E.A.POE
Le vicende relative al caso del signor Valdemar
- NATURALMENTE non pretendero' di ritenere un fatto straordinario
che il
- sorprendente caso del signor Valdemar abbia provocato
tante discussioni:
- sarebbe un miracolo se cio' non fosse stato, date soprattutto
le
- circostanze. In seguito al desiderio di tutte le parti
interessate di
- tenere nascosta la vicenda al pubblico, per il momento
almeno, o fino a che
- non avessimo avuto occasioni per una ricerca piu' approfondita,
in seguito
- appunto ai nostri sforzi per ottenere questo, si e' sparsa
tra la gente una
- versione del fatto arbitraria ed esagerata, la quale
e' divenuta fonte di
- molte ipotesi sgradevoli ed errate e logicamente di grande
incredulita'.
-
- E' ora necessario che io dia i FATTI cosi' come li conosco.
Eccoli in
- succinto.
-
- La mia attenzione, in questi ultimi tre anni, e' stata
rispettivamente
- attratta dal mesmerismo (o magnetismo animale, dal nome
del medico
- tedesco Franz Mesmer (1734-1815), ideatore di tale teoria.
N.d.r), e circa
- nove mesi or sono mi venne in mente cosi' all'improvviso
che nella serie
- delle esperienze da me sino a quel momento compiute vi
era stata
- un'omissione gravissima e assolutamente ingiustificabile,
che cioe'
- nessuno era ancora mai stato mesmerizzato in ARTICULO
MORTIS. Era da
- vedere per prima cosa se in tale condizione esistesse
nel paziente una
- suscettibilita' qualsiasi all'influenza magnetica; secondariamente,
nel
- caso che tale suscettibilita' esistesse, se questa fosse
diminuita o
- accresciuta dalla condizione predetta. In terzo luogo
sino a qual punto,
- e per quanto tempo, potessero essere fermate mediante
questo processo le
- pretese inesorabili della Morte. Vi erano ancora altri
punti che
- avrebbero dovuto essere accertati, ma i suaccennati eccitavano
- particolarmente la mia curiosita', l'ultimo soprattutto,
per la portata
- vastissima delle sue eventuali conseguenze.
-
- Nel guardarmi attorno in cerca di un soggetto grazie
al quale io potessi
- saggiare queste mie ipotesi, venni indotto a pensare
al mio amico
- Ernest Valdemar, il notissimo compilatore della "Bibliotheca
Forensica" e
- autore (sotto lo pseudonimo di Issachar Marx) delle versioni
in polacco
- del "Wallenstein" e del "Gargantua".
Il signor Valdemar, il quale aveva
- dimorato per lo piu' nel quartiere di Harlem, nello Stato
di New York,
- sin dal 1839 e' (o era) caratterizzato principalmente
da un'estrema
- magrezza della persona (i suoi arti inferiori rammentavano
moltissimo
- quelli di John Randolph), nonche', pure, dall'immacolato
biancore dei
- suoi baffi stranamente in contrasto con la nerezza dei
capelli, i quali,
- di conseguenza, venivano generalmente scambiati per una
parrucca. Era di
- temperamento spiccatamente nervoso, il che lo rendeva
un soggetto ottimo
- per le esperienze mesmeriche. Ero riuscito un paio di
volte a farlo
- addormentare quasi senza difficolta', ma ero stato deluso
in altri
- risultati che la sua particolare costituzione mi aveva
naturalmente
- indotto a prevedere. La sua volonta' non si era mai trovata
- positivamente o totalmente sotto il mio controllo, e
in quanto alla
- chiaroveggenza, non ero mai riuscito a compiere con lui
nulla di
- concreto. Avevo sempre attribuito il mio insuccesso su
questi punti alle
- sue alterate condizioni di salute. Gia' alcuni mesi prima
ch'io avessi
- occasione di fare la sua conoscenza i medici lo avevano
dichiarato
- irrevocabilmente tubercolotico. Del resto era sua abitudine
parlare con
- calma della propria imminente fine, come di cosa che
non poteva essere
- ne' evitata ne' rimpianta.
-
- Allorche' incominciai a riflettere su quanto ho accenato
prima, fu
- logicamente naturalissimo che io pensassi al signor Valdemar.
