L’organizzazione mercantile del primo Medioevo in Terra Russa
Il Torg,
secondo un quadro di A.M. Vasnezov
Il Mercato e la Mercatura
Novgorodese
© 2008 di Aldo C. Marturano
I contributi di Aldo Marturano sono
piaciuti ai russi e ci hanno fatto l'onore http://blog4shock.livejournal.com/200094.html Tramite "Cronologia" Aldo Marturano è letto perfino in Siberia ------------------- ULTIMISSIME ALDO MARTURANO per la sua opera di divulgazione
|
Monsignor Novgorod la Grande è divisa dal fiume Volhov in due metà: La Riva di Santa Sofia e quella di fronte o Riva del Mercato o, in russo, Torg. Come quella di Santa Sofia il Torg aveva una cinta di mura tutt’intorno e una porta che dava proprio sull’estremità destra del Ponte Vecchio. La porta veniva aperta alle prime ore di sole e chiusa all’imbrunire, con lo stesso regime della riva opposta. Dalla Porta si poteva accedere direttamente al porto e ai magazzini lungo il fiume.
La prima costruzione che s’incontrava sulla destra di chi entra era la Corte di Jaroslav. Una cosa da notare subito è che questo luogo era considerato sacro perché qui di sovente si riuniva la Vece (Assemblea Cittadina). Gli archeologi infatti hanno notato una strana circostanza: Oltre alle tracce degli scranni è provato che la pavimentazione della corte era fatta con teschi di cavallo mescolati al legno e all’argilla, sicuramente a scopo scaramantico, dato che il cavallo era considerato un animale infernale nella mitologia slava!Davanti alla Corte di Jaroslav, un palazzo mai completato, s’apriva l’enorme piazza cioè il Mercato vero e proprio. Qui al mytnik o capo-mercato che assegnava il posto per i banchi (lavki) ai diversi venditori si pagava il myto ossia la tassa dovuta. Ogni classe di prodotto aveva il suo settore nello spazio in cui era diviso il mercato stesso, proprio come nelle altre città russe dell’epoca.
Sull’impiantito di legno della piazza si potevano vedere accovacciati gli artigiani liberi con i loro arnesi nelle mani a dimostrazione di quel che sapevano fare. Aspettavano pazientemente lì per contrattare un lavoro a termine con chi li volesse impiegare. A volte passavano i capi di squadre artigiane venute da altre città che li prendevano come manovalanza per qualche lavoro più grosso che stavano svolgendo in città dove c’era bisogno di più braccia…Andando per i banchi si notava una stranezza: L’assenza di certi articoli di cui Novgorod andava per la maggiore: pellicce, miele, cera, ad esempio. La ragione? Questi erano i “grandi affari” e si facevano quasi sempre in luoghi privati appositi e non sulla piazza alla presenza di tutti a causa del loro valore. Solo raramente si vedevano i “latini” con i loro strani cappelli in giro fra i banchi, sebbene avessero una loro Corte proprio sulla Piazza. Nemmeno i mercanti russi, non novgorodesi, di passaggio erano tanti.
Al mercato si vendevano invece derrate e spezie a chi non aveva un orto o il forno a casa propria dove cuocere il pane. Dalla campagna dal Quinto del fiume Scelon’ venivano i contadini a vendere la carne o il pesce secco nei giorni prescritti o il prezioso sale oppure ad offrire mjod invecchiato ad alta gradazione alcolica o altre bevande calde e fredde, insieme con altri cibi tipici della campagna nordica.
A parte questo il Torg però era soprattutto un grande teatro sul cui palcoscenico passavano attori di tutti i generi.
Si potevano incontrare i famosi pellegrini erranti (assolutamente tollerati da Monsignore) i quali montavano su una predella improvvisata e raccontavano delle loro peripezie nei viaggi fatti in Terra Santa oppure nel Monastero delle Grotte di Kiev, esortando la gente a venerare il dio cristiano e mostrando gli oggetti strani ed esotici o certi libri preziosi, magari sottratti in qualche monastero lontano.
