L' ECONOMIA
PIANIFICATA
I PIANI QUINQUENNALI
LA COLLETTIVIZZAZIONE
1929-1930
+ 1931-1932
2+2 = 5 anni
PREMESSA:
dopo aver analizzato il modo con il quale Stalin ando' al potere, prendiamo
in esame ora
il sistema staliniano, parlando dei piani quinquennali e della collettivizzazione.
In un capitolo a
parte esamineremo poi gli effetti di tale politica sulla societa' (guerra contadina,
carestia ecc.).
Assicuratosi il totale monopolio del potere, STALIN pote' lanciare la sua nuova politica; la Russia stava per entrare in una nuova era: quella detta dell'industrializzazione accelerata.
La NEP divenne presto solo un ricordo, anzi a subire il contraccolpo maggiore della nuova politica furono proprio i KULAKI, in altre parole, i maggiori beneficiari della NEP.
Stalin, come e' stato giustamente detto, fece leva sull'antico sciovinismo russo. "E' ora che la Russia diventi un gigante economico", disse "bisogna raggiungere e superare la tecnica occidentale, perche' non si dipenda piu' dai governi borghesi"...."e' ora di superare il nostro atavico senso d'inferiorità con l'occidente". Stalin si atteggiò a nazionalista, giocando sui sentimenti patriottici ripetendo spesso frasi come "la Russia è sempre stata battuta a causa della sua arretratezza, e' ora di colmare le nostre lacune, o lo facciamo o ci schiacceranno!".
Gia' nel 1921 era nato il GOSPLAN (commissione statale per la pianificazione) per delineare una strategia industriale, ma il suo ruolo fu minore negli anni della NEP. Ora il GOSPLAN, fu incaricato di elaborare il primo piano quinquennale. I tecnici ed economisti del GOSPLAN, dovevano valutare le risorse della Russia e proporre un piano di crescita industriale, fissando precisi obbiettivi da raggiungere ad ogni costo, appunto in 5 anni.
Intanto nelle campagne Stalin volle rompere le piccole e medie aziende dei KULAKI e confiscarne gli averi, d'ora in poi dovevano sparire le proprieta' individuali, i contadini dovevano raggrupparsi in enormi unita' collettive, dove il lavoro sarebbe stato comune. L'agricoltura privata andava cancellata, ora lo stato doveva assumere il totale controllo della produzione e della manodopera e la collettivizzazione garantiva cio'. Il costo dei beni alimentari non lo avrebbero piu' stabilito i KULAKI, ma lo stato. I contadini furono esortati e poi obbligati ad entrare in "fattorie collettive", quelle che nelle intenzioni avrebbero dovuto essere delle "fortezze del socialismo" come vennero definite. Fu cosi' che nacquero i KOLKOZ (kolletvnoe chozjajstvo era il nome esteso), aziende agricole dove i contadini costretti ad inurbarsi lavoravano collettivamente la terra, di proprieta' statale, avendo a propria disposizione solo una misera parte per uso abitativo. (vedremo in un capitolo a parte il dramma contadino negli anni della collettivizzazione).
Gran parte del raccolto dei KOLKOZ andava nelle mani dello Stato che poteva gestire l'intera produzione. Lo stato infatti fissava il totale del raccolto che ogni KOLKOZ doveva produrre, e tale quota andava assolutamente raggiunta e consegnata allo stato. Dopo i KOLKOZ, in misura minore, venivano i SOVCHOZ, aziende agricole statali per produzioni su scala maggiore. Molto importanti erano inoltre le Stazioni di Macchine e Trattori in diretta collaborazione coi KOLKOZ, ai quali fornivano gli strumenti di lavoro. Lo stato provvedeva ad indennizzare i KOLKOZ per cio' che producevano, ma ad una quota assolutamente inferiore al livello dei beni prodotti dai contadini nei collettivi; beni che poi lo stato vendeva al consumatore ai loro prezzi reali. Questa differenza consentiva allo stato di accumulare capitali con i quali finanziare l'industria, vero obbiettivo del regime, alla quale l'agricoltura fu del tutta subordinata. L'accentramento dei contadini nei KOLKOZ, permettendo allo stato di gestire al meglio il ciclo produttivo, consentiva che ogni anno una parte dei contadini fosse trasferita nelle industrie che si andavano creando, trovando cosi' la manodopera auspicata.
In soli 2 anni la percentuale dei "collettivi" passo' dall'1,7% al 57%, nel 1940 il 98% dell'agricoltura era stata collettivizzata.
