REVISIONISMO STORICO -
Il nuovo libro di Ernst Nolte
DOPO DIECI ANNI LE POLEMICHE SI RIACCENDONO. C'ERA CONTIGUITà FRA NAZISMO E BOLSCEVISMO?
Il nuovo libro di Ernst Nolte riapre il dibattito iniziato nel 1986 sul concetto di guerra civile europea e sul rapporto causa effetto tra la nascita del bolscevismo e lo sviluppo dell'ideologia nazionalsocialista. Come si è evoluto il pensiero dello studioso tedesco in quest'ultimo decennio in merito ai crimini nazisti? Si può ancora parlare di "male assoluto"? E se il nazismo fosse stata la mitica "terza via" tra capitalismo e comunismo?
di ALESSANDRO FRIGERIO
Mai come in questi ultimi due decenni in Germania il passato e il futuro si sono fusi in un presente denso di polemiche politiche e culturali a proposito del ruolo svolto dal nazismo nel contesto della storia del Novecento.
Tutto cominciò nel 1986 con l'Historikerstreit, il dibattito tra gli storici tedeschi sul rapporto tra il nazismo e il bolscevismo. Da una parte i cosiddetti storici revisionisti, Ernst Nolte e Andreas Hillgruber in testa, che mettevano in discussione un'interpretazione del passato che fino ad allora aveva visto nei crimini del nazionalsocialismo un evento unico e incommensurabile. Dall'altra un nutrito gruppo di studiosi e intellettuali capitanati dal filosofo Jurgen Habermas, che contestava il revisionismo accusandolo di tendenze apologetiche neo-conservatrici.
Secondo Habermas l'intento di Nolte era di voler creare una nuova integrazione sociale basata "sulla coscienza nazionale anziché sul concetto di colpa", il tutto nell'ambito di una "filosofia Nato dai colori tedesco-nazionali" (all'epoca di queste parole il muro di Berlino pareva ancora ben saldo).
A gettare benzina sul fuoco ci pensò nel 1988 anche il presidente del Bundestag Karl Jenninger, costretto a dimettersi sulla scia delle violente polemiche scatenate da un suo discorso equivocamente commemorativo della "notte dei cristalli". In questo contesto apparve il volume di Nolte intitolato Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea, che tanto scalpore fece anche in Italia.
Alla luce della recente uscita (giugno 1999) di un nuovo saggio di Nolte (Controversie), che ha ampliato ulteriormente la prospettiva storica, risulta interessante confrontare attraverso questi due testi la recente evoluzione del revisionismo storico tedesco. Nazionalsocialismo e bolscevismo, pubblicato in edizione italiana per i tipi di Sansoni Editore nel gennaio 1989 (ma dato alle stampe in Germania due anni prima), si proponeva di rispondere ad alcune domande che fino ad allora una storiografia legata a una visione teologizzante e "politicamente corretta" (il concetto di colpa dei tedeschi per l'Olocausto) aveva sempre evitato di porsi.
è possibile stabilire un rapporto causa-effetto tra bolscevismo e nazismo
si chiedeva Nolte? è possibile inquadrare il periodo storico che va dal 1917 al 1945 in un contesto di guerra civile europea? I gulag staliniani hanno preceduto, per volontà e metodi di sterminio, i lager nazisti?
Il colpo di stato bolscevico, spiegava Nolte, è il momento originario: il marxismo rivoluzionario diventa "religione di stato" in Russia e, di conseguenza, l'antibolscevismo diviene, con un nesso causale molto stretto, la logica politica ed emotiva della borghesia tedesca. La borghesia berlinese vivrà con spavento i moti spartachisti del 1918 che già hanno contribuito al crollo del fronte interno e alla sconfitta degli imperi centrali.
Il timore di una nuova "pugnalata alla schiena" diventerà quindi uno dei motivi preferiti - e di maggiore efficacia - della propaganda nazista.
Dal 1933 la Russia bolscevica e la Germania nazionalsocialista diventano l'una per l'altra sia un modello da imitare sia un motivo di terrore da eliminare. Tanto che fino al 1941 - continua Nolte - Hitler e Stalin agiranno simultaneamente in modo "bolscevico": condannando le plutocrazie, sopprimendo gli avversari politici, occupando territori ed eliminandone la classe dirigente.
