Figlio secondogenito
di Tomaso II, Amedeo V fu da bambino, insieme con i fratelli,
prigioniero degli
Astigiani. Suo zio Filippo I ebbe cura della sua educazione
e lo fece partecipare alle lotte incessanti che la Casa
di Savoia sosteneva contro i signori del Monferrato, del
Delfinato e contro altri vicini. Divenuto Conte di Savoia
nel 1268, Filippo I si formò la convinzione che Amedeo,
dotato di virtù cavalleresche e d'ingegno non comune,
sarebbe stato un principe capace di rendere sempre più
potente ed illustre la Casa di Savoia, e, pensando alla
successione, lo preferì al figlio di Tomaso III,
che avrebbe dovuto ereditare il titolo di Conte di Savoia
col nome di Filippo II. Nel testamento, lo designò
quindi come suo successore, dopo avergli affidato cariche
e imprese importanti e dopo avere ottenuto che i principali
vassalli gli giurassero devozione e fedeltà.
Così avvenne che, nel 1285, morto Filippo I, riuscisse
facile ad Amedeo V esser riconosciuto Conte di Savoia, a
danno del nipote Filippo, ed in tal modo per la terza volta
fu sconvolto l'ordine della successione nella Casa Sabauda.
Nel 1272, Amedeo aveva sposato Sibilla, figlia unica di
Guido, signore di Baugé e della Bresse, ed era andato
a stabilirsi in quest'ultima terra, di cui a sua volta era
divenuto signore. - Il suo riconoscimento a successore di
Filippo I fu confermato da un'assemblea di signori e di
prelati, che si riunì in Giaveno nel 1285, e nella
quale fu pure stabilito che suo fratello Lodovico (o Luigi)
ricevesse il paese di Vaud quale feudo per sè e per
i suoi discendenti, e che dalla signoria del Piemonte, data
a Filippo previa rinuncia dei suoi diritti, rimanesse esclusa
la città di Susa.
Assunto dunque
il potere, Amedeo V volle subito provvedere a garantire
la sovranità alla sua discendenza diretta e ad assicurare
l'integrità dello Stato, vietando la divisione dei
domini, istituendo leggi di primogenitura ed escludendo
assolutamente le donne dalla successione.
Molte furono,
poi, le imprese di guerra e parecchi gli abili trattati
con cui questo principe riuscì ad aumentare considerevolmente
i possessi della sua Casa.
Aiutato dai Conti di Ginevra, Amedeo sostenne lunghe lotte
contro i Delfini di Vienne, che affermavano i diritti, veri
o immaginari della Delfina Beatrice di Savoia, erede del
Faucigny. Da quelle contese, egli uscì sempre vittorioso,
e molti feudatari, dopo essergli stati avversi, riconobbero
in lui la superiorità e la potenza della Casa di
Savoia, abbandonando ogni pretesa d'indipendenza.
Amedeo V ebbe
anche modo di esercitare un'influenza non indifferente negli
affari d'Italia. Dopo essere accorso, nel 1290, in aiuto
della repubblica d'Asti contro il marchese di Monferrato,
e nel 1305 in aiuto di Manfredo, marchese di Saluzzo, che
aspirava alla successione della estinta famiglia dei Monferrato,
si recò nel 1310 a Chambéry, per accogliervi
l'imperatore Arrigo VII, che poi accompagnò fino
a Roma, guerreggiando incessantemente.
Morto in Toscana,
nel 1313, l'imperatore Arrigo, Roberto d'Angiò, re
di Napoli, dichiarandosi protettore dei Guelfi, portò
la guerra in Lombardia, con l'intenzione di estendere a
questa regione il proprio potere. In Piemonte si formò
allora una lega contro quel re, nella quale entrò
anche Amedeo V, che forse per questo rifiutò la signoria
di Pisa, offertagli in quel tempo dai Pisani smessi.
