DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
1 D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
GRECIA - STORIA
LE CONQUISTE, LE COLONIE
IL DOMINIO DEL MARE
Lasciamoci dietro i canti, le leggende, i riti arcaici, che ci danno un mondo ellenico fantasioso e andiamo sulle vera realtà del mondo greco, iniziando da quel periodo che archeologicamente o tramite alcuni antichi documenti sono giunti fino a noi e che conosciamo da fonti storiche sicure
Lo abbiamo visto, i più antichi centri cittadini della Grecia, le sedi regie di quell'età eroica celebrata appunto dalle leggende - e lo sappiamo dall'archeologia, tuttavia veramente esistiti - erano sorti quasi tutti a distanza dal mare; Micene e Sparta nel Peloponneso, Atene, Tebe, Orcomeno nella Grecia centrale, Cnosso e Festo nell'isola di Creta.
Questo fenomeno è l'indice caratteristico di uno stadio di sviluppo economico di quell'età in cui l'agricoltura e l'allevamento del bestiame costituivano le principali fonti di ricchezza, mentre il commercio era completamente trascurato. Ma questa condizione di cose mutarono quando i rapporti fra le varie parti della nazione greca divennero più attivi. Siccome la natura montuosa della penisola oppone allo svolgimento del traffico ostacoli gravissimi, la via che costituisce il vero mezzo di comunicazione tra le singole regioni del paese è il mare; è perciò all'incirca nella stessa epoca in cui i Greci giunsero ad acquistare coscienza della loro unità nazionale, vediamo salire in auge una serie di città marittime che nella preistoria o non avevano avuto alcuna importanza o ne avevano avuto una relativamente subordinata.
Il traffico mercantile sulle coste greche inizia ad avere i suoi centri naturali in due punti : sull'Istmo, dove i due mari, l'Egeo e lo Jonio, si ravvicinano tanto da essere separati da pochi chilometri soltanto, ed all'Euripo, lo stretto che separa l'Eubea dal continente e costituisce la più breve e soprattutto la più sicura via di comunicazione fra il Sud ed il Nord della Grecia.
Ed è infatti in questi due luoghi che sorsero nella madre-patria greca le prime città commerciali di considerevole importanza: sull'istmo Corinto e Megara; sull'Euripo Eretria e Calcide. Ad esse poi va aggiunta la piccola isola di Egina, nel centro del golfo saronico, i cui abitanti ben presto acquistarono la fama di essere i più valenti marinai di tutta la Grecia.
Fra le città coloniali della costa dell'Asia Minore quelle che divennero di maggior importanza furono Mileto e Focea, che dominavano le foci dei due più grandi fiumi dell'occidente della penisola, il Meandro e l'Ermo, e quindi le due più importanti strade commerciali che portano dal mare Egeo nell'interno del paese.
Qui, sulla costa occidentale dell'Asia Minore, fu fatta verso quest'epoca quell'invenzione che dimostra più d'ogni altro quale importanza aveva assunto già allora il commercio nel mondo greco e che esercitò una immensa influenza sullo sviluppo economico di tutte le successive epoche: l'invenzione della coniazione della moneta.
L'oro e l'argento avevano probabilmente già da tempo servito come misura del valore negli Stati inciviliti dell'Oriente ed anche nel mondo greco, e può darsi che già fossero in circolazione alcune barre di determinato peso, ma ancora a nessuno dei governi era venuto in mente di munire queste barre di un bollo che garantisse il peso e il grado di purezza del metallo e risparmiasse al commercio la necessità continua di procedere volta a volta alla pesatura ed al saggio di esso. Le prime monete coniate dopo la detta scoperta furono, di « electron », d'oro cioè, che si estraeva dalla sabbia dei fiumi della Lidia, con una forte lega d'argento; esse non recavano ancora leggenda di sorta ed erano segnate da un lato soltanto con lo stemma dello Stato che le coniava, mentre l'altro lato era vuoto.
