Nel 1400
i contratti, che erano a fortissimo rischio, si aprivano e si chiudevano invocando
la protezione dell'Altissimo
LE ASSICURAZIONI NELL'ANTICA ROMA, NEL MEDIOEVO, NEL 1400, 1500, 1600, 1700,
1800, 1900
( PRESTO IN RETE UNA INTERESSANTE TESI SULLA STORIA DELLE ASSICURAZIONI )
ANCHE IL BUON DIO
SI OCCUPO' DI ASSICURAZIONI
Le prime polizze nacquero ai tempi dell'antica Grecia per proteggere i vascelli mercantili da tempeste e pirati
di GIORGIO TELESIO
Siamo agli inizi del 1600, a Venezia, in casa dei signori Buseghin, un'onesta famiglia di mercanti. II capofamiglia commercia in stoffe, ha interessi in tutto il bacino del Mediterraneo. Purtroppo é un periodo in cui gli affari non vanno davvero tanto bene. II signor Buseghin ha appena spedito il cugino, suo procuratore, con una nave carica di mercanzia, e spera che torni carico di scudi d'oro. La signora Buseghin da tempo brontola: dice che suo marito é un'incapace, di quattrini se ne vedono sempre meno, se avesse fatto come suo fratello, che ha studiato, adesso é medico, fa un sacco di soldi. Ci sono due figlie da maritare: e chi gliela fa la dote, se suo marito da mesi fa fatica a pagare i suoi impiegati? E due figlie, oltrettutto bruttine, senza un ghello di dote, chi se le piglia? Altro che favoleggiare che "lui é stato fornitore anche del Doge". Ma adesso?
La signora Buseghin é immersa in questi neri pensieri, quando suo marito fa irruzione in casa, con un'aria allegra come non l'aveva da un pezzo. Segue dialogo. Signor Buseghin (con volto sereno e sguardo luminoso): "Cara, buone notizie. I nostri guai sono finiti. Sono in arrivo 5.000 scudi!"
Signora Buseghin (nervosa, accigliata, minacciosa, impaziente, seccata): "Alfredo, t'avverto che se é un'altra delle tue storie sugli affari che facevi dieci anni fa col Doge o che farai tra un mese col Re di Napoli, ti rompo la testa. I quattrini ci mancano adesso. Anzi, proprio oggi s'è fatto vivo il fornaio, perché abbiamo conti in sospeso anche lì, e io, insomma...."
Signor Buseghin (con sguardo alla Sean Connery di "Goldfinger"): "Benedetta donna, vuoi calmarti? Ecco la bella notizia. Mio cugino Duccio, partito due mesi or sono per mare, é stato rapito dai pirati, e le ultime notizie, di fonte certissima, lo danno venduto per schiavo sul mercato di Costantinopoli!"
Signora Buseghin (col volto disteso, si avvicina al marito facendo le fusa): "Amore! Ma é una notizia meravigliosa. E' sicura vero?"
Signor Buseghin (eccitato e gioioso, tenero e virile allo stesso tempo): "Sicura? Sicurissima. Mi hanno addirittura fatto sapere il prezzo. E' stato venduto per 300 lire turche, che, suppergiù, sono 500 scudi nostri. E poi da lì non scappano. I pochi schiavi scappati, li hanno subito beccati e condannati al supplizio del palo "Signora Buseghin (materna, dolce, con lo sguardo rivolto lontano):
"Ah, quel Duccio, é sempre stato un ragazzo di valore. Ora corro in Chiesa per accendere delle candele alla Madonna."
Stacco. Vi starete legittimamente chiedendo se la famiglia Buseghin é una famiglia di pazzi, o di sadici. Niente di tutto questo. E' una famiglia di gente pratica. Infatti il signor Buseghin aveva fatto stipulare al cugino Duccio una "polizza sulla libertà" dei naviganti. La polizza prevedeva che il beneficiario (che era poi lui, Buseghin Alfredo) si sarebbe beccato 5.000 scudi di indennizzo in caso di rapimento di suo cugino, Barison Duccio.
