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CRONOLOGIA

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E TEMATICI
PERSONAGGI
E PAESI


GRECIA - STORIA


CONDIZIONI ECONOMICHE E SOCIALI
Prima, durante e dopo la guerra del Peloponneso
( periodo 435-390 a.C. )


Al cinquantennio di sviluppo pacifico interceduto fra la battaglia di Platea e lo scoppio della grande lotta fra Atene e Sparta era seguito un periodo di guerre quasi incessanti. Ma per quanto grandi siano stati i sacrifici materiali da esse imposti alla nazione ellenica, pure le sue energie vitali furono abbastanza feconde per colmare in breve tempo i vuoti. Atene stessa, che più d'ogni altra città aveva subito i danni della guerra del Peloponneso, si riebbe assai presto da questi colpi; essa rimase al pari di prima il centro del commercio greco e dell'industria greca ed ancora al tempo di re Filippo di Macedonia era ancora quel che era stata al tempo di Pericle, la più grande e la più ricca fra le città elleniche.

Per un certo tempo invero essa era stata superata da Siracusa, quando questa città era divenuta sotto Dionisio la metropoli dell'Occidente greco; ma gli sconvolgimenti interni che scoppiarono in seguito alla spedizione di Dione e la distruzione del dominio siracusano che ne fu conseguenza arrecarono in Siracusa un grave regresso, dal quale la città non si riebbe se non dopo che Timoleone ebbe ristabilito l'ordine (vedi più avanti). Ed allora le altre città siciliane passarono in secondo ordine di fronte a Siracusa; Acraga e Gela non furono mai in grado di riparare completamente i danni della conquista cartaginese, e Selinunte rimase da quel tempo soltanto l'ombra di quella città importante che prima era stata. Peggiore ancora fu la condizione in cui ridussero le città greche d'Italia i progressi dei Lucani. Esse, o caddero addirittura nelle mani dei barbari, o per lo meno perdettero gran parte del loro territorio, dai cui prodotti avevano sinora tratto il loro benessere.

La sola Taranto, che in grazia del suo splendido porto era l'emporio del commercio fra la Grecia e la Bassa Italia e dove in conseguenza di ciò si era sviluppata una industria fiorente, rimase immune dalla generale decadenza; ché anzi furono questi appunto i giorni del suo massimo splendore, perché le città che avevano sinora rivalizzato con lei andarono decadendo. Analogamente Efeso, cadute nella guerra del Peloponneso le barriere che avevan tenuto la costa asiatica distaccata dall'interno, divenne la prima città dell'Asia greca, Mitilene e Chio conservarono la loro antica importanza. A Rodi, la terza grande isola della costa dell'Asia Minore, le popolazioni locali si unirono nell'anno 408 a formare uno Stato unitario e fondarono una nuova capitale che prese il nome dell'isola e grazie alla sua favorevole posizione sulla grande via commerciale che dall'Egeo conduce in Oriente divenne presto una fiorente città.

Molto più gravi furono i danni arrecati dalle guerre all'agricoltura. Ogni invasione nemica significò, oltre le ruberie, le requisizioni di vettovaglie, una radicale devastazione della campagna; gli edifici erano incendiati, abbattuti gli alberi fruttiferi, distrutte le viti. Occorsero lunghi anni prima che le conseguenze di questa catastrofe potessero essere riparate, tanto più se si pensa che era proprio la proprietà fondiaria quella che doveva sopportare il peso principale delle imposte dirette, le quali spesso in tempo di guerra raggiunsero una misura oppressiva. Tutto ciò non potè che provocare la rovina di numerosi proprietari. Nè meno rovinosi furono gli sconvolgimenti interni che in quest'epoca scossero la maggior parte degli Stati greci.

