PARTE SECONDA
CAPITOLO III.
I condottieri delle folle e i loro mezzi di persuasione.1.° - I condottieri delle folle. Bisogno delle, folle di obbedire a un capo. - Psicologia dei condottieri. - Essi possono far nascere la fede e dare un'organizzazione alle folle. - Dispotismo esagerato dei caporioni. - Classificazione dei condottieri. - Funzione della volontà. - 2.° I mezzi d'azione dei condottieri. - L'affermazione, la ripetizione, il contagio. - Funzione rispettiva di questi fattori. - Come il contagio può risalire dagli strati inferiori agli strati superiori delle società. - Un'opinione popolare diventa subito opinione generale. - 3.° Il prestigio. - Definizione e classificazione del prestigio. - Il prestigio acquisito e il prestigio personale. - Come cade il prestigio.___________________
La costituzione mentale delle folle ci è nota, e sappiamo anche quali siano i moventi che impressionano la loro anima. Ci resta da vedere come devono essere adoperati questi moventi, a da chi possono essere massi in opera con profitto.
1.° - I condottieri delle folle.
Non appena un certo numero di esseri viventi sono riuniti, si tratti d'un branco di animali o di una folla d'uomini, si mettono istintivamente sotto l'autorità di un capo, cioè di una guida. Nelle folle umane, il caporione ha una parte notevole. La sua volontà é il nodo intorno a cui si formano e si identificano le opinioni. La folla é un gregge che non potrebbe far a meno di un padrone. Il condottiero quasi sempre é stato prima un fanatico ipnotizzato dall'idea di cui in seguito s'é fatto apostolo. Quest'idea ha talmente invaso che tutto sparisce all'infuori di essa, e tutte le opinioni contrarie gli sembrano errori e superstizioni. Così Robespierre, ipnotizzato dalle sue chimereche idee, e che adoperò i procedimenti dell'Inquisizione per propagarle.
I trascinatori di folle, il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d'azione. Sono poco chiaroveggenti, e non potrebbero esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al dubbio e all'inazione. Appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia. Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro convinzione. Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente. Tutto é sacrificato, interesse personale e famiglia. Perfino l'istinto di conservazione viene distrutto in essi, a tal punto che, spesso, la sola ricompensa che essi ambiscono é il martirio. L'intensità della fede dà alle loro parole un grande potere suggestivo. La moltitudine ascolta sempre l'uomo dotato di volontà forte. Gli individui riuniti in folla, perdendo ogni volontà, si volgono istintivamente verso chi ne possiede una.
I condottieri non sono mai mancati; ma tutti non possiedono le convinzioni profonde che fanno gli apostoli. Spesso sono retori sottili, che fanno il loro interesse personale e cercano di persuadere lusingando bassi istinti. Così l'influenza che esercitano è sempre effimera. I grandi apostoli che sollevarono l'anima delle folle, i Pietro l'Eremita, i Lutero, i Savonarola, gli uomini della Rivoluzione, hanno esercitato un fascino dopo essere stati essi stessi soggiogati da un'idea. Allora poterono far nascere nelle anime , quel potere formidabile chiamato fede, che rende l'uomo schiavo assoluto del proprio sogno.
Far nascere la fede, sia fede religiosa, politica o sociale, fede in un'opera, in una persona, in un'idea, questo, soprattutto, é il compito dei grandi condottieri. Di tutte le forze di cui la natura dispone, la fede è sempre stata una delle più notevoli, ed ha ben ragione il Vangelo attribuendole il potere di sollevare le montagne. Dare all'uomo una fede, vuol dire decuplicare la sua forza. I grandi avvenimenti storici furono spesso realizzati da oscuri credenti che non avevano che la loro fede. Le religioni che hanno governato il mondo, e i vasti imperi che si estendevano da un emisfero all'altro, non sono sorti per merito di letterati o di filosofi o di scettici.
Ma tali esempi si applicano ai grandi condottieri, e questi sono troppo rari perché la storia possa facilmente notarne il numero.
Essi formano una serie continua, che dal potente condottiero d'uomini scende all'operaio che, in una fumosa osteria, affascina lentamente i suoi compagni rimasticando continuamente certe formule che egli non capisce, ma la cui applicazione - secondo lui - deve portare alla immediata realizzazione di tutti i sogni e di tutte le speranze.