La nuova scoperta si diffuse rapidamente nelle città litoranee dell'Asia Minore ed emigrò molto presto anche nella madre-patria greca, dove le città mercantili di Egina, Calcide ed Eretria cominciarono sin dai primi tempi del VII secolo a coniare monete; ma dove oro in commercio non ce n'era, alcune città coniarono le loro monete in argento.
La nazione greca pertanto sul passaggio dall'VIII al VII secolo si trovava già ad un grado relativamente elevato di sviluppo economico, ed in conseguenza cominciò ad espandersi al di fuori dell'angusto spazio entro il quale sinora si era svolta la sua storia.
Arditi esploratori sin dal IX secolo si erano arrischiati sugli ancora sconosciuti mari dell'occidente e del nord; la tradizione non ci ha conservato i loro nomi, ma le avventure cui dovettero andare incontro divennero uno dei temi più preferiti dei canti epici e sopravvivono anche oggi nella narrazione poetica delle peregrinazioni di Ulisse. Ma poi venne la volta che all'esploratore successe il colono. Le terre che soprattutto attirarono l'emigrazione furono i vasti paesi bagnati dalla parte occidentale del Mare Jonio ; qui i Greci ritrovarono il clima che era loro abituale ed un terreno vergine e di inesauribile fertilità, quale la loro patria rocciosa non era in grado di offrire.
Gli indigeni erano prodi e bellicosi, ma si trovavano tuttora ad un gradino assai basso nella scala dell'incivilimento e soprattutto, erano disuniti in tribù, difettavano di qualsiasi coesione politica, di modo che non furono in condizione di opporre una efficace resistenza alla conquista.
Rapporti con l'Occidente ve n'erano stati sin da tempi molto antichi. Nelle tombe preelleniche di Siracusa si è trovato qualche vaso miceneo; sul luogo dove sorgeva l'antica Taento si è riscontrata persino l'esistenza di una intera stazione risalente all'età micenea più recente, che forse deve la sua origine ai Caoni della vicina costa epirotica.
Ma una vera e propria colonizzazione greca di queste regioni non cominciò se non sulla fine dell'VIII secolo. Aprirono la serie i Calcidesi dell'Eubea, i quali, ad una pretesa data del 736 fondarono a piedi dell'Etna la prima colonia greca di Sicilia, Nasso. Movendo da questa base furono poi occupate le sponde dello stretto che separa l'isola dall'Italia continentale fondarono Zancle (l'odierna Messina) e sull'opposta costa Rhegion (Reggio) ; inoltre alle falde meridionali dell'Etna sorse Catane e nella fertile pianura, bagnata dal corso inferiore del Simeto, Leontini. Così nel nord-est della Sicilia si formò un dominio coloniale calcidese compatto e continuo, dal quale furono poi spinti alcuni presidi verso il nord con la fondazione di Cuma sul golfo di Napoli (avvenuta verso il 700) e un po' più tardi verso la costa settentrionale della Sicilia con la fondazione di Imera (avvenuta verso il 640).
Forse contemporaneamente ai Calcidesi o per lo meno non molto tempo dopo di essi cominciarono a partecipare alla colonizzazione dell'Occidente anche le città dell'Istmo. Corinto occupò la fertile isola di Cercira all'ingresso del Mare Adriatico e poco dopo sulla piccola isola di Ortigia presso la costa orientale della Sicilia ed a mezzogiorno del territorio coloniale calcidese, fondò Siracusa, che a sua volta nel corso del VII secolo sottomise alla propria signoria l'intera punta meridionale dell'isola e vi fondò una serie di altre colonie, fra le quali Camarina che ben presto divenne una importante città. Per assicurarsi poi le comunicazioni con Cercira i Corinzi verso la fine del VII secolo occuparono sulla costa dell'Acarnania la penisola di Leucade ed all'incirca alla stessa epoca fondarono Ambracia nella ricca pianura bagnata dal corso inferiore dell'Aratto, mentre come punti d'appoggio del commercio sull'Adriatico fondarono Apollonia ed Epidamno sulla costa illirica.