Dopo simili rivoluzioni i seguaci del partito vinto dovettero di frequente andare a centinaia in esilio, le loro proprietà furono confiscate e messe all'asta a prezzo irrisorio. Ne derivò che l'aristocrazia fondiaria, che nel quinto secolo, malgrado le forme democratiche, aveva continuato nella stessa Atene a portarla ad essere protagonista così nel vita pubblica come nella società, perdette in gran parte le sue ricchezze come conseguenza la sua influenza. Subentrarono al suo posto uomini nuovi che erano pervenuti a ricchezza mediante il commercio e l'industria, come politici, avvocati o condottieri di mercenari.

L'inizio di questo sconvolgimento sociale è indicato in modo abbastanza caratteristica dalla funzione dirigente che a datare dalla guerra del Peloponneso cominciarono ad assumere nella vita politica di Atene uomini usciti dal ceto industriale; i conciapelli Cleone ed Anito, il fabbricante di lucerne Iperbolo, il fabbricante di strumenti musicali Cleofone, il vasaio Cefalo ed altri. Erano uomini ricchi o per lo meno benestanti ed influentissimi, ma l'opinione pubblica non li considerava socialmente completi, perchè non erano di buona famiglia. Naturalmente essi difettavano anche di cultura; ed è stata questa la causa per cui i demagoghi di tal genere scomparvero dopo la guerra corinzia dalla scena politica; essi furono soppiantati da avvocati cresciuti alla scuola dei sofisti. Essi pure in gran parte venivano fuori per nascita dal ceto industriale, come ad esempio Demostene, ma di ciò ora nessuno più si faceva scrupoli; ora era considerato gentleman chiunque fosse ben educato ed istruito, indipendentemente dalle condizione dei suoi antenati.

Questa democratizzazione della società ebbe per conseguenza che gli antichi ideali dell'epoca cavalleresca andarono sempre più attenuandosi. I grandi giuochi continuarono bensì ad essere frequentati con ardore, ma i vincitori non vennero più celebrati quali eroi nazionali. Anche lo spirito guerriero della nazione cominciò a decadere sempre più a misura che il commercio e l'industria fiorivano. Gli Ateniesi a datare dalla guerra corinzia hanno fatto le loro campagne d'oltre mare servendosi quasi esclusivamente di mercenari, e persino la lega del Peloponneso accordava in questi casi a chi era tenuto al servizio militare la facoltà del riscatto.
Ciò peraltro non voleva significare affatto un regresso del patriottismo ; per la difesa della patria i Greci erano ora pronti come prima a combattere, salvo che ritenevano non doversi impiegare truppe di leva per le « guerre coloniali ». Nei paesi poco progrediti economicamente, come l'Arcadia e l'Acaia, peraltro si perpetuò l'antico spirito bellicoso e l'inclinazione al mercenarismo; chiunque potesse pagare aveva agio di arruolare quanti mercenari voleva.

La crescente ricchezza delle classi più elevate provocò un aumento delle esigenze riguardo ai comodi della vita. Le case vennero arredate con maggior comfort, le pareti adornate di affreschi ; ricchi privati cominciarono a costruirsi dei palazzi che fecero passar nell'ombra gli edifici pubblici. Il dispendio per le mense nelle ricorrenze festive crebbe a dismisura, e in conseguenza l'arte culinaria fu coltivata con solerzia e i bravi cuochi furono pagati assai lautamente. V'eran molti che avevano adottato come una specie di mestiere quello di procacciarsi un buon numero di inviti a questi banchetti, di regola persone di buona famiglia decadute che mettevano a servizio dei loro ospiti le proprie doti di uomini di società ; questi «parassiti», com'eran chiamati, divennero ora delle figure caratteristiche, specialmente della società ateniese, e non pochi vi rappresentarono una parte eminente. Anche negli ambienti che non appartenevano alla « buona società » si prendeva per lo meno molto interesse a sapere come andavano queste feste, e quindi la commedia non si stancò di descriverle con una prolissità senza fine.