In ogni sfera sociale, dalla più alta alla più bassa, non appena l'uomo non é più isolato, cade sotto la legge di un capo. La maggior parte degli individui, specialmente nelle masse popolari, non avendo nessuna idea netta e ragionata al di fuori della loro specialità, sono incapaci di guidarsi. Il condottiero serve loro da guida. Può essere sostituito, ma non in modo completo, da quelle pubblicazioni periodiche che fabbricano delle opinioni per i loro lettori e procurano loro frasi fatte dispensandoli dal riflettere. L'autorità dei condottieri é molto dispotica, e non arriva ad imporsi che con questo dispotismo. Si é notato come si facciano ubbidire facilmente, senza tuttavia possedere nessun mezzo per appoggiare la loro autorità, tra gli operai più turbolenti. Essi fissano le ore di lavoro, i salari, decidono gli scioperi, li fanno cominciare o cessare a ore fisse.
Gli agitatori tendono oggi a sostituire progressivamente i poteri pubblici a misura che questi ultimi si lasciano discutere e indebolire. Grazie alla loro tirannia, questi nuovi padroni ottengono dalle folle una docilità completa che nessun governo può ottenere. Se, per un incidente qualsiasi, il condottiero sparisce e non é subito sostituito, la folla ridiventa una collettività senza coesione né resistenza. Durante lo sciopero dei conducenti d'omnibus a Parigi, fu sufficiente arrestare i due agitatori che lo dirigevano, per farlo subito cessare. L'anima delle folle é sempre dominata dal bisogno di servitù e non da quello di libertà. La sete di obbedienza le fa sottomettere d'istinto a chi si dichiara loro padrone.
Si può fare una divisione abbastanza netta nella classe dei condottieri. Gli uni sono uomini molto energici, dalla volontà tenace, ma momentanea; gli, altri, molto più rari, possiedono una volontà forte e tenace nello stesso tempo. I primi sono violenti, arditi. Sono utili specialmente per dirigere un colpo di mano, per trascinare le masse nonostante il pericolo, e trasformare in eroi le reclute del giorno prima. Così furono, ad esempio, Ney e Murat, sotto il primo Impero. E così fu Garibaldi, uomo del popolo, ma energico, che riuscì con un pugno d'uomini, ad impadronirsi dell'antico regno di Napoli difeso da un esercito disciplinato.
Ma se l'energia di simili condottieri é potente, è però momentanea e non sopravvive al movente che l'ha creata. Rientrati nella corrente della vita ordinaria, gli eroi spesso danno prova di una sorprendente debolezza, come quelli che ho citato dianzi. Sembrano incapaci di riflettere e di comportarsi nelle circostanze più semplici, dopo aver così ben guidati gli altri. Questi agitatori possono esercitare la loro funzione soltanto alla condizione d'essere stimolati essi stessi e eccitati continuamente, di sentire sempre sopra di loro un uomo o un'idea, di seguire una linea di condotta ben definita.
La seconda categoria, degli agitatori, quella degli uomini dalla volontà durevole, esercita una influenza più notevole, ma con forme meno appariscenti. In essa si trovano i veri fondatori di religioni o di grandi opere: S. Paolo, Maometto, Cristoforo Colombo, Lesseps. Intelligenti o senza ingegno, la folla sarà loro. La volontà persistente che essi possiedono é una dote infinitamente rara e infinitamente potente che fa piegare tutto. Di solito non ci si rende abbastanza conto di quanto può una volontà forte e continua. Nulla sa resisterle, né la natura, ne gli dei, né gli uomini.
L'esempio più recente ci é dato dall'ingegnere illustre che separò due mondi e realizzò il progetto inutilmente tentato da tremila anni da tanti grandi sovrani. Egli fallì più tardi in un'impresa identica: ma era ormai vecchio, e tutto si spegne dinanzi alla vecchiaia, anche la volontà.
Per dimostrare il potere della volontà, basterà narrare nei suoi particolari la storia delle difficoltà superate nella creazione del canale di Suez. Un testimonio oculare, il dott. Cazalis, ha fatto in poche righe impressionanti la sintesi di questa grande opera narrata dal suo immortale autore: « Ed egli raccontava, giorno per giorno, con episodi, l'epopea del canale. Raccontava tutto quello che aveva dovuto vincere, tutto l'impossibile che aveva reso possibile, tutte le resistenze, le coalizioni contro di lui, tutti gli insuccessi, i rovesci, le disfatte, che però non avevano mai potuto scoraggiarlo, né abbatterlo; ricordava l'Inghilterra che lo combatteva, attaccandolo di continuo, e l'Egitto e la Francia titubanti, e il console di Francia che più degli altri si oppose ai primi lavori, e come gli si resisteva prendendo gli operai con la sete, rifiutando loro l'acqua dolce; e il ministero della Marina e gli ingegneri, tutti gli uomini seri, provetti e colti, tutti naturalmente ostili, e tutti scientificamente sicuri del disastro, calcolandolo e promettendolo come si promette l'eclisse per il tal giorno o la tale ore ».