Una polizza sulla libertà personale? Nel 1600? Proprio cosi. Era, come vedremo meglio in seguito, una delle tante invenzioni della mente fertile degli assicuratori italiani. Perché sarà pur vero che non siamo, né eravamo, un popolo che ami le assicurazioni in genere. Lo dimostrano le statistiche: nel ramo vita, per fare un esempio, siamo al penultimo posto in Europa.
Eppure le assicurazioni, modernamente intese, sono nate in Italia: le abbiamo inventate noi, le abbiamo anche esportate.
Ma prima di intraprendere il nostro viaggio nel passato, pensiamo che sia opportuno spendere due parole su "cos'é un'assicurazione". Nel senso più ampio del termine, il contratto di assicurazione é quel contratto con cui una parte, l'assicuratore, si impegna a risarcire un danno subito dalla controparte, l'assicurato, purché questi sia in regola col pagamento del costo del contratto, denominato "premio". Stoppiamo subito i puristi del diritto: la nostra vuole essere una definizione generale. Sappiamo che non brilla per perfezione, ma riassume però la sostanza del rapporto tra assicuratore e assicurato. Ovviamente dobbiamo distinguere i due grandi settori assicurativi: il ramo danni e il ramo vita. Le assicurazioni del ramo danni sono quelle con cui ci cauteliamo dal danno che possa derivare da un sinistro che colpisca beni di nostra proprietà (ci rubano l'auto, ci brucia la casa, la grandine ci distrugge il raccolto, ecc. ecc. - Nb: fate pure gli scongiuri). L'assicuratore provvederà a pagarci una somma equivalente al danno economico che il sinistro ci ha causato. Nel ramo vita invece possiamo pattuire il versamento di un certo capitale ai beneficiari che vogliamo designare in caso di nostra morte, oppure possiamo stabilire con l'assicuratore che, in caso di nostra sopravvivenza alla fine del contratto, ci venga versato un capitale o una rendita (sono queste le cosiddette "polizze pensionistiche"). Assicuriamo quindi un evento attinente alla vita umana: la morte o la sopravvivenza.
Nella pratica poi esistono anche polizze che assicurano entrambe le cose, e infatti sono dette "miste", nonché molte altre forme che prevedono varie garanzie accessorie. Ma l'oggetto sostanziale di tutte le polizze del ramo vita é quello sopra esposto. Pur facendo parte del "ramo danni", le polizze di "responsabilità civile" costituiscono un caso anomalo. Infatti non assicuriamo direttamente un possibile danno a nostro carico, bensì ci garantiamo che un terzo, l'assicuratore, intervenga a pagare un danno che noi causiamo ad altri. II caso più diffuso é appunto quello della "RC Auto".
Ma torniamo alla storia. Abbiamo detto che dobbiamo fare un saltino all'indietro; più che altro un saltone, perché ci trasferiamo momentaneamente a Roma, in epoca imperiale. Gli scambi commerciali sono fiorenti e nulla come la voglia di arricchire spinge gli uomini ad allargare sempre più in là i loro confini (con buona pace del "seguir virtute e conoscenza" dell'Ulisse dantesco...). I trasporti di merce via mare erano però rischiosi non solo per le possibilità di naufragio, ma anche per la presenza dei pirati, che ovviamente infestavano le rotte più battute. Si inventa cosi un contratto del tutto particolare, che alcuni vogliono sia invece imitazione di analoghi contratti già in uso in Grecia. In sostanza: un banchiere presta danaro ad un mercante, che si reca a vendere la propria merce oltremare. Il mercante, al rientro, dovrà restituire al banchiere la somma prestata più una percentuale sull'utile conseguito dalla vendita della merce. Il banchiere però considererà estinto il debito se il carico della nave sia andato perso per naufragio o per ruberia dei pirati. Il banchiere quindi si accolla il rischio della perdita della merce. Non si può ancora parlare di vera e propria assicurazione; piuttosto abbiamo una forma di impiego del danaro senza dubbio ardita, il cui utile é rappresentato dalla partecipazione all'utile della vendita delle merci.