Le signore per bene rimasero per altro anche in quest'epoca escluse dalla società e confinate nella sfera ristretta della casa ; ciò almeno ad Atene e presso la grandissima maggioranza delle altre popolazioni del mondo greco ; soltanto a Sparta e nella Macedonia esse godevano di maggiore libertà. Per conseguenza le etère divennero l'anima della società ed in quest'epoca, particolarmente ad Atene, vi rappresentarono una parte di una importanza quale non avevano avuto prima nè ebbero poi. Qui l'uomo trovava quel che invano avrebbe cercato nella propria casa, un ambiente femminile intellettuale. Molte di tali etére acquistarono una celebrità panellenica, come Laide sul passaggio dal V al IV secolo ; alquanto più tardi Frine, l'amica di Iperide e di Prassitele, che si dice l'abbia presa a modello per la sua Afrodite di Cnido, e Pizionice, che seguì il tesoriere di Alessandro, Arpalo, a Babilonia, dove fu circondata di onori principeschi.

Le classi inferiori della cittadinanza non intendevano restare semplicemente a guardare, e quindi, specialmente negli Stati a regime democratico, le feste furono solennizzate con sempre crescente splendore. Si dice che a Taranto vi fossero più feste che non giorni dell'anno, e se si prescinde dall'esagerazione evidente di questo modo di dire, le cose non andavano in sostanza diversamente ad Atene. Inoltre invalse ora l'uso di distribuire denaro fra il popolo nelle ricorrenze festive per permettere ai popolani di sollazzarsi una giornata. Ad Atene si finì per destinare a questo scopo tutti gli avanzi del bilancio.
Queste elargizioni, dette « teorica » dal fine di consentire ai poveri l'intervento al teatro, divennero a questo modo il cancro roditore della finanza pubblica; non fu più possibile la formazione di un fondo di riserva e quindi in caso di bisogni straordinari, soprattutto in caso di guerra, non rimase che ricorrere alla tassazione diretta.

A tale scopo nel 377, in occasione della fondazione della nuova lega marittima, fu fatto nell'Attica un censimento del patrimonio immobiliare e mobiliare generale, che risultò pari a 5750 talenti, e costituì da allora la base della tassazione. Naturalmente l'imposizione di simili tasse non venne approvata se non a malincuore e nei casi di estrema necessità, di modo che le casse dello Stato si trovarono quasi costantemente in magra. Avvenne persino di dover sospendere il funzionamento dei tribunali perché non vi era denaro per pagare le diete ai giudici. Anche i generali vennero provveduti di fondi insufficienti e si videro costretti a mettere a contribuzione nemici ed amici per poter pagare il soldo alla propria gente, cosa che naturalmente rendeva a priori impossibile un'azione militare metodica. Fu in massima parte dovuto a queste difficoltà finanziarie se Atene non riuscì nel IV secolo a riacquistare il suo predominio, marittimo, malgrado vi si fosse messa tante volte sulla strada in maniera così promettente.

Si aggiunga che le spese di guerra andarono sempre più elevandosi a misura che crebbe l'uso di impiegarvi truppe mercenarie. Atene assoldò per la prima volta truppe di questo genere nella guerra corinzia, quando occorse sull'istmo una guarnigione permanente servizio questo che non si volle addossare ai cittadini. Persino Sparta nei tempi delle maggiori angustie seguite alla battaglia di Leuctra impiegò varie volte soldati mercenari. Mantennero numerosi eserciti permanenti di mercenari i tiranni : Dionisio di Siracusa, Giasone e il suo successore Alessandro di Fere, poi i re d'Egitto ed i satrapi dell'Asia Minore ; anche il re di Persia arruolò normalmente per le sue guerre mercenari greci dopo che la superiorità di essi rispetto alle truppe asiatiche si fu rivelata in maniera così splendida a Cunara.