L'esempio di Corinto fu quasi subito seguìto dalla vicina Megara che fondò a poche miglia a nord di Siracusa una nuova Megara, la quale peraltro, stretta fra il dominio coloniale calcidese e quello corinzio non riuscì mai a primeggiare; di qui venne poi un secolo più tardi fondata all'estremo occidente della Sicilia Selinunte che ben presto superò di gran lunga la sua metropoli; le grandiose rovine sono ancora oggidì testimoni eloquenti della importanza ch'essa ebbe.
Sempre nello stesso periodo gli abitanti dell'Acaia a Occidente colonizzarono la regione situata sulla costa meridionale del golfo di Corinto. Ad essi è dovuta l'ellenizzazione della sponda occidentale dei golfo di Taranto e della massima parte dell'odierna Calabria; le loro colonie di Metaponto alla foce del Bradano, Siri alla foce del fiume omonimo, Sibari allo sbocco del Crati, Crotone sul promontorio Lacinio, Caulonia presso il capo Cocinto, oscurarono ben presto tutte le altre colonie greche di questa costa, tanto che l'opulenza e la lascivia di Sibari divennero proverbiali.
I territori di questi comuni si estendevano profondamente nell'interno del mezzogiorno italico e verso occidente arrivavano sino al Mar Tirreno, sulle cui sponde sorse una serie di città, e fra esse prese il primo posto Posidonia, situata nella fertile pianura del basso Silaro. I suoi templi, che ancora oggi si elevano con severa maestà in mezzo alla corona delle mura desolate, costituiscono il più splendido monumento dell'architettura greca che a noi sia pervenuto al di fuori dei templi dell'acropoli d'Atene.
Come gli Achei avevano seguito l'esempio dei Corinzi, così i Locri, dimoranti di fronte all'Eubea, seguirono quello dei Calcidesi ; essi fondarono presso l'estrema punta sud-orientale d'Italia, il promontorio zefirico (Capo Spartivento), una nuova Locri (poco dopo il 700 a. C.). Anche questa città ben presto con le sue mire espansionistiche si allargò nella penisola fino a raggiungere il Tirreno, ove fondò le colonie di Ipponio (Monteleone) e Medma sul fiume che ancora oggi porta il nome di Mesima.
Coloni provenienti dalla Laconia occuparono Taranto (verso il 700), mentre verso la stessa epoca i Rodii fondavano in una fertile pianura pressa la costa meridionale della Sicilia la colonia di Gela, che grazie a una favorevole posizione ben presto potente divenne una delle prime città della intera isola. Da essa, circa un secolo più tardi (verso il 580 a. C.) fu fondata Acraga (Girgenti).
Così nel corso di poco più d'un secolo le coste dell'Italia da Taranto al Golfo di Napoli e la sponda orientale e meridionale della Sicilia dal capo Peloro al capo Lilibeo si guarnirono di una quasi ininterrotta collana di colonie greche; la nazionalità ellenica aveva guadagnato un territorio che per estensione era superiore a quello della madrepatria a sud delle Termopili; anzi per le vaste regioni della penisola che si aprivano alle sue spalle, sembrava prestarsi ad una ulteriore indefinita espansione. Non è del tutto ingiustificato che i coloni greci passati oltre il Mare Jonio abbiano designato il loro (nuovo) paese col nome di « Grande Ellade» (Magna Grecia) in confronto alle anguste condizioni topografiche della patria d'origine.
Durante lo stesso periodo era avvenuto in Grecia un non meno importante movimento di espansione verso nord e nord-est. Nel corso del VII secolo sorse sulla costa settentrionale del Mare Egeo una densa fioritura di colonie greche. Anche qui furono all'avanguardia gli abitanti dell'Eubea; essi occuparono la penisola antistante la loro patria che si protende molto avanti verso mezzogiorno e che deve a questa colonizzazione il suo nome di penisola Calcidica.