Nel 1935-36 iniziano le purghe staliniane: ne fanno le spese Zinov'ev, Kamenev, Bucharin e il corpo ufficiali dell'Armata Rossa ("Nessun esercito subì mai davanti al nemico tante perdite negli alti ranghi quanto l'Armata Rossa negli anni di pace 1937/38"). In Germania, invece, si hanno l'assassinio di Rohm e le epurazioni di Blomberg e Fritsch.
(Anche l' Italia nel ventennio soprattutto proprio a metà Anni Trenta, non fu immune da un regime dittatoriale "stalinista" (il termine divenne perfino sinonimo di dittatura), ce lo conferma un autorevole personaggio; e chi meglio di lui! (che da Stalin aveva a sua volta mutuato il Capitalismo di stato e l'Autarchia")
. "Stalin davanti alla catastrofe del sistema di Lenin, é diventato segretamente un fascista. Essendo lui un semibarbaro non usa ("come noi" - Ndr) l'olio di ricino, ma fa piazza pulita con i sistemi che usava Gengis Kan. In un modo e nell'altro sta rendendo un commendevole servizio al fascismo".
Lo scrive BENITO MUSSOLINI, sul Popolo d'Italia, il 5 marzo del 1938 !!!!) (Ndr. Francomputer)Ma torniamo al nesso causa-effetto. è la paura dell'annientamento della minoranza borghese e colta sotto l'urto delle masse proletarie a favorire il successo hitleriano. Nolte eleva così le reazioni emotive e psicologiche (contro il marxismo e quindi contro il bolscevismo sovietico) a metodo storiografico. Gli aspetti insondabili dell'animo umano diventano i principali responsabili della nascita delle ideologie e dei mutamenti storici. Quanto al concetto di guerra civile europea, le ragioni di Nolte sono ormai accettate da quasi tutti gli storici contemporanei. "In tutta Europa in quel momento si fronteggiavano due grandi stati ideologici la cui azione era determinata in ultima analisi da concezioni che interpretavano il corso del passato e quello futuro della storia mondiale e spiegavano il senso della vita umana".
Ed entrambi gli stati avevano alleati ideologici: nei partiti comunisti gli uni, nei movimenti fascisti gli altri. Le potenze liberali occidentali rimangono invece decisamente defilate dalla spiegazione che l'autore dà di questa suprema lotta ideologica. L'antisemitismo tedesco - spiegava Nolte in questo volume - ebbe una matrice molto composita. Agli ebrei venne attribuita la responsabilità della "pugnalata alla schiena", del filobolscevismo dilagante nel paese fino al 1933 e, rimontando indietro di un secolo e mezzo, della Rivoluzione francese.
Tuttavia, l'opera di annientamento biologico di Hitler inizia durante la guerra, mentre quella di Stalin risale a vent'anni prima. La Ceka già nel 1921 amministrava cento campi di concentramento, applicando in molti di questi il metodo delle fucilazioni amministrative. Lo stesso codice penale dell'Urss prevedeva fucilazioni per chiunque tentasse di indebolire le conquiste della rivoluzione, mentre il diritto nazista fece più fatica a imporsi, data la maggiore saldezza delle istituzioni giuridiche liberali tedesche. Non molto convincente era il tentativo di Nolte di ricondurre la soluzione finale a una conseguenza dello sterminio di classe bolscevico e alla volontà di Hitler di far suoi questi metodi per sconfiggere la Russia.
Non veniva ben chiarito come la persecuzione antisemita potesse avvantaggiare il "progetto biologico nazista" rispetto al "progetto di classe", che anche in Urss aveva portato all'eliminazione degli ebrei quali rappresentanti del capitalismo e dei piccoli proprietari.
In conclusione, questo primo testo di Nolte era estremamente vario, per alcuni versi complesso. Ricco di felici intuizioni, presentava tuttavia qualche forzatura metodologica. Lo spiegava nell'ampia introduzione lo storico italiano Gian Enrico Rusconi. "Che sussista un qualche genere di rapporto (non semplice analogia) tra i due eventi emblematicamente chiamati Auschwitz e Gulag, lo si può ipotizzare anche grazie al lavoro di Nolte. Ma che questo rapporto possa essere definito senz'altro di natura causale è una deduzione impropria", scriveva Rusconi, che vedeva nel risultato ottenuto dallo storico tedesco "soltanto un'ipotesi di ricerca da vagliare con maggiore accuratezza e con un apparato analitico più raffinato". Rusconi rimproverava a Nolte le scarse interpolazioni con la politica nazionale e internazionale, con l'economia e con l'analisi di tipo quantitativo. Di conseguenza i moventi ideologici e le percezioni emotive risultavano eccessivamente preponderanti.
