DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
1 D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
GRECIA - STORIA
*
INTANTO NELLA MAGNA GRECIA
(cartina - attendere caricamento - 160 kb )
Delle colonie d'Oriente, che nella storia della Grecia ebbero molta importanza, abbiamo avuto occasione di parlare nei capitoli dedicati alle guerre persiane e alle guerre civili. Di quelle di Occidente, invece, che "ebbero vita propria e indipendente dalla madre patria, senz'altri legami con essa fuorchè quelli della lingua, della religione e delle altre comuni istituzioni, e la cui storia si connette direttamente con quella d'Italia" (vedi a proposito nei "Riassunti della Storia d'Italia" ), ci occuperemo ora, a parte.
Scrive l'Olivati nella sua ottima "Storia Greca":
« I Greci fondatori di tutte queste colonie, parte Ioni, parte Achei e parte Dori, assoggettarono ben presto alla loro sovranità le popolazioni indigene dei paesi occupati, introducendovi la loro lingua e i loro ordinamenti e costumi, e così in breve ciascuna colonia divenne una piccola, ma forte repubblica. Infatti tutte queste colonie, tutte queste repubbliche, esercitando un attivissimo commercio, e coltivando alacremente il fecondissimo suolo, giunsero presto a un'alta prosperità. Alcune loro città poi divennero famose anche per le scuole che vi fondarono alcuni celebri scienziati e filosofi, come Elèa per la scuola di Senòfane, detta eleatica dal nome della città, e Crotone per la scuola di Pitagora, detta pitagorica dal nome del suo fondatore.
« Se non che, nell'accrescimento di tante ricchezze, nel godimento di tanti vantaggi, non curando più che i loro materiale interessi, queste colonie dimenticarono quasi la madre patria e per di più s'accesero di violenta gelosia le une contro le altre, tanto che la Magna Grecia divenne teatro di lotte sanguinose fra le città elleniche limitrofe, e le più deboli furono distrutte dalle più forti, come Sibari da Crotone. Perciò quando la madre patria fu assalita dall'invasione persiana, le sue colonie italiche rimasero indifferenti, non ad altro intente che ai loro guadagni ed agitate invece da fraterne contese. E così continuarono, finchè furono essere pure assalite, e poi distrutte e assoggettate, da un'altra potenza che sorgeva contemporaneamente in Italia, più forte di loro, cioè dalla repubblica romana. Del resto, delle loro interne vicende ben poco cui narra la storia: alcune di esse non ebbero durata maggiore di due secoli; le altre appena giunsero ai cinque, perché all'epoca della seconda guerra punica, ossia alla fine del terzo secolo a. C., colonie greche indipendenti in Italia non ne esistevano più ».
Dunque, nella stessa epoca in cui i Greci della madre-patria combattevano contro i Persiani per la propria libertà, i Greci delle colonie in Italia - qui iniziamo con la Sicilia - dovettero anch'essi sostenere una lotta molto simile.
Non molto favorevole al trionfo delle idee democratiche era la situazione. Qui la guerra per l'indipendenza era stata condotta all'inzio dalla tirannide e la vittoria non aveva quindi potuto da principio che consolidarne la posizione. Altrettanto maggiore é quindi il significato del fatto che anche qui il moto liberale abbia assai presto saputo superare tutti gli ostacoli. La via gli venne spianata da una guerra fra tiranni, quando si accese fra le due grandi monarchie militari della Sicilia.
Anche qui le singole città avevano cominciato a raggrupparsi in Stati di maggiore estensione. Così il tiranno di Reggio, Anaxilao (494-476), aveva conquistato la antistante Zancle; siccome la sua famiglia era originaria della Messenia, egli diede alla città il nome nuovo di Messene, che le é rimasto sino ad oggi (Messina). Analogamente Terone, il tiranno di Acraga (tale all'incirca dal 488) estese la sua dominazione attraverso l'isola sino alla costa settentrionale, ove sottomise Imera.