Conoscevo
- troppo bene la salda mente filosofica dell'uomo per temere
da LUI
- scrupoli di qualsiasi genere, ne' d'altronde egli aveva
parenti in
- America che potessero intromettersi. Gli parlai francamente
del mio
- progetto, e con mia sorpresa vidi di avere fortemente
suscitato il suo
- interesse. Dico con sorpresa perche', sebbene egli mi
avesse sempre
- concesso di servirmi liberamente della sua persona per
le mie esperienze,
- non aveva mai dimostrato prima d'allora una speciale
simpatia per quel che
- io facevo. Il male che lo minava era di quelli che permettono
un calcolo
- esatto intorno al tempo della conclusione letale, e infine
ci accordammo
- ventiquattr'ore prima del momento che i suoi medici avrebbero
decretato
- essere quello del trapasso.
-
- Sono trascorsi ormai piu' di sette mesi da quando io
ho ricevuto da parte
- del signor Valdemar in persona il seguente biglietto:
-
- "Caro P...
- "Puo' anche venire ADESSO. D... e F... sono concordi
nel dichiarare che
- io non potro' durare oltre la mezzanotte di domani, e
ritengo che
- abbiano colto pressoche' esattamente nel segno.
-
- Valdemar".
-
- Ricevetti questo biglietto circa mezz'ora dopo che era
stato scritto, e
- in capo ad altri quindici minuti mi trovavo nella camera
del morente. Non
- lo vedevo da dieci giorni, e rimasi esterrefatto dallo
spaventoso
- mutamento avvenuto in lui durante quel breve intervallo.
Il suo volto
- era soffuso di una tinta plumbea; gli occhi avevano perduto
ogni luce, e
- la sua emaciatezza era tale che la pelle gli si era rotta
sugli zigomi.
- Soffriva di un'espettorazione abbondantissima: il polso
era appena
- percettibile. Egli aveva conservato pero' in modo sorprendente
non solo
- le sue piene facolta' mentali, ma anche una certa somma
di energie
- fisiche. Si esprimeva udibilmente, prendeva senza aiuto
alcuni
- medicamenti palliativi, e, allorche' io entrai nella
sua stanza, era
- intento a segnare a matita alcuni appunti su un taccuino.
Era seduto sul
- letto appoggiato contro una montagna di cuscini. Lo vegliavano
i dottori
- D... e F...
-
- Dopo aver stretto la mano di Valdemar presi in disparte
questi signori e
- ottenni da loro una relazione minuta circa le condizioni
del paziente.
- Il polmone sinistro era da diciotto mesi in uno stato
semiosseo o
- cartilaginoso, ed era divenuto naturalmente del tutto
inservibile agli
- scopi della vita. Anche il polmone destro, nella regione
superiore, si
- era parzialmente se non totalmente ossificato, mentre
la regione
- inferiore non era piu' che una massa di tubercoli purulenti
confondentisi
- gli uni negli altri. Esistevano varie perforazioni assai
vaste, e in un
- punto era avvenuta un'aderenza permanente alle costole.
Questi sintomi
- rivelati dal lobo destro erano di data relativamente
recente. Il
- processo di ossificazione era progradito con rapidita'
assai insolita;
- ancora un mese prima non ne era stato notato il minimo
sintomo, e
- l'aderenza era stata scoperta soltanto tre giorni innanzi.
- Indipendentemente dal processo di consumazione, il paziente
era sospetto
- di aneurisma dell'aorta, ma in questa regione i sistemi
ossei rendevano
- impossibile una diagnosi esatta. Entrambi i medici erano
d'opinione che
- il signor Valdemar sarebbe morto verso la mezzanotte
dell'indomani
- (domenica). Erano in quel momento le sette del sabato
sera.
-
- Nell'allontanarsi dal capezzale dell'infermo per discorrere
con me, i
- dotti D... e F... gli avevano rivolto un saluto finale.
Non era nelle
- loro intenzioni di ritornare, ma su mia richiesta promisero
che
- sarebbero venuti a dare un'occhiata al paziente, verso
le dieci della
- sera successiva.