A volte compariva anche l’araldo cittadino che leggeva le nuove disposizioni del posadnik (sindaco o capo-città) o gli avvisi per la cittadinanza, questi di solito accompagnati dalle esortazioni di Monsignore di recarsi più spesso a messa.In un angolo c’era anche chi vendeva sua moglie al miglior offerente visto che ne aveva trovato un’altra e non poteva mantenerle entrambe senza fare peccato grave oppure i figli di una troppo numerosa figliolanza. In un altro c’era qualche slitta pronta per il funerale con su un malato che veniva esaminato dai passanti che davano consigli come riacquistare la salute persa.
E che dire degli attori e dei saltimbanchi che trovavano posto in qualsiasi manifestazione, di chiesa o profana per divertire la gente, i cosiddetti skomorohi?
Costoro non si limitavano a semplici esercizi di destrezza saltando e capitombolando, ma tenevano spettacoli di tutti i tipi (compreso lo spogliarello). Fra di loro c’erano i mangiafuoco, i contatori di capelli e i guardastelle, gli indovini e persino chi faceva ballare gli orsi. Lo scandalo maggiore era che a taluni spettacoli, condannati e vietati per qualsiasi prelato cristiano, assistevano tranquillamente preti e diaconi, dalle soglie delle chiese! Si mormorava che fra gli skomorohi si nascondessero gli antichi sacerdoti pagani per le cose strabilianti e soprannaturali che talvolta riuscivano a fare o perché conoscevano a memoria le antiche litanie e le antiche canzoni propiziatorie e così si chiedeva loro aiuto come a dei medici in caso di malattie e di altri simili guai quotidiani e gli skomorohi avevano pronte pozioni, scongiuri, talismani etc.I preti se ne lamentavano chiamandoli diavoli e s’imbestialivano quando, nelle ore di messa, vedevano la gente stare lì incantata a guardarli invece che venire in chiesa! E’ inutile suonare le campane e celebrare le liturgie distribuite lungo il giorno… se al mercato ci sono gli skomorohi!
All’incirca a mezzogiorno però scattava la cosiddetta tihii c’as ossia la siesta e tutto si fermava. In questi momenti si poteva andare a riconciliarsi con Dio o riconciliarsi con lo stomaco e… invece ci si metteva a giocare! Soprattutto gli scacchi erano il gioco più popolare oppure giocare d’azzardo a tric-trac o ai dadi o persino facendo a pugni spogliati fino alla cintola e con gli skomorohi che gestivano le scommesse sui vincitori. Insomma gli Skomorohi riuscivano a trovarsi dappertutto tanto che Novgorod fu nota anche come la Città degli Skomorohi!Chi al contrario aveva voglia di rilassarsi era invitato nelle osterie dagli osti che gesticolando e ammiccando tentavano di accaparrarsi il cliente. Così qualcuno lasciava le faccende e se ne andava a mangiare a bere e, se ne aveva voglia, in una delle banje pubbliche a disposizione nel Torg. In questa specie di sauna russa era possibile non solo rivivificare il corpo e la mente, ma anche trovare da mangiare e da bere e godere della compagnia e di piacevoli incontri con le massaggiatrici.
Poteva capitare poi che la campana di san Nicola suonasse perché era indetta una Vece e allora, chiusi i banchetti e messe le proprie cose da parte ci si recava all’assemblea davanti alla Corte di Jaroslav!Naturalmente d’inverno il Torg era meno movimentato, ma i refettori delle chiese offrivano spazio per banchetti d’ogni genere nelle tante feste. In essi non solo il pop (il prete) con la propria famiglia prendeva parte per l’organizzazione, ma a volte arrivava ospite qualche monaco famoso perché raccontasse facezie e barzellette pruriginose o qualche mercante d’oltremare che ne sapeva di cotte e di crude.
Anche alla Cittadella dove era relegato il knjaz (il rappresentante di Kiev) con i suoi druzhinniki e le loro famiglie si teneva un piccolo mercato, ma le compravendite erano sempre fatte per il tramite di mercanti novgorodesi o direttamente coi contadini che portavano qui i loro prodotti orticoli per scambiarli o come dono d’omaggio al knjaz.