Ed anche qui essi furono seguiti dai Corinzii ; costoro fondarono sull'istmo che unisce la piccola penisola di Pallene al tronco principale della Calcidica, la colonia di Potidea (verso il 600 a. C.) che rimase per lungo tempo la prima città di tutta questa regione. L'isola di Taso, ricca di giacimenti aurei e situata ad oriente della Calcidica, venne colonizzata verso la metà del VII secolo dagli abitanti di Paro. Sul continente di fronte a Taso coloni Joni di Clazomene, cui seguì una colonia proveniente da Teo, anch'essa jonica, edificarono Abdera, ed emigrati Ioni di Chio fondarono Maronea; più ad oriente, alle foci del massimo fiume della Tracia, l'Ebro (Maritza), fu fondata Eno da coloni di Lesbo. Gli stessi Lesbi colonizzarono la Troade situata a fronte della loro isola. Le coste dell'Ellesponto e della Propontide si coprirono di colonie milesie, le più importanti delle quali erano Abido e Cizico (ambedue fondate verso il 670); la vicina di Abido, Lampsaco, anch'essa una città importante, era una colonia di Focea. Sul Bosforo tracico i Megaresi fondarono sulla sponda asiatica Calcedone (675 a. C.) e sulla opposta sponda europea Bisanzio (658 a. C.), e poi, un secolo più tardi, edificarono sulla costa meridionale del Ponto nel paese dei Mariandini, Eraclea.
Ma furono sopra tutto i Milesii quelli che fecero del Ponto un mare greco, un « mare ospitale » (Pontos Euxeinos), come da allora fu denominato. Si dice abbiano fondato su di esso e sulla Propontide non meno di 90 colonie, fra le quali salirono a notevole importanza specialmente Sinope (fondata verso il 630) sulla costa dell'Asia Minore non lungi dalla foce dell'Halis, Olbia (644 a. C.) alla foce del Boristene (Dnieper) e Panticapeo sul Bosforo cimmerio (sulla strada di Kertsch). Tuttavia queste colonie del Ponto non poterono che in misura limitata ridurre sotto il proprio dominio le regioni più interne poste alle loro spalle e abitate da barbari bellicosi, di modo che qui non si giunse mai, come in Italia e in Sicilia, ad una vera e propria ellenizzazione del paese.
Al contrario verso mezzogiorno, in Africa, sulla costa libica, i Greci non riuscirono a colonizzare se non l'altipiano della Cirenaica ; la colonizzazione fu iniziata dagli abitanti di una delle Cicladi, la piccola isola di Tera (verso il 630), cui fecero poi seguito coloni provenienti da altre regioni della Grecia e specialmente da Creta e dal Peloponneso. Qui all'ulteriore espansione ellenica offrirono un ostacolo insormontabile ad ovest le colonie fenicie sulle Sirti e nell'odierna Tunisia e ad est la popolosa valle del Nilo con la sua antica civiltà.
Tuttavia con l'andar del tempo i re d'Egitto pensarono di utilizzare per i propri fini i pirati greci che incessantemente molestavano le loro coste. Così Psammetico, il signore di Sais e di Menfi, assoldò verso il 660 un gran numero di questi pirati e con il loro aiuto riunì sotto il suo scettro tutta la regione che a quel tempo si era divisa in una serie di piccoli Stati.
Il medesimo re ed i suoi successori cercarono anche in seguito in un esercito di mercenari greci il principale sostegno della loro dominazione e così il paese si aprì al commercio ellenico.
Ai Greci fu verso il 600 concessa una parte della città di Naucratis, non lungi dallo sbocco del braccio occidentale del Nilo, per fondarvi fattorie e vivervi organizzati e con le loro tradizioni nazionale e sotto magistrati elettivi.
A formare la nuova colonia compartecipò una serie delle più importanti città commerciali elleniche: Mileto, Focea, Samo, Chio, Teo, Clazomene per la Jonia, Alicarnasso, Cnicio, le tre città esistenti nell'isola di Rodi, Faselide per la Doride asiatica, l'eolica Mitilene dell'isola di Lesbo, e finalmente dalla madrepatria greca, unica, Egina. A differenza dunque di tutte le altre colonie, fu una stazione panellenica che qui, in un paese di antica civiltà, incarnò l'idea nazionale ellenica; il centro precursore della futura Alessandria.