-
- Quando se ne furono andati discussi apertamente col signor
Valdemar
- intorno all'argomento della sua fine imminente, nonche',
e con maggiori
- particolari, intorno all'esperienza che mi proponevo
di tentare. Egli si
- dichiaro' tuttora dispostissimo e anzi impaziente di
parteciparvi, e
- insistette perche' iniziassi subito. Ero assistito da
un infermiere e da
- una infermiera, ma non mi sentivo d'imbarcarmi in un
compito di quella
- fatta con testimoni cosi' poco sicuri, nel caso avvenisse
una catastrofe
- improvvisa. Rimandai percio' il tentativo alle otto circa
della sera
- seguente, allorche' la venuta di uno studente di medicina
che conoscevo
- abbastanza bene (il signor Teodoro L.....l) mi libero'
da ogni ulteriore
- scrupolo e incertezza. Era stato in origine mio desiderio
di attendere
- il ritorno dei medici, ma fui indotto a procedere, prima
di tutto dalle
- incalzanti suppliche del signor Valdemar, e in secondo
luogo dall'intimo
- convincimento che non avevo un minuto da predere, poiche'
lo vedevo
- declinare rapidamente e a vista d'occhio.
-
- L.....l ebbe la bonta' di aderire al mio desiderio che
egli stendesse
- cioe' nota di tutto quanto accadeva, ed e' proprio dai
suoi appunti che
- ho raccolto riassumendoli o copiandoli PAROLA PER PAROLA
quanto sto ora
- per narrare.
-
- Mancavano circa cinque minuti alle otto quando, prendendo
la mano del
- paziente, lo pregai di dichiarare, quanto piu' chiaramente
gli era
- possibile, al signor L....l, se egli (Valdemar) era realmente
- consenziente che io iniziassi l'esperimento di mesmerizzazione
della sua
- persona nelle sue attuali condizioni.
-
- Mi rispose debolmente, e tuttavia con voce chiaramente
udibile: - Si,
- desidero essere mesmerizzato; - aggiungendo subito dopo:
- Temo che lei
- abbia rimandato l'esperienza gia' di troppo.
-
- Mentre diceva questo incominciai a eseguire i passaggi
che altre volte
- avevo trovato particolarmente efficaci in un soggetto
quale il suo. Egli
- rimase evidentemente influenzato dal primo movimento
laterale della mia
- mano attraverso la sua fronte, ma benche' esercitassi
tutti i miei
- poteri non ottenni alcun ulteriore effetto notevole se
non alcuni minuti
- dopo le dieci, quando cioe' sopraggiunsero, mantenendo
fede al loro
- impegno, i dottori D... e F... Spiegai loro in poche
parole quel che
- avevo in animo, ed essi non mi fecero alcuna obiezione,
affermando anzi
- che il paziente era gia' entrato in stato agonico. Procedetti
allora
- senza esitazione, sostituendo pero' ai passaggi laterali
quelli con moto
- verso il basso, e affissando il mio sguardo unicamente
entro l'occhio
- destro del paziente.
-
- Il polso era ormai impercettibile e la respirazione rantolante,
con
- pause di mezzo minuto.
-
- Questo stato rimase pressoche' immutato durante un quarto
d'ora. Al
- termine di questo periodo pero' dal petto del morente
sfuggi' un sospiro
- naturale benche' profondissimo, e l'affanno stertoroso
cesso'; vale a
- dire, il rantolo agonico non era piu' udibile; le pause
non diminuirono.
- Le estremita' del paziente erano fredde come il ghiaccio.
-
- Cinque minuti prima delle undici percepii i primi segni
inequivocabili
- dell'influenza mesmerica. Il roteare vitreo dell'occhio
si muto' in
- quell'espressione di inquieta disamina INTERIORE che
non si avverte mai
- se non nei casi di sonnambulismo, e sulla quale e' del
tutto impossibile
- ingannarsi. Con pochi rapidi passaggi laterali feci tremare
le labbra
- come in un sonno incipiente, e con pochi altri le chiusi
del tutto. Non
- mi sentivo soddisfatto, tuttavia, e continuai percio'
energicamente
- nelle mie manipolazioni, esercitando al massimo la volonta',
finche' non
- ebbi irrigidito totalmente le membra del dormiente, non
prima pero' di
- averle fissate in una posizione apparentemente comoda.
Le gambe erano
- dostese in tutta la loro lunghezza, e cosi' anche le
braccia, o
- pressapoco, e queste posavano sul letto a una giusta
distanza dai lombi.
- Il capo era assai leggermente sollevato.
-
- Quando ebbi terminato tutto cio' era mezzanotte in pieno,
e io chiesi ai
- signori presenti di esaminare le condizioni di Valdemar.
