Amedeo VI nacque
in Chambéry il 6 gennaio 1334 e, successe al padre
Aimone all'età di nove anni, sotto un Consiglio di
reggenza alla costituzione del quale prima di morire aveva
provveduto Aimone stesso nel suo testamento.
Di quel Consiglio
facevano parte, insieme con parecchi prelati e grandi signori,
Ludovico di Savoia signore di Vaud e Amedeo, conte di Ginevra.
La minorità di Amedeo VI trascorse in mezzo ad una
tranquillità relativa e sotto i migliori auspici.
Tredicenne appena, il principe diede prova di avere ereditate
le qualità bellicose dei suoi avi, recandosi con
una forte schiera in aiuto del cugino Giacomo di Savoia,
principe d'Acaia e signore del Piemonte, allora in guerra
contro i marchesi di Monferrato e di Saluzzo, e per lui
combattendo valorosamente, così da contribuire alla
conquista di Cherasco e ad una notevole vittoria sui Monferrini
(1347).
Da allora il
giovane principe si dedicò con passione agli esercizi
equestri, e dopo un memorabile torneo nel quale fu vincitore
con le armi e la cavalcatura recanti ornamenti di un unico
colore, il verde, ebbe poi sempre il soprannome di Conte
Verde, del quale si compiacque, continuando a preferire
quel colore nelle insegne, negli abiti, nei suggelli, negli
arredamenti.
Frattanto continuava
la guerra tra i principi di Savoia e di Piemonte da una
parte, ed i marchesi di Monferrato e di Saluzzo dall'altra.
A questi ultimi, si era unito Luchino Visconti, che, quando
il papa Clemente VI, salito al trono di S. Pietro nel 1342,
volle metter pace tra i contendenti, respinse sdegnosamente
tutte le proposte di conciliazione. Soltanto quando Luchino
morì, nel 1349, la pace divenne possibile, per merito
del successore di lui nella signoria di Milano, che fu l'arcivescovo
Giovanni Visconti, suo fratello.
Alla fine delle
contese fra le due potenti famiglie dei Savoia e dei Visconti,
seguì la decisione da entrambe le parti di stringere
legami di amicizia e di parentela, specialmente a danno
dei marchesi di Saluzzo, dei quali i Savoia continuavano
ad essere tenaci avversari. E fu allora (1350) che si celebrarono
le nozze di Bianca di Savoia, sorella di Amedeo VI, con
Galeazzo Visconti.
Essendosi estinta
nel 1349 la stirpe dei Delfini del Viennese, che per tanti
anni erano stati in lotta quasi continua coi Conti di Savoia,
l'eredità loro passò al figlio primogenito
del re di Francia (e perciò da allora i principi
ereditari di Francia si chiamarono sempre Delfini).
«
Questo fatto, scrive uno storico, diede origine a gravi
pericoli per la Casa di Savoia, la quale ormai veniva ad
avere ai suoi confini, non più un piccolo principe,
ma un formidabile potentato. Per toglier di mezzo le ragioni
di futuri dissidi, il nuovo tutore di Amedeo VI (che era
Guglielmo Della Balma, saggio e prudente politico) propose
alla Corte di Francia uno scambio dei domini che per la
loro posizione potevano dar luogo a contese. Pendevano le
trattative per un
accordo in questo senso, allorchè Ugo di Ginevra,
luogotenente del Delfino nel Faucigny, spinse i Delfinesi
ad invadere i vicini paesi soggetti ai Conti di Savoia ».
Allora Amedeo
VI armò un esercito e lo condusse nel territorio
nemico. Seguì un periodo di scorrerie e di saccheggi,
da una parte e dall'altra, con grave danno delle popolazioni,
finchè Amedeo, nell'aprile del 1354, riportò
una grande e completa vittoria sui Delfinesi, dopo averli
provocati a battaglia presso il villaggio di Abrets.
Con la pace
che fu conclusa nel 1355, il Conte di Savoia, facendo concessioni
non molto considerevoli alla monarchia di Francia, a cui
passarono le terre da lui possedute nel Delfinato, ottenne
tutta la provincia del Faucigny e la signoria di Gex, acquistando
in tal modo assai più di quanto perdeva. Dopo questo
accordo, per cementare i buoni rapporti fra Savoia e Francia,
il Conte Verde sposò Bona, figlia del duca Pietro
di Bordone e cugina del re di Francia.
Nel 1356 ebbe
inizio un lungo periodo di contese fra Amedeo VI e i principi
di Acaia suoi cugini, discendenti di quel Filippo di Savoia,
signore di Pinerolo, a cui Amedeo V aveva impedito di diventare
principe sovrano. Quelle contese ebbero fine, dopo alterne
vicende che durarono per circa tre anni, quando il Conte
Verde sconfisse definitivamente Giacomo d'Acaia e lo fece
prigioniero. Ma poi Giacomo si adattò a giurare fedeltà
ad Amedeo, e questi gli restituì generosamente, a
titolo di feudo, la signoria del Piemonte, di cui lo aveva
privato con la sua vittoria.
Della lotta
tra i due cugini e del disordine che ne era derivato, volle
approfittare il marchese di Saluzzo Federico II per venir
meno ai suoi obblighi di vassallaggio verso Giacomo d'Acaia.
Ma Amedeo VI che ormai, come signore sovrano doveva tutelare
anche i diritti di Giacomo, suo vassallo, prese le armi
insieme con questo, e ridusse all'obbedienza il marchese
di Saluzzo, nel 1365.
Da questo anno ebbero inizio, per il Conte Verde, grandi
avvenimenti.
