LA CAMPAGNA
D'ITALIA |
UN POPOLO NELL'INFERNO
MENTRE I GENERALI ALLEATI
LITIGANO PER LA CARRIERA
di FRANCO GIANOLA
E' il gelido gennaio del 1944. Dopo il sofferto e poco glorioso sbarco a Salerno, ecco la travagliata operazione "Shingle" (ghiaia), ossia lo sbarco ad Anzio. La campagna d'Italia é logorante, divora uomini e materiali, distrugge paesi orgogliosi della loro architettura millenaria. Riduce alla fame e all'umiliazione migliaia di contadini e montanari, li trasforma in torme di straccioni che migrano in disperate colonne a cercare introvabili rifugi. Staff di generali alleati, caratteriali, nevrotici, divisi da invidie e distratti dalle preoccupazioni di carriera, studiano colpi di ariete nel tentativo di sfondare le difese organizzate dal feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante in capo delle armate tedesche schierate nel meridione d'Italia: ma "Albert il sorridente" non arretra di un palmo.
Sono gli ordini di Hitler e lui li condivide. Davanti alle divisioni americane, inglesi, neozelandesi, polacche, francesi, alle truppe marocchine, si distendono mari di fango, si ergono massicce formazioni di granito e di calcare dalle quali sembrano guardare infiniti buchi neri pronti a rovesciare verso il basso un inferno di fuoco e di morte. I monti Aurunci hanno un aspetto dantesco, angosciante, i grandi torrenti e fiumi fendono rocce e terra urlando e creando anch'essi, in questo polare inverno del 1944, un ostacolo insormontabile. E lassù, verso il nord, oltre la linea Gustav che fa scudo alle truppe tedesche, c'é Roma, l'ossessione del generale Mark Clark, comandante della 5a armata statunitense.
Clark sogna di notte la Città Eterna, vi si vede entrare da conquistatore, Cesare alla testa delle sue legioni. E vive nel terrore che qualcuno lo batta sul tempo, forse sir Oliver Leese, comandante dell'8a armata inglese, o sir Harold Alexander (un altro degli inglesi invisi a Clark: la sua anglofobia é addirittura oggetto di barzellette), comandante del 18� gruppo di armate e comandante in capo di Clark e Leese. A Roma, intanto, si vanno spegnendo le speranze accese dallo sbarco in Sicilia (agosto 1943) e da quello di Salerno, che in prima battuta vede i tedeschi rinunciare all'occupazione di Napoli e ritirarsi in modo apparentemente disastroso (17 settembre). Nella Capitale, pur dichiarata "città aperta", la guerra si fa sentire con tutta la sua crudeltà.
ROMA E' RIDOTTA ALLA FAME
La popolazione é ridotta alla fame, il coprifuoco impedisce la socializzazione, i pattuglioni delle SS piombano a intervalli regolari nel "ghetto" e portano via sui camion centinaia di ebrei destinati a morire nei forni crematori dei lager. Nel palazzone di via Tasso, alla periferia di San Giovanni in Laterano, c'é l' "SS Kommandantur", il covo del tenente colonnello Herbert Kappler. Da qui l'alto ufficiale coordina tutte le azioni contro i partigiani che operano in città. Qui, nell'ala il cui ingresso porta il numero 155, sono state organizzate le carceri e nelle carceri le celle di tortura dove vengono straziati e uccisi centinaia di patrioti, operai, contadini, militari, sacerdoti, studenti, professionisti. La speranza si accende di nuovo quando i romani, con l'orecchio incollato all'altoparlante della radio abbassata al massimo, sentono Radio Londra trasmettere un messaggio speciale che fa saltar loro il cuore in gola: "Chi la fa l'aspetti. Saremo lì dopo il giorno 12".