Il primo piano quinquennale, il cui vero obiettivo era dunque la crescita industriale, prevedeva un grande incremento nella produzione di carbone, ferro e petrolio. L'industria pesante ebbe una netta preminenza quindi e fu grandemente incentivata. Ma in 5 anni si doveva anche sviluppare una moderna industria meccanica, chimica ed anche automobilistica. Numerose erano le nuove fabbriche che si vollero creare in tutta la Russia.
LA SOCIETA' SOVIETICA NEGLI ANNI DELL'ECONOMIA PIANIFICATA
L'avvio di quella che e' stata definita "rivoluzione dall'alto staliniana" e' considerato la "crisi degli ammassi" del 1927. Nell'autunno di quell'anno si registro' un forte calo nella produzione agricola, specie se raffrontato con i risultati dell'anno precedente. Ci si aspettava dai KULAKI un minimo di 7 tonnellate di prodotti, ma se ne ebbero "solo" poco piu' di 4 tonnellate. Nello stesso anno i KULAKI, avevano ridotto la vendita dei loro beni allo stato, tanto che in breve vi fu una generale mancanza di beni di prima necessita' quali soprattutto pane, burro e formaggio.
STALIN , ormai saldo al potere, affermo' di voler risolvere il problema "alla radice".
Addebito' la crisi del 1927 ai sabotaggi dei KULAKI, accusati di nascondere il grano e tutti i loro prodotti al fine di tenere tutto per se il raccolto. Fu adesso che Stalin si convinse ad eliminare quella che definiva la componente piu' agiata del regime, "e' ora di farla finita, disse con questa classe borghese dei KULAKI, all'interno dell'UNIONE SOVIETICA.
Fu cosi' che prese il via la campagna di "liquidazione dei KULAKI come classe". In breve tempo si riuscirono ad organizzare squadre di oltre 30.000 comunisti armati spediti nelle campagne a costringere i contadini "sabotatori" a consegnare quello che dovevano allo stato. Stalin dette ampia facolta' ai dirigenti locali del partito di applicare l'articolo 107 del codice penale sovietico, quello che condannava alla prigione chi si appropriava dei raccolti e quei KULAKI che fissavano prezzi fuori dal mercato. Ma nonostante tutto il grano e gli altri prodotti, come dissero i dirigenti del partito "non rientravano". Fu allora che si decise di avviare subito e su larga scala la collettivizzazione delle terre. Cio' avrebbe comportato la fine del potere dei KULAKI, le cui aziende, come abbiamo visto sarebbero state stroncate. Furono allora create "brigate di dekulakizzazione", nelle campagne con l'ordine di costringere i KULAKI a consegnare i loro beni in eccesso. Se grano (o altri prodotti) non venivano consegnati o erano nascosti si scatenava l'inferno: case distrutte, violenze e requisizioni forzate fino a spogliare il KULAK di quasi ogni suo avere. Nel corso di queste campagne di dekulakizzazione, vennero adottate pratiche riprese circa 8 anni dopo all'epoca del grande terrore. Cosi' i dirigenti locali avevano facolta' di compilare liste in cui inserire i nomi dei KULAKI o presunti tali, che poi le "brigate" avrebbero provveduto a "sistemare". I KULAKI vennero divisi in 3 classi(oppositori attivi,meno attivi e KULAKI fedeli al regime pur essendo afflitti da mentalita' borghese). La compilazione delle liste dei KULAKI di prima classe, quelli definiti ostili, fu affidata direttamente alla GPU.
Ma la differenza tra le classi era risibile e spesso arbitraria, ben pochi avrebbero saputo distinguere tra un KULAK di prima classe ed uno di seconda. In ogni regione, poi, furono creati speciali tribunali tripartiti (trojke) composti dall'agente locale della GPU, dal procuratore del posto e dal rappresentante del partito. Le trojke potevano far arrestare i KULAKI, condannarli a morte o alla deportazione.
L'obbiettivo del regime era quello di stroncare le loro proprieta' e di riunire i contadini, come abbiamo in precedenza visto, sulla base di fattorie collettive (kolkoz) affinche' lo stato potesse gestire l'intera produzione.