Quando si parla di mercato la prima figura che viene in mente è logicamente il mercante. Definizioni sul mercante medievale ce n’è a bizzeffe, ma nella realtà novgorodese dovette essere una persona importante se era colui che a proprio rischio e pericolo moveva tutta l’economia della città e dava un significato all’esistenza della Rus’ di Kiev. I traffici infatti mettevano in moto tutta una pletora di persone richiedendo il funzionamento di più strutture, se pensiamo alla cernita, ai trasporti, al magazzinaggio, agli imballaggi, alla difesa dai ladri e dai grassatori, ai crediti e ai contratti, alle liti su prezzi e termini di consegna etc. etc.
Noi cercheremo di entrare in alcuni dei meccanismi di questo mondo attraverso quelle figure di cittadini che, a nostro avviso, dominarono la scena nel periodo XI-XIV sec. giusto nel campo delle attività più impegnative dei traffici commerciali e quindi allungheremo lo sguardo anche oltre il mercante stesso.
Per spiegare l’intensificarsi delle correnti mercantili fra Nord e Sud d’Europa nel XI sec. che rese possibile lo sviluppo di Novgorod, è importante però capire a che cosa servissero i prodotti comprati al sud, se si doveva farli venire da questo tanto lontano nord. Non ritorneremo sui prodotti in sé, ma piuttosto sul loro uso e per il momento aggiungiamo che il loro alto prezzo e il fatto di doverne programmare gli acquisti alcuni mesi prima della consegna a causa delle distanze e del clima ci suggerisce già a chi fossero destinati e cioè alle classi abbienti dell’Occidente europeo o dell’Oriente asiatico. E non solo! Con lo stesso criterio possiamo già ipotizzare che erano articoli non indispensabili alla vita della gente “normale” e cioè meno abbiente. E non erano neppure articoli per qualsiasi “ricco” perché l’altissimo prestigio creato intorno ad essi li destinavano solo ai vertici delle élites che potevano disporne. Orlarsi un mantello con una pelliccia di ermellino ad esempio, era una prerogativa che poteva permettersi soltanto un re o un prelato ecclesiastico d’alto rango. Se un abbigliamento del genere fosse stato visto addosso ad un personaggio di diverso ceto, si concludeva che era stato certamente rubato al re o al vescovo e si correva il rischio di essere addirittura condannati a morte per questo (come pure chi avesse avviato e concluso la vendita)...Un altro aspetto, benché complementare, del commercio novgorodese era ciò che si trafficava dall’estero, questa volta, per il mercato interno pur molto attivo, se leggiamo come sono descritti i monarchi russi o i bojari novgorodesi interessatissimi alle novità. E malgrado ciò, il mercato interno non era così grande e per questa ragione in molti casi Novgorod faceva da “ponte commerciale” per certe merci esotiche che giungevano dalla lontana Persia, dall’India e dalla Cina. Abbiamo in mente le spezie, la seta, i tessuti fini di cotone di Urghenc’ (l’organza) o di Mosul (la mussolina) e gli oggetti di vetro e di porcellana che soltanto in parte finivano nei consumi cittadini (naturalmente dominati dai bojari come acquirenti), per poi proseguire per i mercati dell’Europa settentrionale.
Il mercante in russo è kupèz (plur. kupzý), rifacimento su una vecchia parola germanica tratta dall’uso notarile latino di caupo, -nis che significa più o meno negoziante. La parola si diffuse presto in tutto il Baltico per riferirsi a tutti coloro che, come dipendenti di altri per lo più, prendevano (a credito o comprandola) una certa quantità di merci e partivano per i mercati lontani dove la vendevano. In perfetta concordanza sono giusto queste le attività che riscontriamo nel nostro kupéz……
Logicamente c’erano delle differenze notevoli proprio su questo personaggio a Kiev e a Novgorod. I sovrani Rjurikidi della Rus’ di Kiev ricavavano “la vita” (zhito, così è chiamata nelle Cronache Russe l’economia di un appannaggio o udel) dai traffici commerciali ed ora – dopo il battesimo – che pomposamente potevano chiamarsi “capi-mercanti” non permettevano che si rammentasse qual era la loro origine e la loro evoluzione a partire da un’attività esecranda nel mondo cristiano (sebbene mai scomparsa neppure qui): quella di pirati! Questo era l’atteggiamento kieviano verso il kupèz.