E' l'inizio di dicembre. Si scatena una ridda di supposizioni e la più credibile sembra essere quella che ipotizza due sbarchi contemporanei a Civitavecchia e a Tarquinia, due cittadine della costa tirrenica a una manciata di chilometri da Roma. L'attesa é spasmodica, nelle case si cuciono le bandiere americane e inglesi. Ogni giorno una crocetta sul calendario. Poi le crocette diventano troppe e si capisce che nella vita vera i "nostri" possono alle volte restare bloccati dall'imprevisto. Quest'imprevisto é Kesselring. Qualche mese più tardi su una casa della Capitale lo spiritaccio romanesco dà una graffiata amara: "Americani, resistete, presto verremo a liberarvi.". Mentre a Roma i giorni passano con lentezza torturante, a Londra, a Washington, a Mosca, o nelle conferenze, come quella di Teheran, i Tre Grandi si consultano sulle strategie da adottare. Ognuno con L'occhio ai propri interessi nazionali, alle proprie convinzioni, alla convenienza politica personale (l'unico che non ha preoccupazioni elettorali é Giuseppe Stalin, dittatore sovietico). I Capi di stato maggiore interalleati non hanno comportamento diverso: anche loro sono preoccupati per la carriera, per il rischio di vedersi spostati ad altro incarico meno prestigioso, di vedersi soffiare sotto il naso una battaglia decisiva. Attenti che il loro nome passasse alla storia.
COMANDANTI CARATTERIALI
Dwight D. Eisenhower, noto col nomignolo di Ike, comandante dello scacchiere del Mediterraneo, é considerato piuttosto un buon ufficiale di stato maggiore che "generale da combattimento capace di cavalcare il vento e guidare la tempesta". Lo affianca nel comando sir Harold Alexander, un alto ufficiale che non ha mai pianificato o diretto una operazione bellica di portata impegnativa. I critici gli indirizzano commenti corrosivi e ricordano un suo grande scontro con i tedeschi perduto in Tunisia senza molto onore. Lo sostiene soltanto un politico, Harold MacMillan, che ammira molto il suo "understatement", la sua classe, e resta colpito dal fatto che alla mensa ufficiali il generale eviti accuratamente l'argomento della guerra per chiudere la strada alle discussioni "professionali" che possono scivolare sul terreno della scompostezza.
Il generale Bernard Montgomery, il leggendario "Monty", lo giudica, con la sua tipica ruvidezza, un incompetente. Quando si tratta di varare l'operazione "Shingle" la grande macchina degli eserciti alleati entra in panne. Mentre già i progetti lasciano i segni sulle carte topografiche, si calcolano direttrici d'attacco e mezzi occorrenti, mentre il maggior generale John Lucas si prepara ad assumere il comando dell'operazione Anzio, Roosevelt sostiene che un attacco della Francia dalla Manica darebbe risultati più immediati... ed é subito polemica con Churchill il quale afferma che questo é il momento più favorevole, data la situazione interna dell'Italia (il governo fascista s'é dissolto, l'esercito non esiste più, l'intero peso della difesa del territorio é rimasto sulle spalle della Germania che ha già diversi fronti aperti) per irrompere lungo lo "stivale", conquistare una serie di basi aeree importanti a ridosso del territorio tedesco.
Il premier inglese si trova contro pure Stalin che non vede di buon occhio la presenza angloamericana in prossimità dei Balcani, una delle zone sulle quali ha precisi progetti di espansione politica. La situazione si tende (anche perché il piano non piace molto, dal punto di vista tattico strategico, sia al generale Clark, nominato comandante generale dell'operazione, sia al maggior generale Lucas, che deve organizzare e dirigere lo sbarco: secondo Clark, per sfondare ci vogliono non una ma due divisioni e un sostegno della marina molto più consistente di quello previsto) al punto che "Shingle" viene momentaneamente annullata.
COLPO D'ARIETE, SBARCO AD ANZIO
Da Tunisi, dove é stato messo fuori combattimento a causa di una brutta polmonite, Winston Churchill tira fuori la sua grinta da bulldog e manda un telegramma infuocato nel quale definisce "scandalosa" la stagnazione di tutta la campagna militare in Italia. Nel corso di un concitato colloquio con Roosevelt riesce a strappargli l'assenso a trattenere i mezzi da sbarco, destinati all'operazione "Overlord" per l'invasione della Francia dalla Manica, al fine di impiegarli ad Anzio. Riesce a soddisfare anche la richiesta di Clark dando al generale una divisione in più. Il maggior generale Lucas si trova così a disposizione la divisione inglese, la 3a divisione statunitense, ognuna rinforzata da un battaglione corazzato. Il cocciuto Winnie ha vinto ancora una volta.