I ritmi iniziali della collettivizzazione furono drammatici. In un anno oltre trecentomila aziende vennero definite "dekulakizzate" ed i loro averi trasferiti ai fondi inalienabili dei kolkoz. Ogni regione si vedeva assegnare quote di aziende da dekulakizzare e di collettivi da creare. Ma dato che, come detto, delineare esattamente chi fosse un KULAK e chi no, era difficile, spesso finivano per essere espropriati anche semplici contadini. Le parole di RIKOV erano esemplari "lo sa il diavolo quello che facciamo, chiamiamo kulak anche il vero contadino medio che aspirerebbe del tutto legittimamente a diventare agiato". Rikov divenne presto un oppositore, detto di destra a Stalin, seguendo BUCHARIN che solo adesso realizzo' che le promesse di Stalin di non intraprendere una guerra contadina erano vane. Ma la sorte degli oppositori di destra era, come vedremo, segnata. (naturalmente col termine oppositore di destra, si intende di destra all'interno del partito bolscevico; il centro era chiaramente Stalin).
Di vera e propria guerra contadina si tratto', perche' le resistenze dei KULAKI e dei semplici contadini alla collettivizzazione furono grandi. Si riassistette per certi versi a quanto era avvenuto negli anni 20, ma stavolta l'esercito era troppo forte. Tuttavia scoppiarono una infinita' di rivolta rurali in tutta la Russia di estrema violenza. I contadini iniziarono una resistenza acerrima contro la GPU e l'esercito delle brigate spediti contro di loro. Si registrarono numerosi casi di assalti a vagoni e camion carichi di mais, e ribellioni di massa di interi villaggi. Fu una sorta di nuova guerra civile, ma stavolta per lo stato fu piu' facile stroncarla, anche se interesso' vaste zone dall'Ucraina, al Caucaso , agli Urali, al Don. E spesso migliaia di contadini si lanciarono in una disperata resistenza armati di soli forconi. I contadini si rifiutavano di entrare nei kolkoz, fino ad uccidere il bestiame in segno di protesta. Fu in questo periodo piu' che mai che il partito resto' al potere con la repressione piu' feroce esemplificata dalla celebre legge "sulla difesa della proprieta' socialista" del 7 agosto 1932, in base alla quale qualsiasi appropriazione del raccolto dei kolkoz o qualunque furto di grano poteva essere punito anche con la pena di morte. Ma fu una legge che venne a sancire pratiche gia' da tempo operanti.
Destino terribile fu anche quello dei deportati verso i gulag. In condizioni drammatiche , su treni disastrati ed in viaggi da incubo e quelli che erano definiti "coloni speciali" andavano ad alimentare "l'arcipelago gulag" che si stava sviluppando in tutta la sua interezza.
L'universo concentrazionario dello stalinismo infatti era in piena evoluzione. Al nucleo centrale costituito dall'arcipelago delle Soloveckie si erano aggiunti i campi (col compito di rifornire di legname le citta' principali della Russia) dello Svirlag e di Temnikovo.
Oltre 50.000 detenuti affollavano i gulag della Pecora e della Vorkuta dove si sfinivano nel lavorare nelle miniere per l'estrazione di carbone e piombo. Campi "agricoli" erano definiti quelli di Karaganda e dello Steplag nel sud della Russia, dove si trovavano mediamente circa 30.000 detenuti. Ma il lavoro coatto di oltre 150.000 prigionieri veniva sfruttato pure nello sviluppo del sistema ferroviario dal lago Bajkal alla foce del fiume Amur, mentre ulteriori detenuti erano impegnati nella costruzione del grande canale che avrebbe unito il Volga a Mosca. Campi piu' piccoli erano pure nelle zone sud-orientali della Russia, ma sicuramente la sorte peggiore era quella che attendeva i deportati nel cosiddetto campo "nord-orientale" (sevvostlag). Qui lungo il fiume Kolima a temperature abitualmente di molti gradi sotto lo zero, una media di circa 30.000 detenuti era addetta all'estrazione dell'oro andando ad alimentare il nascente complesso industriale del Dalstroj. Ma , come vedremo, la massima estensione dei gulag la si ebbe intorno al 1940.
Intanto per impedire che i contadini fuggissero dalle campagne oramai disastrate ed affluissero in massa in citta', il regime varo' la legge sui passaporti interni. Essi venivano consegnati solo a chi realmente abitava in citta' e permettevano di controllare origine e sede dei cittadini. Chi se ne fosse trovato sprovvisto durante un controllo in citta' veniva arrestato, cosi' migliaia di contadini si trovarono costretti a restare nelle campagne ridotte allo stremo.