Qui a Novgorod il kupéz invece era semplicemente un intraprendente dipendente del bojaro (e poi dell’Arcivescovo e dell’Egumeno di un convento) di gran fiducia e competenza al quale veniva affidata una certa compravendita e inviato su itinerari abbastanza brevi, ma con problemi logistici importanti.L’avventura del Chiliarca (Tysjazkii) Vysciata per l’anno 1043 va letta proprio in quest’ottica e qui la racconteremo un po’ più dettagliatamente perché ci dà un’indicazione di come i kupzy erano tenuti in considerazione dai propri datori di lavoro.
La storia è riportata con varie edulcorazioni nella Vita di san Vladimiro figlio di Jaroslav (da non confondere perciò con l’omonimo santo, suo nonno) e Jan (Giovanni) Vysciata è un personaggio realmente vissuto. Pronipote non soltanto di quel Dobryinja che aveva aiutato Vladimiro a Novgorod, ma addirittura del posadnik Ostromir, famoso per aver curato l’edizione del primo vangelo in russo antico. In breve l’evento è questo: Alcuni kupzý erano stati uccisi a Costantinopoli senza però che l’autorità greca si fosse preoccupata di rifondere danni materiali e morali, contro i patti del passato. A Kiev la reazione all’evento era stata molto debole finché, su spinta dei novgorodesi indignati, la gente della città bassa si era ribellata all’angheria subita e aveva riversato il proprio livore sui greci presenti. Persino il Metropolita Teopompo era stato cacciato e analogamente, per ritorsione, erano stati cacciati i russi ancora presenti a Costantinopoli. A questo punto Jaroslav decise d’intervenire e, messa insieme un’armata, l’affidò a suo figlio Vladimiro, allora namestnik a Novgorod, affinché mostrasse che la vendetta contro i greci veniva dal nord e non da Kiev. Le vicende dello scontro erano andate male a causa di una tempesta e del conseguente naufragio per cui il knjaz Vladimiro aveva deciso di ritornarsene a casa. Jan Vysciata, che da Chiliarca aveva il comando dei novgorodesi, al contrario dichiarò che sarebbe rimasto con i suoi comunque andasse la faccenda… fino alla morte. Catturato dai greci, mentre tutti i suoi erano stati accecati, a lui, affinché ritrovasse la strada di casa, era stato lasciato un occhio indenne. A Kiev si parlò contro di lui di ribellione e di tradimento, di disobbedienza agli ordini del knjaz etc. mentre in realtà il bojaro aveva fatto il suo dovere dimostrando quale fosse la sua funzione sacra fino in fondo.Insomma il kupéz novgorodese, proprio per essere parte del personale a servizio del bojaro, era difeso come un membro della famiglia! E non solo! Un’allegra abitudine (seppur rituale) che ci preme subito mettere in evidenza era quella di riunire i kupzý in partenza o in arrivo alla fine delle stagioni commerciali in grandi banchetti presso ciascun “patronato” ossia presso il Refettorio della Cattedrale quelli dell’Arcivescovo, quelli dei Conventi presso i conventi stessi e, dove c’erano le usad’by (le case padronali) dei bojari committenti-acquirenti, presso nei refettori delle chiese parrocchiali. In questi banchetti naturalmente si ascoltavano le notizie portate dal di fuori, ma si chiamava pure a parte qualche kupéz per dargli incarichi più delicati quali ambascerie e simili o per ascoltare notizie riservate portate “dall’estero”.
