DA
20 MILIARDI ALL' 1 A.C. |
1
D.C. AL 2000 ANNO x ANNO |
PERIODI
STORICI E TEMATICI |
PERSONAGGI E PAESI |
LA VITA SULLA TERRA |
(un buon sito da visitare: http://www.minerva.unito.it/SIS/OrigineVita/originiINTRODUZ.htm
Ipotesi sullo sviluppo
biotico di ambienti extraterrestri
Alessandro Giorgetti e Giulio Cavini
Benedetti
1. Premessa
La vita è comparsa solo sulla Terra? La domanda è solo apparentemente semplice e banale. Sicuramente una risposta positiva significherebbe conferire alla Terra una peculiarità difficile a sostenersi, se non ricorrendo ad una interpretazione letterale, e peraltro parziale, della Genesi, abbandonata da decenni anche dalla Chiesa cattolica. La validità generale delle leggi fisiche e chimiche che regolano l�funiverso ci impedisce di pensare alla Terra come �gcaso unico�h, anche se il nostro pianeta presenta delle peculiarità che forse non sono molto frequenti.
Una risposta negativa, più facilmente
accettabile sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, deve però fare
riferimento a un postulato generale tutt�faltro che universalmente condiviso: lo
sviluppo della Vita rappresenta l�fevoluzione naturale della materia inanimata
ove le condizioni fisiche e chimiche lo consentano.
2. Le sequenze di
sviluppo
Per comprendere se, dove e come la vita
può essersi sviluppata altrove dobbiamo, in primo luogo, far riferimento alla
vita di tipo terrestre e alle sue origini, che non sono ancora chiare. Su
queste basi é possibile spingere la
nostra analisi a situazioni esterne al nostro pianeta e studiare le analogie e
le differenze sia con le condizioni terrestri attuali, che con le presupposte
condizioni della Terra a cavallo della comparsa della Vita.
Per quanto riguarda il primo
punto è facile constatare che nel nostro sistema solare non ci sono pianeti o
satelliti con caratteristiche tali da consentire la presenza, sulla loro
superficie, di forme di vita altamente organizzata. Di conseguenza la ricerca
di una vita evoluta riguarda ambienti esterni al sistema, per ora
irraggiungibili con i nostri mezzi.
La �glicenza�h che ci prendiamo
quando pensiamo al modello terrestre come unico possibile è però motivo di
perplessità. Il modello terrestre può essere veramente valido sempre e
comunque? Ad esempio la vita, se sviluppatasi altrove nell�funiverso, deve
ovunque aver fatto riferimento alla chimica del carbonio? Non potrebbe ad
esempio, fare o aver fatto riferimento al silicio? Ma, anche senza spingersi su
livelli di fantasia, per rimanere su un livello scientifico, possiamo chiederci
se la sequenza terrestre dello
sviluppo evolutivo possa considerarsi universale.
Se consideriamo la prima parte di questa sequenza, che va dalle molecole
organiche semplici alla comparsa di Metazoi e Metafiti (tabella 1), la risposta
potrebbe essere positiva; ma se consideriamo i successivi sviluppi, in
particolare dei Metazoi (tabella 2), non possiamo oggi avere risposte sulla sua
validità.
1.
molecole
inorganiche 2.
molecole
organiche semplici (aminoacidi, monosaccaridi, acidi grassi, singoli
nucleotidi) 3.
molecole
organiche a media complessità (peptidi e/o oligonucleotidi) 4.
molecole
organiche ad alta complessità (proteine e/o polinucleotidi) 5.
procarioti
eterotrofi o chemioautotrofi primitivi (Monere dell�fecologia primordiale di
1�� livello, che fanno riferimento al Regno minerale per il loro
sostentamento) 6.
procarioti
decompositori ed eventuali procarioti consumatori (ecologia primitiva di 2�� e
3�� livello) 7.
procarioti
autotrofi (fotosintesi) 8.
eucarioti
autotrofi 9.
eucarioti
eterotrofi di 1�� livello (consumatori primari) 10. eucarioti eterotrofi di 2�� livello
(consumatori secondari) 11. metazoi e matafiti primitivi |
Tabella 1. Sequenza di sviluppo della vita sulla Terra fino alla
conquista della pluricellularità.