A ROMA: l'ATTUARIO
Se non abbiamo ancora un "assicuratore", abbiamo però già un contratto in cui il "rischio" costituisce una componente essenziale. Del resto i romani, gente pratica, ci forniscono un altro antenato interessante nel campo assicurativo: l'attuario. Con questo termine si designa oggi il matematico che si dedica allo studio delle statistiche, ossia a quel ramo della matematica su cui le moderne assicurazioni basano le loro valutazioni del possibile rischio di un'operazione. Ebbene, l'Actuarius era l'ufficiale dell'esercito romano addetto agli approvvigionamenti, che calcolava il fabbisogno giornaliero dei soldati impegnati in campagna di guerra; dal giorno di partenza delle truppe si calcolava un fabbisogno via via decrescente, considerando la riduzione degli uomini a seguito di morte in battaglia. Questo calcolo veniva fatto su base statistica (morti in battaglia nelle precedenti campagne), nonché in base alle difficoltà che la campagna di guerra intrapresa poteva far prevedere. Si trattava quindi di calcolo delle probabilità: lo stesso che fa oggi qualsiasi assicurazione per stabilire il "costo" (=premio) di un determinato rischio.
Dopo la caduta dell'Impero Romano e per buona parte del Medio Evo la necessità di tutelarsi é sempre riferita al rischio marittimo e resta in uso il contratto di prestito bancario che abbiamo visto prima. Già nel XIII secolo abbiamo però notizia di sodalizi di mutua assistenza, generalmente creati all'interno delle corporazioni di arti e mestieri, in cui gli aderenti versavano quote annue che servivano a costituire un capitale che sovvenisse ai bisogni dei soci colpiti da malattia, o che avevano subito furti o incendi. Anche in questo caso abbiamo una tutela da un rischio, ma non possiamo ancora parlare di "assicurazione", perché la tutela non prevedeva un risarcimento vero e proprio del danno, ma solo il versamento di una somma relativa al capitale raccolto e che pertanto poteva essere anche esigua, né comunque era necessariamente correlata all'effettivo danno economico subito dall'associativo.
LE POLIZZE DEL MEDIOEVO
Dobbiamo arrivare al XIV secolo per avere i primi documenti certi che ci parlano di "assicurazioni". E ancora vediamo che é l'attività commerciale, con la necessità di tutelare le merci, il motore dell'assicurazione. Infatti nei registri contabili degli anni 1319 e 1320 della Ditta Francesco Del Bene, di Firenze, troviamo delle scritture di spese sostenute per trasporto di panni dalle Fiandre e dalla Francia, effettuato dalla Compagnia Bardi per conto della Ditta Del Bene: sono registrate in modo specifico le spese "per rischio" e "per sensale di rischio". Le merci erano quindi assicurate e già troviamo citato il "sensale", ossia l'intermediario, quello che oggi chiamiamo l'agente di assicurazioni.
Un altro documento interessante é un "atto di quietanza" compilato a Grosseto dal Notaio Mino, in data 22 aprile del 1329. In questo documento il genovese Ottobono Marini riconosce di aver ricevuto da Bonaccorso, per conto della Compagnia degli Acciaiuoli di Firenze, la somma di 2.450 fiorini per "assicurare la merce" trasportata su tre galere da Tunisi a Grosseto. Datano al 1333 i documenti dei cosiddetti "prestiti assicurativi marsigliesi", in cui si attua esplicitamente un trasferimento del rischio dal mercante all'armatore della nave.
Insomma, era sempre la merce viaggiante la maggior preoccupazione, ossia il "rischio" più ricorrente. E non é quindi un caso che la città di Genova sia, col suo attivissimo porto, quella dove più fioriscono le assicurazioni. Fioriscono, ma nell'ombra: perché ufficialmente erano vietate, essendo assimilate alle scommesse. Ma venivano ampiamente praticate, camuffate da prestiti bancari. La loro diffusione era cosa nota a tutti, tanto che suscitò anche l'interesse della Chiesa, che si interrogava su un quesito: far pagare il "rischio" costituiva usura?