Nel 1932 esplose poi una terribile carestia che interesso' particolarmente l'Ucraina e che fini' col ridurre la campagna ad un vero cimitero, si calcola che provoco' oltre 5 milioni di morti. Se ebbe cause in parte naturali, anche se non le furono estranei i violenti ritmi di collettivizzazione che sconvolsero i normali cili produttivi, di certo lo stato poco fece per combatterla. Anzi, vide in essa l'arma che poteva definitivamente fiaccare la resistenza contadina alla collettivizzazione. Negli anni 60 KRUSCEV , allora segretario del partito, disse che in quel periodo per Stalin i contadini erano come rifiuti, gente quasi inutile, lavativa, da costringere a lavorare forzatamente per poter ottenere da loro qualcosa. Stalin cosi' si rivolse durante la carestia al segretario del partito ucraino che chiedeva che si inviasse un minimo di sostegno alle zone piu' colpite : "lei racconte ottime favole, e questa sulla carestia e' proprio bella. Pensa di spaventarci? ebbene, non lo fara'?".
Ma tuttavia lo stesso Stalin doveva rendersi conto che proseguire su quella strada avrebbe provocato un totale isolamento del regime dalla societa', nonostante in citta' la vita fosse migliore, era impossibile nascondere il dramma rurale. Inoltre a preoccupare particolarmente il partito al potere, erano anche alcuni chiari segnali di malcontento che giungevano da operai nelle fabbriche. Con estrema preoccupazione infatti si guardo', e ci si affretto' a reprimere, allo sciopero che i lavoratori delle industrie tessili della regione di Ivanovo proclamarono nel 1930. Si temette che il malumore potesse estendersi pure ad altre fabbriche, minando l'apparato produttivo.
Infatti, negli anni 30, pure quelli rimasti fedeli a Stalin, si attendevano che le promesse del piano quinquennale cominciassero a dare i loro frutti. Il bilancio invece appariva mesto: i ritmi della collettivizzazione rischiavano di travolgere la Russia. Lo scrittore PRIVSIN narra che in quegli anni a Mosca arrivo' a circolare una celebre battuta: si diceva "allora come va? e la risposta era : beh grazie a Dio quest'anno si vive meglio che in quelli futuri".
Ma a parte cio', la realta' della situazione non poteva sfuggire a Stalin, pur continuando ad esaltare il piano, si rese conto della necessita' di ridurre i ritmi della collettivizzazione, che era necessario imporla su scala piu' graduale. La parola d'ordine lanciata nel 1929 "5 IN 4, I RITMI DECIDONO TUTTO", ovvero la convinzione di poter realizzare il piano quinquennale in 4 anni dovette essere progressivamente abbandonata.
Fu cosi' che Stalin pubblico' sulla Pravda un articolo dal titolo "ebbri di successo" nel quale critico' con severita' gli esecutori materiali della collettivizzazione per il troppo fervore col quale avevano dato via ad essa. Stalin inoltre insisteva a che i kolkoz nascessero su base volontaria e non su imposizione. L'ipocrisia era evidente, Stalin, come spesso accadde negli anni 30, scaricava le colpe sui suoi sottoposti rimproverandoli per le sofferenze causate ai "poveri" contadini , finche' agli occhi del mondo rurale non riusci' quasi ad apparire come il salvatore che difendeva i contadini da dirigenti locali arrivisti ed inetti. Dopo quell'articolo si registro' una diminuzione dei kolkoz, in poco tempo infatti da 14 milioni che erano le famiglie gia' inurbate nei collettivi esse scesero a 6 milioni, per poi risalire gradatamente. Cio' porto' ad una prima riconciliazione con la societa', Stalin corresse il piano in tempo utile (vedremo infatti come alla fine i piani quinquennali avviarono la Russia ad uno sviluppo economico davvero impressionante).
Stalin capi' che qualsiasi regime pur tirannico che sia doveva avere dei limiti per non trovarsi del tutto isolato dalla societa', ed ecco allora le prime aperture verso i contadini, che divennero esplicite nel 1933. Si vollero amnistiare i condannati a pene minori, come chi aveva rubato per necessita', ponendo limiti al numero dei prigionieri nei gulag. Inoltre vennero abolite le trojke, passo decisivo verso una ristrutturazione della polizia politica in toto. Infatti nel 1934 la GPU, venne di fatto abolita ed inglobata nella nuova polizia politica chiamata "commissariato sovietico agli affari interni" (NKVD). Ogni delitto si disse da adesso avrebbe dovuto essere giudicato dalla competente procura e non da tribunali emergenziali.