12. metazoi
semplici (Poriferi e Celenterati); 13. metazoi
mediamente evoluti a simmetria radiale (Cnidari e Ctenofori) e bilaterale
(Platelminti, Nemertini); 14. metazoi evoluti
a simmetria radiale (Echinidermi) e bilaterale (Molluschi, Brachiopodi,
Anellidi, alcuni Echinodermi e Artropodi) 15. Cordati
16. Placentati Vita intelligente |
Tabella 2. Possibile sequenza di sviluppo dei Metazoi
Il secondo punto, quello
delle origini, è per molti aspetti più abbordabile ma presenta un insieme di
insidie che possono indurre in errore. Infatti bisogna considerare che sulle
origini della vita terrestre molte cose ancora ci sfuggono. Nessuno ha
mai trovato tracce del �gProgenitore�h e probabilmente nessuno le troverà, anche
se, con i progressi delle conoscenze nella genetica molecolare, nei rapporti
funzionali tra molecole più o meno complesse e più in generale nella
bioinformazione, possiamo formulare ipotesi e teorie più o meno soddisfacenti
sul passaggio dalla non vita alla vita. Accanto a queste sarebbero necessarie
conoscenze esatte sulle condizioni dell�fambiente terrestre di quella fase
dell�fAdeano (o dell�fArcheano) a cavallo della comparsa della vita, e questo è
un grosso limite perché non solo non c�fè chiarezza sulla esatta composizione
dell�fatmosfera nei diversi periodi dell�fera archeozoica ma soprattutto sulla durata
delle fasi caratterizzate dall�fatmosfera primordiale (con i gas della nebulosa
protosolare), dall�fatmosfera primitiva di primo livello (endogena, da
vulcanismo e tettonica), dall�fatmosfera primitiva di secondo e terzo livello
(con i probabili eventi di fotolisi dell�facqua e successivamente di produzione
biologica di ossigeno molecolare da procarioti fotosintetici); né sono chiare
le (mutevoli) caratteristiche delle �ginterfasi�h e le loro reali proprietà
ossidanti o riducenti. I primi �gfossili�h
risalgono a 3.800 milioni di anni fa e sono tracce di attività procariotica, in
un�fepoca indubbiamente molto antica, soprattutto se si considera che la vita
della Terra è di poco superiore, pari a 4.6 – 4, 5 miliardi di anni.
Sicuramente nei primi duecento o trecento milioni di anni dalla nascita della
Terra l�fambiente era tale da non consentire la presenza non solo di forme
viventi ma addirittura di molecole prebiotiche; ebbene, nel �gbreve�h volgere di
altri due o trecento milioni di anni siamo già in presenza di procarioti, la
cui complessità strutturale e funzionale è di gran lunga maggiore della più
complessa molecola organica.
3. I fattori
condizionanti
Se accettiamo il modello terrestre come uno dei modelli possibili di sviluppo, dobbiamo partire dalle peculiarità del nostro pianeta, che sicuramente non si trovano con grande frequenza. Quali sono, in generale, le condizioni base affinché su un corpo celeste si possa sviluppare una vita �gdi tipo terrestre�h?
3.1. Distanza
dalla stella
La prima condizione riguarda probabilmente la distanza dalla propria stella. Questa non può essere troppo piccola né troppo grande, in relazione all�fenergia radiante dell�fastro, in modo tale che, a prescindere da tutte le altre condizioni, possano realizzarsi fenomeni fotosintetici (radiazione nel visibile) e che la radiazione infrarossa sia tale da consentire la presenza di acqua liquida. Nel sistema solare la �gfascia della vita�h è compresa tra le orbite di Venere e di Marte; il fatto che l�facqua in forma liquida non sia presente sui due pianeti extraterrestri della fascia e che non siano presenti fenomeni fotosintetico-simili (su Marte peraltro, ad oggi, non possono essere esclusi con assoluta certezza) è solo dovuto ad altre condizioni concomitanti.
3.2. Caratteristiche della stella
Non ogni stella può essere idonea a
consentire lo sviluppo della vita su un suo pianeta. Si devono considerare
diversi aspetti.
3.2.1.