Ma soprattutto salì a grande potenza Gela, che grazie alla fertilità del suo territorio era divenuta nel corso del sesto secolo una della più ricche città della Sicilia. Qui verso il 500 si era impadronito della tirannide Cleandro, cui successe poi il fratello Ippocrate. Quest'ultimo riuscì a conquistare le città calcidiche di Leontini, Catane e Nasso e ad espandere così la sua signoria sino al mare Jonio ed all'Etna; poi attaccò pure Siracusa e la costrinse, in seguito ad una grande vittoria riportata sul fiume Cloro, a cedere Camarina.Non molto tempo dopo Ippocrate cadde combattendo contro i Sicelioti e gli successe sul trono il suo comandante della cavalleria Gelone. Nel frattempo, in seguito alla disfatta subita sul Cloro erano scoppiati a Siracusa torbidi interni; i proprietari fondiari (« gamori ») che sino allora avevano avuto in mano ogni cosa, furono cacciati dalla città da una insurrezione del popolo e dei loro stessi servi, i così detti Cillirii. Essi si rivolsero per aiuto a Gelone, e questi apparve immediatamente sotto Siracusa che gli aprì, come se fosse un liberatore, le porte. Uscito un tiranno ne entrava un altro.
La posizione strategica di Siracusa che era situata nel centro del territorio sottoposto al suo dominio e gli ottimi porti ch'essa possedeva, indussero Gelone a trasferirvi la sua residenza. Per assicurare meglio il mantenimento del suo nuovo possesso Gelone vi stanziò numerosi coloni fatti venire da Gela e la popolazione della vicina Megara che aveva conquistata poco dopo l'occupazione di Siracusa. Tutto ciò fece salire in pochi anni Siracusa al posto di prima città dell'isola.
La fondazione in Sicilia di queste forti monarchie militari non poteva lasciare indifferente Cartagine; essa cominciò a temere per i suoi possedimenti nell'Occidente dell'isola, e decise di prevenire il pericolo. Un esercito cartaginese sbarcò quindi a Panormo (Palermo) e marciò su Imera per togliere questa città a Terone e rimettere sul trono il tiranno Terillo da lui spodestato. Terone da solo non sarebbe stato in grado di tener testa a questo attacco; ma egli era in stretta lega con Gelone cui aveva dato in moglie la propria figlia Damareta, e solo lui poteva aiutarlo.
Gelone oltre che essere un valente guerriero ed accorto politico, era diventato infatti così potente, da offrire perfino validi soccorsi alla Grecia invasa dai Persiani di Serse nel 480, ma i soccorsi non furono accettati perchè Gelone aveva manifestato la pretesa di volere il comando supremo di quella guerra. Cosicchè Gelone fu disponibile di impiegare le sue armi contro i formidabili nemici della Sicilia: i Cartaginesi.
I due tiranni unirono e i loro eserciti ed assalirono i Cartaginesi sotto le mura di Imera (odierna Termini). I barbari rimasero completamente sconfitti, il loro re Amilcare cadde nella battaglia, e il loro esercito e la flotta furono distrutti (480 a. C.). Era lo stesso anno, lo stesso mese e lo stesso giorno (20 di settembre) della battaglia di Salamina in Grecia, con i Persiani sconfitti ma non ancora cacciati (Mardonio infatti mise i quartieri invernali in Tessaglia per poi nuovamente scendere in Grecia l'anno dopo, primavera-estate 479).
Dopo il disastro a Imera, Cartagine chiese la pace che i vincitori le accordarono ma dietro il pagamento di una indennità di guerra. Può darsi che Gelone abbia pensato che una conquista delle città fenicie nell'Occidente dell'isola non sarebbe tornata che a profitto del solo Terone. Ma altri storici sono dell'idea che fu soprattutto la critica situazione in Grecia che spinse Gelone a troncare la guerra allo scopo di aver le mani libere per ogni eventualità.
Gelone sopravvisse soltanto pochi anni (9) alla sua grande vittoria. Ma non meno glorioso fu suo fratello Gerone che gli successe sul trono, il quale aumentò la potenza di Siracura ed estese la sua influenza anche sull'Italia meridionale. Qui non molto tempo prima l'opulenta Sibari era stata distrutta fino alle fondamente dai Crotoniati (verso il 510). I suoi cittadini che erano riusciti a scampare alla catastrofe avevano cercato rifugio nelle loro colonie del mar Tirreno, Scidro e Lao; e quando i loro nemici vennero a molestarli anche qui, Gelone li aveva soccorse con un intervento efficace. Non solo, ma Gelone aveva protetto anche i Locresi contro il loro potente vicino Anassilao di Reggio.
