Comè
difficile ricostruire la memoria di quegli anni, confusi e contraddittori.
Molti li ricordano come una festa, scandita dalla colonna sonora
del boogie woogie, accompagnata da una grande fioritura didee,
di speranze, di novità politiche. Si moltiplicavano i giornali di
molti nuovi partiti e di tutte le tendenze, ai vecchi settimanali
umoristici si affiancava la satira del "Cantachiaro" e
del "Don Basilio", il cinema produceva i capolavori del
neorealismo mentre dallAmerica arrivavano "Serenata a
Vallechiara", "Via col vento" e tutti i film proibiti
dal 1941.
La
guerra era finita, si godeva la pace, si respirava la libertà. Ma
il boogie woogie si ballava soprattutto nei circoli alleati,
dove l'ingresso era permesso soltanto alle donne, ma non agli uomini
italiani. Domenico Rea, Curzio Malaparte nei loro libri, Vittorio
De Sica con "Sciuscià", Luigi Zampa con "Senza
pietà" raccontavano le storie disperate di una prostituzione
diffusa, dei fratelli che vendevano le sorelle, delle ragazze di
famiglia che portavano a casa soldi, calze di nylon e scatolette
di carne.
Ma i film neorealisti non li guardava nessuno, de "La
terra trema" e "Ladri di biciclette",
Andreotti (giovanissimo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio)
diceva che i panni sporchi si lavano in casa e che quei film rovinavano
il prestigio dellItalia allestero (come se ne avessimo
avuto ancora, dopo la guerra fascista e I8 settembre); il
successo dei nostri film fu un successo di ritorno, grazie ai critici
francesi.
Avevamo
perso la guerra, e lavevamo persa tutti, come disse Benedetto
Croce: "Noi italiani abbiamo perduta la guerra, e labbiamo
perduta tutti, anche coloro che lhanno deprecata con ogni
loro potere, anche coloro che sono stati perseguitati dal regime
che lha dichiarata, anche coloro che sono morti per lopposizione
a questo regime, consapevoli come eravamo tutti che la guerra sciagurata,
impegnando la nostra patria, impegnava anche noi, senza eccezioni,
noi che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra
patria, né dalle sue vittorie, né dalle sue sconfitte".
Lo seppero bene i profughi dallIstria e da Zara annesse alla
Jugoslavia: la loro fedeltà alla patria fu ricompensata con il fastidio
e il silenzio dei borghesi, con laccusa di "fascisti"
lanciata dai comunisti, che a Bologna arrivarono a impedire che
venissero portati generi di conforto ai treni che li trasportavano
ai campi di raccolta. Furono anni di grandi speranze, ma anche di
odii profondi, di violenze oggi inimmaginabili. Da tempo, quasi
tutti interpretano quegli anni con le favole di "Don Camillo",
ma esse erano favole, appunto.
Gli eccidi nel "triangolo della morte", che si prolungarono
anche nel 1946, la polizia che sparava sugli occupanti le terre,
erano gli aspetti più evidenti della profonda spaccatura che divideva
e contrapponeva gli italiani, comunisti e anticomunisti, nella speranza
della palingenesi sociale e nella grande paura del bolscevismo.
Col tempo, Ha da venì Baffone ha finito per assumere un tono
scherzoso, ma allora la frase suonava sinistra e minacciosa a chi
temeva che arrivassero i cosacchi ad abbeverare i cavalli davanti
a San Pietro, secondo la profezia attribuita ai pastorelli di Fatima.