Il 22 gennaio del 1944, sotto un serrato fuoco di protezione, una valanga di migliaia di uomini ben armati ed equipaggiati si rovescia sulla spiaggia di Anzio e costituisce una testa di ponte profonda circa venti chilometri e larga trenta. Pochi giorni prima (il 17 gennaio, in piena notte ), a circa centocinquanta chilometri, il tenente generale inglese McCreery, al comando del 10� corpo d'armata, ha attaccato fulmineamente nella valle del basso Garigliano, a ridosso della linea Gustav: il 19 le truppe della 56a divisione americana hanno conquistato una parte di spiaggia a nord e, più a monte, Minturno:
(VEDI QUI LA BATTAGLIA DEL MINTURNO)é un'altra testa di ponte, strategicamente apprezzabile anche se ha soltanto tre chilometri di profondit�. Le due azioni hanno colto di sorpresa i comandanti germanici, abituati alla "stagnazione" tanto odiata da Churchill. Tuttavia questo non basta per piegare quel maestro d'arte militare che é il feldmaresciallo Kesselring. Anche se non si aspettava l'attacco sul Garigliano (lo sfondamento della linea Gustav in quel punto aveva come obiettivo il raccordo con la forza d'urto che si accingeva a sbarcare ad Anzio) "Albert il sorridente" reagisce con lo sprint che gli é abituale. Ritira dall'area di Roma, dove erano a riposo, la 29a e la 90a divisione Panzergrenadier e le oppone al 10�corpo d'armata alleato.
Il generale McCreery si trova in situazione di stallo e non riesce ad allargare la sua testa di ponte. Falliscono anche gli altri due attacchi, progettati dal comando della 5a armata (Clark) diretti contro Sant'Ambrogio sul Garigliano (a una ventina di chilometri dalla foce) e Sant'Angelo, che si trova dieci chilometri più a nord, a un tiro di fucile dall'abbazia di Montecassino, poderosa roccaforte dei tedeschi.
LA STORICA CANTONATA DEL GENERALE USA
Per il momento la via verso i colli Albani e Roma resta chiusa. Ad Anzio il maggior generale Lucas, che vede confermato il suo pessimismo su un'operazione condotta con una 5a armata già molto provata dalle precedenti operazioni in Meridione, non procede di un passo. La sua testa di ponte ha ora davanti un massiccio schieramento germanico: 4a divisione paracadutisti, 65a divisione, 3a divisione Panzergrenadier, 26a, 362a divisione, 715a divisione, 114a divisione J�ger. L'operazione "Shingle" é inceppata, anzi, diventa quasi un disastro. Il tentativo di sfondamento della Gustav sulla linea del Garigliano, concettualmente valido, viene fatto in modo clamorosamente errato. E la responsabilità della storica cantonata tattico-strategica é del generale Mark Clark.
Cos'ha portato il comandante della 5a armata americana a questo errore? Pur essendo un soldato di grande intelligenza, capacità e spirito d'iniziativa (questo almeno il giudizio di Eisenhower, del generale Leslie McNair, capo delle forze terrestri americane, e sir Alan Brooke, capo dell'imperiale stato maggior generale britannico), dotato di notevole coraggio fisico, ha due pecche rimarchevoli: nella progettazione dei suoi piani é incapace di tener conto della realtà del terreno sul quale debbono essere applicati; l'abnorme ambizione e un tormentoso desiderio di fama lo hanno portato a un odio quasi paranoico nei confronti degli inglesi, che considera come potenziali "ladri" delle sue possibili vittorie. E' proprio questa fobia una delle cause principali che induce Clark a decidere di sfondare la Gustav sull'alto Garigliano puntando verso Sant'Angelo. Il generale statunitense é insospettito dal fatto che Alexander abbia deciso di affidare al comando di Clark la 2a Divisione neozelandese della 8a Armata come appoggio del 2� Corpo d'armata.
Una decisione che il comandante della 5a vede come una manovra a suo danno. Dall'altra parte della linea il tenente generale Frido von Senger, l'ottimo tattico che comanda il 14� Panzerkorps, si meraviglia molto che il suo avversario non concentri le forze con quelle dell'inglese McCreery che, dalla sua testa di ponte, può sfondare verso Ausonia, la valle del Liri e prendere la via che porta verso Roma, la Casilina.