Il libro che narrerà la vita di tutti questi grandi, conterrà pochi nomi, ma questi nomi sono stati in testa agli avvenimenti più importanti della civiltà e della storia.
2.° - I mezzi di azione dei condottieri; l'azione, la ripetizione e il contagio.Quando si tratta di esaltare per un momento una folla e di condurla a commettere un atto qualsiasi saccheggiare un palazzo, farsi massacrare per difendere una barricata, bisogna operare su di essa con mezzi rapidi di suggestione. Il più energico é l'esempio. E allora necessario che la folla sia preparata da talune circostanze, e che colui il quale vuol trascinarla possieda la qualità che io studierò più oltre sotto il nome di prestigio.
Quando si tratta di far penetrare lentamente idee e credenze nello spirito delle folle - le teorie sociali moderne, ad esempio - i metodi dei condottieri sono diversi. Essi sono principalmente ricorsi a questi tre procedimenti: l'affermazione, la ripetizione, il contagio.
L'affermazione pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogni prova, costituisce un sicuro mezzo per far penetrare un'idea nello spirito delle folle. Più l'affermazione é concisa, sprovvista di prove e di dimostrazione, più essa ha autorità: I libri religiosi e i codici di tutte le epoche hanno sempre proceduto per semplice affermazione. Gli uomini di Stato chiamati a difendere una causa politica qualunque, gli industriali che diffondono i loro prodotti con annunci, conoscono il valore dell'affermazione.
Quest'ultima non acquista tuttavia reale influenza se non a condizione d'essere costantemente ripetuta, e il più possibile, negli stessi termini. Napoleone diceva che esiste una sola figura seria di retorica, la ripetizione. La cosa affermata riesce a stabilirsi negli spiriti a tal punto da essere accettata come una verità dimostrata.
Ben si comprende l'influenza della ripetizione sulle folle, vedendo quale potere essa esercita sugli spiriti più illuminati. La cosa ripetuta finisce difatti per attecchire in quelle regioni profonde dell'incoscio in cui si elaborano i motivi delle nostre azioni. In capo a qualche tempo, dimenticando qual'é l'autore della affermazione ripetuta, finiamo per credervi. In tal modo si spiega la forza mirabile dell'annunzio. Quando abbiamo letto cento volte che il miglior cioccolato é il cioccolato X, noi ci immaginiamo d'averlo inteso dire di frequente e finiamo per averne la certezza. Persuasi da mille attestazioni che l'intruglio Y ha guarito i più grandi personaggi dalle più tenaci malattie, il giorno in cui siamo colti da una malattia dello stesso genere, finiamo per essere tentati di provarla.
A furia di veder ripetere dallo stesso giornale che A é un perfetto cretino e B un onestissimo uomo, finiamo per esserne convinti, considerato, s'intende, che non leggiamo di frequente un altro giornale d'opinione contraria, in cui i due qualificativi siano invertiti. L'affermazione e la ripetizione sono abbastanza polenti per potersi combattere.
Quando un'affermazione é stata sufficientemente ripetuta, con unanimità nella ripetizione, come capita in certe imprese finanziarie, si forma ciò che si chiama una corrente d'opinioni e il potente meccanismo del contagio interviene.
Nelle folle, le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze possiedono un potere contagioso, intenso quanto quello dei microbi. Questo fenomeno sì osserva negli stessi animali non appena essi costituiscano una folla. Il tic di un cavallo in una scuderia é in breve tempo imitato dagli altri cavalli della medesima scuderia. Una paura, un movimento disordinato di qualche pecora, si propagano in breve a tutto il gregge. Il contagio delle emozioni spiega la subitaneità del panico. I disordini cerebrali, come la pazzia, si propagano anche per contagio. Si sa quanto é frequente l'alienazione negli alienisti. Si citano anche forme di pazzia, l'agorafobia (paura di attraversare un luogo aperto, come una grande piazza), ad esempio, comunicate dagli uomini agli animali.
