DOC.0100
Appunto di Bastianini al Duce
per cercare una soluzione "come sganciarsi"
Roma 14 giugno 1943 Ho
l'onore di trasmettervi, Duce, l'unito rapporto pervenuto dal nostro
Ministro a Budapest, dal quale appare chiaramente la decisione irrevocabile
del governo ungherese di tenersi stretto all'Italia per ogni evento
futuro. Sarà
poi opportuno precisare meglio il nostro pensiero al Presidente del
Consiglio Kallay, sopra questa politica che coincide anche con il
più preciso interesse della nostra alleata. |
Mussolini seguì
il suggerimento di Bastianini, e ricevette il 1° luglio alla Rocca delle
Caminate, Antonescu per un colloquio. Questo fu il rapporto steso dopo l'incontro.
(un inedito pubblicato per la prima volta da Attilio Tamaro,
in Due anni di Storia, 1943-1945, pag. 35)
"Il signor Antonescu dopo aver espresso al Duce la sua gratitudine per questa visita che egli desiderava da tempo in modo del tutto particolare ed avergli portato il saluto devoto del Conducator, entra subito in argomento. Egli desidera che il Duce sappia anzitutto come la preoccupazione di fissare in una maniera che fosse chiara per tutti, Alleati e nemici, gli scopi politici della guerra del Tripartito, fosse esistita in lui e nel Conducator fin dal 1941. Da quell'epoca, infatti, nelle varie visite che egli ebbe occasione di fare in Germania al Fuhrer ed al signor von Ribbentrop, parlò sempre con tutta franchezza dell'evidente necessità di condurre la guerra non soltanto con mezzi militari, ma anche con le armi politiche e questo al duplice scopo di rafforzare, con chiare precisazioni, la volontà di combattere tutti i paesi del Tripartito e di dare a tutti i popoli di Europa la chiara sensazione che l'ordine nuovo perseguito dalla Germania e dai suoi alleati doveva apparire ed essere un sostanziale miglioramento della vita internazionale europea, basata su principi che anche i popoli rimasti neutri potessero considerare equi e giusti, in modo da invogliarli a considerare la lotta, ingaggiata dai paesi del Tripartito con benevola aspettativa a danno dei nostri nemici.
Accolti in linea generale tali concetti da parte del signor von Ribbentrop, egli ebbe qualche scambio di vedute col signor Salazar, su questioni di ordine generale nelle quali egli, Antonescu, rappresentante di una nazione latina storicamente e geograficamente esposta ai maggiori pericoli da parte del nemico, capitale della latinità nell'Europa orientale, aveva tenuto a mettere in rilievo l'interesse di un altro paese latino, quale il Portogallo, a considerare la funzione della latinità in questa guerra e quella che ne deriverebbe dopo il conflitto.
La particolare posizione geografica della Romania, combattente contro la Russia sua secolare nemica, sia sotto la veste bolscevica, sia sotto la veste slava, trovò una particolare eco in Turchia, dove la minaccia slava è egualmente presente.
Anche in Svizzera, dove non si è mai fatto mistero delle preoccupazioni nei riguardi della Russia bolscevica, il pensiero di Antonescu che fosse possibile in difesa dell'Europa, stabilire dei punti fermi comuni a tutti i popoli europei, trovò la più benevola comprensione, come fu documentato dalle vaste ripercussioni avute su tutta la stampa svizzera, dalle note diplomatiche trasmesse in proposito dall'Agenzia Stefani.
Una tale azione non tendeva in nessun modo, né ad indebolire la forza del Tripartito, né a creare alla Romania una posizione speciale nei confronti dei nemici, che essa combatte con tutte le sue forze. Se vi si parlava di pace non era perché la Romania si preparava ad una pace separata, cosa che del resto anche geograficamente appare di tutta evidenza impossibile, ma perché era appunto in vista della pace di domani che pareva ad Antonescu fosse opportuno precisare certi elementi politici ai quali, ancora mentre durava il conflitto, fosse assicurata l'adesione della maggior parte possibile dei popoli europei, contro i quali in sostanza combattono le forze extraeuropee.Vi era naturalmente anche un'altra ragione d'ordine interno romeno della quale il signor Antonescu non può non tenere il massimo conto; e cioé che la Romania si trova impegnata in una guerra che le costa sacrifici immani di uomini, di materiali e di risorse economiche, avendo dovuto cedere oltre un terzo del suo territorio nazionale in favore della Ungheria e della Bulgaria, senza avere all'interno del paese un regime già costituito ed affermato, ma al contrario una rosa abbastanza larga di uomini politici disoccupati, ai quali come dimostra la lettera di Maniu e Bratianu, non mancano certo gli argomenti politici, anche importantissimi, da sfruttare, per generare nella coscienza del paese stati d'animo pericolosi agli effetti della continuazione della guerra.