Difatti il kupéz viaggiava, conosceva “paesi e lingue” ed aveva perciò una visione del mondo molto più ampia di qualsiasi altra persona. D’altronde in quell’epoca qualsiasi kupéz quando andava in giro per affari sapeva benissimo quali rischi correva e doveva essere ben armato sia con le parole che con il pugnale. Se moriva in viaggio, voleva essere sepolto nella sua terra e a questo scopo portava appesa al collo in una taschina di pelle un po’ della terra natale da spargere nella tomba in paese straniero!
Al kupèz dunque da parte del suo bojaro veniva affidata una certa somma in pezzi d’argento (veri ritagli o rubl’ in russo) che erano stati tenuti da parte per pagare giusto dazi e balzelli. Lo strumento più importante era il bilancino (vesy) che si portava appeso alla cintura e con i pesi (giry) posti nella tasca di pelle (kalità) dove c’era già l’argento.
Un aspetto molto peculiare del mercato novgorodese infatti è che nei secoli XII-XIV non è previsto lo scambio “denaro contro merce” come operazione prevalente quanto invece è preferito il baratto. A Novgorod ancora non circolava sufficiente quantità di moneta metallica o di conto. In realtà l’unica moneta reperibile qui è la grivna fatta con un pezzo d’argento trafilato in un lungo filo con un capo quadrato (la parte che resta al di qua del trafilatoio).
Il filo era avvolto su se stesso a spirale su un diametro di un anello ed aveva un peso variabile dai 90 g ai 120-150 g. In sé e per sé non era una vera moneta, ma rappresentava un oggetto di valore per ornare l’abbigliamento femminile e, in secondo grado, come riferimento per fare prezzi e pesi. Circolavano piuttosto come “monete”, le pelli, quelle meno apprezzate, sotto forma di mazzetti di pellicce conciate e garantite nel valore da un sigillo ufficiale. Si chiamavano kunà (pari a un ventesimo di grivna d’argento) o vèkscia (probabile diminutivo di vèveriza) ossia scoiattolo o martora proprio come gli animali rispettivi. Solo con l’arrivo dell’Hansa germanica con i suoi sistemi mercantili più moderni le cose cambieranno e sin da ora diciamo che è inutile pensare che il mercante accumulasse grivne e pelli come guadagno dai suoi affari…Malgrado ciò e a dispetto delle byline che raccontano dei lunghi e perigliosi viaggi di Vasilii Buslajev o di Sadkò Sytinic’ o ancora del mercante di Tver’, Afanasii Nikitin, che stette in giro per il mondo per qualche anno (andò fino in India del sud), i novgorodesi erano buoni viaggiatori, ma lungo i propri fiumi, mentre sapevano maneggiare il denaro molto bene…
Dai documenti si nota che i kupzý al massimo accompagnavano i convogli fino alla foce della Nevà, alla postazione di Orescek, ma poi lasciavano la traversata marittima ad imbarcazioni più adatte e a naviganti più esperti. Andando verso sud invece, finché durò l’influenza di Bolghar la Grande sulla Grande Ansa del Volga (oggi qui si trova Nizhnii Novgorod), non fu permesso al kupéz, se non con poche eccezioni, di proseguire oltre. Sul Dnepr al contrario li vediamo proseguire fino all’Isola di Berezan’ (oggi san Gregoiro sulla foce di questo fiume) e di lì oltre, fino a Chersoneso in Tauride (oggi Sebastopoli, più o meno) e fino a Costantinopoli.
La zona in viola lo stanziamento degli Slavi nel corso degli anni 530-850
La linea azzurra sono le vie commerciali a Sud dei popoli del nord da gli anni 850 in poi.
La linea rossa sono le vie commerciali degli Arabi verso il nord alla stessa dataUn’altra delle vie fluviali aperte per il kupéz, ma usate dopo il XIV sec. fu quella da Lagobianco (Belo Ozero) fino al Volga e della Dvinà settentrionale fino al Mar Bianco (frequentata in parte anche da Veneziani e Genovesi intorno al XIV sec.), mentre le vie verso il Danubio fecero apparire i kupzy nel mondo germanico medievale già agli inizi del Medioevo. Regensburg (Ratisbona) era uno dei posti più frequentati da questi kupzy chiamati in loco Ruteni o Ruzzi.