Una risposta viene nel 1338 dal Domenicano Padre Bartolomeo da San Concordo. Nella sua "Summa de casibus conscientiae" il predicatore esamina i mutui su merce in cui si pagava il "pretium periculi" (in sostanza, era ancora la struttura del vecchio contratto praticato dai romani) per concludere che, in questo caso, non si ha usura, riconoscendo anche indirettamente che il mutuo in questione non era un prestito vero e proprio ma solo un camuffamento di una assicurazione.
Arriviamo cosi al 1369: le assicurazioni possono uscire dall'ombra. Il Doge di Genova, Gabriele Adorno, emana infatti un decreto in cui non fa altro che prendere atto della realtà, dichiarando legittime le assicurazioni e dandone anche una prima regolamentazione. Purtroppo il bravo Doge non assicura anche sé stesso contro i rischi professionali: l'anno successivo dovrà rassegnare le dimissioni in seguito a torbidi fomentati, pare, dai Visconti di Milano. Ma i Dogi passano, il commercio no. Genova, in seguito al decreto, diviene un attivissimo centro assicurativo, subito seguita da Firenze che con lo "Statuto della Mercanzia" sancisce a sua volta la legittimità delle assicurazioni.
Ormai il dado é gettato, anche se la strada da fare sarà ancora tanta. E' significativo il fatto che i numerosi contratti di assicurazione stipulati in questo secolo sulle due piazze principali, Genova e Firenze, a cui presto si aggiungerà Venezia, si chiudevano regolarmente invocando l'aiuto di Dio, affinché con la Sua Grazia, proteggesse i contraenti. Infatti gli assicuratori erano comunque privati, per lo più mercanti, notai o banchieri che svolgevano anche attività assicurativa, rischiando del proprio. Se il sinistro si verificava, poteva causare la rovina dell'assicuratore, o anche dell'assicurato, se I'assicuratore si era impegnato troppo al di la delle proprie reali possibilità, solo per lucrare un premio elevato. E cosi si coinvolgeva il Padreterno, che non ci ha fatto sapere quanto gradisse questo mix di sacro e profano.... E' interessante anche notare che questi mercanti cosi devoti, erano anche un tantino superstiziosi: non si trova un contratto di assicurazione che sia stato sottoscritto il giorno 13 di qualsiasi mese.
Nel 1397 abbiamo, a Firenze, un primo esempio di "coassicurazione": un rischio di 2.100 scudi d'oro per un carico di merci su una nave provenzale veniva ripartito in quote tra diversi assicuratori, perché era eccessivo per un solo imprenditore. Non mancava comunque la tradizionale invocazione finale a Dio. La diffusione sempre più ampia delle assicurazioni rendeva però sempre più urgente la costituzione di reali garanzie, che togliessero al contratto di assicurazione la componente eccessivamente aleatoria.
L'ASSICURATORE A TEMPO PIENO
Si fa strada il concetto di "Impresa di Assicurazioni", che doveva rispondere a due ordini di esigenze: L'assicuratore doveva fare questa attività professionalmente, e non come attività marginale rispetto ad un'altra principale. Questo gli permetteva di assicurare più rischi dello stesso tipo, diluendo la possibilità del sinistro. Inoltre, incassando più premi, poteva meglio far fronte agli eventuali sinistri;- l'assicuratore doveva avere, a garanzia degli assicurati, una solidità patrimoniale che difficilmente poteva trovarsi nella singola persona. Di qui la necessità di costituire società di capitali.