Dopo brevi
- esperimenti costoro dichiararono di trovarlo in uno stato
insolitamente
- perfetto di TRANCE mesmerica. La curiosita' di entrambi
i medici era
- grandemente eccitata. Il dottor D... decise subito di
restare presso il
- paziente tutta la notte, mentre il dottor F... si congedo'
con la
- promessa che sarebbe ritornato all'alba. L.....l e gli
infermieri
- rimasero.
-
- Lasciammo indisturbato Valdemar sino alle tre circa del
mattino. A
- quell'ora mi avvicinai a lui e lo trovai esattamente
nelle medesime
- condizioni di quando il dottor F... si era allontanato;
vale a dire che
- giaceva esattamente nella medesima posizione; il polso
era
- impercettibile; la respirazione lieve (o per meglio dire
appena
- avvertibile, e verificabile soltanto avvicinando alle
labbra uno
- specchio); gli occhi erano naturalmente chiusi, e le
membra rigide e
- fredde come marmo. Tuttavia l'aspetto generale non era
certo quello
- della morte.
-
- Nell'avvicinarmi a Valdemar, feci una specie di semisforzo
nel tentativo
- di influenzare il suo braccio destro a seguire il mio,
che feci passare
- dolcemente innanzi e indietro sulla sua persona. In questi
esperimenti
- su di lui non ero mai del tutto riuscito prima d'allora,
e certo non
- speravo molto di riuscirvi adesso, ma con mio stupore
il suo braccio
- assai prontamente, seppur debolmente, prese a seguire
ogni direzione da me
- indicata col mio. Decisi di arrischiare qualche parola
di conversazione.
-
- - Signor Valdemar, - dissi, - dorme? - Non mi diede risposta,
ma
- avvertii un tremito intorno alle labbra e mi sentii percio'
indotto a
- ripetere la domanda una seconda volta. Alla terza tutto
il suo corpo fu
- agitato da un brivido lievissimo; le palpebre si dischiusero
sino a
- lasciare intravedere un segmento bianco del globo oculare;
le labbra si
- mossero pigramente, e da esse in un sussurro a stento
udibile uscirono
- queste parole:
-
- - Si; adesso dormo. Non mi svegliate! Lasciatemi morire
cosi'...
-
- A questo punto gli tastai le membra e le sentii piu'
rigide che mai. Il
- braccio desto, come prima, obbedi' alla direzione della
mia mano.
- Interrogai nuovamente il sonnambulo:
-
- - Sente ancora dolore al petto, signor Valdemar?
-
- La risposta ora fu immediata, ma perfino piu' impercettibile
della
- precedente:
-
- - Nessun dolore... Sto morendo...
-
- Non ritenni prudente di disturbarlo oltre proprio in
quel momento, e
- null'altro fu detto o fatto sino al ritorno del dottor
F..., il quale
- giunse poco prima dell'alba, ed espresse il piu' illimitato
stupore nel
- trovare il paziente ancora in vita. Dopo avergli tastato
il polso e
- avergli avvicinato uno specchio alle labbra mi prego'
di rivolgere
- nuovamente la parola al sonnambulo. Obbedii e dissi:
-
- - Signor Valdemar, dorme ancora?
-
- Come per l'innanzi, trascorsero alcuni minuti prima che
potessi ottenere
- una risposta; e durante questa pausa il morente parve
raccogliere tutte
- le sue energie per parlare. Alla quarta ripetizione della
domanda disse
- debolissimamente, con voce appena percettibile:
-
- - Si, ancora... Muoio.
-
- I medici dimostrarono ora il parere, o meglio il desiderio,
che
- Valdemar fosse lasciato indisturbato in quel suo stato
di apparente
- tranquillita', sino al sopravvenire della morte, la quale,
secondo
- l'opinione generale, era ormai questione di pochi minuti.
Decisi
- nondimeno di rivolgergli la parola ancora una volta,
limitandomi a
- ripetere la domanda postagli in precedenza.
-
- Mentre parlavo si produsse nell'aspetto del sonnambulo
un mutamento sensibile.