Il contagio non esige la presenza simultanea di individui in uno stesso luogo; esso può verificarsi a distanza, sotto l'influenza di certi avvenimenti che orientano gli spiriti nello stesso senso e che danno i loro particolare carattere alle folle, soprattutto quand'esse sono preparate dai fattori lontani che ho studiato più sopra. Così, ad esempio, l'esplosione rivoluzionaria del 1848, partita da Parigi e che si propagò improvvisa a una gran parte dell'Europa e scosse parecchie monarchie.
L'imitazione, alla quale si attribuisce tanta influenza nei fenomeni sociali, non é in realtà che un semplice effetto di contagio. Avendo altrove la sua funzione, mi limiterò a riportare ciò che ne dicevo, or é molto tempo, e quel che é stato svolto da altri scrittori.
« Come l'animale, l'uomo ha tendenza ad imitare. L'imitazione é un bisogno per lui, a condizione, beninteso, che questa imitazione sia facile, e da questo bisogno nasce la moda. Si tratti di opinioni, di idee, di manifestazioni letterarie, o semplicemente di costumi, quanti osano sottrarsi al suo impero? Le folle si guidano con dei modelli, non con argomenti. In ogni epoca, un piccolo numero di individui imprimono quell' impulso che poi la massa inconsciamente imita. Questi individui però non devono allontanarsi troppo dalle idee ricevute. Imitarli diventerebbe allora troppo difficile e la loro influenza sarebbe annullata. Questa é la ragione per cui gli uomini troppo superiori alla loro epoca non hanno generalmente nessuna influenza su di essa. E ancora per la stessa ragione gli Europei, con tutti i vantaggi della loro civiltà, esercitano un'influenza insignificante sui popoli d'Oriente.
« La duplice azione del passato e dell'imitazione reciproca, finisce col rendere tutti gli uomini di uno stesso paese e di una stessa epoca simili a tal punto che perfino in quelli che sembrerebbe dovessero maggiormente sottrarvisi - filosofi, scienziati, letterati - il pensiero e lo stile hanno un'aria di famiglia che fa subito riconoscere il tempo al quale appartengono. Un momento di conversazione con un individuo qualsiasi basta per conoscere a fondo le sue letture, le sue occupazioni e l'ambiente in cui vive » (Gustav Le Bon. "L'uomo e la società", v. II, p. 116, 1881.).
Il contagio é abbastanza potente per imporre agli uomini non soltanto certe opinioni, ma anche certi modi di sentire. Il contagio fa disprezzare, in una data epoca, un'opera, il Tannhauser, ad esempio, e qualche anno dopo la fa ammirare da quegli stessi che l'avevano maggiormente denigrata.
Le opinioni e le credenze si propagano bene per mezzo del contagio, e pochissimo per mezzo del ragionamento. Le concezioni attuali degli operai vengono apprese all'osteria, con l'affermazione, la ripetizione e il contagio. Le credenze delle folle di tutti i tempi non si sono formate in altro modo.
Renan paragona giustamente i primi fondatori del cristianesimo «agli operai socialisti che diffondono le loro idee di osteria in osteria»; e Voltaire aveva già fatto osservare a proposito della religione cristiana che « per più di cent'anni era stata accolta soltanto dalla più vile canaglia. »
Negli esempi analoghi a quelli che ho citati, il contagio, dopo aver esercitato la sua influenza nelle classi più basse, passa in seguito alle classi superiori della società. In questo modo, ai nostri giorni, le dottrine socialiste cominciano a guadagnare coloro che, poi, ne sarebbero le prime vittime. Dinanzi al potere del contagio, anche l'interesse personale viene distrutto.
E tutto ciò perché ogni opinione diventata popolare finisce con l'imporsi anche alle classi sociali più elevate, per quanto visibile possa essere l'assurdità dell'opinione trionfante. Questa reazione degli strati sociali inferiori su quelli superiori é tanto più curiosa se si pensa che le credenze delle folle derivano sempre, più o meno da qualche idea superiore che non ha avuto influenza nell'ambiente dove era nata. I condottieri, soggiogati da questa idea superiore, se ne impadroniscono, la deformano e creano una setta che la altera di nuovo, e che la diffonde sempre più trasformata tra le folle.
Diventata verità popolare, l'idea risale alla sorgente e allora agisce sulle classi elevate di una nazione. In conclusione é l'intelligenza che guida il mondo, ma lo guida da molto lontano. I filosofi creatori di idee sono da molto tempo scomparsi, quando, per effetto del meccanismo ora descritto, il loro pensiero finisce per trionfare.
