Come è stato riferito, si è finalmente, dopo un abbastanza
movimentato tira e molla tra promotori e autorità militari
angloamericane, tenuto a Napoli l'annunziato grandissimo comizio organizzato
dai partiti antifascisti di oltre Garigliano.
Grandissimo? Veramente no. Dal punto di vista della frequenza, sembra
che la Galleria Umberto fosse affollata da 5000 dimostranti, secondo
i dati inviati a Londra da Mister Cecil Sprigge, corrispondente della
Reuter da Napoli. Non sono molti, quando si ponga mente che il comizio
doveva raccogliere gli aderenti di cinque partiti e considerato, che,
nella massa, v'era certamente la solita aliquota di curiosi e di contrari.
Ma non erano ben sei i partiti antifascisti nell'italia invasa?
Erano, ma oggi sono cinque, perché uno di essi, il democratico
cristiano, o sturzesco che dir si voglia, ha tagliato diligentemente
la corda ed ha «marinato » il comizio. Il cale ha sollevato
la più fiera delle indignazioni da parte di uno degli oratori.
A proposito dei quali è indispensabile notare che gli «
assi » o i « cannoni e dell'antifascismo hanno girato
al largo. Non sono apparsi alla tribuna né Sforza, né
Croce, né il bollentissimo Omodeo. Sforza e Croce, effettivamente,
sono oratori da sala e non da piazza, da assemblea, non da comizio.
E' gente che per via del sangue più o meno bluastro o per consuetudine
di vita riservata, non può mescolarsi troppo da vicino con
la vile plebaglia né tollerarne l'incomposto clamore.
Così, invece dei solennissimi bonzi, sono saliti sulla bigoncia
uno che si chiana Russo, uno che si chiama Tedeschi, ed uno jugoslavo
di cui le cronache inglesi
non ci hanno tramandato il nome glorioso e che, secondo Sprigge, ha
parlato in un pessimo
italiano. Deve essere stato veramente pessimo, se persino un inglese
se ne è accorto.
Tema dei discorsi: Basta con Vittorio! Basta con Badoglio! Questo
« Tandem » deve andarsene, non per l'immane vergogna e
infamia e rovina della capitolazione, ma perché reo di fascismo
o quasi. E' stata approvata una mozione in questo senso ed è
stato annunciato un « referendum » allo scopo di ottenere
l'abdicazione di Vittorio Savoia e le dimissioni del suo primo ministro.
Il « colore » del comizio è dato dal fatto che
il più sepolcrale silenzio ha « sottolineato »
l'evacuazione di Churchill e Roosevelt, mentre il nome di Stalin veniva
accolto da un uragano di applausi tale da far tremare le scarse vetrate
rimaste a ricordo delle 104 incursioni effettuate dai «liberatori
» anglosassoni.
Come ognuno di voi, o intelligenti ascoltatori che avete seguito le
note della « Corrispondenza Repubblicana » può
agevolmente constatare, i sei e ora cinque partiti antifascisti hanno
camminato come si dice facciano i gamberi, in relazione alla soluzione
del problema costituzionale.
In un primo tempo, autunno inoltrato del 1943, propositi oltranzionistì.
La monarchia è colpevole di avere instaurato ed appoggiato
durante 20 anni il Fascismo; dunque, deve seguirne il destino. Non
si osa nemmeno dai rimpatriati carichi di rancore - pronunziare la
parola repubblica, ma è sottintesa.
Però dopo alcune settimane, assistiamo ad un primo ripiegamento
tattico. La forma definitiva politica dello Stato sarà decisa,
si dice, dal popolo alla fine della guerra, ma, nell'attesa, la presenza
di Vittorio
e del figlio è intollerabile. Essi almeno devono decidersi
a fare le valigie e più presto sarà, tanto meglio. Il
principio monarchico viene però, sia pure formalmente rispettato
nella persona del piccolo nipote, che forse un giorno, molto ma molto
remoto, regnerà.
Ma questo non è l'ultimo ripiegamento tattico; adesso non si
parla più del nipote. Non si richiede più la testa del
figlio, ci si contenta solo del padre Vittorio Savoia e anche qui
si apre una porticina di sicurezza attraverso un referendum che si
farà quando si farà; il che prelude ad un ultimo ripiegamento
tattico destinato a insabbiare in maniera definitiva la questione.
I partiti antifascisti non avrebbero potuto offrire una spettacolo
più pietoso del loro infantilismo politico, della loro vera
e propria involuzione mentale, della loro pusillanimità morale.
Né poteva essere diversamente, dato il loro programma di pura
e semplice negazione antifascista. Essi devono fare soltanto ed esattamente
l'opposto di quanto dice e fa il fascismo.
E' la bandiera della Repubbica che il Fascismo innalza? Gli antifascisti,
anche repubblicani, diventano monarchici. Il Fascismo socializza le
industrie? Gli antifascisti, anche i comunisti, difenderanno a spada
tratta i privilegi del capitalismo.
Supponiamo -è una ipotesi per il momento semplicemente accademica
- che il Fascismo diventi anticlericale: ebbene i massoni antifascisti
del partito di azione si schiererebbero, dopo il trono, a difesa dell'altare.
Questa gente inacidita fa la politica del dispetto, la politica di
Origene.
Ma data la loro manifesta impotenza, potrebbero farne
una diversa? Sta di fatto che essi non furono, e non sono mai presi
sul serio dai loro stessi padroni e finanziatori.
Era infatti appena calato il sipario sul numero del cine-varietà
partenopeo, che le cronache hanno annunciato un nuovo sollazzevole
colpo di scena che deve aver fatto rimanere di stucco o di «palta»,
come dicono sulle rive amene dell'Olona, i mestieranti dello antifascismo
napoletano.
Cecil Sprigge ci ha narrato che, durante il comizio, Stalin fu acclamatissimo
e Badoglio fischiatissimo. Ebbene, all'indomani, quando nell'aria
vibravano ancora gli echi degli applausi e dei fischi, l'acclamatissimo
Stalin riannodava le relazioni diplomatiche col fischiatissimo Duca
di Addis Abeba.
C'è da perdere il lume della ragione di fronte al mistero di
questi subitanei rompicapo. Una smentita di siffatto calibro, una
così potente legnata, una prova così vistosa di solidarietà
col marchese di Caporetto doveva proprio venire dal Cremlino a percuotere
e soprattutto a ridicoleggiare i campioni dell'antifascismo vesuviano?
Questo è troppo! Devono aver brontolato Sforza e Croce e Omodeo
e i salmodianti minori: « Se Stalin voleva in un certo modo
« liquidarci » doveva almeno, in nome dei comuni principii,
rispettare le forme ».
La realtà è che Stalin, per i suoi prevedibili piani
diplomatici, stima più redditizio, almeno per il momento, utilizzare
un autentico traditore quale il maresciallo, piuttosto che far calcolo
sugli illusi, gli opportunisti, gli eroi della sesta giornata, che
insieme con un certo numero di delinquenti formano la massa di manovra
dell'antifascismo italiano.
Quanto alla monarchia, essa è letteralmente liquidata al nord,
né potrà sopravvivere, malgrado l'ignavia complice delle
cosidette sinistre, a sud del Garigliano.