Anche il più lontano Occidente si aprì verso quest'epoca ai Greci, ed il merito di averlo dischiuso spetta in prima linea alla città che, accanto a Mileto, costituiva il centro commerciale più importante della Jonia: Focea. I suoi abitanti verso il 600 avevano già fondato Massalia non lungi dalle bocche del Rodano, e ben presto le spiagge vicine sino alla Spagna si coprirono di una serie di stazioni commerciali. Ma la vera e propria mèta di queste spedizioni marittime era la regione argentifera di Tartesso sul Baetis ed in vicinanza delle colonne d'Ercole, un paese che per primo un navigatore samio, Coleos, era riuscito a scoprire; la fama delle ricchezze ch'egli ne aveva riportata non diede tregua ai Focesi finchè non si furono insediati anche su quelle coste, dove fondarono non lontano dall'odierna Malaga, Menace, la più occidentale di tutte le colonie greche.
Al principio del VI secolo pertanto i Greci dominavano quasi tutto il Mediterraneo; soltanto sulla costa settentrionale dell'Africa, ad occidente della grande Sirti, i Fenici impedirono tuttavia la penetrazione dell'influenza ellenica. Il passo più grande e più importante verso la conquista della signoria mondiale era fatto. E tutto ciò era stato ottenuto quasi esclusivamente dalla iniziativa privata.
Salvo poche eccezioni, le colonie di quest'epoca debbono la loro fondazione ad uomini intraprendenti che, sentendosi a disagio in patria, emigrarono di propria iniziativa, guidati da capi da loro stessi eletti, in paesi lontani per cercarvi fortuna. È perciò che le colonie così fondate hanno per lo più un'esistenza affatto indipendente dalla madre-patria, benché naturalmente di regola le loro istituzioni fossero calcate su quelle delle rispettive metropoli e vi si adorassero gli stessi Dei, vi si eleggessero i medesimi magistrati e vi regnassero lo stesso dialetto e le stesse costumanze.
Solo un certo numero fra le colonie più recenti, costituitesi verso la fine del VII e nel VI secolo, furono fondate dai governi delle città greche e quindi rimasero pure politicamente dipendenti da esse; tali sono in particolare le colonie corinzie dell'epoca dei Cipselidi. Peraltro, anche quando mancò questo vincolo di dipendenza, le colonie si conservarono di regola in rapporti strettissimi con la patria d'origine, fecero ai cittadini di questa che si recassero in colonia una condizione privilegiata, e furono un sicuro punto d'appoggio per il commercio della madre-patria ed i migliori mercati di consumo dei prodotti della sua industria.
Ciò non poté a meno di reagire potentemente sulle condizioni economiche della madrepatria.
Al loro sorgere e ancora per lungo tempo, le colonie non furono in grado di sopperire da sè stesse ai loro bisogni nei riguardi dalla produzione industriale e si trovarono quindi costrette a ricorrere all'importazione dalla madre-patria. Ne derivò che in quest'ultima prese sviluppo una attività industriale appositamente intesa a produrre per l'esportazione. Naturalmente essa si accentrò principalmente in quelle stesse città che erano state come le sorgenti da cui aveva preso le mosse la corrente colonizzatrice, nelle città della Jonia, nell'Eubea e sull'Istmo. Mileto divenne la sede principale dell'industria tessile, l'industria metallurgica fiorì nella Calcide ricca di miniere di metalli, ed inoltre anche a Corinto e città vicine, mentre la fabbricazione dei vasi ebbe i suoi maggiori centri a Corinto e ad Atene.
Ben presto cominciarono a difettare le braccia e si fu costretti ad importare operai dall'estero. Naturalmente ciò avvenne prima che altrove nell'Asia Minore, dove i vicini paesi barbari offrivano un campo inesauribile di reclutamento; l'isola di Chio ha la triste fama di essere stato il primo Stato greco che abbia organizzato la sua produzione sulle basi del lavoro servile. Dalla Jonia poi l'uso di impiegare degli schiavi si diffuse ben presto nei centri industriali della Grecia, e in modo particolare a Corinto; qui il governo cittadino già verso il 600 si vide costretto ad emanare in proposito misure di legge proibitive senza naturalmente ottenere risultati durevoli.
