Liberati dal grave peso della lunga, schiacciante attesa, vedo giunto
ora il momento di parlare al popolo tedesco senza dover ricorrere
ad artifizi di fronte a me stesso o di fronte al pubblico.
Il crollo dell'Italia era da prevedersi da lungo tempo, non per la
mancanza di adeguate possibilità italiane per una resistenza
efficace o per la mancanza del necessario aiuto tedesco. ma piuttosto
per difetto, o meglio per la mancanza di volontà di quegli
elementi, che ora, come conclusione del loro metodico sabotaggio,
hanno provocato la capitolazione. Si è compiuto ciò
verso cui da anni molti uomini tendevano: il passaggio del Comando
di Stato Maggiore italiano dal Reich, alleato dell'Italia, ai comuni
nemici.
Allorché l'Inghilterra e la Francia nel settembre 1939 dichiararono
la guerra al Reich, l'Italia, in base ai patti, sarebbe stata costretta
a dichiararsi subito solidale con la Germania; tale solidarietà
era basata non solo sulle clausole del patto, ma anche sulla sorte
che i nemici avrebbero riservato in futuro alla Germania così
come all'Italia.
E' noto che Mussolini aveva preso la risoluzione di ordinare in Italia,
secondo i patti, l'immediata mobilitazione. Le stesse forze che hanno
portato oggi alla capitolazione, riuscirono ad impedire nell'agosto
del 1939 l'entrata in guerra dell'Italia.
Come capo del popolo tedesco, ho dovuto avere della comprensione per
tali straordinarie difficoltà del Duce.
Per tale ragione, né allora né più tardi io ho
spinto l'Italia a mantenere gli obblighi dell'alleanza. Al contrario
ho lasciato completamente libero il governo italiano sia di non entrare
affatto in guerra, sia di entrarvi nel momento più conveniente,
che esso poteva fissare liberamente.
Nel giugno del 1940 Mussolini riuscì ad ottenere quelle
premesse interne necessarie per l'entrata in guerra dell'Italia a
fianco del Reich.
La lotta in Polonia era altrettanto decisa in quelI'epoca quanto quella
in Norvegia.
In Francia e contro le armate alleate inglesi sul continente. Nondimeno,
io ho dovuto ringraziare il Duce per una presa di posizione che, come
sapevo, si era potuto stabilire nell'interno solo attraverso gravi
difficoltà incontrate non nel popolo italiano, ma in determinate
sfere.
Da quel momento il Reich e l'Italia sostennero insieme la lotta. Su
molti teatri di guerra è stato versato il sangue in comune.
Nemmeno un attimo il Duce ed io abbiamo dubitato che questa lotta
sarebbe stata decisiva per l'esistenza o la non esistenza dei nostri
popoli.
Perciò la Germania anche di fronte ad aspri combattimenti,
aiutò sempre il suo alleato fino al limite del possibile.
Molte offerte di aiuto sono state da pricipio o addirittura rifiutate
dai capi militari dell'Italia, o accettate soltanto a condizioni inattuabili.
Verrà resa nota a suo tempo al pubblico la documentazione dalla
quale risulta il contributo prestato dalla Germania ai suoi alleati
nella lotta per i comuni destini, e che era pronta a continuare a
prestare. Anche sui comuni teatri di guerra il soldato tedesco ha
conservalo quell'atteggiamento che ovunque lo distingue. Perché,
senza il suo intervento, l'Africa Settentrionale sarebbe stata perduta
per l'Italia fin dall'inverno 1940-1941. Il nome del Maresciallo Rommel
è legato in eterno a quell'azione tedesca.
Allorchè nella primavera del 1911, il Reich decise di aiutare
l'Italia nei Balcani, ciò non avvenne per eseguire propositi
propri, ma soltanto per aiutare un alleato per eliminare un pericolo
provocato dal procedere dell'Italia che naturalmente minacciava anche
la Germania.
La Germania sostenne questo sacrificio quasi nello stesso istante
in cui, nella lena del gran attacco bolscevico contro tutta l'Europa,
atteso di ora in ora, aveva già abbastanza da pensare a sé.
