DOC. 118



Chi sono
i disertori ?


Uomini - dirigenti responsabili e capi cui era affidata la vita, la calma, la tradizione di disciplina e di fervida operosità delle nostre popolazioni - hanno lasciato i loro posti e quel che è peggio l'Isola. Avviene da molti giorni questo esodo: dall'inizio della proclamazione dello stato d'emergenza.
In dieci giorni si è fatto il vuoto pneumatico in tutti gli uffici politici, economici, militari.
Non sono mancacti i pretesti: c'era chi doveva recarsi a rapporto - e guarda la combinazione, fuori della Sicilia - c'era chi aveva ottenuto un provvidenziale trasferimento, c'era chi improvvisamente accusava una malattia talmente perniciosa da esser costretto a lasciare la nostra terra.

Il popolo è rimasto al suo posto: senza pane, senza pasta, con un pugno di fave e un mucchiettto di riso, spesso senza neanche questo. Ed ha visto, ed ha sorriso al grosso numero dei capi, dei gerarchi, che sempre più s'ingrassava e che metteva al sicuro la propria pelle.

Noi conosciamo questa gente, noi sappiamo nomi e cognomi - di questi pseudi-uomini. Li abbiamo incontrati nella nostra vita, ordinare - quando ne avevano i mezzi- un "pezzo di elogio"; il popolo li conosce.

Dove sono questi disertori? Sono al sicuro e dall'esodo vergognoso traeranno oggi i motivi per un tentativo: quello di traformare la fuga in una ritirata necessaria, raccontando di essere stati costretti a lasciare i loro posti.
Costretti? da chi? Da popolo no che sino a ieri ha mantenuto la calma e la disciplina; dalle truppe di occupazione, neanche, perché la fuga è avvenuta con un tempestivo lasso di tempo.

Da chi, da chi sono stati costretti a fuggire, a lasciare il popolo senza dirigenti, le amministrazioni senza capi?

C'è bisogno di dire che sono stati costretti dalla loro viltà, dal'enorme valutazione che hanno dato alla loro vita? E c'è bisogno di dire che oggi parleranno, in luoghi sicuri, del dovere compiuto fino all'ultimo, della fuga davanti al nemico alle porte e al popolo in tempesta.

Getteranno fango su questa nostra terra, indifesa è impreparata, sui nostri soldati eroici, sulle nostre popolazioni disciplinate e pazienti.

Ma dacché mondo è mondo il fango ha sempre sporcato chi lascia il proprio posto, lorde chi fugge e non chi resta.
La Sicilia ha troppa storia dietro le sue spalle perché i "disertori" possano tentare di sporcare le pagine vive di luce e fedeltà. Il soldato, il lavoratore, il cittadino siciliano insomma è sempre stato un monumento, un punto fermo della disciplina e della fede. Sempre, sempre.

I disertori che prima di fuggire si sono assicurate le cinque mensilità dei loro stipendi, che hanno fatto man bassa su quello che potevano, che hanno salvato la pelle, che non hanno sentito la nobiltà del dovere compiuto sino all'ultimo, di fronte all'occupazione, e non hanno sentito la coscienza di vivere le ultime ore della grande tragedia, questi disertori attendono perfino il vocabolario: la parola "disertore" diventa troppo bella per loro.

Vilissimi grassatori, traditori di una fede, speculatori volgari delle stesse idee che dicevano di professare.
E ci dispiace perfino di farli passare attraverso l'incompiuta pagina di questo giornale. Alla Storia ha diritto di passare solo il popolo siciliano.
Non è un appello questo; è una constatazione. Il piombo si trasforma in una fiaccola di fede: qualunque cosa avvenga, noi che siamo rimasti abbiamo fiducia nel nostro domani.

Noi conosciamo la Sicilia e i siciliani: l'ora che volge è fra le più gravi che si sia abbattuta sulla nostra terra: i battenti diventano squilli sulle porte della Storia.
Restino i Palermitani ai loro posti, resti il popolo calmo e disciplinato, silenzioso e fedele; nessuno compia atti che attenderebbero la nostra onestà; restare ai propri posti per dimostrare che i Siciliani sono quelli che sono rimasti attaccati alla loro terra, e non quelli che vergognandosene, con la fuga, l'hanno tradita.

Siciliani difeendiamo ancora una volta il nostro onore: nessuna forza al mondo, nessuna propaganda potranno dire a noi che siamo rimasti di essere degeneri dei nostri Padri. Noi, solo noi difendiamo attaccandoci disperatamente alle nostre case, alla nostra terra, alle bare dei nostri Avi e alle culle dei nostri figli, noi soli difendiamo la tradizione di eroismo, di fedeltà alla Sicilia.
Palermitani, attendiamo gli eventi con cuore virile e con salda coscienza.

LA SICILIA AI SICILIANI

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