Che i mercanti russi viaggiassero poco era comunque noto persino a Gervasio di Tilbury, l’enciclopedista al servizio di Ottone IV (fine XII sec.), che dice: “La Polonia da un lato confina con la Russia (Rus’ di Kiev). Questi sono i Ruteni … che sono inclini all’ozio e alle feste … e che quasi mai oltrepassano i confini della loro nazione. Se in uno di loro (cioè un nobile) sorge il desiderio di fare un viaggio d’affari, rinuncia a farlo personalmente e manda un suo servo al quale poi darà come premio, se tutto è stato eseguito a puntino, la libertà.”
La citazione è interessante poiché corrisponde agli usi a noi noti in cui un kupèz, se lavorava per un bojaro, aveva la possibilità che quest’ultimo lo ricompensasse (o lo liberasse nel testamento alla sua morte) con l’emancipazione dalla dipendenza economica personale. E il kupéz a questo punto era in grado di vivere d’ora in poi con i propri mezzi, magari sfruttando la sua esperienza di viaggio o eseguendo incarichi speciali e confidenziali “all’estero”. Sebbene fosse escluso dai grandi affari o se non aveva credito, essendogli proibito avere relazioni commerciali con i “tedeschi” del Baltico o con il knjaz della Cittadella di Rjurik (quartiere staccato fuori delle mura di Novgorod) poteva offrirsi come free-lance quando serviva.
Non abbiamo notizie di Corporazioni o Gilde salvo nel caso dei Cerai che si costituirono in Confraternita nota col nome di I Cento di San Giovanni con sede nella Chiesa, appunto, di san Giovanni sulle Marne sul Torg. I Cerai ricevettero uno statuto con dei privilegi impositivi proprio dal knjaz Vsevolod-Gabriele, prima che costui fosse accusato di irregolarità e arrestato nel 1136. Da questo Statuto ci accorgiamo che in qualche modo i kupzy si mettevano insieme in associazioni, probabilmente per competenze e per specialità di prodotto, e che eleggevano un responsabile “anziano” sull’esempio dei tedeschi di Gotland e di Lubecca che probabilmente cercava, raccoglieva e coordinava le offerte di lavoro.
Il kupéz poteva diventare perciò uno zhit’i (ossia più o meno un borghese indipendente) e, se accumulava credito e fiducia coi suoi consigli, acquisiva un’influenza (seppur minima, illusoria e indiretta) nel governo. Aveva però un ruolo militare primario poiché a volte era l’unico che sapeva parlare lingue straniere, aveva rapporti con i locali e sapeva perciò come muoversi lungo fiumi e spartiacque. E’ chiaro quindi che i kupzy erano i membri componenti più importanti quando si andavano a raccogliere le pelli presso i Finnici nella taigà o presso i Vodi dell’odierna Estonia.Queste spedizioni erano abbastanza regolari ed erano indirizzate solitamente a trovare posti sempre migliori dove fare mercato e non c’era più giusta competenza dei kupzy per individuarne. Trovato il luogo adatto (ossia facile da raggiungere), essi costruivano un pogost di cui il territorio novgorodese a nordest alla fine risultò disseminato.
I pogosty erano delle specie di grandi alberghi nella foresta dove si trovava da dormire e da mangiare, ma dove soprattutto si faceva mercato coi popoli ugro-finnici. A poco a poco i pogosty si popoleranno stabilmente, avranno propri posadniki mandati dalla città e persino evolveranno verso il nucleo di nuovi stati come fu la Repubblica di Vjatka.Per l’anno 1097 le CTP registrano il racconto del bojaro Ghiurjata Rogovic’ (più volte eletto posadnik e fondatore della famosa famiglia bojara dei Miroslavic’) che manda un suo kupèz alla ricerca dello zibellino al di qua degli Urali e da costui (che gli racconterà le sue peripezie) avrà notizie di popoli sconosciuti e delle loro impossibili leggende.