Ed é ancora Genova ad essere all'avanguardia: infatti in questa città si costituisce, con atto notarile datato 16 agosto 1424, una società denominata "Compagnia" con la quale i partecipanti accettavano di contrarre società con Giuliano Dondi affinché "egli stipulasse assicurazioni per conto di tutti i soci, in qualunque maniera potesse escogitare, sia in mare che in terra, in qualunque luogo o parte del mondo". Ogni socio avrebbe partecipato agli utili o alle perdite della "Compagnia" in proporzione delle quote sottoscritte. Non avevamo ancora una società con capitale proprio, distinto da quello dei soci, ma avevamo comunque la prima forma di assicurazione esercitata professionalmente e con struttura consociativa. Inoltre dall'oggetto sociale si deduce chiaramente che la "Compagnia" poteva trattare qualsiasi tipo di assicurazioni: non era più contemplato solo il rischio marittimo.
Il secolo successivo vede la nascita di due forme di assicurazione destinate ad avere una vasta diffusione: l'assicurazione sulla vita e l'assicurazione sull'incendio. Partendo (tanto per cambiare) da Genova alcune banche creano un nuovo tipo di contratto, ripreso poi da banchieri fiorentini e veneziani. In cosa consiste? Tizio deposita un capitale presso la banca e rinuncia alla restituzione. La banca si impegna a riconoscergli, vita natural durante, una rendita pari al doppio dell'interesse a cui avrebbe diritto con un normale deposito bancario restituibile. Si tratta quindi dei primi contratti di "rendita vitalizia" in cui l'assicuratore (in questo caso la banca che svolge di fatto attività assicurativa) si accolla il rischio che l'assicurato campi cent'anni. A quell'epoca non si usava più l'invocazione finale al Padreterno a tutela della polizza. Se si fosse ancora usata, sarebbe stato interessante leggere cosa chiedeva l'assicuratore a Dio, accollandosi il rischio di assicurare una rendita a un matusalemme....
Il Monte di Pietà di Orvieto ideò invece (siamo agli inizi del '500) una polizza vita davvero peculiare: un padre poteva costituire la dote per la figlia versando, alla nascita della stessa, una somma che gli sarebbe stata resa decuplicata all'atto del matrimonio, che comunque non doveva avvenire prima del diciottesimo anno di età della fanciulla. In caso contrario, che si sposasse pure, ma doveva aspettare i diciotto anni per avere i quattrini. Erano previsti anche i meccanismi di rimborso in caso di morte della figlia; se esistevano sorelle, la dote passava alla più prossima. E se la figlia era cosi racchia da non trovar marito? I documenti che abbiamo consultato non ci hanno chiarito cosa accadesse in tal caso. Comunque, quando il vostro agente di assicurazione vi presenta una delle "nuovissime" polizze che ormai fanno diverse compagnie per garantire un capitale al termine degli studi, o comunque al compimento della maggiore età, potete dirgli tranquillamente che l'idea non é tanto nuova: ha quasi cinquecento anni.
Come dicevamo sopra, in questo XVI secolo troviamo il primo documento relativo ad una assicurazione contro il rischio dell'incendio. Questa volta non siamo noi italiani all'avanguardia: infatti il documento é redatto da un gruppo di fabbricanti di birra di Amburgo che nel 1591 si associano al fine di costituire un capitale a garanzia dei danni che gli associati stessi possano subire a causa di incendio. A differenza dei sodalizi medievali di mutua assistenza, il contratto di Amburgo parla esplicitamente di risarcimento del danno effettivamente subito: si tratta, in sostanza, di una mutua assicurazione contro l'incendio. Da questa associazione sarebbe derivata, nel 1676, la compagnia assicuratrice "General Feuer Casse", che esiste ancora ai giorni nostri con la denominazione di "Amburger Casse".