Caratteristiche spettrali della stella.
Le stelle sono classificate con una
lettera e un numero in base alla natura delle loro linee spettrali, che è
correlata grosso modo con la temperatura superficiale. Le classi sono: O, B, A,
F, G, K e M; le stelle di classe O sono le più calde, quelle di classe M le più
fredde. I numeri rappresentano suddivisioni delle classi maggiori. Le stelle di
classe O e B sono molto luminose, quelle di classe M sono deboli. Tali
caratteristiche condizionano naturalmente la distanza ottimale di un pianeta
per lo sviluppo di forme viventi. Il Sole è una stella di tipo G, classe di
stelle che a priori possono essere considerate le più idonee a favorire lo
sviluppo della vita, ma caratteristiche non troppo diverse sono presentate
dalle stelle di tipo F e K.
3.2.2.Caratteristiche
�gstrutturali�h.
Alcune stelle sono doppie o multiple,
ruotanti intorno a un baricentro comune e altre hanno emissioni radianti
variabili; nella
nostra Galassia le stelle multiple sono circa la metà del totale. Le variazioni di luminosità e di
temperatura su eventuali pianeti ruotanti intorno a una stella multipla o a una
sua componente sono ingenti e ciò condiziona in maniera estremamente negativa
le possibilità di uno sviluppo biologico.
In altri casi la variabilità risiede
nella struttura stessa delle stelle, come nelle variabili �gtipo Mira�h o nelle
Cefeidi, che variano di luminosità pulsando regolarmente. La causa di questa
pulsazione è la mancanza di equilibrio fra la forza di gravità e la pressione
della radiazione e dei gas. In queste stelle gli atomi di elio ionizzati che si
trovano nell�fatmosfera vengono ionizzati una seconda volta dalla radiazione
proveniente dall�finterno e diventano opachi: la luce non riesce più a passare e
preme contro l�fatmosfera facendola espandere e aumentando le dimensioni della
stella. Tale espansione causa però un raffreddamento e di conseguenza un
ritorno alla situazione di ionizzazione dell�felio originaria: l�felio torna ad
essere trasparente e la luce può passare all�festerno. Anche in questi casi è
difficile pensare a possibili pianeti dove si sviluppi la vita
Esistono anche altre variabili, dette
cataclismiche: novae, novae nane, novae ricorrenti. La variazione luminosa,
solitamente non periodica e spesso di enorme entità, è causata dall�finterazione
tra le componenti di sistemi stellari a contatto nei quali una stella cattura
del gas ad un�faltra; in genere la stella predatrice è una nana bianca e la
stella predata una gigante rossa, relativamente fredda. Il gas forma così un
disco di accrescimento attorno alla nana. In questi casi è ancora più difficile
che si possano realizzare, per tempi sufficientemente lunghi, dell�fordine
almeno di alcune centinaia di milioni di anni, condizioni in grado di
consentire uno sviluppo biotico.
In pratica solo le stelle singole e non
variabili (come il Sole) possono avere pianeti simili alla Terra.
3.3. Massa planetaria
Un pianeta in grado di ospitare la vita
dovrebbe avere massa e dimensioni non troppo dissimili da quelle della Terra,
in modo da avere un�fattrazione gravitazionale in grado di trattenere
un�fatmosfera per lunghi periodi. Spesso si considera la massa marziana come
limite inferiore, anche se probabilmente è possibile scendere a valori più
bassi come quelli di Ganimede o di Titano o addirittura di Tritone. Il limite
superiore è assai difficile da stabilirsi a priori; gli ostacoli presenti con
masse troppo grandi (per esempio simili a quella di Giove) riguardano forza di
gravità, pressione sulla superficie, composizione atmosferica e suo spessore,
che possono rendere difficoltoso lo sviluppo biotico in superficie.
3.4. Presenza di substrato solido
Un substrato solido appare indispensabile per l�faffermarsi di forme di vita di tipo terrestre, oltre che per le sue origini (fenomeni di adsorbimento di molecole organiche su cristalli di silice). Ambienti gassosi come quelli caratteristici dei giganti del sistema solare esterno (Giove, Saturno, Urano, Nettuno) sono completamente inadatti a forme di vita.