Qui si racconta che i Finni non hanno una lingua (ossia la loro lingua non è capita) e per trattare con loro bisogna ricorrere al commercio muto. In altre parole i russi mettevano ben in vista nello spiazzo destinato all’uopo nei dintorni del pogost gli oggetti che avevano portato per scambiare e poi si allontanavano. A questo punto i Finni che erano rimasti a guardare nascosti nel folto, venivano e valutavano quante pellicce mettere davanti agli oggetti che interessavano. Fatto ciò toccava ora a loro allontanarsi e attendere. I russi tornavano e, se il numero e la qualità delle pellicce erano congrue, le prendevano e lo scambio era fatto altrimenti lasciavano tutto com’era. Ora tornavano i Finni. O aggiungevano le pellicce oppure prendevano gli oggetti rimasti senza pellicce. Raramente c’erano tafferugli o imbrogli proprio perché senza farsi vedere tutti controllavano tutti…Il kupéz fuori della sua città era comunemente chiamato gost’ ovvero straniero poiché, secondo l’uso del tempo, qualsiasi persona che non fosse del luogo era considerato tale! A Kiev i gosti abitavano in quartieri propri nel Podil o Città Bassa… e quindi anche i novgorodesi avevano qui un loro ostello!
Quel che ci aspetteremmo ora è di trovare il kupéz alla Piazza del Mercato e invece… non c’è!
Prima di tutto l’attività mercantile vera e propria era stagionale e quindi con la bella stagione i kupzy erano subito in giro, mentre nella brutta, si riposavano. In realtà poi non tutte le merci erano vendute al Mercato. Quelle per l’uso quotidiano erano a disposizione sui banchi come ad esempio le derrate alimentari o le suppellettili di casa, ma le merci più ingombranti e più preziose si vendevano all’ingrosso e per campione. Una volta concluso l’affare, il bojaro dava l’ordine di consegnare, dopo tutte le cerimonie per la chiusura del contratto che comprendevano misure, qualità e imballo sigillato dal suo magazzino di solito al porto lungo la riva del fiume. La barca del cliente era in realtà affittata per l’uopo obbligatoriamente dalla Confraternita dei Barcaioli. Costoro dovevano essere pagati in anticipo e avrebbero portato il carico fino alle sponde del mare o almeno fino a Ladoga, dove le merci sarebbero state trasbordate su un mezzo marittimo. Il Volhov non era percorribile per chiunque…Un’attenzione particolare ai movimenti dei kupzy era prestata dai knjaz-namestniki ed anzi sappiamo che gestirono, ma soltanto per qualche tempo, persino i tribunali nelle controversie fra mercante e mercante e liti di questa fattispecie…
Sebbene poco si sappia sul comportamento e sull’aspetto dei mercanti russi all’estero a causa dei loro limitati e poco frequenti viaggi, è comunque certo che nell’ambito delle sole Terre Russe si movessero in un ambiente etnico misto. Per questa ragione su un territorio così esteso dal Mar Glaciale Artico al Caucaso e al Mar Nero dove convivevano Paganesimo, Giudaismo e Islam insieme da sempre i kupzy dovettero adattarsi a varie realtà culturali assimilando molte delle loro abitudini (vestire, cibi, mode e parole) e portandole con sé fino a Novgorod, come ce lo confermano pure le byline (racconti popolari).Oltre a ciò, siccome ognuno di questi credi aveva proprie idee sulla mercatura e sui mercanti, sarà utile accennare a questi modi di vedere poiché qualche elemento pratico e gestionale preso da queste diverse visioni del mondo si riconosce nella mercatura novgorodese già dalla fine del XII sec.
Nel Mondo Medievale Cristiano la mercatura, quella “non piratesca”, era considerata genericamente una specie di truffa (in questa stessa parola e in altre simili in molte lingue europee si nasconde la radice celtica *torg ossia scambio) per il semplice motivo che dava un profitto ad una persona che non lavorava, se non spostando a propria voglia e comando una merce da un posto all’altro del mondo (quest’ultima definizione è di Erasmo di Rotterdam!). L’aspetto truffaldino però era più che altro un punto di vista “ecclesiastico” che tuttavia costringeva al mercante a non aumentare troppo il prezzo di vendita per includere la quota a lui spettante a mo’ di guadagno personale.