Ogni esercizio di industria che sia impiantato su scala alquanto vasta, specialmente se basato sul lavoro servile, presuppone la disponibilità di capitali; né la esige in minor misura il commercio in grande, quale era quello che ora veniva esercitato con le colonie. Per conseguenza chi non aveva capitali propri a sufficienza era costretto a procurarseli chiedendoli in prestito ad altri, e naturalmente doveva in tal caso adattarsi a pagare un proporzionato compenso. Per tal via penetrò nella vita economica greca un fattore nuovo, l'usura. E siccome i capitali disponibili sul mercato erano tuttavia molto limitati, mentre il rischio del loro impiego, soprattutto nel commercio Marittimo, era grande, il tasso delle usure non poté a meno di essere molto elevato, come avviene sempre in ogni ambiente economico scarsamente progredito.
L'introduzione di questo nuovo elemento ebbe a sua volta una ripercussione sull'intero organismo sociale. Il piccolo agricoltore sinora, ove si trovasse in bisogno, aveva potuto ottenere senza gran fatica dal suo vicino più ricco un mutuo che per sua natura stessa consisteva ordinariamente in grano e veniva restituito nella medesima specie dopo il raccolto; e se anche era d'uso restituire qualcosa di piu di quello che si era ricevuto, non vi era però obbligo di farlo.
Ora invece che i capitali trovavano un impiego remunerativo i creditori si fecero promettere un ben determinato tasso di interesse del cui puntuale pagamento, come pure della restituzione del capitale, doveva essere garante la piccola proprietà del debitore, e se questa non bastava, il debitore stesso ne rispondeva con la sua persona e con le persone dei membri della sua famiglia.
Ben presto le terre si coprirono di pilastri di pietra sui quali erano registrati i debiti garantiti su ciascun fondo. E, dato l'elevato tasso delle usure, l'assunzione di una simile ipoteca non poteva a meno di portare presto o tardi alla rovina del debitore, il quale alla fine si vedeva espulso dalla sua proprietà o cadeva addirittura in servitù del creditore.
Naturalmente questo stato di cose regnava soltanto nelle regioni economicamente più progredite del mondo greco, negli Stati commerciali ed industriali, mentre la maggior parte della penisola ellenica, dove ora come prima l'agricoltura costituiva la fonte press'a poco unica di reddito, rimase immune da simili mali. Ed in quelle prime essi non avrebbero potuto se non dare immancabilmente inizio alla distruzione della classe dei liberi agricoltori, che non era affatto in grado di difendersi con le sole sue forze contro la strapotenza economica dei grandi proprietari.
Se non si arrivò a tal punto o se per lo meno vi si arrivò soltanto assai più tardi, lo si dovette al sorgere di una energica e intraprendente classe di artigiani nella quale la classe degli agricoltori trovò appoggio contro la nobiltà terriera. Ma oltre il reciproco aiuto economico e morale, entrambe le due classi si avviarono anche verso il periodo dell'emancipazione.
Un'emancipazione che esercitò una influenza profonda anche sullo sviluppo intellettuale della nazione
Primo passo verso il periodo della democrazia.
E proprio di questa emancipazione parleremo nel prossimo capitolo...
L'EMANCIPAZIONE DELLO SPIRITO GRECO
Bibliogrfia e testi
WILLIAM ROBERTSON - ISTORIA DELL'ANTICA GRECA - 1822
PFLUGK-HARTTUNG - STORIA UNIVERSALE, LO SVILUPPO DELL'UMANITA' , Vol. 1 - Sei
1916
STORIA UNIVERSALE DELLE CIVILTA' - SONZOGNO, 1927
STORIA ANTICA CAMBRIDGE- VOL V- GARZANTI - 1968
JOHN D. GRAINGER Seleukos Nikator ECIG
FRANCA LANDUCCI GATTINONI -Lisimaco di Tracia - Jaca book 1992
RICHARD A. BILLOWS Antigonos the One-Eyed (University of California Press 1997)
RITORNO ALL'INDICE TABELLA GRECIA