3.5. Presenza di
acqua liquida
L�facqua
è fondamentale per lo sviluppo di una vita di tipo terrestre. Affinché possa
trovarsi in forma liquida sono necessarie condizioni ambientali (principalmente
di temperatura e pressione) che probabilmente sono poco frequenti e, nel nostro
sistema, forse del tutto assenti, tranne che sul satellite gioviano Europa.
In secondo luogo si
deve considerare l�feffetto serra, determinato dalla presenza di gas in
atmosfera (CO2 ma non solo). Infine l�fambiente microclimatico legato
a particolari situazioni di latitudine (zone circumpolari di Mercurio) o alla
presenza di sorgenti interne di calore per l�fesistenza di magma incandescente
sotto la crosta. Se inoltre è presente un nucleo caldissimo e fluido si può
avere anche la presenza di un campo magnetico, in grado a sua volta di
esercitare una protezione piùo meno efficace dalle radiazioni cosmiche e
solari.
3.6. Presenza di
un grosso satellite
Aspetto generalmente trascurato, potrebbe avere una grande importanza. Un satellite di grosse dimensioni, come la Luna, è infatti in grado di stabilizzare l'angolo formato dall'asse di rotazione del pianeta rispetto alla perpendicolare al piano orbitale. Variazioni consistenti, e in tempi relativamente brevi, dell�fobliquità dell�fasse orbitale di un pianeta privo di un compagno a funzione stabilizzatrice, producono infatti marcate variazioni climatiche che sicuramente non favoriscono lo sviluppo biologico, La Luna invece, contribuisce a rendere lento il moto di precessione e le variazioni climatiche da cambiamenti dell�fobliquità impercettibili nel medio periodo.
Secondo questi principi sembrerebbe che la presenza di un grosso satellite sia sempre necessaria a limitare e rallentare il moto di precessione, causa di grossi sconvolgimenti climatici Ma non è sempre vero; per esempio Mercurio e Venere non hanno satelliti, eppure il loro angolo di obliquità è relativamente costante. In questi casi è la vicinanza del Sole ad essere responsabile della stabilità, con le sue enormi forze mareali. La Terra però, più lontana, non ne trarrebbe grande vantaggio e ancora di più Marte. Questo di satelliti ne ha due, ma sono piccolissimi e non in grado di incidere sulla stabilità dell�fangolo; in effetti il Pianeta rosso presenta moti di precessione accentuati, anche per le perturbazioni gravitazionali esercitate dai giganti esterni e soprattutto da Giove. Questo rappresenta in effetti un possibile impedimento o un forte ostacolo allo sviluppo, nel passato, della Vita sul pianeta.
3.7. Protezione dalle radiazioni e dai meteoroidi.
Una adeguata atmosfera e un
campo magnetico sono indispensabili per la protezione della superficie da
pericolose radiazioni ionizzanti (raggi X e raggi gamma), non
ionizzanti (ultravioletti) e corpuscolari provenienti dalla radiazione cosmica galattica e dal vento
stellare, nonché dal bombardamento di meteoriti.
4. L�fapproccio
probabilistico alla stima quantitativa
Anche se finora ne sono stati scoperti solo circa 130, sicuramente nell�fUniverso esistono miliardi di miliardi di pianeti. Un gran numero è probabilmente rappresentato da giganti gassosi o comunque da corpi che si trovano a distanze (troppo piccole o troppo grandi) dalla loro stella tali da rendere la loro superficie assolutamente priva di qualsiasi traccia di vita; un numero forse di poco inferiore potrebbe però essere caratterizzato da ambienti prebiotici e, dato il numero enorme di corpi celesti, alcuni di questi potrebbero essersi evoluti in senso biotico compiuto abitati da biocenosi più o meno complesse. Quanti? Un tentativo di approccio all�fargomento �gvita extraterrestre�h su basi statistiche è quello proposto da Frank Drake.
4.1. L�fequazione di Drake
Nel 1961 Drake sviluppò
un�fequazione per stimare quante civiltà intelligenti, in grado di comunicare,
fossero presenti nella nostra Galassia. L�fequazione comprende numerosi membri,
gli ultimi dei quali riguardano la comparsa e lo sviluppo della vita intelligente:
4.2.