Altro era il mercante nell’Islam. Qui chi esercitava la mercatura era molto stimato e apprezzato non solo per l’attività intrinseca, ma anche per gli investimenti che faceva e per l’elemosina (zakat) che ridistribuiva nella comunità. La ricchezza era un dono di Dio e andava perciò ridistribuita a chi ne aveva di bisogno. Una persona molto positiva quindi. A leggere uno dei testi diffusi sull’argomento come quello di ad-Dimishqi (Abu-l-Fadhl Ja’far ibn ‘Ali ad-Dimishqi, ca. IX sec. d.C.) intitolato Le Bellezze del Commercio, ci accorgiamo che chi non si comportava secondo questi canoni non era degno di essere un mercante e incontrare altri uomini in altre terre e gli rimaneva soltanto l’attività di piccolo negoziante nei mercati locali. Quest’autore addirittura distingue tre tipi di mercanti che hanno contatto con i forestieri: il viaggiatore, lo stocchista e l’esportatore. Le descrizioni che l’autore dà di questi mercanti corrispondono molto poco ai kupzý per quel che noi sappiamo di questi ultimi e quindi possiamo dire tranquillamente (almeno per il punto in questione) che, se ci furono contatti fra kupzý e questi tipi di mercanti, essi furono indiretti e ininfluenti.
Un posto a sé merita la questione degli ebrei rahdaniti. Costoro erano i veri e puri mercanti del Medioevo (mercatores legitimi sono detti nei documenti latini), ma per il fatto di usare propri canali, vietati o molto ristretti per chi non appartenesse alle comunità ebraiche, erano quasi esecrati ed invidiati allo stesso tempo nell’ambiente cristiano e non ebbero grandi contatti diretti con Novgorod forse perché i rapporti con gli ebrei rahdaniti erano una competenza esclusiva di Kiev e del Velikii Knjaz…
Aldo C. Marturano
Bibliografia essenziale:
I. M Kuliscer – Istorija Russkoi Torgovli i Promysc’lennosti, Celjabinsk 2008
V. B. Perhavko – Istorija Russkogo Kupec’estva, Moskva 2008
P. Spufford – Handel, Macht una Reichtum, Kaufleute im Mittelalter, Darmstadt 2004
P. Feldbauer / J. Morrissey – Weltmacht mit Ruder und Segel, Geschichte der Republik Venedig 800-1600, Wien 2002
W. Froese – Geschichte der Ostsee, Gernsbach 2002
E. Ashtor – Storia economica e sociale del Vicino Oriente nel Medioevo, Torino 1982
V. L. Janin – Srednevekovyi Novgorod, Moskva 2004
A. V. Valerov – Novgorod i Pskov, Ocerki politiceskoi istorii severo-zapadnoi Rusi XI- XIV vv., Sankt-Peterburg 2004
O. Pelc – Seeräuber auf Nord- und Ostsee, Heide 2005
C. Goehrke – Russischer Alltag, Die Vormoderne, Zürich 2003
A. Burovskii – Otec Gorodov Russkih, Nastojasc’aja Stolica Drevnei Rusi, Moskva 2007
O. Remie Constable – Trade and Traders in Muslim Spain, Cambridge 1994
R.S. Lopez & I. W. Raymond – Medieval Trade in the Mediterranean World, New York 2001
V. Dolgov – Byt i Nravy Drevnei Rusi, Moskva 2007
S.M. Solovjov – Istorija Rossii, Moskva 2001
N. Karamzin – Istorija Gosudarstva Rossiiskogo, Sankt-Peterburg 1998
P.P. Toloc’ko – Drevnjaja Rus’, Moskva 1987
V. L. Janin – Istorija i Kul’tura drevnerusskogo Goroda, Moskva 1989
VEDI ALTRO IN PIANETA RUSSIA > >