Della guerra Sibari-Crotone merita un accenno particolare, perché la caduta di Sibari ad opera dei Crotoniani, ebbe conseguenze funeste non solo per gli stessi Crotoniani ma anche per le altre colonie greche in Italia meridionale, perché ne seguì un totale disgregamento, e per di più la repubblica di Crotone si logorò nelle lotte civile causate dalla divisione delle spoglie di Sibari. Vi rimase solo alta la fama per la scuola che vi aveva fondato Pitagora.
I Sibariti dispersi tentarono di far risorgere la loro città, ma ne furono ostinatamente impediti dai loro antichi nemici; e quando, circa cinquant'anni dopo, i superstiti si unirono ai coloni ateniesi mandati in Italia da Pericle, vennero in discordia anche con questi e finirono con l'essere trucidati o cacciati. Dopo di che, gli Ateniesi, a breve distanza dal luogo dov'era sorta l'antica Sibari, fondarono Thurii (Turio), una città che non tardò a fiorire, facendo prosperare il commercio e l'agricoltura, e divenne un grande ricco centro, "splendida gloria per i suoi fondatori", fra i quali è da annotarsi anche Erodoto, il sommo storico, che vi accompagnò i coloni ateniesi e vi passò gli utlimi anni della sua feconda vita e scrivere opere imperiture.
Verso la stessa epoca - sempre del periodo delle guerre persiane - Cuma, la sentinella avanzata del mondo ellenico sulla costa occidentale d'Italia, fu nuovamente fatta segno agli attacchi della potente flotta etrusca; Gerone inviò in aiuto dei suoi connazionali una flotta, e questa nelle acque campane riportò su quella dei barbari una splendida vittoria, in seguito alla quale rimase per sempre distrutto il predominio marittimo degli Etruschi (474). Per metter fuori pericolo quanto era stato ottenuto venne distaccato nella stazione dell'isola di Pitecusse (Ischia) un reparto della flotta greco-siracusana.
Ma anche il regno di Gerone fu breve. Morì nel 467, lasciando sul trono il figlio Trasibulo, il quale, assai diverso dal padre, si mostrò presto un crudelissimo tiranno, onde fu cacciato dopo soli 11 mesi di regno. Allora Siracusa fu ricostituita la repubblica e questa volta in forma democratica.
Così anche in Occidente veniva restaurato il predominio dei Greci sul mare.
Una repubblica quella di Siracusa che durò 60 anni (466-406) fino a quando nel secondo periodo della guerra del Peloponneso (fra Sparta e Atene) i rapporti divennero così critici con Atene che quasi fu minacciata la stessa esistenza di Siracusa. Fin quando dopo torbidi interni e una nuova guerra contro i Cartaginesi si fece strada e s'innalzò a gran potenza un uomo di umili origini, ma di molto ingegno e di molta cultura, prode soldato e valente oratore. Ciononostante usando la forza e il terrore si sbarazzo di tutti gli avversari e dei colleghi, e al pari di Gerone si fece capo della città, restaurandovi la monarchia e la tirannide per 38 anni (406-368).
Il moto democratico proveniente dalla Grecia indipendente, non si propago solo in Sicilia a Siracusa ma anche a Taranto. Una grave sconfitta subita per opera dei Japigi (473) porse occasione per abbatter la forma del governo regio che qui, sull'esempio della madre-patria Sparta, si era mantenuto in piedi sinora, e per introdurre ordinamenti democratici. Reggio scacciò i figli di Anassilao (461). Nelle città achee scoppiò una insurrezione contro i Pitagorici che avevano saputo impadronirsi del potere, fondando un governo mezzo teocratico e mezzo aristocratico; gli affiliati alla setta furono ovunque massacrati o scacciati e si fece posto a costituzioni di carattere democratico.
Fatta questa breve panoramica nella Magna Grecia, noi dobbiamo ora ritornare in Grecia,
all'indomani delle vittorie e alla indipendenza conquistata.
Bibliogrfia e testi
WILLIAM ROBERTSON - ISTORIA DELL'ANTICA GRECA - 1822
PFLUGK-HARTTUNG - STORIA UNIVERSALE, LO SVILUPPO DELL'UMANITA' , Vol. 1 - Sei
1916
STORIA UNIVERSALE DELLE CIVILTA' - SONZOGNO, 1927
STORIA ANTICA CAMBRIDGE- VOL V- GARZANTI - 1968
JOHN D. GRAINGER Seleukos Nikator ECIG
FRANCA LANDUCCI GATTINONI -Lisimaco di Tracia - Jaca book 1992
RICHARD A. BILLOWS Antigonos the One-Eyed (University of California Press 1997)