Il signor Antonescu tiene ad accentuare che non è possibile dire a nessun popolo, ed al suo per il primo, che non è necessario precisare cosa dovrà portare la vittoria e che quello che occorre e che quel che è necessario è soltanto combattere con tutti i mezzi, con tutte le forze. E neanche è possibile, egli afferma, che i Capi responsabili di paesi che si dissanguano e danno tutto quello che possono, in questa guerra contro i tre imperialismi extraeuropei. seguitino a non essere interessati in maniera diretta
e continui all'andamento stesso della guerra, la quale, come impone dei sacrifici comuni ha bisogno di essere alimentata anche dalla comune fiducia di tutti i capi responsabili dei paesi alleati, e ciò non può ottenersi se non con franchi scambi di vedute con l'applicazione di una linea politica lealmente
cordialmente discussa e stabilita.
Tutte queste cose egli, Antonescu, non ha mancato di far presente in varie riprese, al signor von Ribbentrop, il quale, mentre in un primo momento non aveva sollevato obbiezioni all'azione del signor Antonescu, in un secondo momento la considerò come priva d'interesse e dannosa agli sviluppi della guerra.
Poiché ad ogni successiva richiesta di precisare in qualche modo dinanzi all'Europa gli scopi della guerra del Tripartito, il signor von Ribbentrop rispose sempre in maniera del tutto evasiva, egli Antonescu, salutò con molta soddisfazione il comunicato della visita a Roma del Ministro degli Esteri del Reich, nel mese di marzo e si rallegrò vivamente che nel comunicato della visita del Duce al Fuhrer, del mese di aprile, il concetto dell'indipendenza dei popoli, di collaborazione, di equità e di giustizia per tutti fosse stato tanto autorevolmente confermato. Egli invoca dal Duce, nel cui alto spirito il Conducator e lui hanno piena fiducia, che questa azione da lui iniziata e che tutta Europa ha accolto con viva soddisfazione, sia dal Duce sviluppata e che rifulga ancora una volta, in questa guerra ed alla fine di essa, quello spirito di equità latina, che solo può dare all'Europa la desiderata tranquillità.
La Romania intende legare il suo destino interamente a quello dell'Italia e questo egli dice al Duce a nome del Conducator.
La Romania non ha mai inteso né intende rinnegare i suoi impegni di onore e prendere iniziative per separarsi dai suoi alleati; essa chiede però che si tenga conto dei suoi sacrifici e del suo diritto di avere voce nel presente e nel futuro, come essa crede di meritare.
Il Duce dichiara di prendere atto della volontà della Romania e della fermezza che essa dimostra. Egli si rende conto dei gravi sacrifici sostenuti dal popolo romeno e riconosce sia le difficoltà che la posizione geografica della Romania comporta, sia quelle della situazione interna. Egli non mancherà di parlare con il Fuhrer in occasione del prossimo incontro. L'opinione che la guerra debba essere combattuta anche con le armi della politica, lo ha condotto a fare al Fuhrer una proposta, che fu accantonata due mesi fa, ma che egli intende riprendere non appena la situazione militare avrà avuto quell'indispensabile chiarimento che è in corso.
Il Duce assicura Antonescu che egli non intende minimamente abbandonare questa linea che ha inaugurato qualche mese fa e che anzi è sua precisa opinione che questa linea dovrebbe essere ribadita e precisata in una riunione di tutti i Governanti dei paesi del Tripartito.
Il signor Antonescu, nel ringraziare il Duce di questa sua assicurazione, esprime la sua gratitudine e la piena solidarietà della Romania verso l'Italia, anche nelle attuali contingenze, ripetendo che la Romania intende legare pienamente il suo destino a quello dell'Italia e del suo Duce, che egli ed il Conducator considerano come il loro Capo, assicurando che a qualsiasi suo desiderio essi saranno ben lieti di dare la più pronta e cordiale adesione.