3.0 - Il prestigio.Le opinioni diffuse per mezzo dell'affermazione, della ripetizione, del contagio, hanno un gran potere perché finiscono con l'acquistare quell'influenza misteriosa che si chiama prestigio.
Tutto ciò che ha dominato nel mondo, le idee o gli uomini, si é imposto principalmente per la forza irresistibile espressa dalla parola prestigio. Noi conosciamo tutto il senso di questa parola, ma viene applicato in modi troppo diversi perché sia facile definirlo.
Il prestigio può comprendere certi sentimenti come l'ammirazione e il timore che a volte ne sono la base, ma può anche esistere senza di essi. Persone ormai scomparse - che, quindi, non possiamo temere - Alessandro, Cesare, Maometto, Budda, hanno un notevole prestigio. D'altra parte, certe finzioni che noi non ammiriamo, le divinità mostruose dei templi sotterranei dell'India, ad esempio, ci sembrano, tuttavia, rivestite di un grande prestigio. Il prestigio, in realtà, é una specie di fascino che un individuo, un'opera o una dottrina, esercitano sul nostro spirito. Questo fascino paralizza tutte le nostre capacita critiche e riempie la nostra anima di ammirazione e di rispetto. I sentimenti allora provocati sono inesplicabili come tutti i sentimenti, ma probabilmente della stessa specie della suggestione subìta da un soggetto ipnotizzato. Il prestigio è la più potente forza di ogni dominazione. Gli dei, i re, e le donne non avrebbero mai regnato senza il prestigio.
Così: le diverse varietà di prestigio si possono riunire in due specie, il prestigio acquisito e il prestigio personale. Il prestigio acquisito é quello conferito dal nome, dalla ricchezza, dalla reputazione. Può essere indipendente dal prestigio personale. Il prestigio personale costituisce invece qualcosa di individuale che a volte coesiste con la reputazione, la gloria, la ricchezza, o è aumentato da esse, ma che può benissimo esistere indipendentemente.
Il prestigio acquisito o artificiale é il più diffuso. Per il solo fatto che un individuo occupa una data posizione, possiede una certa fortuna, ha certi titoli, é circondato da un'aureola di prestigio, per quanto il suo valore personale sia nullo. Un militare in uniforme, un magistrato in toga rossa, hanno sempre del prestigio. Pascal aveva notato molto giustamente la necessità, per i giudici, di toga e parrucca. Senza di queste, perderebbero una gran parte della loro autorità. Il socialista più feroce è emozionato alla vista di un principe o di un marchese; e bastano tali titoli per scroccare a un commerciante tutto quello che si vuole (*).
(*) L'influenza dei titoli, delle decorazioni, delle uniformi, sulle folle si nota in tutti i paesi, anche quando il sentimento dell'indipendenza personale é molto spinto. Riproduco a questo proposito un brano assai curioso di un viaggiatore sul prestigio di certi personaggi in Inghilterra: « In diverse occasioni m'ero accorto del fascino prodotto da un pari di Inghilterra anche sugli inglesi più ragionevoli. Purché sia all'altezza del suo rango, essi l'amano senz'altro e in sua presenza lo seguono incantati nei suoi atti. Gli inglesi arrossiscono di piacere quando un pari si avvicina, e, s'egli parla loro, la gioia contenuta aumenta il rossore e fa brillare i loro occhi di luce insolita. Hanno il lord nel sangue, se si può dire così, come lo spagnolo la danza, il tedesco la musica e il francese la Rivoluzione. La loro passione per i cavalli e per Shakespeare è meno violenta, la soddisfazione e l'orgoglio che ne traggono sono meno profondi. Il Libro dei Pari ha una vendita notevole, e per quanto lontano si vada, lo si trova sempre, come la Bibbia, in mano a tutti ».
Il prestigio di cui ho parlato é esercitato dalle persone; gli si può mettere vicino quello esercitato dalle opinioni, da opere letterarie, o artistiche, ecc. Spesso non è che ripetizioni accumulate. La storia, la storia letteraria e artistica specialmente, essendo soltanto la ripetizione degli stessi giudizi che nessuno cerca di controllare, ognuno finisce col ripetere quello che ha imparato a scuola. Esistono certi uomini e certe cose che nessuno oserebbe toccare. Per un lettore moderno, l'opera d'Omero è immensamente noiosa; ma chi oserebbe dirlo ? Il Partenone, nello stato attuale, é una rovina che desta poco interesse; ma possiede un tale prestigio che non lo si vede che con tutto il corteo di ricordi storici. La caratteristica del prestigio é di impedire di vedere le cose come sono e di renderci incapaci di giudicare. Le folle sempre, gli individui il più delle volte, hanno bisogno di opinioni già fatte. Il successo di queste opinioni é indipendente dalla parte di verità o d'errore che esse contengono; esso risiede unicamente nel loro prestigio.