L�fequazione di Drake modificata
Quello
che a noi interessa è però solo una possibile stima del numero di pianeti che
ospitano la vita, non la vita intelligente. L�fequazione di Drake perciò può
essere ridotta ad una forma più semplice, con l�feliminazione degli ultimi
membri. N, in questa equazione, non è più il numero di civiltà in grado di
comunicare, ma il numero di pianeti con forme di vita e quindi lo chiameremo NV.
NV = NS x FP x
NE x FL
5.L�fapproccio matematico
descrittivo per la stima qualitativa
�gScorgo
un certo ordine nell�funiverso,
e
la matematica è un modo per renderlo visibile�h
May Sarton (1912 - 1995)
Nel paragrafo 2 di questa relazione
abbiamo mostrato l�felenco numerato di una possibile sequenza delle fasi dello
sviluppo della vita sulla terra, prima fino alla conquista della
pluricellularità e poi su fino alla vita intelligente. Nel paragrafo 3,
partendo dal modello terrestre, abbiamo invece fatto un breve cenno ad alcune
delle condizioni base affinché su un corpo celeste possa svilupparsi una vita
�gdi tipo terrestre�h. Quello che segue è un possibile approccio allo sviluppo di
una notazione simbolica ancor prima che matematica che permetta di descrivere
in forma sintetica (cioè succinta) e sinottica (cioè capace di dare una facile
vista d�finsieme) quanto esposto nei suddetti paragrafi, specialmente il terzo.
L�fobiettivo è quello di riuscire a vedere a colpo d�focchio i legami e le
interazioni tra le varie grandezze o parametri in giuoco e, infine, anche di
produrre dei numeri, che potranno di volta in volta essere interpretati come il
grado di possibilità che un certo processo si avvii e si compia, oppure
semplicemente il suo grado di compimento. Vedremo inoltre come questa struttura
matematico descrittiva sia un po�f come le scatole cinesi, cosa che ci darà la
possibilità di evidenziare con maggior o minor dettaglio ed in forme diverse
ciò che vorremo descrivere.
5.1. Funzioni s
e p
Nell�fesaminare le condizioni favorevoli
od ostative all�finnesco dei meccanismi che possono portare allo sviluppo della
vita passando attraverso le varie fasi, abbiamo potuto notare fondamentalmente
due tipi di condizioni:
Condizione di tipo s: una data
caratteristica può favorire (ostacolare) un certo processo solo se la sua
intensità è superiore ad un certo valore, il tutto con una certa gradualità più
o meno accentuata.
Condizione
di tipo p: una data
caratteristica può favorire (ostacolare) un certo processo solo se la sua
intensità è compresa in un intervallo di valori, anche qui con una certa
gradualità più o meno accentuata.
Queste condizioni possono essere espresse
mediante funzioni matematiche che dal punto di vista numerico devono fornire un
valore compreso tra 0 e 1 al variare dell�fintensità del parametro o grandezza
condizionante:
-
più il
valore si avvicina a 1 più la condizione è favorevole;
-
più il
valore si avvicina a 0 più la condizione è sfavorevole.
C�fè una
grande varietà di funzioni che hanno questo comportamento, ma a noi sembra che
le più maneggiabili e semplici da calcolare siano quelle riportate in
appendice. Qui ci limitiamo solamente ad elencarle con notazione
semplificata, mostrandone
l�fandamento qualitativo ed una breve descrizione.
Funzione |
Andamento |
Descrizione |
|
|
La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua
intensità è superiore a go. |
|
|
La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua
intensità è inferiore a go. |
|
|
La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua
intensità è compresa nell�fintervallo g1-g2. |
|
|
La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua intensità
è fuori dall�fintervallo g1-g2. |
5.2. L�findice di condizionamento
Chiameremo il valore fornito da queste
funzioni �gindice di condizionamento relativo ad una certa grandezza�h e
lo indicheremo con il nome della grandezza sotto esame ornata con un�fonda. Ad
esempio, potrebbe
rappresentare l�findice di condizionamento globale, relativo cioè all�finfluenza
di tutte le grandezze coinvolte nella fase o processo ; potrebbe
rappresentare l�findice di condizionamento relativo alla grandezza temperatura.