Tornando ad occuparci del mondo del lavoro e specificatamente della vita nelle fabbriche, qui Stalin, a parte i casi di Ivanovo, aveva saputo con abilita' e spietatezza fin dal 1928, assecondare quelli che erano gli umori della base proletaria. Abbiamo visto come negli anni della NEP a malincuore gli operai tollerassero la presenza nelle fabbriche degli specialisti borghesi, ovvero delle persone formatesi al tempo dello zarismo, ma che continuarono a ricoprire ruoli importanti all'interno delle fabbriche stesse e di numerose istituzioni sovietiche, fra cui anche il GOSPLAN. Stalin, come in effetti aveva promesso, assecondo' gli umori della base e decise, come era avvenuto nelle campagne coi KULAKI, di rompere qualsiasi collaborazioni con gli specialisti.
Il 1928 fu infatti l'anno del celebre "affare SAHTI". Con esso si indica l'arresto di 53 ingegneri che lavoravano come coordinatori del lavoro nel bacino carbonifero del Donbass. Furono accusati di spionaggio e sabotaggio sulla base di prove risibili o inesistenti e processati pubblicamente. Fu un processo molto importante, vedremo come infatti il mito del complotto, del sabotatore, al soldo straniero, divenne una costante negli anni 30. Di li a poco poi ci fu il processo al "partito industriale", presunto partito clandestino che, si disse, contava migliaia di aderenti e dedito ad azioni sovversive ed antisovietiche. E per gli stessi motivi non si manco' di condannare un fantomatico "partito contadino del lavoro", che sarebbe stato diretto addirittura dall'importante e rinomato economista KONDRATEV. Ma erano tutte accuse campate in aria. Gli specialisti pero' divennero il capro espiatorio delle difficolta' economiche, alla loro mentalita' borghese ed alla loro opera di sabotaggio si potevano attribuire le colpe di qualunque problema.
In poco tempo numerose istituzioni sovietiche furono epurate dagli ex-funzionari zaristi, nelle banche, nei trasporti, nelle fabbriche, i tutti i settori economici. Le epurazioni si susseguivano a ritmi tali che nel 1931 lo stesso Stalin dovette porvi un freno, accortosi dei danni che ne poteva avere la produttivita'. Ma tuttavia bisogna ammettere che quelle "purghe", incontravano spesso una generale approvazione della base proletaria. In tutta la storia russa l'odio verso questa categoria non era mai venuto meno. Così nel periodo della NEP, gli specialisti furono a stento sopportati, e iniziando una dura campagna contro di loro, Stalin tanto' di accattivarsi le masse.
Il leader sovietico volle poi creare una classe di ingegneri e tecnici "interamente sovietica". I nuovi dirigenti, disse, dovevano provenire tutti dal ceto operaio, non avere nulla di borghese. Fu cosi' che si comincio' a voler creare scuole in cui educare giovani di origine proletaria, perche' essi fossero la classe dirigente del futuro e non si dovesse piu' dipendere da specialisti "borghesi e corrotti".
Migliaia di giovani vennero chiamati in scuole tecnico-professionali, furono moltissimi gli istituti che che nacquero e miglioramenti notevoli vennero apportati alle facolta' universitarie, specie quelle a carattere tecnico-scientifico.
Col tempo migliaia di giovani ricevettero istruzione, poterono uscire dall'anonimato in cui rischiavano di restare. Stalin ebbe piu' volte a definirli l'orgoglio e la speranza della Russia, e loro videro in Stalin il benefattore, colui grazie al quale poterono avere concrete speranze di giungere a postazioni di rilievo all'interno dell'Unione Sovietica.
Cosi' Stalin veniva a crearsi un apparato di persone totalmente fedeli.
PROSEGUIREMO ORA CERCANDO DI ESPORRE I RISULTATI DEL PRIMO PIANO QUINQUENNALE E COME SI ARRIVO' ALLA SUA PIENA ATTUAZIONE.
TERMINATO POI IL CAPITOLO ECONOMICO CERCHEREMO DI OCCUPARCI DELLA NASCITA DEL CULTO DI STALIN E DELL'IMPORTANTE RUOLO DELLA CULTURA NELL'EDIFICAZIONE DEL SISTEMA STALINIANO ( REALISMO SOCIALISTA ECC.)
SI DOVRA'
METTERE IN LUCE GLI ASPETTI NON SOLO REPRESSIVI DELLA RUSSIA DI QUEGLI
ANNI, ALTRIMENTI SAREBBE IMPOSSIBILE CAPIRE COME STALIN RIUSCI' A FARE DELLA
RUSSIA, NEL BENE E NEL MALE, UNA POTENZA CHE FU POI CAPACE DI CONTRIBUIRE A
FAR VINCERE LA SECONDA GUERRA MONDIALE.
("Senza Stalin, non avremmo mai vinto le armate naziste, nè
la guerra" Churchill)
(by GIACOMO PACINI)
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