Occorre però aggiungere a questo punto che Ernst Nolte, allievo di Heidegger e professore di storia contemporanea alla "Freie Universit�t" di Berlino, è uno storico anomalo. Più che alla ricerca di nuovi documenti, i suoi sforzi sono orientati all'interpretazione degli avvenimenti, verso una storiografia che potremmo definire di tipo filosofico. Ciò non significa che neghi la vastità dello sterminio del popolo ebraico. C'è piuttosto in lui il rifiuto del concetto di unicità dei crimini nazisti, un concetto che facendo dello sterminio degli ebrei un avvenimento esclusivo e incommensurabile rischia di condurre alla condanna non solo del nazismo ma anche di tutto un popolo.
Del resto, già quarant'anni fa il filosofo Karl Jasper metteva in guardia contro il concetto di colpa collettiva di una nazione: il rischio, spiegava, era quello di ripetere quell'aberrante logica che per lungo tempo aveva fatto considerare gli ebrei colpevoli della crocifissione di Gesù. Insomma, i tedeschi ebreicidi, così come gli ebrei erano il popolo deicida. Stabilire raffronti con altri crimini efferati compiuti nel corso del XX secolo non vuole dire quindi banalizzare o relativizzare, ma significa voler comprendere meglio i contesti. La geografia dei crimini diventa quindi più ampia, fino ad abbracciare il problema delle forme della violenza assunte nel XX secolo e dei sistemi politici che le hanno rese possibili.
L'ultima fatica dello storico tedesco diventa perciò una sintesi dei temi trattati fino ad ora. Intitolato Controversie. Nazionalsocialismo, bolscevismo, questione ebraica nella storia del Novecento, e uscito nel 1999 per i tipi di Corbaccio, è un estratto del volume pubblicato nel 1993 in Germania col titolo Streitpunkte. Si tratta della seconda parte dell'opera originale, quella che l'editore ha ritenuto più digeribile per il pubblico italiano, mentre la prima, più storica e specialistica, è stata omessa quasi completamente. Come nel caso del libro precedente le polemiche, soprattutto in Germania, non hanno tardato a farsi sentire. Controversie è stato definito una "costruzione storica avventurosa" diretta contro il bolscevismo, che ottiene come risultato una sorta di apologia del nazismo. Oltretutto - è stato fatto osservare - rispetto al volume degli anni '80 qui Nolte individua una stretta affinità tra "giudaismo" e idee bolsceviche. Affinità che rischia di conferire un "nocciolo di razionalità" all'antisemitismo nazionalsocialista.
Vediamo come. Nolte prende ancora le mosse del grande impatto emotivo suscitato in Europa dal bolscevismo russo, che venne interpretato da grandi gruppi della popolazione come "una credibile minaccia di annientamento".
Chi non vedeva nel comunismo una forza di riscatto per i diseredati non poteva che guardare con terrore alle rivoluzioni in Baviera e in Ungheria, o alle richieste di annientamento della borghesia e dei kulaki fatte da Lenin e Zinov'ev. Il postulato fondamentale della costruzione ideologica di Hitler è per Nolte un antibolscevismo di tipo "bolscevico".
In pratica il nazismo ammirava la compattezza ideologica dell'Urss e per opporvisi utilizzò gli stessi metodi di terrore usati da Stalin. "La storia universale del XX secolo diviene più comprensibile solo quando si concede, anche agli avversari del bolscevismo, questo nesso tra paura dell'annientamento e volontà dell'annientamento e se si riconosce, come semplice verità, che le affermazioni degli antibolscevichi sulle atrocità del bolscevismo erano in realtà ben fondate".
Ma questa opposizione non spiega il perché della presenza dell'antisemitismo alla base del nazismo. E qui ancora una volta Nolte tira in ballo la categoria delle percezioni emotive. In gran parte dell'Europa era molto diffusa - anche in ambienti assolutamente estranei al nazionalismo -, l'attribuzione "al giudaismo di un ruolo straordinariamente significativo nelle grandi lotte del XX secolo, fondato principalmente sull'intima affinità con le idee rivoluzionarie, e di fatto con quelle bolsceviche".