- Gli occhi si aprirono da soli, lentamente, roteando,
le pupille scomparvero
- all'insu'; la pelle assunse una sfumatura cadaverica,
venendo a rassomigliare
- non tanto alla pergamena, quanto a un foglio di carta
bianca. E le macchie
- circolari tipiche dell'etisia che sino a quel momento
erano risaltate con
- evidenza al centro di ciascuna guancia, si estinsero
a un tratto. Uso
- quest'espressione, poiche' la subitaneita' della loro
scomparsa mi diede la
- sensazione dello spegnersi di una candela sotto un soffio
di fiato. Il labbro
- superiore, contemporaneamente, si accartoccio' scostandosi
dai denti, che prima
- ne erano stati completamente coperti, mentre la mascella
inferiore cadde con uno
- scatto secco, lasciando la bocca spalancata e rivelando
in pieno la lingua
- enfiata e annerita. Immagino che tutti coloro che si
trovavano nella stanza
- fossero da tempo abituati agli orrori della morte, ma
in quel momento l'aspetto
- di Valdemar era cosi' terribilmente spaventoso, che tutti
si ritrassero
- istintivamente dal letto.
-
- Ho l'impressione di essere giunto al punto di questa
mia narrazione in cui tutti
- i miei lettori rimarranno irriducibilmente increduli.
Ma e' mio compito
- limitarmi a proseguire nel racconto.
-
- Il corpo di Valdemar non presentava ormai piu' il benche'
minimo segno di
- vita, e giudicandolo morto stavamo per affidarlo alle
cure degli
- infermieri, allorche' avvertimmo nella lingua un forte
movimento
- vibratorio, il quale si protrasse per forse un minuto.
Al termine di
- questo, usci' dalle mascelle contratte e immobili una
voce quale sarebbe
- demenza da parte mia tentare di descrivere. Vi sono in
realta' due o tre
- aggettivi che potrebbero essere usati con sufficiente
approssimazione
- per raffigurarla; potrei dire per esempio che il suono
di quella voce era
- aspro, spezzato, cavo; ma essa e' indescrivibile nel
suo spaventoso
- complesso, per il semplice motivo che un suono simile
mai e' giunto a
- orecchie umane. Vi erano pero' in essa due particolari
che giudicai
- allora, e giudico tuttora, come abbastanza caratteristici
- dell'intonazione, e anche abbastanza adatti a rendere
l'idea della sua
- extraterrena stranezza. Prima di tutto, sembrava che
la voce giungesse
- alle nostre orecchie, alle mie almeno, da una distanza
enorme, o da
- qualche profonda caverna sotto la superficie della terra.
In secondo
- luogo essa m'impressiono' (temo veramente che mi sara'
impossibile farmi
- intendere) cosi' come una sostanza gelatinosa o glutinosa
impressiona il
- senso del tatto.
-
- Ho parlato sia di "suono", sia di "voce".
Intendo dire con questo che il
- suono aveva una sillabazione distinta; oserei anzi aggiungere:
- meravigliosamente, sorprendentemente distinta. Valdemar
PARLAVA
- evidentemente in risposta alla domanda che io gli avevo
rivolto alcuni
- minuti prima. Gli avevo chiesto, si ricordera', se dormisse
ancora. Egli
- ora mi rispose:
-
- - Si; no; HO dormito, e adesso, adesso... sono morto.
-
- Nessuno dei presenti cerco' di dissimulare, o tento'
di reprimere,
- l'orrore indicibile, raccapricciante, che queste poche
parole, cosi'
- pronunciate, erano destinate a suscitare. L.....l (lo
studente) svenne.
- Gli infermieri lasciarono immediatamente la stanza e
nulla pote' indurli
- a ritornare. Non tentero' di spiegare al lettore le mie
impressioni
- personali. Per circa un'ora ci affaccendammo in silenzio,
senza
- proferire una sola parola, a cercar di rianimare L.....l.
Quando questi si
- riebbe ci rimettemmo allo studio delle condizioni di
Valdemar.
-
- Queste erano rimaste in tutto e per tutto come io le
ho piu' sopra
- descritte, a eccezione che lo specchio ora non offriva
piu' traccia di
- respirazione. Un tentativo di cavar sangue dal braccio
falli'. Devo
- inoltre aggiungere che quest'arto non era piu' soggetto
alla mia
- volonta'. Invano tentai di fargli seguire la direzione
della mia mano.
- Il solo indice tangibile dell'influsso mesmerico era
ora avvertibile nel
- moto vibratorio della lingua, ogni qualvolta io rivolgevo
una domanda a
- Valdemar. Sembrava ogni volta li' li' per rispondere,
ma non aveva piu'
- volitivita' bastante. Alle domande rivoltegli da altri
appariva essere
- del tutto insensibile, per quanto io cercassi di porre
ciascuno degli
- astanti in RAPPORTO mesmerico con lui. Credo di avere
ormai riferito
- quanto e' necessario per la comprensione dello stato
del sonnambulo in
- quel momento. Vennero mandati a chiamare altri infermieri,
a alle dieci
- lasciai la casa in compagnia dei due medici e di L.....l.