Tornando alle assicurazioni sulla vita, troviamo degli sviluppi interessanti nel 1600. Un banchiere napoletano, Lorenzo Tonti (1630-1695) crea un tipo di società i cui membri costituiscono un fondo comune destinato ad essere ripartito tra i superstiti, con gli interessi accumulati, ad un'epoca stabilita. Nel piano del Tonti la società (che prese il nome di "tontina") doveva godere del sovvenzionamento dello Stato, che provvedeva ad integrare il fondo comune. Abbiamo cosi il primo esempio di assicurazione sulla sopravvivenza, quella che oggi chiamiamo "polizza di capitale differito". Le tontine ebbero ampia diffusione non solo in Italia: un illustre imitatore di questa forma di previdenza fu il Cardinale Mazzarino, successore di Richelieu alla guida della Francia. Le fortune delle tontine furono alterne, ma peraltro nel nostro paese società di questo tipo continuarono ad operare sino all'inizio del nostro secolo. La loro importanza consiste nel fatto che da esse sorsero le varie forme di assicurazione sulla vita e che con esse il banchiere Tonti afferma il principio, oggi universalmente accettato, che lo Stato deve favorire le polizze-vita perché tutelano non solo l'interesse dell'assicurato, ma anche un interesse generale, salvando gli assicurati dal rischio di una vecchiaia in miseria e sollevando cosi lo Stato dal dover intervenire con sovvenzioni, aiuti e altre forme costose di soccorso.
Le assicurazioni progredivano e iniziavano a diventare una componente importante nella vita economica e sociale. Naturalmente un'assicurazione non nasce da una teoria, ma da un rischio esistente e dal danno economico che tale rischio può causare. E val la pena quindi esaminare una situazione decisamente peculiare, che diede origine a polizze di assicurazione decisamente peculiari.
ARRIVANO GLI USCOCCHI E AUMENTANO I RISCHI
Nel 1526 i Turchi completano la conquista dei Balcani. Questo non piaceva a molti, in particolare all'Austria. Si sa però che in politica una delle esigenze primarie é "salvare la faccia"; l'Austria quindi, anziché fare un'azione militare diretta contro la Porta, pensò bene di sovvenzionare e prendere sotto tutela gli Uscocchi (parola che in serbo-croato significa "fuggiaschi"). Si trattava di gruppi di guerrieri che si opponevano ai nuovi dominatori e che posero le loro basi in Dalmazia. Gli Uscocchi facevano guerriglia contro i Turchi (e questi, in fondo, erano fatti loro) ma si dedicavano anche alla pirateria in genere, e questo diventava fatalmente un fatto che interessava tutti quelli che dovevano, per qualsiasi ragione, mettersi in navigazione sull'Adriatico. Infatti i pirati avevano, tra le altre cattive abitudini, anche quella di sequestrare persone che poi potevano essere rivendute come schiavi, o divenire oggetto di riscatto, e simili altre piacevolezze.
Come nella storia dell'apprendista stregone, le cose sfuggirono un po' di mano all'Austria, perché gli Uscocchi si facevano sempre più numerosi, accogliendo nelle loro file anche avventurieri di ogni origine, a cui poco importava la guerra contro i Turchi, e molto interessavano invece i proventi da pirateria. In breve, dopo che nel 1615 Venezia si trovò a intervenire militarmente contro gli Uscocchi, devastando il contado di Gorizia e assediando la vicina Gradisca, si giunse, due anni dopo, con la mediazione di Francia e Spagna, alla pace di Madrid, con la quale l'Austria si impegnava a trapiantare gli Uscocchi nell'interno della Croazia e a bruciarne le navi. Naturalmente tra il dire e il fare c'é di mezzo il mare (in questo caso, tra l'altro, c'era davvero) e la pirateria nell'Adriatico ebbe ancora un paio di decenni di attività intensa.
Cosa c'entra tutto ciò con la nostra storia delle assicurazioni? C'entra, eccome: perché gli assicuratori veneziani non lasciarono perdere l'occasione, e fino agli inizi del 1700 troviamo polizze di assicurazione "sulla libertà personale" dei navigatori. Con questi contratti l'assicuratore si impegnava a pagare un capitale ai familiari del navigante catturato e fatto schiavo dai pirati. Per inciso: chi non ricorda le "polizze antisequestro" di cui si parlava negli anni 70 in Italia, e le relative polemiche sul fatto che queste assicurazioni erano illegali? Insomma, come sempre, nulla di nuovo sotto il sole....