L'imperatore
Carlo IV, ch'era successo nel 1347 a Ludovico il Bavaro,
e che già aveva dato alcuni privilegi al Conte di
Savoia, passò da Chambéry per recarsi in Avignone
dal papa Urbano V, ed investì Amedeo del vicariato
imperiale, con giurisdizione, per lui e per i suoi successori,
su di una grande estensione di paese ed anche sull'Università
di Ginevra, istituita da poco tempo.
Poi il Conte
Verde, incitato dal pontefice, che aveva bandita una crociata
contro i Turchi e in difesa dei Greci, i quali promettevano
di ridursi in grembo alla Chiesa di Roma, si preparò
a partire per l'Oriente. Nel maggio del 1366, salpò
da Venezia con una numerosa schiera di valorosi guerrieri,
e poco dopo cominciò a coprirsi di gloria.
Vinse i Turchi a Gallipoli, i Bulgari a Mesembria ed a Varna,
liberò l'imperatore greco Giovanni II Paleologo,
figlio di Giovanna (detta Anna) di Savoia, che dai Bulgari
era stato fatto prigioniero, e con lui entrò in Costantinopoli.
Ritornò
in Italia, sbarcando a Venezia nel luglio 1367, e subito
si mise in viaggio per Roma, dove Urbano V riportava (ma
non definitivamente) la sede papale; raggiunse a Viterbo
il pontefice, da cui ebbe grandissime lodi, e poi, da Roma,
dove fu molto festeggiato, tornò ne' suoi Stati,
accoltovi con entusiasmo.
Dopo qualche
anno Amedeo VI si vide costretto, per affermare la potenza
della sua Casa in Italia, a guerreggiare in Lombardia contro
i Visconti, che andavano estendendo sempre più i
loro domini e minacciavano d'impadronirsi anche del Monferrato.
Eletto capitano supremo della lega che alcuni sovrani, fra
i quali l'Imperatore ed il Papa, avevano formata nel 1372
per stroncare le prepotenti ambizioni di Galeazzo Visconti,
vinse il Conte Verde in breve tempo parecchie importanti
battaglie, e trionfò specialmente in quella memorabile
di Gavardo (8 maggio 1373), nella quale il signore di Milano
subì perdite irreparabili.
L'esito fortunato
di questa guerra, la fama acquistata di potente signore
e di audacissimo capitano, accesero intorno alla nobile
figura di Amedeo VI un'aureola luminosissima, tanto che
le repubbliche di Venezia e di Genova, in fiera guerra da
tre anni per la supremazia in Oriente, nel 1381 invocarono
l'intervento di lui come arbitro della loro contesa. Egli
pronunciò poco dopo una sentenza che fu giustamente
ammirata come un capolavoro di saggezza politica, e che
venne accettata con soddisfazione da tutte le parti in causa.
Con la pace solennemente conclusa fra le due grandi repubbliche
italiane, Amedeo VI di Savoia raggiunse l'apogeo della sua
gloria.
Ultima impresa
di lui fu una spedizione nell'Italia meridionale, quale
alleato di Lodovico d'Angiò, per aiutare questo principe
a conquistare il regno di Napoli. Questa impresa andò
a vuoto, per la morte dei due alleati. Il Conte Verde fu
il primo a morire, colpito dalla
peste che mieteva vittime numerosissime nel suo esercito.
Si spense fra atroci sofferenze, il 1° marzo 1383, in
Santo Stefano del Molise. Il suo corpo, imbalsamato, fu
trasportato per mare da Pozzuoli a Savona, donde poi venne
portato ad Altacomba.
«Amedeo
VI (scrisse uno storico) dotato di grande animo,
di mente elevata, nemico d'ogni azione ingenerosa, fiero
contro i violenti, pietoso contro i deboli, pronto a riconoscere
i propri torti, indomito di fronte agli ostacoli e ai pericoli
più formidabili, in tutti gli atti della sua vita
offerse un tipo perfetto della prodezza e della lealtà
cavalleresca ».
La storia lo
ricorda anche come eccellente legislatore. Infatti, durante
il suo governo, fiorì nè suoi Stati un complesso
di singolari leggi che poi ebbero vigore per più
di un secolo. Egli fu il primo ad istituire il patrocinio
gratuito per le cause dei poveri, e a cercare di far cessare
la barbara usanza del combattimento o duello giudiziario,
e a concepire, precorrendo i tempi, l'uguaglianza assoluta
di tutti i sudditi davanti alla legge, qualunque fosse la
loro religione.
Nei suoi rapporti
con la Chiesa, ebbe una condotta inflessibile. Fu religioso
e fondò conventi, come allora solevano fare moltissimi
principi, ma non cedette mai alla potenza papale quando
furono in gioco i suoi diritti principeschi.
Principe eminentemente
cavalleresco, volle fondare un istituzione che premiasse
e nobilitasse la virtù ed il valore, e creò
il famoso Ordine del Collare, composto di quindici
cavalieri, in favore dei quali dovevano pregare quindici
monaci nella Certosa da lui fondata in Pierre-Chàtel.
Quell'Ordine fu poi detto dell'Annunziata, quando Carlo
III aggiunse al collare l'immagine di MariaVergine Annunziata,
e rimase sempre l'Ordine supremo della Casa di Savoia.
La moglie di
Amedeo VI, Bona di Borbone, fu donna molto intelligente
e degnissima, per forza d'animo e per ardire, di stare a
fianco d'un principe tanto valoroso. Ella seppe tenere con
virile saggezza la reggenza dello Stato, durante le assenze
del marito, al quale diede due figli: AMEDEO VII, che gli
successe e fu detto il Conte Rosso, e Luigi, che morì
giovinetto nel 1365.