Poco importa che l'equazione ebrei = comunismo non avesse riscontro in modo così totalizzante. Il fatto che gli ebrei costituissero un elemento non perfettamente integrato nella società europea bastava a farne degli estranei e delle potenziali vittime. Ecco quindi che il "male assoluto" del nazismo viene qui inteso da Nolte come la reazione (eccessiva) del particolarismo nazionale contro l'universalismo (eccessivo) idealizzato dal comunismo e dagli ebrei.
Ma non è tutto. C'è un'ultima provocazione noltiana a conclusione di queste Controversie. E che sicuramente provocherà un diluvio di nuove polemiche. Il nazismo avrebbe voluto essere la "terza via" tra capitalismo e comunismo. Una "terza via" capace "di bilanciare un alto grado di movimento e differenziazione economici con l'esistenza di uno spirito comune guidato dall'alto. Il progetto restò irrealizzato, poiché Hitler credeva che esso potesse essere realizzato solo dopo l'annientamento della potenza bolscevica e dopo la conquista dello spazio vitale dell'Est, ma è nondimeno ammissibile attribuire al nazionalsocialismo non solo una resistenza disperata contro uno sviluppo mondiale preponderante, ma anche l'anticipazione di possibilità positive del futuro". La polemica può quindi continuare.
Ringrazio per l'articolo
concessomi gratuitamente
dal direttore di
A proposito di
Revisionismo di Nolte
(intervento di un lettore)
A proposito... dell'aberrante articolo sul revisionismo storico, parzialissimo sia nella strutturazione concettuale-assai riduttiva- sia nelle fonti citate, in definitiva il solo Nolte, sulla presunta equazione tra gulag e campi di sterminio di nazismo, entrata nel dibattito storiografico ma lungi dall'essere accettata universalmente (si vedano le prese di posizone di storici liberali, ma anche di uomini politici di estrazione conservatrice e di ex deportati nei campi di sterminio) ritengo sia di estrema attualità la riflessione riportata da Primo Levi nell'appendice 1976 del suo capolavoro "Se questo è un uomo".
Per Levi fra i Lager sovietici e i Lager nazisti si potevano osservare delle sostanziali differenze "la principale differenza consiste nelle finalità. I lager tedeschi costituiscono qualcosa di unico nella pur sanguinosa storia dell'umanità: all'antico scopo di eliminare e terrificare gli avversari politici, affiancavano uno scopo moderno e mostruoso, quello di cancellare dal mondo interi popoli e culture.
A partire press'a poco dal 1941, essi diventavano gigantesche macchine di morte: camere a gas e crematori erano stati deliberatamente progettati per distruggere vite e corpi umani sulla scala di milioni; l'orrendo primato spetta ad Auschwitz, con 24.000 morti in un solo giorno, nell'agosto 1944. I campi sovietici non erano e non sono certo luoghi in cui il soggiorno sia gradevole, ma in essi, neppure negli anni più oscuri dello stalinismo, la morte dei prigionieri non veniva espressamente ricercata: era un incidente assai frequente, e tollerato con brutale indifferenza, ma sostanzialmente non voluto; insomma, un sottoprodotto dovuto alla fame, al freddo, alle infezioni , alla fatica.
"In questo lugubre confronto fra due modelli di inferno bisogna ancora aggiungere che nei Lager tedeschi, in generale, si entrava per non uscirne: non era previsto alcun termine altro che la morte. Per contro, nei campi sovietici un termine è sempre esistito: al tempo di Stalin i "colpevoli " venivano talvolta condannati a pene lunghissime (anche quindici o venti anni) con spaventosa leggerezza, ma una sia pur lieve speranza di libertà sussisteva. Da questa fondamentale differenza scaturiscano le altre..." (Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, 1992, p.237).