Il sangue di numerosi nostri connazionali provò la fedeltà
del popolo tedesco al patto con l'Italia.
II popolo tedesco ed io, come suo Capo, abbiamo potuto prendere questo
atteggiamento soltanto nella coscienza del fatto che alla testa del
popolo italiano si trovava uno degli uomini più rappresentativi
che abbiano visto i tempi moderni, il più grande figlio del
suolo italiano, dalla caduta del mondo antico. La sua incondizionata
fedeltà conferì al vincolo comune la premessa di una
stabilità coronata dal successo. La sua caduta, le vigliacche
ingiurie scagliate contro di lui. saranno risentite un giorno dalle
generazioni italiane quali una profonda onta.
Ma l'ultimo atto, che determinò il colpo di Stato, deciso da
lungo tempo, è stata la richiesta da parte del Duce di più
ampi poteri per una più efficace condotta della guerra.
Durissime misure contro i sabotatori palesi ed occulti della condotta
della guerra, contro i nemici reazionari della giustizia sociale e
con ciò della capacità di resistenza della massa del
popolo italiano dovevano servire a tale scopo.
Ancora all'ultimo momento Mussolini voleva allontanare gli ostinati
nemici del popolo italiano nella sua lotta per l'essere e il non essere,
e per assicurare in tal modo l'avvenire dell'Italia.
E' comprensibile il dolore che io personalmente provai di fronte all'ingiustizia,
unica nella storia, commessa contro quest'uomo, di fronte al trattamento
indegno che gettava sul piano di un delinquente comune, lui che, per
oltre 20 anni, non aveva vissuto che preoccupandosi per il suo popolo.
Sono stato e sono felice di poter considerare come mio amico questo
uomo grande e leale. Del resto, io non sono abituato a cambiare o
a rinnegare le mie opinioni a seconda delle circostanze. Nonostante
qualche opinione contraria, io chiedo che nella vita dei popoli, come
in quella dei singoli individui, la fedeltà abbia un valore
inestinguibile, senza la quale la società umana finirebbe per
oscillare, e le sue organizzazioni, prima o poi, si sgretolerebbero.
Cionondimeno, anche dopo quel passo ignominioso, le truppe tedesche
in Sicilia, gli aviatori tedeschi, gli equipaggi dei sommergibili.
delle motosiluranti, dei trasporti di ogni genere, a terra, nel cielo
e sul mare, hanno continuato a fare il loro dovere al massimo grado.
Per ragioni di opportunità tattica, l'avversario, oggi potrà
tacerlo, ma la posterità metterà un giorno in chiaro
che, fatta eccezione per alcuni valorosi reparti italiani, da quel-
momento in prima linea combatterono soltanto truppe tedesche, che
difendevano con il loro sangue non solo il Reich, ma anche il suolo
italiano.
Che il Governo italiano si sia deciso a rompere l'alleanza, e uscire
dalla guerra o a rendere in tal modo l'Italia stessa teatro della
guerra, può essere da esso motivato con tutte le ragioni che
crede. Ma non potrà mai scusare il fatto di non essersi messo
neanche preventivamente d'accordo con i suoi alleati.
Non basta: lo stesso giorno in cui il maresciallo Badoglio aveva sottoscritto
l'armistizio, egli ricevette l'incaricato d'affari germanico e l'assicurò
che lui, maresciallo Badoglio, non avrebbe mai tradito la Germania,
che noi dovevamo aver fiducia in lui, e che lui avrebbe dato prova
colle sue azioni di essere degno di tale fiducia, e che, soprattutto,
l'Italia non pensava affatto a capitolare.
Il giorno stesso della capitolazione, il Re chiamò l'incaricato
d'affari tedesco e gli diede ampie assicurazioni che l'Italia non
avrebbe mai capitolato, e che sarebbe rimasta fedele alla Germania
nella buona e cattiva sorte.
Un'ora
dopo che era stato reso noto il tradimento, il Capo dello Stato Maggiore
italiano Roatta, dichiarò, di fronte al nostro plenipotenziario
militare, essere quella una volgare menzogna e una invenzione della
propaganda inglese.