Nel marzo 1946 ci furono le prime elezioni amministrative, con le
vittorie delle sinistre in molti grandi comuni; nel giugno si tennero
il referendum fra monarchia e repubblica, e le elezioni per lAssemblea
costituente. I partiti al governo, che avevano formato i Comitati
di liberazione nazionale (CLN), erano su posizioni diverse: socialisti
e comunisti erano repubblicani, come ovviamente il
partito dell'Edera, il partito dazione e la Democrazia del
lavoro (che ci fosse anche questa, chi se ne ricorda più?); liberali
e democristiani erano divisi di fronte al dilemma istituzionale,
e lasciarono liberi i propri aderenti di votare secondo coscienza,
anche se, allinizio, nella DC prevaleva lorientamento
repubblicano e se, a poco tempo dal voto, la Chiesa spinse a favore
della soluzione monarchica.
I
parroci esortavano a mettere la croce dove ce nera già
una (la croce dello stemma sabaudo); la Repubblica era simboleggiata
da unItalia turrita, e i repubblicani spingevano i più candidi
fra i monarchici a votare per la regina. Fuori del CLN, il
nuovissimo partito dellUomo Qualunque raccoglieva i consensi
di molti ex fascisti, della burocrazia statale e dei ceti rimasti
estranei alla guerra civile, specialmente a Roma e nel Mezzogiorno,
dove molti erano spaventati dal Vento del Nord, cioè dalla
minaccia della rivoluzione: il fronte dellUomo Qualunque era
perciò monarchico. DellUomo Qualunque resta soltanto il ricordo
del simbolo (un torchio che schiaccia un povero ometto) e le parolacce
del suo fondatore, il commediografo di scarso successo Guglielmo
Giannini, il primo che scrisse su un giornale che non ci rompano
più i coglioni.
La lotta politica per il referendum fu caratterizzata dalla condanna
della complicità della monarchia con il fascismo, da parte repubblicana,
mentre, dallaltra parte, si faceva appello alla paura del
salto nel buio. Chi vuole la nostra flotta? si chiedeva un
manifesto, e la risposta era la Russia di Stalin, la Jugoslavia
di Tito, i comunisti francesi; e continuava: Chi è il nemico
N. 1 che i comunisti italiani vorrebbero abbattere? "La
monarchia, naturalmente, quindi si deve votare per essa". Dalla
parte opposta, Pietro Nenni lanciava la parola dordine: La
Repubblica o il caos. Una particolare considerazione merita
il "Candido" di Mosca, Guareschi e altri umoristi provenienti
dal "Bertoldo" che, senza fondare un partito politico,
costituì un movimento dopinione, sostanzialmente conservatore
e monarchico.
II "Candido" diede ai partiti e allopinione pubblica
anticomunista un vocabolario comune e una serie di slogan e di macchiette
destinate a durare, e a fertilizzare i temi della propaganda democristiana
di due anni dopo (18 aprile 1948); e ciò, nonostante che il giornale,
spesso, prima e dopo il 48 fosse ben poco tenero.
Altri
temi caratteristici della campagna democristiana furono il "lavoratore
cristiano" e la famiglia. Bello, serio, aitante il primo, dedito
di solito a stroncare i mostri del comunismo e del capitalismo;
bella e minacciata la seconda, ma difesa a spada tratta dal Voto
cristiano che uccide le serpi del divorzio e del libero amore.
Il comunismo era visto come una falce e un martello che formano
La tagliola al piede del cittadino, o come un teschio nella
divisa dellArmata rossa (VOTA o sarà il tuo padrone),
o ancora come un soldato armato di gatto a nove code col pugnale
fra i denti: è lui che aspettate? I Comitati civici si diedero
l'obiettivo di far votare contro il Fronte popolare i ceti moderati
e i non cattolici, i quali dovevano preferire la DC non per motivi
ideologici o confessionali, ma come diga contro il comunismo. Perciò
i Comitati civici si specializzarono nella propaganda per il voto,
riprendendo la vignetta di Guareschi e mostrando uomini e donne
infantili (Essi non votano) o pappagalli (Non voto, non
voto, non voto). Il simbolo del Fronte, Garibaldi, fu attaccato
in vari modi: Chi vota Fronte vota bifronte (l'erma di Giano-Garibaldi
ha dietro il ritratto di Stalin); oppure ci simpadronisce
del simbolo avversario con un Garibaldi a cavallo che, alla testa
delle camicie rosse, fa scappare Togliatti: Va fuori dItalia,
va fuori o stranier. Si fa anche il verso ai titoli dei film:
una pioggia di voti fa volare Nenni e Togliatti Via col voto.