A questa distinzione potrebbe aggiungersene un'altra : nella dottrina comunista, ammesso che ne esista una, e che quello partorito nella ex Urss possa essere apparentato all'ideal tipo di società concepita da Karl Marx e Friederich Engels, non è presente in alcun modo una pur lontana giustificazione dello sterminio come strumento di edificazione del nuovo mondo, così come è assente qualsivoglia richiamo a dottrine suprematiste o razziste, anche dei poveri nei confronti dei ricchi. Elemento che dovrebbe bastare a ritenere quanto compiuto da Stalin come una orrenda deviazione (al pari di quanto commesso dagli Inquisitori medievali che in nome di una falsa dottrina cristiana spedirono al rogo, eretici, sodomiti e streghe) dagli ideali comunisti, diversamente invece da quanto accadde con il nazismo e lo stesso fascismo, movimenti che avevano nel loro codice cromosomico il gene del razzismo, dell'imperialismo e del bellicismo, di modo che quanto i due movimenti attuarono storicamente non può di certo dirsi frutto del caso o drammatica digressione causata da qualche mente malata.By Paolo Portone
RICEVO
Riguardo al commento fatto da Paolo Portone sul Revisionismo di Nolte vorrei confutare alcuni punti. Portone reca a sostegno della sua opinione l' articolo di Primo Levi, che purtroppo contiene inesattezze al suo interno. Infatti, nei GULag la morte dei prigionieri ERA espressamente ricercata, a contrario di quanto viene riportato, e basti leggere le tremende parole che venivano dette a chi giungeva al GULag di Noril'sk: "Voi non siete qui per vivere, ma per lavorare e morire. Se sopravvivete, una delle due: o lavorate meno del dovuto, o mangiate più di quanto vi spetti.". E lì troneggiava la scritta "Welcome to Hell"... Non si può e non si deve bollare la morte di 65 milioni di persone come incidente, è mancanza di rispetto verso questi martiri. Inoltre, sempre nell' articolo di Levi, in una parte non citata da Portone, il grande scrittore sostiene che "nei periodi più duri, la morte si aggirasse attorno al 30%".
Mi permetto di dissentire, in quanto tra i prigionieri condannati ai lavori comuni (80% dei prigionieri totali) NON VI ERANO SUPERSTITI. Quindi egli riportò una percentuale non corretta. Dire che esistesse una flebile speranza di salvezza è una constatazione poco realista: ammettendo che l'infelice condannato fosse sopravvissuto all'arresto, alle sevizie e alle mortali torture dell'istruttoria, agli interminabili viaggi in vagoni per venti persone (dove però ne venivano stipate 70), mangiando acciughe salate ( e niente acqua), facendosi derubare di ogni bene dai ladri (onnipresenti), sopportando -50 gradi in inverno tra lo scorbuto e il tifo...dicevo ammettendo ciò, come poteva fuggire se ogni centro abitato distava una cinquantina di verste o più? con che mezzi? con che forze? a che pro? Basta documentarsi, non vi sono casi di evasioni riuscite nei GULag: tutti i fuggitivi venivano amorevolmente riportati alla loro prigione(con un consistente aumento di pena, sia chiaro).
E parlare del regime stalinista come "deviazione" dell' ideologia comunista è poco obiettivo, una pallida giustificazione per lavarsene le mani: ne è la logica conclusione, in quanto i GULag sono sorti solo due anni dopo la salita al potere del proletariato. Un lasso di tempo troppo breve, per un' eventuale "deviazione"... Una domanda: è equo che 87000 nazisti siano stati (giustamente) puniti per i loro crimini, ma solo 10 tirapiedi del regime stalinista abbiano pagato per i delitti commessi, mentre gli altri passano una felice vecchiaia nutriti da "pensioni speciali" gentilmente concesse per i loro "meriti"?Eleonora Mambriani
MASSACRI, CRIMINI, LAGER, FORNI CREMATORI, CAMERE A GAS, BOMBE INTELLIGENTI, ATOMICHE E GENOCIDI VARI .......
"Processo a Walter Reder - Responsabile della "strage di marzabotto" - Bologna 19 settembre 1951. "Nella strage che viene contestata all'imputato all'interrogatorio il Presidente ha ricordato all'imputato "Lei tenne rapporto prima dell'azione criminosa e diede tali ordini da suscitare perfino la "ripugnanza" dei suoi ufficiali". L'imputato: "Non so spiegarmi cosa sia la parola "ripugnanza", forse che i comandanti dei bombardieri quando sganciano sulle città le bombe, certi di provocare la morte dei civili, loro forse sentono ripugnanza?". (19 settembre 1951. Comun. ANSA, ore 21.00
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