A chiusura del discorso sugli Uscocchi, sorge anche spontaneo un dubbio maligno: quando Venezia mosse le sue truppe contro quei pirati (e non poteva non farlo, perché i Turchi avevano minacciato un intervento), gli assicuratori veneziani per chi avranno tifato? Per i loro valorosi soldati, o per quei furfanti del mare, che però procuravano tanti contratti? Venezia comunque ha un altro merito nell'evoluzione delle assicurazioni.
Infatti proprio in questa repubblica marinara, nel 1681, il Senato, autorizzando la costituzione della "Compagnia di Assicuratori in Venezia", fa nascere la prima compagnia di assicurazioni che dispone di un fondo di garanzia formato dal capitale sociale e dai premi incassati. Rispetto alla "Compagnia" costituita due secoli prima a Genova, abbiamo quindi una vera e propria società per azioni, con un capitale suo proprio, distinto dal patrimonio dei soci. Abbiamo la prima compagnia di assicurazioni modernamente intesa, regolata da uno statuto, che l'autorizzava ad operare in tutto il mondo.
Siamo alla fine del XVII secolo. Abbiamo visto che I'Italia era il paese in cui le assicurazioni si inventavano, fiorivano, si perfezionavano, con la sola eccezione germanica per le "polizze incendio". Ma in quel di Londra, nel caffè del signor Edward Lloyd, fin dal 1680 era sorto un "centro di informazioni marittime" che si sviluppava gradualmente, con pubblicazioni regolari di notizie tecniche ed economiche riguardanti le navi mercantili, i capitani, gli armatori, gli utili, e, dulcis in fundo, gli assicuratori. In breve, il signor Lloyd continuava a servire caffè, e ne serviva sempre di più, perché il suo locale era diventato il punto di incontro di quanti erano interessati, a qualsiasi titolo, ai traffici commerciali via mare.
IN UN CAFFE' DI LONDRA NASCONO I LLOYD'S
Naturalmente esisteva il solito problema di assicurare le merci in navigazione e il luogo in cui andare a "vendere il rischio" era appunto il caffè Lloyd, dove si trovavano gli assicuratori che compravano quote del rischio, stabilendo il premio in base al valore del carico, alle difficoltà del viaggio, alla bravura del capitano e cosi via. Da questa prima organizzazione casuale nacque la grande "corporazione del Lloyd", borsa o mercato mondiale degli assicuratori, che nel tempo estese la sua attività a tutti i rischi di terra e di mare. Oggi, come allora, i Lloyd di Londra ("Lloyd's Corporation") non sono una società per azioni, ma un'associazione di assicuratori, in numero variabile, che suddividono tra loro i rischi delle singole polizze. La serietà e l'affidabilità che hanno sempre distinto la loro attività, nonché la severa selezione che caratterizza I'ammissione all'associazione, hanno fatto dei Lloyd's gli assicuratori più importanti del Regno Unito, e tra i più importanti del mondo. La prestigiosa nuova sede di Lime Street a Londra (dove operano attualmente quasi ottomila "names" e oltre duemila società) é stata inaugurata dalla stessa Regina Elisabetta.
Nel secolo XVIII possiamo dire che le imprese di assicurazioni hanno ormai raggiunto la maturità. Partendo dal buon esempio veneziano che ricordavamo sopra, sorgono in tutta Europa Compagnie dotate di capitale autonomo, in grado di offrire garanzie di solidità e solvibilità. Ma soprattutto si sviluppano in modo scientifico gli studi statistici e l'analisi del rischio: il calcolo delle probabilità diviene la base per stabilire il "prezzo del rischio" e diminuire cosi la possibilità che l'assicuratore assuma impegni eccessivi. Nascono in questo periodo anche le prime società di "riassicurazione", ossia le società che assicurano gli assicuratori. L'assicurazione é ormai adulta, a tutti gli effetti. Per restare in casa nostra, nel periodo in cui l'Italia era ancora divisa in stati e staterelli, ognuno con propria legislazione ed usi commerciali, non abbiamo da segnalare particolari novità, perché, come dicevamo, l'attività assicurativa aveva ormai raggiunto una standardizzazione e una maturità a livello internazionale.
