appunto dai Visconti, una nazione
straniera. Infatti, come già i suoi predecessori,
Amedeo VII fu fermo propugnatore dell'indipendenza degli
Stati italiani da qualunque supremazia estera.
Splendido signore
oltre ad essere valoroso soldato, egli ebbe il torto di
prodigare troppo denaro per giochi e svaghi; ma se non lasciò
ricco il suo Stato, lo lasciò notevolmente ingrandito
dalle vaste e fiorenti province acquistate col suo valore.
Morì il Conte Rosso a trentun anni, nel castello
di Ripaille, d'una morte che sembrò misteriosa e
che, attribuita a delitto, ebbe un lungo strascico di complicate
vicende. Noi narreremo brevemente i fatti accertati dalla
storia, trascurando le leggende e le invenzioni romanzesche.
Amedeo VII,
annoverato fra i più gloriosi principi di Savoia,
aveva una salute assai cagionevole ed era pallidissimo e
affetto da calvizie precoce. Un ciarlatano (Giovanni di
Granville) che si faceva passare per medico, si propose
e gli promise di fargli ritornare folta la chioma e colorito
il viso. Secondo ogni probabilità, questo Granville
somministrò ad Amedeo soltanto dei medicamenti a
base vegetale; ma durante la cura il Conte, invece di migliorare,
deperì a tal segno che, rottasi una tibia cadendo
da cavallo, non fu in grado di resistere all'infezione che
ne derivò.
Prima di morire,
Amedeo manifestò la convinzione d'esser stato avvelenato,
ed anche, a quanto pare, il sospetto che il Granville avesse
agito per incarico avuto da altre persone. Naturalmente
il ciarlatano medico venne arrestato e subito sottoposto
ad un terribile processo e alle atroci torture che allora
si applicavano per
strappar confessioni agli accusati. Non potendo confessare
un delitto che in realtà non aveva commesso, il Granville,
per cavarsela, ritorse l'accusa contro il farmacista Pietro
Lompnes, che aveva fornito i medicamenti, e contro la stessa
madre di Amedeo, Bona di Borbone, la quale avrebbe voluto
rimanere reggente dello Stato. In tal modo il medico ottenne
il risultato di fare impiccare (o squartare) il farmacista,
di farsi disprezzare per la calunnia contro Bona, e di farsi
mandar libero oltre i confini.
Solo alcuni
anni dopo, nel 1395, lo stesso Granville, in punto di morte,
dichiarò e giurò in un atto notarile di aver
falsamente accusato il farmacista e la principessa, non
già per sfuggire a una condanna che non avrebbe meritata
essendo innocente, ma soltanto per sottrarsi alle terribili
torture a cui sarebbe stato sottoposto ancora a lungo se
non avesse fatto una rivelazione qualsiasi.
Il processo
per il preteso avvelenamento del Conte Rosso fu assai clamoroso,
ebbe echi in tutte le Corti, strascichi lunghissimi e complicati,
e fu causa di un grave duello in campo chiuso, nel quale
rimase morto (in presenza di Amedeo VIII) Ottone di Grandson,
gentiluomo che, insieme con Amedeo principe d'Acaia, era
stato sospettato di complicità nel supposto delitto.
Ma il Predari, confutando il Cibrario non alieno dall'ammettere
che almeno certi sospetti fossero giustificati, osserva
giustamente "La logica ed il buon senso ci persuadono
essere stata la morte del Conte Rosso conseguenza naturale
della ferita riportata nella caduta da cavallo. Il tetano
sopraggiunto per l'ignoranza medica può aver dato
a quella morte il carattere repentino e apparentemente doloso
di cui parlano i cronisti".
Il Conte Rosso,
prode cavaliere, signore splendido, amante dei piaceri non
meno che dei tornei e delle guerre, non fu affatto dotato
di saggezza politica, nè di abilità nel governare.
Conscio del carattere di lui, Amedeo VI aveva disposto,
morendo, ch'egli avesse a seguire i consigli della madre,
nelle cure del governo, lasciandolo in tal modo sottoposto
ad una specie di tutela.
Fu moglie di
Amedeo VII Bona di Berry, sua cugina dal lato materno, sposata
nel 1377. Ella gli diede un figlio, che fu poi AMEDEO VIII,
e due figlie Bona e Giovanna, la prima delle quali sposò
un principe d'Acaia.
Amedeo ebbe anche due figli naturali Giovanna e Umberto.
Quest'ultimo, uomo di molto ingegno e di grande valore,
ottenne dal padre cospicue signorie nel paese di Vaud. Andò
a combattere contro i Turchi (1397) e rimase loro prigioniero
per sette anni. Amedeo VIII suo fratello, dopo averlo riscattato,
lo tenne come consigliere e ministro, e gli fu prodigo d'onori
e di ricchezze.