Lo
slogan di maggior successo fu Votate per chi volete, ma votate
(sottinteso: "Votate DC"). Un anticipo del cinico
appello moderato di Indro Montanelli nel 1976 (Turatevi il naso
ma votate DC) fu nel 48 la slogan che accettava e superava,
contemporaneamente, il tradizionale anticlericalismo italiano: Meglio
un prete oggi che un boia domani.
Vinse la DC con il 48 per cento dei voti, ed ebbe la maggioranza
assoluta dei seggi al Senato e, con la S�dtiroler Volkspartei, anche
alla Camera. Dallaltra parte, dal 1945 al 1948, si fece ricorso
a vecchi strumenti propagandistici, alla forza durto del sindacalismo
e al "complottismo". Lesempio massimo della prima
tendenza è data da un manifesto socialista del 46, che riprende
smaccatamente un antico tema di Prampolini e dei fogli ottocenteschi:
su uno sfondo di fabbriche si erge la figura del Cristo, che accanto
ha la scritta: Gesù disse ai discepoli "Vi dico in verità:
difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli".
San Matteo. Conclusione: Votate per il SOCIALISMO che redime
i poveri dallo sfruttamento dei ricchi. Il sindacalismo aveva
slogan semplici e forti, che oscillavano fra il ricordo della fame
bellica e lo spettro della disoccupazione attuale, da una parte,
e la speranza che si facesse realtà il vecchio sogno dei contadini:
Pane e lavoro
I nostri figli chiedono pane
La terra ai contadini
La terra a chi lavora.
Infine, il "complottismo". Qualunque rigurgito monarchico
e conservatore faceva sollevare a sinistra lo spauracchio della
reazione, anzi come si diceva comunemente delle Forze
oscure della reazione in agguato: questa espressione divenne
un tale luogo comune del linguaggio di sinistra, che i giornali
umoristici la tradussero nella sigla F.O.D.R.I.A.
Quando si arrivò allo scontro elettorale del marzo-aprile 1948,
i vecchi temi socialisti scomparvero e la propaganda del Fronte
popolare fece leva soprattutto, come si è detto, sulla faccia di
Garibaldi. Già nella guerra partigiana si erano chiamate "garibaldine"
le formazioni comuniste; perfino in Jugoslavia, dove l'esercito
di Tito aveva arruolato nelle proprie file i nostri soldati che
si erano sottratti alla deportazione in Germania, venne costituita
una divisione Garibaldi. Questi era stato l'eroe veramente popolare
del Risorgimento, anticlericale sempre, e socialista almeno dal
1864: poco importava al Fronte se la sua intelligenza politica,
molto superiore a quella che sia i mazziniani sia i monarchici gli
attribuivano, gli avesse fatto rifiutare l'ipotesi repubblicana
già a Milano nel 1848 e scegliere addirittura la formula esplicita
"Italia e Vittorio Emanuele" nel 1860. Poco importava:
le campagne elettorali non sono corsi di storia.
Altri
temi della propaganda di sinistra, nelle elezioni del 1948, furono:
la terra ai contadini (manifesto Per il nostro pane quotidiano
Basta! Lottiamo viva la Costituente della terra);
e la pace (Per la pace dItalia Votate Fronte
democratico popolare) con le varianti dei manifesti commissionati
dallUDI (Unione donne italiane): Per il pane dei tuoi figli
per la rinascita per la pace Vota Blocco del
Popolo e anche Per una vita migliore Donne!
Votate per i candidati della rinascita e della pace. Questo
della pace divenne, dopo il 48, uno dei leit-motiven
dominanti della propaganda comunista.