DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO
Art.
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Quando esplode il 14 luglio la rivolta e si pongono le premesse per la nascita della nuova Francia, il partito nazionale diventa la guida naturale di un mutamento - che avrà un corso profondamente travagliato - il quale prende forma solenne in un decreto, approvato nell'agosto dell'89: "L'Assemblea nazionale abolisce interamente il regime feudale". A questo documento ne segue un altro,
il 26 agosto: la "Dichiarazione dei diritti dell'uomo",
pietre miliare della storia della Francia ma anche d'Europa: "Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti". E il re viene privato della sovranità poiché d'ora in poi questa sarà esercitata dalla Nazione Francese. Come d'ora in poi ci sarà libertà di parola, di opinione e di stampa, le leggi non potranno avere valore retroattivo, ogni cittadino avrà diritto di accedere ai pubblici impieghi, la proprietà privata sarà garantita.
I fondamentali principi della grande riforma sono incisi nella storia, sanciscono la nascita di una Francia giusta, di una Francia felix. Ma traducendo in realtà questi principi, articolandoli in regolamenti e decreti, la borghesia li tradisce subito. E non c'è da stupirsi: regolarmente accade nella storia che quando un gruppo sociale d'élite conquista il potere (ricorrendo all'appoggio del popolo, immancabile massa d'urto in qualsiasi tipo di rivoluzione, per scalzare gli avversari) dopo la vittoria stabilisca leggi, morale ed etica in rapporto ai propri interessi.
Infatti la borghesia pre-capitalista francese, già pochi giorni dopo la presa della Bastiglia, aveva fatto una premessa precisa attraverso le parole dell'abate Emmanuel-Joseph Sieyez, politico e scrittore di taglio conservatore: "Il Comitato incaricato dell'elaborazione della Costituzione deve fissare una
differenza fra cittadini attivi e passivi. I cittadini attivi sono i veri azionisti della grande impresa sociale: essi devono formare quella nazione che è fonte di ogni potere pubblico".
Così con il decreto del 22 dicembre 1789, l'Assemblea Costituente chiarisce che il cittadino attivo avente diritto di voto è ogni francese che abbia raggiunto il 25� anno di età, viva in un dato cantone da non meno di un anno, non sia a servizio in qualità di servo domestico, e paghi un'imposta diretta pari al valore di tre giornate lavorative (in totale tre lire). A conti fatti
dovevano risultare quelli aventi diritto di voto poco più di quattro milioni di cittadini sui ventisei milioni circa.
Viene inoltre approvata una legge che vieta agli
operai di riunirsi in sindacati o di fare scioperi per rivendicare i loro
diritti. Stessi
limiti alle associazioni di persone appartenenti alla stessa professione.
Oltre a ciò, per i negri delle
colonie venne mantenuta la schiavitù.
Erano
stati fissati importanti
diritti democratici, ma non si era realizzata una piena democrazia, perché
escludeva in realtà dalla vita politica la massima parte degli abitanti della
Francia. Non teneva in alcun conto le rivendicazioni delle masse popolari:
artigiani, operai, contadini. Il
diritto di voto fu concesso solo a chi possedeva una certa ricchezza.
Come si vede, ai contadini e agli operai viene tolta la possibilità di partecipare alla gestione del potere, alla elaborazione delle leggi.
La "Beffa" finale alla "Dichiarazione dei diritti dell'uomo" è la norma, la quale stabilisce che per aver diritto di essere eletto deputato è obbligatorio avere un tot di beni immobili, e pagare inoltre un'imposta diretta annuale di un marco (le marc d'argent corrisponde a circa cinquanta lire).
Questo
diritto
alla fine potenzialmente poteva essere concesso solo a chi possedeva una certa
ricchezza, non più di 40.000 su una popolazione di più di 25 milioni di
abitanti.
E
accadde questo: che gruppi di
intellettuali,
o singoli autorevoli personaggi, nonostante le proprie capacità, erano ineleggibili per mancanza di beni. Eppure l'articolo 6 recitava:
tutti i cittadini sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, a seconda della loro capacità, e senz'altra distinzione che quella
delle loro virtù e del loro ingegno.
Dai risultati dell'attività legislativa la posizione della borghesia appare chiara: si vede una forte tendenza a difendere la pienezza del conquistato potere da qualsiasi attentato proveniente
dall'alto o dal basso:
un'azione instancabile e sistematica diretta
1) ad epurare lo Stato dai resti del vecchio regime;
2) una diffidenza verso la Corte - che ancora lavora
"pro domo sua" con i residui poteri che le restano;
3) ma in particolar modo sono gli operai di Parigi
che danno maggiori preoccupazioni
In
questa lotta, dura e senza esclusione di colpi, che giunge alla tragedia quando la Guardia Nazionale, il braccio armato che difende la Nuova
Francia (borghese), spara contro la massa di popolo che manifesta il proprio disaccordo politico -
-e c'è la presenza forte e attiva della Società degli Aristocratici, presenza ovvia dato che ogni rivoluzione provoca tentativi di controrivoluzione da parte dell'élite che ha perso il
potere (e chi usa, chi strumentalizza? il popolo!)
Gli aderenti a questa Società degli Aristocratici cercano di fomentare il malcontento del popolo con ogni mezzo,
improvvisandosi difensori delle plebi "ingannate" dalla borghesia.
C'è insomma una inversione di ruoli !!!