Ma nel 1318
le esigenze della politica lo indussero a staccarsi dalla
lega e ad allearsi con Matteo Visconti. Poco dopo, dato
un assetto definitivo ai suoi possedimenti italiani, ai
quali si erano aggiunti Ivrea e il Canavese, i cui abitanti
gli si erano spontaneamente assoggettati perchè stanchi
delle discordie locali, ritornò nelle sue terre avite
di Savoia, di là dalle Alpi.
Tutti gli storici
riconoscono che Amedeo V di Savoia fu un principe valoroso
in guerra, intraprendente ed abile nella
politica, saggio e liberale nel governo, giusto e moderato
nell'esercizio della sovranità. Egli fu anche molto
amante delle arti, che favorì e protesse; gli affreschi
e le sculture di rinomati artisti nel castello di Chambéry
e in Altacomba, eseguiti indubbiamente ai suoi tempi, ne
furono visibili prove.
Viaggiò
molto, s'interessò delle scienze, s'occupò
perfino di far cercare miniere in Savoia e nelle valli di
Susa, d'Aosta e di Lanzo, concepì e si sforzò
di compiere, in materia di governo, cose superiori alle
idee limitate e alle consuetudini dell'epoca sua. Perciò
si può dire ch'egli abbia meritato, nel suo piccolo
regno, l'appellativo di Grande che rimase aggiunto al suo
nome.
Parecchi storici
antichi e moderni narrano che Amedeo V, nel 1310 o nel 1315,
andò con un esercito in aiuto di Rodi assediata dai
Turchi, e che riuscì a liberare quell'isola. Il motto
FERT, del collare dell'Annunziata istituito poi da Amedeo
VI, sarebbe, secondo questi scrittori, una sigla commemorativa
di tale gloriosa impresa, significando: Fortitudo ejus
Rhodum tenuit. Ma molti dati positivi permisero ad
altri storici, più diligenti, di affermare con certezza
che tutto ciò è da considerare come assolutamente
falso.
Certo fu molto
stimato ed apprezzato per il suo senno, e parecchie volte
venne scelto come mediatore o come arbitro nelle contese
allora tanto frequenti fra i sovrani d'Europa, con non pochi
dei quali era imparentato. Come guerriero, fu instancabile
e prode, e basti dire che i combattimenti a cui prese parte
furono ammirevoli e che si trovò a partecipare a
trentadue assedi, secondo un'enumerazione fatta da un cronista
suo contemporaneo.
Benchè
vecchio e malaticcio, nel 1323 volle recarsi ad Avignone,
dal Papa Giovanni XXII, secondo alcuni per ottenere l'intervento
di lui in una delle molte contese della Casa di Savoia col
Delfino, secondo altri per indurlo a bandire una crociata
a favore dell'Imperatore d'Oriente suo genero, minacciato
dai Turchi. In Avignone s'ammalò, ospite del cardinale
Luca Fieschi, e lì morì il 16 ottobre di quell'anno
stesso. La sua salma venne poi trasportata in Savoia e sepolta
in Altacomba.
Amedeo V ebbe
tre mogli. Morta Sibilla di Baugé, sposò Maria
di Brabante, e, morta questa, passò a terze nozze
con Alice di Vienne. - Dalla prima moglie ebbe tre figli,
due dei quali (Edoardo ed Aimone) gli successero, e cinque
figlie. Dalla seconda ebbe quattro figlie; dalla terza,
sposata in età senile, non ebbe prole. Di questi
dodici principi, vanno ricordati (oltre ai due sunnominati
successori del padre) almeno i seguenti : Agnese, che sposò
Guglielmo conte di Ginevra; Bona, moglie di Ugo di Borgogna;
Caterina, moglie di Leopoldo, duca d'Austria; Giovanna,
moglie di Andronico Paleologo, imperatore d'Oriente; Beatrice,
moglie di Enrico d'Austria e regina di Boemia, ed Arturo,
che morì in Terra Santa.