UN MASSACRO INUTILE
Non sa che Clark ha deciso, guarda caso, che il 10� Corpo d'armata ha il compito di distogliere dalla Gustav la maggior quantità possibile di forze germaniche. In realtà egli vuole prendersi il merito dello sfondamento. E ordina: la 36a Divisione americana passi il Garigliano in zona Sant'Angelo. Alle otto di sera del venti gennaio ha inizio l'operazione che verrà poi chiamata "Fiume di sangue". Sull'altra riva sono attestati, dietro una cortina di carri armati e di cannoni a tiro rapido, diversi reggimenti tedeschi con un battaglione da ricognizione della 15a Divisione Panzergrenadier. E' un massacro. Inutile descrivere nei dettagli questo episodio che rimarrà sulla coscienza del generale Clark ed aprirà un buco nero nella sua immagine e nella sua carriera. Basti dire che l'artiglieria americana, per mancanza di ordini precisi, non apre il tiro di copertura fino all'alba e i soldati, che stanno arrancando nel fiume e negli acquitrini in un lento e allucinante assalto, vengono così investititi dall'enorme volume di fuoco scatenato da lanciarazzi, cannoni, mitragliatrici, fucili. Alle prime luci del giorno la ritirata.
Bilancio dell'azione: la 36a lascia sul terreno mille uomini e rientra con seicento feriti. Il maggior generale Rodt, della 15a Panzergrenadier, telefona laconico al suo comando: "Attacco respinto". Qualche giorno dopo, come dicevamo, lo sbarco ad Anzio, rapido e ben organizzato. In un primo momento i tedeschi si aspettano che dalla testa di ponte gli alleati scattino in direzione dei Colli Albani. Nel programma del maggior generale Lucas infatti sono previste tre azioni: creazione della testa di ponte; occupazione degli Albani; avanzata su Roma. Ma anche in questo caso gioca in negativo la psicologia di Clark: mentre le disposizioni del quartier generale AAI (Armate alleate in Italia) dicono di spingersi "fino" ai Colli Albani lui ordina di avanzare "verso" la zona in questione. Ovviamente Lucas si trova spiazzato. Lo sfondamento sul Garigliano non é riuscito e il 2� Corpo d'armata non può raggiungerlo e fare blocco con le sue forze, quindi preferisce non prendere iniziative. Non gli resta che irrobustire la testa di ponte.
L'ESERCITO TEDESCO PICCHIA DURO
Dalla parte opposta, passato il primo momento di sconcerto, c'é la reazione speculare di Kesselring. "Albert il sorridente" oppone allo schieramento di Lucas il muro della 14a Armata: la comanda il colonnello generale Eberhard von Mackensen, uomo di eccezionale capacità militare. Nel frattempo Alexander e Clark, pressati da un impazientissimo Churchill, ordinano a Lucas di fare alcune azioni di avanzamento. I risultati sono negativi: forti perdite, la linea alleata s'indebolisce a causa dell'allargamento del fronte. Dopo alcuni giorni von Mackensen attacca. E' l'operazione "Fischfang" (cattura del pesce). Il 16 febbraio le truppe tedesche bloccano la direttrice Anzio-Albano e penetrano profondamente nella testa di ponte. Alexander é preoccupato. In un attimo di pessimismo dice al comandante della 5a Armata americana: "Qui ci ributtano in mare". E Clark come al solito trema per la sua carriera e vede sfumare la speranza di passare da trionfatore sotto l'arco di Tito. Ma se negli alti comandi le idee non sono chiare e le rivalità imperversano creando confusione, i comandanti che operano sul campo di battaglia reagiscono alla situazione autonomamente preparando le proprie formazioni per una violenta controffensiva.
Il 19 febbraio, quando von Mackensen sospende gli attacchi per riorganizzare le sue truppe, gli alleati aggrediscono con decisione. Le fanterie inglese e americana si battono con durezza e determinazione. E' una delle più grandi battaglie della seconda guerra mondiale. Sono lunghe ore di combattimento spietato fra uomini esasperati, stravolti dalla paura e nello stesso tempo dal furore della frustrazione. Alla fine il serrato e spaventoso fuoco dell'artiglieria anglo-americana, il perfetto coordinamento dei movimenti, l'affiatamento fra comandanti e truppe, ma soprattutto l'irruenza dell'azione fanno perdere la testa ai soldati tedeschi che buttano le armi e si arrendono a gruppi di centinaia. Sul terreno restano, in totale, trentottomila morti. Von Mackensen, il grande von Mackensen, deve rinunciare. E' il 20 febbraio, la data di una vittoria che non é determinante da un punto di vista strategico generale ma é una secca sconfitta per Hitler. Egli stesso ha ordinato questo attacco: per dimostrare che non é più possibile sbarcare in un'Italia presidiata dall'esercito germanico, come non è possibile sbarcare in Francia.