Se il
valore calcolato di questi indici supera lo 0.5, ciò significa che l�fintensità
dei vari parametri o grandezze coinvolti condizionano favorevolmente il corso
del processo considerato.
Questo valore non indica la
probabilità che una certa fase o processo si avvii o si compia, ma indica
solamente se esistono o meno le condizioni affinché detto processo possa
avviarsi o compiersi.
5.3. L�foperatore P
Un indice di condizionamento può essere a
sua volta condizionato da più parametri o grandezze indipendenti tra loro,
ognuno dunque con il suo proprio indice di condizionamento. Ci serve dunque un
mezzo per mettere insieme tutti questi fattori condizionanti e calcolarne
l�findice complessivo.
Introduciamo l�foperatore P.
Sia un processo il cui indice di
condizionamento dipende a sua
volta da n parametri , ognuno con un proprio indice di condizionamento . L�findice di condizionamento globale del processo sarà dato da:
,
dove
.
In sostanza, l�foperatore P calcola semplicemente la radice n-esima del
prodotto degli n indici.
5.4. Nidificazione degli indici
La
simbologia adottata e le caratteristiche delle funzioni adoperate permettono di
aumentare o diminuire a piacere il livello di dettaglio nello studio e nella
descrizione degli indici, grazie all�fillimitata possibilità di �gnidificazione�h
che consente l�foperatore P. Sia il solito processo caratterizzato da
un indice di condizionamento dipendente da più
parametri o grandezze . Potremo scrivere , dove gli sono gli indici
di condizionamento relativi alle grandezze . Ora, è possibile che alcuni di questi indici siano a loro
volta condizionati da altri parametri, e li potremo esplicitare grazie
all�foperatore P. Andremo avanti così fino a raggiungere i parametri o grandezze
non più condizionate, non più esprimibili per mezzo di altri parametri; a
questo punto finalmente entrano in gioco le funzioni s e p, secondo uno schema di questo tipo:
5.5. Esempio di applicazione del metodo
Sia dato un processo condizionato dai seguenti parametri:
Temperatura, tipo di Substrato, tipo e quantità di Radiazioni incidenti.
L�findice di condizionamento relativo a questi parametri si scrive banalmente
[1]
dove
|
è
l�findice di condizionamento che il processo Fn
si avvii o si compia relativamente all�finfluenza della temperatura o dei
parametri che la determinano (ad es. tipo di stella e sua potenza radiante,
distanza dalla stella, esistenza di atmosfera ed effetto serra, magma interno
al pianeta, ecc); |
|
è
l�findice di condizionamento che il processo Fn
si avvii o si compia relativamente all�finfluenza dei parametri che
determinano il tipo di substrato (ad es., per le fasi iniziali, composizione
chimica, presenza di acqua liquida, atmosfera riducente, ecc.); |
|
è
l�findice di condizionamento che il processo Fn
si avvii o si compia relativamente all�finfluenza del tipo e della quantità di
radiazioni che arrivano sulla superficie o, per converso, relativamente
all�feffetto schermante dell�fatmosfera. |
In primo luogo è interessante notare
quanto sia stato facile �gscrivere�h la [1] e come la medesima sia altrettanto
facile da �gleggere�h: «La
possibilità che la fase si avvii o si
compia è condizionata dai fattori temperatura, substrato trofico e radiazioni
incidenti».
In seconda luogo, sicuramente ognuno di
questi indici dipende da vari parametri, per cui, nello studio di , possiamo farci aiutare dalle proprietà di nidificazione
degli indici, prendendoli uno per volta. Per fare un esempio, consideriamo il
solo parametro temperatura. Se la consideriamo a sé, l�funica condizione da
scrivere è
, [2]
che ci dice semplicemente che
per essere favorevole la temperatura deve avere valori compresi all�finterno
dell�fintervallo (T1 -
T2); nulla però ci
viene detto sulle cause che determinano detta temperatura. Supponiamo ora che essa dipenda solo dai seguenti
fattori: potenza radiante ricevuta dalla propria stella per unità di superficie
(potenza specifica) ed effetto serra. Scriveremo:
[3]
Consideriamo la potenza specifica. Ci è
facile immaginare che questa non debba essere né inferiore ad un certo valore
minimo, ne superiore ad uno massimo, per cui scriveremo semplicemente
[4]
Ma
la potenza specifica ricevuta dal corpo celeste è proporzionale alla potenza
della sua stella e inversamente proporzionale al quadrato della distanza, e
quindi possiamo scrivere in alternativa alla [4]
. [4�f]
A
sua volta poi, volendo, la potenza della stella potrebbe venir espressa in base
alle dimensioni dell�fastro ed alle proprie righe spettrali, che sono grossomodo
correlate con la sua temperatura superficiale. Ma noi ci fermiamo qui.