Ed eccomi ora al prestigio personale. Di una natura assai diversa dal prestigio artificiale o acquisito, esso costituisce una facoltà indipendente da ogni titolo, da ogni autorità. Il piccolo numero di persone che lo possiedono esercitano un fascino veramente magnetico su coloro che le circondano, compresi i loro uguali: si obbedisce loro come la bestia feroce obbedisce al domatore che essa potrebbe facilmente divorare.
I grandi condottieri di uomini, Budda, Gesù, Maometto, Giovanna d'Arco, Napoleone, possedettero in grado eminente questa forma di prestigio. Soprattutto per tale prestigio essi si imposero. Gli dei, gli eroi e i dogmi si impongono e non si discutono; quando si discutono, svaniscono.
I personaggi che ho ora citati possedevano la loro potenza fascinatrice assai prima di diventare illustri, e non lo sarebbero diventati senza di essa. Napoleone, al colmo della sua gloria, esercitava, per il solo fatto della sua potenza, un prestigio immenso; ma di questo prestigio era già in parte dotato al principio della sua carriera. Quando, generale ignorato, fu inviato per protezione a comandare l'esercito d'Italia, cadde in mezzo a rudi generali, pronti a fare una dura accoglienza al giovane intruso che il Direttorio avevo loro mandato. Fin dal primo minuto, dal primo incontro, senza frasi, senza gesti, senza minacce, al primo sguardo del futuro grand'uomo, erano domati.
Servendosi di memorie di contemporanei, Taine fa un curioso racconto di questo incontro.
« I generali di divisione, tra gli altri Augereau, un soldataccio eroico e grossolano, orgoglioso della sua statura e del suo coraggio, giunge al quartier generale assai maldisposto per il piccolo parvenu che han mandato loro da Parigi. Secondo la descrizione che gli han fatto, Augereau é ingiurioso, già predisposto all'insubordinazione: un favorito di Barras, un generale da vendemmiaio, un generale di strada, guardato come un orso, perché é sempre solo a pensare, una piccola faccia, una reputazione di matematico e di sognatore. Li introducono, e Bonaparte si fa aspettare. Finalmente appare: cinge la spada, si mette il cappello, spiega le sue disposizioni, dà gli ordini e congeda. Augereau é muto; soltanto quando Bonaparte si allontana ritorna padrone di sé e ritrova le sue bestemmie; con Massena egli conviene che quel piccolo b... di generale gli ha fatto paura; non può capacitarsi dell'ascendente da cui si é sentito schiacciato alla prima occhiata. »
Diventato ,un grand'uomo, il prestigio di Napoleone si accrebbe di tutta la sua gloria e uguagliò quello che ha una divinità sui suoi devoti. Il generale Vandamme, un triviale rivoluzionario, anche più brutale e più energico di Augereau, diceva di lui al Maresciallo d'Ornano, nel 1815, un giorno che salivano assieme lo scalone delle Tuileries
« Caro mio, questo diavolo d'uomo esercita su di me un fascino di cui non posso rendermi conto. Io che non temo né dio né il diavolo, quando lo avvicino, son lì li per tremare come un fanciullo: per lui passerei per la cruna di un ago e mi getterei nel fuoco. »
Napoleone esercitò lo stesso fascino su tutti quelli che lo avvicinarono (*).
(*) Assai consapevole del suo prestigio, l'Imperatore sapeva accrescerlo trattando un po' meno bene dei palafrenieri i grandi personaggi che lo circondavano, e tra i quali figuravano parecchi celebri membri della Convenzione, tanto temuti dall'Europa. I racconti del tempo sono pieni di fatti significativi in proposito. Un giorno, in pieno consiglio di Stato, Napoleone rimbrotta rudemente Beugnot, lo tratta come un servitore maleducato. Ottenuto l'effetto, s'avvicina e gli dice: « Ebbene, grand'imbecille, avete ritrovato la vostra testa ? » A queste parole, Beugnot, alto come un tamburo maggiore, si curva bassissimo, e il piccolo uomo, alzando la mano, prende il grande per l'orecchio, «segno di grandissimo favore, scrive Beugnot, gesto familiare del dominatore che si fa umano». Simili esempi danno una nozione precisa del grado di stupidità a cui il prestigio può portare. Essi fanno comprendere l'immenso disprezzo del gran despota per gli uomini del suo seguito.