Quest'uso fece sì che si venne formando una classe di ufficiali di professione, ed è appunto ai condottieri di mercenari che l'arte militare greca deve in gran parte i progressi da essa fatti in quest'epoca. Già nella guerra del Peloponneso era emerso che le truppe leggere e la cavalleria, adoperate a dovere, erano talvolta più proficue delle fanterie pesanti che sinora avevano deciso la sorte delle battaglie; per conseguenza ora si procedé ovunque, persino nella conservatrice Sparta, all'istituzione di corpi di cavalleria. E dopo ciò emerse la necessità di rendere più mobile la fanteria di linea. Per il primo Ificrate attuò questa innovazione; egli diede ai suoi mercenari, in luogo della pesante armatura metallica, un giustacuore di tela ed un leggero scudo di cuoio e li armò di una lancia più lunga, e per il combattimento da lontano aste da lanciare (ne fece tesoro, Filippo di Macedonia, e suo figlio Alessandro allestendo le famose "falange").

È a questi « peltasti », così chiamati dalla foggia del loro scudo (« pelta »), che Ificrate dovette quella vittoria, riportata a Corinto sugli Spartani, che creò la sua fama di gran generale. Il nuovo armamento divenne ben presto d'uso generale negli eserciti mercenari; esso invece non potè riuscire ad introdursi negli eserciti cittadini perché ormai i militi erano addestrati a combattere all'antica maniera ed inoltre in questi eserciti difettava per lo più l'esercizio e la disciplina necessaria. Invece re Filippo di Macedonia armò sul tipo preciso dei peltasti di Ificrate la parte migliore delle sue fanterie, così detti « ipaspisti », mentre alla massa di fanteria di linea, la così detta « falange », diede loro un'armatura anch'essa più leggera, ma nel tempo stesso la munì di lance di una lunghezza mai vista fino allora (« sarise »), tanto che le punte delle aste delle sei prime file sporgevano contemporaneamente sul fronte della linea di battaglia. È ben vero che a questo modo fu sacrificato il vantaggio della maggiore mobilità delle truppe, ma in compenso non vi era nulla che potesse resistere all'urto di una massa simile se avanzava in ordine serrato.

I progressi poi della meccanica provocarono una rivoluzione nella guerra d'assedio. Si cominciarono in quest'epoca a costruire i così detti « arieti » per aprire brecce nelle mura, e torri di legno che si muovevano su ruote che venivano accostate al fronte della linea nemica per eseguire un tiro di maggiore efficacia. A tale scopo furono costruiti strumenti di lancio capaci di gettare a discreta lontananza giavellotti o palle di pietra e di piombo, e nei quali la forza d'impulso era ottenuta con la tensione di corde elastiche di peli intrecciati. È con l'aiuto di simili macchine che i Cartaginesi presero Selinunte (408) e Messene (396), e Dionisio prese Motie (397). Invece nell'Oriente greco rimase ancora per lungo tempo in uso di limitarsi al semplice accerchiamento delle piazze forti, e soltanto al tempo di Filippo divenne anche qui consuetudine generale di dare l'assalto con le macchine. Dopo tale cambiamento le fortezze perdettero in parte la loro precedente importanza, e la strategia riuscì a proporsi degli scopi che precedentemente non si sarebbero mai potuti raggiungere.
Soltanto questi progressi dell'arte militare resero poi possibile la conquista dell'Asia compiuta da Alessandro.

Come conseguenza di tutto ciò in quest'epoca la carriera politico-amministrativa cominciò a separarsi dalla carriera militare. Naturalmente anche ora un generale vittorioso potè acquistare una influenza politica dirigente, come avvenne per Epaminonda a Tebe, ovvero, sebbene in misura ben diversa, per Timoteo ad Atene; ma un uomo non tecnico di cose militari non potè più neppur pensare ad assumersi il comando di un esercito. Ne derivarono spesso conflitti fra l'amministrazione civile e militare che purtroppo riuscirono fatali alla buona condotta delle guerre. Sotto questo riguardo la monarchia aveva un vantaggio sulla repubblica ; Filippo colse i suoi successi in gran parte per il fatto di essere egli stesso re, generale e primo ministro.