GLI ALLEATI SCATENANO L'ATTACCO FINALE
L'episodio, che ha messo in rilievo la coesione delle formazioni anglo-americane, viene analizzato dagli alti comandi. I quali vedono in questa vittoria un fatto casuale, il frutto di una felice improvvisazione e non il risultato di un piano tattico ben coordinato dai responsabili dell'operazione "Shingle". Il maggior generale Lucas è nel mirino, accusato di non aver tenuto il collegamento con le forze operanti, di non essersi mai recato sul fronte, di starsene chiuso nel suo quartier generale sotterraneo, sistemato nelle catacombe di Nettuno, circondato dai resti macabri dei primi martiri e fedeli cristiani. Clark é molto preoccupato, sente aria di bufera pur non sapendo di essere sotto inchiesta. I Capi di stato maggiore statunitensi non sono soddisfatti dell'andamento delle operazioni. Nel corso di una riunione congiunta l'inglese sir Maitland Wilson, nel frattempo nominato comandante in capo dello scacchiere Mediterraneo, mette in evidenza le difficoltà di un fronte potentemente difeso dalle armate tedesche ma afferma seccamente che Anzio é stata un'occasione perduta.
Quando George Marshall, uno dei più importanti e influenti capi di stato maggiore americani, chiede a Jacob Devers (Usa), il vice di Maitland, se nell'operazione ci sono stati errori da parte degli alti ufficiali statunitensi, il rappresentante britannico allo Stato maggiore interalleato interviene precisando che la domanda dovrebbe essere rivolta al comandate della 5a armata. Al che Marshall risponde gelido: "Mi sembra chiaro, dovrebbe andarsene Clark". Ma questi gode di ottime protezioni, come abbiamo visto ha ammiratori in alto loco e il capro espiatorio finisce per diventare il maggior generale Lucas, ufficiale certamente ottimo (a lui si devono il ben organizzato sbarco di Anzio e l'impostazione della solida testa di ponte) ma poco intraprendente: viene esonerato dall'incarico. In realtà ha commesso un solo errore: quello di lasciarsi condizionare dalle incertezze e dalle impennate nevrotiche di Clark.
COLPO DI MAGLIO A MONTECASSINO
Il quale Clark, dopo essere passato indenne sotto la bufera, decide di puntare tutte le sue carte sullo sfondamento del Garigliano e del baluardo fortificato di Cassino. Da un punto di vista tattico l'idea è paradossale (per l'altissimo potenziale di resistenza e la posizione ad alta quota Cassino é il tratto più duro della linea Gustav) ma dal punto di vista strategico é valida: se si riesce a sfondare qui, dove Kesselring ha concentrato la sua forza maggiore e migliore, diventa possibile il collegamento con la testa di ponte di Anzio e si apre la via di Roma. Certamente é un'impresa titanica: la storia ricorda che Roma, proprio perché protetta da formidabili difese naturali, é stata conquistata da sud soltanto una volta. Ora, in più, bisogna mettere in conto "Albert il sorridente" che dai 1.800 metri del monte Caira osserva ironico la difficile e indifesa strada che porta verso il poderoso apparato difensivo di Cassino.
Ecco una cronaca sintetica di questo spettacolare scontro dagli aspetti epici che si trascina per circa sei mesi, se si mette in bilancio anche l'offensiva sferrata prima dello sbarco di Anzio. Il nuovo attacco deciso da Clark ha inizio il 15 febbraio. Viene bombardata l'abbazia di Montecassino. E' una battaglia che dura tre giorni ma alla fine il corpo d'armata neozelandese viene respinto. Il 15 marzo c'è un altro tentativo ma gli angloamericani incassano un'altra sconfitta. Gli alleati decidono di sospendere le operazioni. I neozelandesi vengono sostituiti dal 13� Corpo d'armata britannico. Il mese di aprile é impiegato per la riorganizzazione delle forze e per la messa a punto del piano "Diadem" (ideato da John Harding, capo di stato maggiore di Alexander).
L'11 maggio scatta l'operazione. La prima fase é deludente. Ma dopo qualche battuta d'arresto la potente macchina comincia a marciare a pieno regime e il fronte del Garigliano crolla. La via per Roma é aperta. La tortura della città sta per finire. E' passata un'eternità di mesi dal momento dello sbarco ad Anzio, in quel 22 gennaio 1944 che ha acceso la speranza. Nei giorni precedenti la liberazione (dal Gianicolo si sentono i fragori delle artiglierie germaniche e alleate impegnate negli ultimi duelli) Roma vive i suoi ultimi momenti di disperazione, di alienazione bellica, di disumanizzazione.