Per quanto concerne l�feffetto serra, è
necessario che nell�fatmosfera ci sia una concentrazione favorevole di gas
serra, né troppo alta né troppo bassa. Avremo dunque semplicemente:
[5]
Bisogna però considerare che, affinché un
pianeta possa trattenere abbastanza a lungo un�fatmosfera occorre che la sua
massa non sia inferiore ad un certo valore minimo. Nello stesso tempo, se la
sua massa fosse troppo grande tratterrebbe anche gli elementi più leggeri con
conseguente composizione chimicamente poco favorevole dell�fatmosfera, oppure
determinerebbe una pressione sulla superficie incompatibile o poco compatibile
con la vita. Quindi la massa del pianeta è anch�fessa un fattore condizionante
per l�feffetto serra, e di conseguenza la condizione [5] deve essere riformulata
come segue:
[5�f]
Facendo le opportune
sostituzioni otteniamo finalmente:
[6]
Ripercorriamo i ragionamenti fatti
elencando solamente la successione di espressioni. Scorrendole, vedremo come
sia facile �gleggere�h ed esprimere a parole ciò che esse contengono e hanno da
dirci, e cioè che per avere le condizioni favorevoli relativamente all�feffetto
della temperatura occorre che
- il rapporto tra la potenza radiante della stella ed
il quadrato della distanza dal pianeta deve essere compreso in un certo
intervallo di potenza specifica;
- la massa del pianeta deve essere compresa in un
certo intervallo;
- la quantità di gas serra presenti nell�fatmosfera
deve essere compresa tra un livello minimo ed uno massimo.
[2]
[3]
[5]
[5�f]
[4]
[4�f]
[6]
Siamo passati facilmente
dall�funico parametro condizionante considerato (la temperatura) alle cause che
invece la producono e a loro volta condizionano, sintetizzando il tutto
nell�fespressione [6]. E praticamente senza matematica, ma con solo un simbolismo
che ci ha permesso di formalizzare e sintetizzare un insieme di considerazioni
di carattere essenzialmente qualitativo. Per passare agli aspetti quantitativi
basta dare il proprio valore numerico a tutte le variabili e costanti in gioco,
sostituire le funzioni con le loro espressioni algebriche e farne il calcolo;
oggi tutto questo è cosa facile grazie ai PC. Se il risultato è maggiore di 0.5
significa che i parametri analizzati, considerati nel loro insieme, sono
favorevoli all�fattuazione del processo di cui sono condizionanti.
Questo
simbolismo consente dunque di considerare gli aspetti qualitativi del problema
separatamente da quelli quantitativi, che possono essere affrontati in un
secondo tempo. Consente inoltre di evidenziare alcuni aspetti piuttosto che
altri a seconda dei fenomeni o parametri che si vogliono considerare o mettere
in evidenza, specie quando ce ne sono più correlati fra loro. Non c�fè una sola
risposta, ma ogni esperto in una qualche disciplina troverà facile tradurre la
sua visione del problema in una forma originale rispetto ad altri esperti in
altre discipline, e la visione potrà diventare giorno per giorno più ricca ed
esaustiva.
Appendice: collezione di
funzioni esponenziali di tipo s e p (con
simbologia completa) |
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Esempio di funzione p con la temperatura |
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[email protected]
PAOLO MANZELLI - Director of LRE/EGO-CreaNet ? University of Florence
DIPARTIMENTO DI CHIMICA , POLO SCIENTIFICO 50019 -SESTO F.no-
http://blu.chim.unifi.it/group/education/index.html
http://www.egocrea.net/