Parlando della devozione di Maret e della sua, Davoust diceva : « Se l'Imperatore ci dicesse a tutti e due: per gli interessi della mia politica, é necessario distruggere Parigi senza che nessuno ne esca e se ne fugga, Maret serberebbe il segreto, ne sono sicuro, ma non potrebbe tuttavia fare a meno di comprometterlo, facendo scappare la sua famiglia. Ebbene, io, per tema di lasciarlo indovinare, vi lascerei mia moglie e i miei figli. »
Questa enorme potenza fascinatrice spiega quel meraviglioso ritorno dall'isola d'Elba e l'immediata conquista della Francia compiuta da un uomo isolato, che lotta contro tutte le forze organizzate del paese, che si potevano credere stanche della sua tirannia. Non ebbe che a guardare i generali i quali avevano giurato di impadronirsi di lui. Tutti si sottomisero senza discussione.
« Napoleone - scrive il generale inglese Wolseley - sbarca in Francia quasi solo e riesce, in qualche settimana, a rovesciare, senza effusione di sangue, tutta l'organizzazione del potere della Francia sotto il suo legittimo re; l'ascendente personale di un uomo ebbe mai ad affermarsi più di questo modo ? Ma dal principio alla fine di questa campagna, che fu l'ultima, come é notevole l'ascendente che egli esercitava ugualmente sugli alleati, costringendoli a seguire la sua iniziativa, e quanto poco mancò ch'egli li schiacciasse !»
Il suo prestigio gli sopravvisse e continuò ad aumentare. Fu lui a far consacrare imperatore un oscuro nipote. Vedendo rinascere oggi la sua leggenda, si constata a qual punto quest'ombra é ancora potente. Malmenate gli uomini, massacrateli a milioni, fate invasioni su invasioni, tutto vi é permesso se possedete un certo grado di prestigio e l'intelligenza necessaria per mantenerlo.
Ho ricordato un esempio di prestigio eccezionale, certamente, ma era necessario per far comprendere la genesi delle grandi religioni, delle grandi dottrine e dei grandi imperi. Senza il potere esercitato dal prestigio sulla folla, questa genesi sarebbe incomprensibile.
Ma il prestigio non si fonda soltanto sull'ascendente personale, la gloria militare e il terrore religioso; può avere origini più modeste e tuttavia essere notevole. Il nostro secolo ce ne dà parecchi esempi. Uno di questi, che la posterità ricorderà nei secoli, fu dato dalla storia dell'uomo celebre già citato che modificò la faccia del mondo e le relazioni commerciali dei popoli separando due continenti. Egli riuscì nella sua impresa per la sua grande volontà, ma anche per il fascino che esercitava sul suo seguito. Per vincere l'opposizione unanime, bastava che si facesse vedere, che parlasse un momento, e, soggiogati dal fascino, gli oppositori diventavano amici. Specialmente gli Inglesi combattevano accanitamente il suo progetto; la sua presenza in Inghilterra bastò per farlo accettare. Quando più tardi egli passò per Southampton, le campane suonarono al suo passaggio. Avendo vinto tutti, uomini e cose, e non credendo più a nessun ostacolo, volle ricominciare Suez a Panama, con gli stessi mezzi; ma la fede solleva le montagne se però non sono troppo alte. Le montagne resistettero, e la catastrofe che ne seguì distrusse l'abbagliante aureola di gloria che circondava l'eroe. La sua vita insegna come può crescere e sparire il prestigio. Dopo aver eguagliato in grandezza i più celebri personaggi storici, fu messo al livello - dai magistrati del suo paese - dei più vili delinquenti. La sua bara passò sola in mezzo alle folle indifferenti. Soltanto i sovrani stranieri resero omaggio alla sua memoria (*).
(*) Un giornale straniero, la Neue Freié Presse di Vienna, ha fatto, pensando al destino di Lesseps, delle riflessioni psicologiche molto giuste e che perciò riporto qui:
« Dopo la condanna di Ferdinando di Lesseps, non c'é più da stupirsi della triste fine di Cristoforo Colombo. Se Ferdinando di Lesseps é un truffatore, ogni nobile illusione é un delitto. L'antichità avrebbe circondato la memoria di Lesseps di un'aureola di gloria, e gli avrebbe fatto bere il nettare, in mezzo all'Olimpo, poiché egli ha cambiato la faccia della terra, e ha compiuto opere che perfezionano la creazione. Condannando Ferdinando Lesseps, il presidente della Corte di Appello s'é reso immortale, poiché i popoli domanderanno sempre il nome dell'uomo che non temette d'abbassare il proprio secolo col far indossare la casacca del condannato a un vecchio la cui vita é stata la gloria dei suoi contemporanei.