Nello stesso momento, il delegato del Ministero degli Esteri italiano
assicurava che quella notizia non era che un tipico raggiro britannico,
che egli avrebbe smentito, mentre un quarto d'ora dopo doveva ammettere
che la cosa era esatta e che l'Italia era effettivamente uscita dalla
guerra.
Agli occhi degli aizzatori democratici della guerra mondiale, nonché
a quelli degli attuali uomini di governo italiani, questo procedimento
potrà sembrare un brillante esempio dell'abilità tattica
della loro politica.
La storia giudicherà un giorno altrimenti e generazioni e generazioni
d'italiani si vergogneranno che questa tattica sia stata applicata
verso un alleato che aveva adempito col sangue e con sacrifici di
ogni genere, attenendosi più di quanto bastava alla lettera
dei patti.
Camerati!
Per voi che già da due anni avete avuto occasione di osservare
la crescente influenza di quelle sfere reazionarie e tedescofobe,
dopo la caduta del Duce non c'era più alcun dubbio sulla vera
intenzione di questo cambiamento di governo.
Ho pertanto stabilito come di dovere tutte le misure che potevano
essere prese in questo caso, per preservare il popolo tedesco da una
sorte che il maresciallo Badoglio e la sua cricca avevano riservato
non solo al Duce e all'Italia, ma nella quale volevano travolgere
anche la Germania.
Gli interessi della condotta di guerra nazionale del popolo tedesco
sono per noi altrettanto sacri che impegnativi. Noi sappiamo tutti
che in questa lotta senza quartiere, secondo il desiderio dei nostri
nemici, il soccombente verrà annientato, mentre al solo vincitore
resterà la possibilità di vivere. Noi siano pertanto
determinati. con fredda decisione, a prendere sempre in massima e
in particolare quelle misure che siano adatte a frustrare le speranze
dei nostri avversari. Ma anche numerosi italiani, gelosi del proprio
onore, si sono dichiarati ora indissolubilmente legati alla lotta
condotta- finora dai due popoli.
La perdita dell'Italia ha militarmente poca importanza. La lotta in
Italia è stata da mesi sostenuta soprattutto dalle truppe tedesche.
D'ora innanzi noi continueremo tale lotta, liberi da ogni gravoso
impedimento. II tentativo del complotto plutocratico internazionale
di fiaccare come in Italia la resistenza tedesca è puerile.
In questo caso essi scambiano per un altro il popolo tedesco.
I
provvedimenti presi a difesa degli interessi tedeschi nei confronti
degli avvenimenti in Italia sono molto duri. Per quanto riguardano
l' Italia esse si svolgono già secondo i piani e sono coronati
da successo. L'esempio del tradimento della Iugoslavia ci ha dato
già in precedenza una salutare lezione e preziosi insegnamenti.
La sorte dell'Italia, però, dovrà essere per tutti una
lezione per non venir mai meno, nei momenti di maggiore bisogno, ai
comandamenti dell'onore nazionale, per rimanere fedeli ai propri alleati
e adempiere con cuore leale a quello che il dovere ci impone di fare.
"Die zum Schutze der deutschen Interessen angesichts des
Vorganges in Italien angeordneten Massnahmen sind sehr hart. Soweit
sie Italien betreffen, verlaufen sie schon jetzt planmdssig und erfolgreich.
Das Beispiel des Verrates Jugoslawiens hat uns schon vorher eine heilsame
Aufklarung und wertvolle Erkenntnisse gegeben. Das Schicksal Italiens
selbst aber mag fur uns alle auch eine Lehre sein, um in Stunden der
hartesten Bedrangnis und der bittersten Not niemals dem Gebot der
Nationalen Ehre zu entsagen, trei zu unserem Bundesgenossen zu stehen
und glaubigen Herzens das zu erfullen, was die Pflicht zu tun uns
auferlegt...."
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Il discorso lo abbiamo in originale diffuso dalla Radio Tedesca