BASTIANINI LA SERA DEL
17 LUGLIO CONSEGNA UN APPUNTO 1) Lo stato della guerra
fa ancora oggi pensare ad un prolungamento della lotta nel tempo ad
epoca indeterminata. Le forze della Germania infatti sono estremamente
potenti ed ogni raccorciamento di fronte non fa che concentrare i
mezzi bellici tedeschi. 2) Sono giunte voci a
noi d'iniziative che il Papa non sarebbe alieno dal prendere, qualora
avesse la sicurezza preventiva di un assenso italiano e tedesco. Bastianini |
Bastianini deve inoltre aver parlato o scritto a Berlino all'ambasciatore italiano, visto che riceve una lettera il 14 luglio che ha un contenuto dello stesso tenore.
Nel frattempo (il 9) è avvenuto lo sbarco anglo-americano in Sicilia.
E si è alla vigilia dell'incontro a Feltre di Mussolini e Hitler.
Caro
Bestianini, |
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APPUNTO SULLA CONVERSAZIONE
SVOLTASI TRA IL DUCE E L'AMBASCIATORE DEL GIAPPONE
(25 LUGLIO 1943)
Il Duce ha ricevuto l'Ambasciatore del Giappone; alle ore 12, di domenica 25 luglio 1943.
L'Ambasciatore del Giappone chiede al Duce, a nome del Presidente del Consiglio Toto, di fornirgli ogni possibile precisazione circa la situazione politica e militare dell'Europa, che il Giappone considera con qualche preoccupazione, aggiungendo che il Governo Giapponese è pronto a collaborare con il Governo Italiano nel modo che si ritenga più opportuno per addivenire ad un miglioramento.
li Duce risponde esprimendo innanzi tutto il suo apprezzamento per l'atteggiamento assunto dal Giappone, specialmente nel campo politico, atteggiamento a cui egli non aveva mancato di fare riferimento nel suo messaggio dei giorni precedenti al Presidente Toto. Egli, approvava la politica perseguita dal Giappone in Estremo Oriente, perché egli stesso era d'avviso che, quando le armi non costituiscono più un mezzo sufficiente per fronteggiare una situazione, ci si deve rivolgere alla politica. Tale punto di vista egli aveva ripetutamente cercato di far com. prendere al Fúhrer, in varie occasioni, non riuscendo tuttavia a persuaderlo. Indubbiamente le forze anglo-americane avevano sviluppato un potenziale di mezzi tale da porre l'Italia in una preoccupante condizione d'inferiorità, sia dal punto di vista aereo che terrestre e marittimo. La deficenza di mezzi veniva in questo momento fortemente risentita.
Per questo il Duce aveva deciso di compiere nel corso della settimana ventura un energico passo presso il Fiihrer, per attirare tutta la sua più seria at
tenzione sulla situazione che era venuta a determinarsi negli ultimi tempi e per indurre il Fiihrer stesso, come già altre volte egli aveva tentato, a far cessare le ostilità sul fronte orientale, giungendo ad un componimento con la Russia. Una volta ottenuto ciò, il Reich avrebbe potuto far sentire tutto il peso del suo potenziale bellico contro gli anglo-americani in Mediterraneo, ristabilendo così una situazione oggi indubbiamente compromessa.
Il Duce pregava l'Ambasciatore del Giappone di comunicare al Presidente Tojo che era suo vivo desiderio che egli appoggiasse con tutte le sue forze tale suo passo verso il Fuhrer, allo scopo di giungere alla cessazione delle ostilità contro la Russia. Nella attuale situazione, non era infatti più il caso di pensare ostinatamente al possesso dell'Ucraina, che non poteva rappresentare per il Reich un modo di soluzione integrale dei suoi problemi economici ed alimentari.
Tale preghiera, il Duce, rivolgeva al Presidente Toto, perché solo in questo modo egli riteneva che la situazione potesse modificarsi a favore del Tripartito.
Altrimenti le condizioni in cui l'Italia conduceva la sua guerra erano tali che l'Italia si sarebbe, e a breve scadenza, trovata nella assoluta impossibilità di continuare le ostilità, e sarebbe stata costretta a dover esaminare una soluzione di carattere politico.
Il Duce congedava l'Ambasciatore del Giappone reiterando la sua viva preghiera per un intervento da parte del Presidente Toto.