In generale in quest'epoca l'idea monarchica cominciò a guadagnare sempre più terreno nella pubblica opinione. La democrazia e l'oligarchia avevano degenerato in tirannia di classe, ed era difficile dire quale delle due forme di governo rappresentasse il male peggiore. Guerra e rivoluzione regnavano in permanenza nel mondo greco ; le città repubblicane predominanti, Sparta, Atene, Tebe, si erano mostrate ugualmente incapaci di porre fine ad un simile stato di cose.
Solo la monarchia poteva forse ancora procurare la salvezza. Non fece che interpretare questa corrente di idee Senofonte, quando in un romanzo storico ("Ciropedia"), il cui eroe è Ciro il Vecchio pose innanzi agli occhi della nazione l'esempio di un re e di un generale ; ed il grande successo che l'opera ebbe, malgrado essa sia piuttosto noiosa, dimostra meglio d'ogni altro che tali idee avevano una larga diffusione.

Nello, stesso senso operò un altro dei, più influenti corifei della nazione, Isocrate. Egli aveva, un tempo creduto di vedere la salvezza dell'Ellade nell'antico ideale di Cimone, nella concorde azione di Atene e di Sparta, ma si era alla fine dovuto convincere che questo ideale era affatto irrealizzabile. E quindi anch'egli pose le sue speranze nella monarchia, dapprima volgendo lo sguardo a Giasone di Fere, poi a Dionisio di Siracusa, sinché da ultimo trovò in Filippo di Macedonia l'uomo che aveva la forza e la volontà di liberare la nazione dal marasma dovuto al frazionamento in tanti piccoli stati gelosi e di rivolgere verso l'Oriente le energie di tutta l'Ellade unita.

Ma prima di questa "grande avventura", dobbiamo tornare al nostro anno 390, quando i Greci con le loro discordie intestine, produssero fatalmente la perdita dell'indipendenza nazionale. A unirsi per rovinarla - gelosi della loro grandezza - i Lacedemoni insieme ad altri Stati, come Tebe, che per un breve periodo, principalmente ad opera di Epaminonda riuscì a dominarla.
Ma morto questo duce, la Grecia ricade nella sua passata condizione. Quanto le discordie abbiamo esausto le forze dei Greci, chiaramente appare dalla umiliazione che soffrirono gettandosi ai piedi del re di Persia e chiamando questo sovrano -da sempre atavico nemico- arbitro delle loro contese.
Solo Atene, durante la relativa tranquillità, procuratele dalle continue guerre dei suoi vicini, avendo riacquistato una parte della sua antica potenza, torna a governare gli altri Stati, nella suprema lotta contro il nuovo pericolo che minaccia la libertà della nazione, e che viene da un oscuro paese settentrionale, fino a questo punto tenuto in dispezzo come barbaro, e posto fuori dal grembo della civiltà greca.

Cioè la MACEDONIA.

Le vicende politiche di questo paese sono molto oscure. Ma sappiamo che essa fu vassalla della Persia, avversa al primato marittimo di Atene, partigiana di Sparta nella guerra del Peloponneso, travagliata da interne discordie e minacce esterne, finchè FILIPPO II, impadronitosi della potestà regia, vi ristabilì la quiete e pose solide fondamenta allo Stato.

Per la Grecia ha inizio un nuovo capitolo.
Che andiamo a narrare in una tabella tutta dedicata ai nuovi eventi, sia politici che militari

DA FILIPPO AD ALESSANDRO FINO AI REGNI ELLENISTICI
vedi INDICE TABELLA GRECIA > >

Bibliogrfia e testi
Varie citazioni di Pausania, Cicerone, Strabone, Quintiliano, Plutarco, Plinio
SENOFONTE, Anabasi
WILLIAM ROBERTSON - ISTORIA DELL'ANTICA GRECIA
PFLUGK-HARTTUNG - STORIA UNIVERSALE, LO SVILUPPO DELL'UMANITA' , Vol. 1/6 - Sei
STORIA UNIVERSALE DELLE CIVILTA' - SONZOGNO
STORIA ANTICA CAMBRIDGE- VOL V- GARZANTI
STORIA UNIVERSALE , CURCIO, VOL.2/20


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