A titolo di curiosità é interessante fermarsi su una polizza davvero peculiare che ebbe diffusione nel secolo passato nel Regno Lombardo-Veneto: la polizza per rischi di contrabbando. Sì, avete letto bene: rischio di contrabbando, ossia rischio di perdere la merce, che viene sequestrata dalle guardie alla frontiera. Ma si può assicurare attività illecita? Certo che no. Infatti queste polizze venivano stipulate sottobanco, ma neanche tanto, visto che le loro tariffe erano di dominio pubblico e citate in diversi rapporti di polizia. Come nacquero? La politica protezionistica Austro-Ungarica imponeva pesanti dazi doganali alle merci in entrata nei territori dell'Impero; poco male, bastava far entrare le merci di contrabbando. I premi relativamente bassi (attorno al 4, 5% del valore della merce, con punte del 12%) fanno pensare che il contrabbando non fosse poi così difficile. Era del resto vox populi che le tariffe si stabilivano anche in base ai punti di entrata delle merci, avendo una buona conoscenza dei funzionari doganali per ogni singola località, e dei loro livelli, più o meno ferrei, di incorruttibilità.
Dobbiamo arrivare al nostro secolo per trovare una novità importante: il riconoscimento da parte dello Stato dell'importanza sociale delle assicurazioni e i conseguenti interventi legislativi. Sorge nel 1912 l'INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni), a suo tempo, e fino a tre anni fa, Ente Pubblico, con compiti di sviluppo delle assicurazioni vita, di vigilanza sulle assicurazioni vita private e di riassicurazione obbligatoria delle stesse. Con Regio Decreto 966 del 1923 viene istituita la vigilanza sulle assicurazioni private contro i danni, esercitata dal Ministero dell'Industria. Con l'istituzione della RC Auto obbligatoria, viene istituito anche il fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, gestito dall'Ina, che ha per scopo I'indennizzo alle vittime di sinistri di circolazione, qualora il responsabile non sia assicurato per responsabilità civile o qualora la Compagnia di assicurazione sia insolvente.
Potremmo citare tanti altri atti legislativi, che rendono obbligatorie le assicurazioni contro gli infortuni dei lavoratori dipendenti (ramo esercitato direttamente dallo Stato tramite l'INAIL), o che impongono la copertura di responsabilità civile per determinate attività (da quella edilizia, alle agenzie di viaggi). Ma ci perderemmo in un'elencazione, fatalmente incompleta. Prima di chiudere, vogliamo darvi ancora una curiosità: i mitici Lloyd's, in grado di assicurare tutti contro tutto, nella Grande Guerra coprivano persino i rischi da bombardamento. Fecero precipitosa marcia indietro nella seconda guerra mondiale, quando si dovette constatare con quanta perfezione l'ingegno umano avesse sviluppato le capacità distruttive: il rischio diventava insostenibile anche per i Lloyd's.
Chiudiamo questo breve studio: ci rendiamo conto che la materia é tanta. Non l'abbiamo certo esaurita, ma speriamo di avere dato anche uno stimolo al lettore, che ci scriva per approfondirla. Vorremo fare un'ultima notazione. Esiste una maligna diceria sulle assicurazioni, la quale afferma che "tutti hanno l'assicuratore di fiducia, ma nessuno ha fiducia nelle assicurazioni". E' vero solo in parte. Bisogna riconoscere che le Compagnie hanno fatto molti progressi sulla strada della chiarezza, della correttezza, della rapidità nella liquidazione dei sinistri. L'assicurato sa di poter dormire sonni tranquilli, perché le Compagnie di Assicurazione sono imprese serie e solvibili e le garanzie di legge sono tante ed articolate. Auspichiamo perciò di non doverci mai trovare, come alcuni secoli fa, a sottoscrivere una polizza invocando l'assistenza del Signore.
di
GIORGIO TELESIO
Ringrazio per l'articolo
il direttore di