-
- Nel pomeriggio ritornammo tutti insieme a visitare il
paziente. Le sue
- condizioni erano rimaste precisamente le stesse. Discutemmo
alquanto
- circa la convenienza e la possibilita' di risvegliarlo,
ma non tardammo
- ad accordarci che non avremmo ottenuto con questo alcun
risultato
- positivo. Era evidente che la morte (o cio' che di solito
si definisce
- morte) era stata arrestata dal processo mesmerico. Tutti
convenimmo che
- risvegliare Valdemar sarebbe equivalso a provocare la
sua immediata o
- comunque rapida disgregazione.
-
- Da quel momento sino al termine della scorsa settimana,
DURANTE DUNQUE
- UN INTERVALLO DI QUASI SETTE MESI, continuammo a recarci
giornalmente a
- casa di Valdemar, accompagnati di quando in quando da
uomini di medicina
- e altri amici. In tutto questo tempo il sonnambulo e'
rimasto ESATTAMENTE
- come io l'ho descritto. Gli infermieri lo sorvegliavano
senza
- interruzione.
-
- Fu venerdi' scorso che decidemmo finalmente di tentare
l'esperienza del
- risveglio, di cercare cioe' di destarlo; ed e' (forse)
lo sfortunato
- risultato di quest'ultimo esperimento che ha suscitato
tante discussioni
- nei circoli privati, e cio', in una parola, che io non
posso fare a meno
- di giudicare un risentimento popolare ingiustificato.
-
- Allo scopo di liberare Valdemar dalla TRANCE mesmerica,
usai i soliti
- passaggi. Questi rimasero per un certo tempo infruttuosi.
Il primo
- indice di rinascita fu rivelato da un abbassamento parziale
dell'iride.
- Venne osservato, come particolarmente degno di nota,
che questa discesa
- della pupilla fu accompagnata da una irrorazione profusa
di icore
- giallastro (da sotto alle palpebre) di odore pungente
e fetidissimo.
-
- Venni successivamente consigliato di tentar d'influenzare
il braccio del
- paziente, come per l'innanzi. Questo tentativo pero'
falli'. Il dottor
- F... espresse allora il desiderio che io formulassi una
domanda. Obbedii
- e chiesi:
-
- - Signor Valdemar, puo' spiegarci quali sono attualmente
le sue
- sensazioni o i suoi desideri?
-
- Per un attimo le guance si reinvermigliarono delle loro
caratteristiche
- macchie d'etisia; la lingua vibro', o meglio roteo' violentemente
nella
- bocca (benche' labbra e mascella restassero rigide come
per l'innanzi) e
- infine quella medesima voce spaventosa che gia' ho descritta
proruppe:
-
- - Per amor di Dio! Presto! Presto! Mettetemi a dormire.
Oppure...
- presto! svegliatemi! Presto! VI DICO CHE SONO MORTO!
-
- Ero indicibilmente sconvolto, e per un attimo rimasi
incerto su quel che
- dovevo fare. Tentai dapprima di ricomporre il paziente,
ma, fallito
- questo tentativo per la totale sospensione della volonta',
ritornai sul
- mio operato e con altrettanta energia lottai per svegliarlo.
Questa
- volta mi avvidi subito che sarei riuscito o per lo meno
mi lusingai che
- tra breve il mio successo sarebbe stato completo, e sono
certo che tutti
- nella stanza erano preparati ad assistere al risveglio
del paziente.
-
- Ma a quanto in realta' avvenne, non era davvero possibile
essere
- preparati.
-
- Mentre eseguivo rapidamente i passaggi mesmerici tra
esclamazioni di
- "morto! morto!" che letteralmente PROROMPEVANO
dalla lingua anziche'
- dalle labbra del paziente, tutto il corpo di questi,
immediatamente,
- nello spazio di un solo minuto, forse anche meno, si
rattrappi', si
- sbriciolo', in una parola si CORRUPPE e si DISSOLSE sotto
le mie mani.
-
- Sul letto, di fronte a tutti i presenti, non rimase che
una massa quasi
- liquida di putridume ributtante, spaventoso.
Fine