«Che nessuno parli più di giustizia inflessibile là dove regna l'odio burocratico contro le grandi opere ardite. Le Nazioni hanno bisogno di questi uomini audaci che credono in sé stessi e superano tutti gli ostacoli, senza badare alla propria vita. Il genio non può essere prudente; con la prudenza non potrebbe mai allargare il cerchio dell'attività umana.
"Ferdinando Lesseps ha conosciuto l'ebbrezza del trionfo e l'amarezza del disinganno: Suez e Panama. Qui il cuore si rivolta contro la morale del successo. Quando Lesseps é riuscito a collegare due mari, principi e nazioni gli resero omaggio; oggi in cui naufraga contro le rocce delle Cordigliere, non é più che un volgare truffatore... C'é in questo una guerra di classi sociali, un malcontento di burocrati e di impiegati che si vendicano per mezzo del codice penale su quelli che vorrebbero innalzarsi sopra gli altri... I legislatori moderni si trovano imbarazzati dinanzi a queste grandi idee del genio umano; il pubblico le capisce ancor meno, ed é cosa facile per un avvocato generale il provare che Stanley é un assassino e Leseps un imbroglione ».
Ma i diversi esempi che abbiamo citati rappresentano forme estranee. Per stabilire nei suoi particolari la psicologia del prestigio, bisognerebbe esaminare la serie dai fondatori di religioni e di imperi fino al privato che cerca di far colpo sui vicini con un abito nuovo o una decorazione.
Fra i termini ultimi di questa serie, bisognerebbe mettere tutte le forme di prestigio nei diversi elementi di una civiltà: scienze, arte, letteratura, ecc., e si vedrebbe allora che esso costituisce l'elemento fondamentale della persuasione. L'essere, l'idea o la cosa che ha del prestigio sono, per via di contagio, immediatamente imitati e impongono a tutta una generazione certi modi di sentire e di tradurre il pensiero.
L'imitazione é, il più delle volte, incosciente, ed è questo che la rende completa. I pittori moderni, riproducendo i colori sbiaditi e le pose rigide di certi primitivi, non dubitano affatto da che parte viene la loro ispirazione; credono alla propria sincerità, mentre se un maestro in vista non avesse risuscitato questa forma d'arte, si sarebbe continuato a non vederne che il lato ingenuo. Quelli che secondo l'esempio di un novatore celebre, inondano le loro tele d'ombre violacee, non vedono nella natura più viola di quanto ne vedessero cinquant'anni prima, ma sono suggestionati dall'impressione personale e speciale di un pittore che ha saputo conquistare un gran prestigio. In ogni elemento di civiltà, si potrebbero ricordare molti esempi simili.
Da ciò che si è detto, si vede che molti fattori entrano nella genesi del prestigio e che uno dei più importanti fu sempre il successo. L'uomo che riesce, l'idea che s'impone, per questo unico fatto non sono più contestati. Il prestigio muore con l'insuccesso. L'eroe acclamato ieri dalla folla, domani è vituperato dalla stessa folla se la sorte gli è stata avversa. La reazione sarà tanto più viva quanto più grande è stato il prestigio.
La moltitudine considera l'eroe caduto come suo eguale, e si vendica d'essersi inchinata dinanzi a una superiorità che non riconosce più. Robespierre, facendo tagliar la testa ai suoi colleghi e a un gran numero dei suoi contemporanei, aveva un immenso prestigio. Per qualche voce corsa qua e là, egli lo perdette immediatamente, e la folla lo seguì alla ghigliottina con le imprecazioni con cui prima aveva accompagnato le sue vittime.
I credenti distruggono sempre con furore le statue dei loro antichi dei. Il prestigio tolto dall'insuccesso viene perduto subito. Può diminuire anche con la discussione ma in modo più lento. Questo procedimento è tuttavia di effetto sicuro. Il prestigio discusso non è già più prestigio. Gli dei e gli uomini che hanno voluto conservare a lungo il loro prestigio, non hanno tollerato le discussioni. Per farsi ammirare dalle folle, bisogna sempre tenerle a distanza.