I ROMANI SOTTO UNA PIOGGIA DI BOMBE
La fame, la paura, le continue umiliazioni, l'istinto di conservazione costringono la gente a vivere secondo la legge della foresta. Ogni donna e ogni uomo pensano alla sopravvivenza individuale o del proprio gruppo familiare. Diventa tragicamente vero il verso di una delle poesie del Belli sulla miseria della Roma dei papi: "Uno buggera l'antro, Padre Santo!". Gli sciacalli del mercato nero imperversano e arricchiscono, per sfamare i bambini le popolane vendono i gioielletti di famiglia, cose poverine arrivate fin dalla bisnonna, preziose soltanto per le memorie che racchiudono. Al milione e centocinquantamila abitanti che vivono entro le mura si sono aggiunte seicentomila persone fuggite dal meridione e dalle campagne laziali per paura di essere travolte dalla guerra. Fra le solenni rovine dell'antica Roma sono accampate centinaia e centinaia di famiglie che cercano di sopravvivere in tutti i modi: é fatale un aumento della piccola criminalità, la criminalità di chi sta morendo di fame. I contadini sono arrivati in città con le loro bestie e nella stupenda cornice di Villa Borghese si vedono pascolare buoi e vacche.
Nel 1944 Roma, città aperta quindi intoccabile dalla guerra, conosce anche il terrore dei bombardamenti. Il quartiere Nomeranno e quello di San Lorenzo vengono sventrati. Sulle rovine appare l'immagine ieratica di Pio XII con le braccia aperte alla folla, quasi a voler prendere dentro di sé tutto lo strazio che é nell'anima e negli occhi di quelle donne, di quegli uomini e di quei bimbi che si stringono attorno a lui. I tedeschi fanno sentire sempre più il peso del loro tallone. Vietano l'erogazione del gas, il coprifuoco viene anticipato sempre più: dalle ore 23 arriva addirittura alle 17.
CLARK SI SENTE CESARE IN TRIONFO
In via Tasso continuano ad arrivare gruppi di partigiani catturati dalle SS. E' la tappa tragica di tanti patrioti. Li attende la fucilazione o la tortura. O l'una e l'altra. Come accade al generale Dardano Fenulli, comandante delle bande interne di Roma del Fronte militare clandestino. Scriverà l'avvocato Stefano Siglienti, suo compagno di cella: "Il generale Fenulli durante la detenzione venne ferocemente percosso, anche personalmente dal colonnello Kappler che gli contuse a pugni una mascella con abbondante spargimento di sangue. Venne percosso in modo selvaggio sulle piante dei piedi e tenuto con le mani legate dietro il dorso per parecchi giorni e notti e tutto ciò perché svelasse i nomi dei capi militari del movimento di Resistenza. Il generale Fenulli, per quanto sicuro della fatale sorte che lo attendeva, come chiaramente ebbe a fargli comprendere l'interprete che era stato presente ai suoi interrogatori, tenne sempre un comportamento superbo e sdegnoso." La vita di Fenulli si conclude nelle Fosse Ardeatine.
Alle 17.25 del 16 maggio 1944 il feldmaresciallo Kesselring riceve un rapporto telefonico del generale Heinrich von Vietinghoff, comandante dell'Armee Oberkommando 10 martellato dal violentissimo attacco alleato al punto nevralgico della linea Gustav. La voce di von Vietinghoff é spenta, la voce della sconfitta. Il volto di "Albert il sorridente" si irrigidisce. Con gli occhi fissi nel vuoto chiede una risposta che conosce già: "Allora dobbiamo abbandonare Cassino?". E' l'inizio della "caduta degli dei". I romani lo sanno da Radio Londra, e questa volta non c'é molto da attendere.
Il 4 giugno il generale Clark entra in Roma e finalmente prova l'irripetibile emozione dell'osanna a Cesare vittorioso. A lui l'alloro. Ai romani paradisiache tavolette di cioccolato, profumate e aromatiche sigarette Lucky Strike, chewing gum e libertà. Poi il comandante della 5a armata si crogiola nell'atmosfera molle e cinica dei salotti dell'aristocrazia. Ed é ingenuamente fiero quando una principessa, di età veneranda ma di spirito ancora tagliente, gli dice:
"Lei é il secondo "barbaro" che é riuscito a conquistare Roma dal sud".
Il primo fu Belisario, grande generale di Giustiniano imperatore d'Oriente.