I "miracula" delle statue piangenti
Per alcuni, erano Laghi pieni di
sangue degli dei arrabbiati
Per altri era il sangue che le streghe vi versavano.
(qui il Lago di Tovel, il cui fenomeno è dovuto solo a un banalissimo microfita)
Questi "miracula" sono sempre esistiti nell'antichità. L'elemento "portentoso" é intimamente connesso alla dimensione delle varie tradizioni religiose; la pagana, la cristiana e la buddhista ne sono ricche, specie a livello popolare. Nei ceti alti i miracoli sono di altra natura, più venali.
Questi fenomeni si sono sempre verificati e non solo nel recente passato.
La letteratura religiosa cristiana (non solo del medioevo, ma anche in tempi recenti) abbonda; ma molti episodi sono contenuti pure nei testi antichissimi di ogni popolazione, su ogni continente e di ogni fede religiosa (30.547). E nella stessa identica fenomenica dimensione.Ci limitiamo a narrarne alcuni di quelli antichi. Quelli recenti e attuali se ne occuperà il compilatore di una futura Cronologia degli anni 3000.
TITO LIVIO nella sua famosa storia di Roma, ne cita a profusione, quando ancora il Cristianesimo non era neppure apparso a Roma. (Livio era nato il 59 a.C. morto nel 17 d.C.).
Questi fenomeni della credulità popolare a Roma si verificavano sempre quando le cose andavano molto male. E le calamità a Roma non mancarono. Prolificavano le statue piangenti nelle invasioni, negli assedi, nelle disfatte, o quando una flotta colava a picco in una bufera. Gli dei partecipavano sempre all'angoscia dei cittadini senza più certezze nel futuro.
Ma accadevano anche quando qualcuno non tollerava certe licenziose libertà all'interno della società, e si lamentava che la stessa era degenerata, diventata troppo opulenta, egoista, materialista, lasciva, immorale, dissoluta, degradata; e soprattutto miscredente. Non onorando gli dei, non partecipando ai sacrifici - affermavano i sacerdoti - le divinità piangevano offese e addolorate.Superfluo dire, che a far nascere la psicosi collettiva erano proprio loro, i sacerdoti, quando gli adepti divenuti troppo gaudenti proto-edonisti iniziavano a non più frequentare basiliche e templi per dedicarsi a cose più piacevoli e prosaiche.
Negli eventi catastrofici della natura (pesti, terremoti, siccità, carestie ecc), in quelle militari o nel malessere sociale, i disfattisti erano subito pronti a far nascere la psicosi e a predicare e ricordare che tutto il male derivava dal fatto che non si onoravano abbastanza gli dei, e che questa offesa a loro fatta si esprimeva non solo con il pianto di dolore per lo sdegno, ma preannunciavano anche gravi punizioni e immani sciagure per il futuro.Quando Annibale decise l'invasione d'Italia nel 217 a.C., per le disfatte subite dai romani, i sacerdoti e gli officianti di riti si diedero molto da fare. A Mantova tutti gli dei lacrimarono così tanto sangue che il fiume Mincio iniziò a tingersi di rosso. Ma non contenti, i sacerdoti segnalarono che sulle strade c'erano gocce di sangue, dunque era caduta una vera e propria pioggia di lacrime di sangue degli dei offesi.
Pochi mesi dopo, a Lanuvio, una delle città del Lazio, la statua della dea Giunone, sposa di Giove, dea della fecondità, cominciò anch'essa a piangere sangue.Nella Sabina, ad Aminterno, il fenomeno del Mincio fu registrato anche sul fiume Aterno, vi scorreva sangue. Mentre a Rieti molti giurarono di aver visto piangere il sole. Mentre altri nel Foro Subertinum confermarono senza ombra di dubbio di aver visto scorrere veri e propri ruscelli di sangue.
Gli abitanti di Minturno, anche loro, in una visione raccapricciante, videro davanti alle porte della città scorrere torrenti di sangue.I dintorni di Roma si affollarono di dei piangenti. Prima si mise a piangere la dea Feronia nel suo tempio, a Capena, sull'Appia, poi per non scontentare altri quartieri, gli dei si divisero e si diedero molto da fare; quattro statue con le loro sembianze iniziarono a lacrimare sangue di notte e di giorno, in continuazione per giorni e giorni. Mentre affollate processioni e sacrifici agli dei aumentavano di numero e di presenti.
Anche a Monte Albano gli dei non si fecero pregare, anzi fecero le cose in grande: il lago Volsinii (Bolsena) si tinse di rosso (*). Mentre non molto lontano, durante la mietitura, dalle spighe di grano iniziò a sgorgare sangue; anche queste lacrime erano della dea Feronia, la protettrice delle messi, indubbiamente angosciata e offesa per non essere stata venerata nel corso dell'anno e in donazioni nella misura indicata dai sacerdoti .
(Anche oggi vi sono laghi vermigli , rosso sangue, fenomeno dovuto a una microfita, la Gledonium sanguineum; quello in apertura di pagina é il Lago di Tovel, nel Trentino. A secondo della concentrazione alcuni anni sembra proprio sangue. Non molto lontano c'è l'antica e leggendaria capitale delle Streghe Assassine; queste sgozzavano le loro vittime appunto nel lago).Poteva mancare il dolore degli dei a Roma nella capitale del vizio (la Sodoma e Gomorra laziale)? Ed ecco che allo stadio Flaminio, la dea Giunone un pianto se lo fece pure lei, con abbondanti lacrime di sangue per le sventure della guerra e il lassismo godereccio dei potenti. Mentre sul Campidoglio il rosso invece venne dal cielo: una vera pioggia di sangue degli dei. Poi piansero molto sull'intera città, perchè gente di ogni quartiere di Roma affermò che nella notte era piovuto sangue.
Quando morì assassinato il figlio di Filippo, nel 182 a.C., Giunone, ne fu molto addollorata e partecipò al lutto piangendo a dirotto dalle sue statue disseminate un po' ovunque. Tutti ne avevano vista almeno una piangere.
Nella battaglia di Cuma potevano rimanere indifferenti gli dei addolorati dalla sconfitta dei romani? Ma nemmeno per sogno; questa volta fu Apollo che ebbe una vera e propria crisi; per tre giorni e tre notti non smise di piangere.
Oltre quelle pubbliche, gli dei lacrimanti privati non si contarono in quei tre giorni, ognuno a casa aveva una piccola statua che piangeva dal dolore come quella esposta al Foro.Non dimentichiamo la Grecia; qui le statue di divinità piangenti comparivano ovunque, gli dei erano sempre addolorati per il disinteresse religioso dei cittadini, e quindi non si trattenevano dal piangere. Naturalmente tali fatti davano voce alla classe sacerdotale per riportare nei templi gli adepti dopo aver comunicato quanto grande era il dolore degli dei, e nello stesso tempo intepretavano la loro volontà: la minaccia di abbandonare il popolo corrotto a se stesso, in balia dei barbari se non si ravvedevano in tempo.
Non mancano queste manifestazioni di psicosi collettiva in Cina, in India, in Giappone. In testa a tutti le statue del Budda. Dove spesso le statue colossali parlavano. Mentre altri, moltissimi, affermavano di aver volato.
Budda (dai suoi testi) rimprovera tali manifestazioni perchè non conducono né alla conversione di chi non ha fede; né rafforza coloro che la possiedono la fede. Costoro non hanno bisogno di "segni".
Pure l'Islamismo nega ogni ruolo al miracolo, il Corano è già il "segno", unico, e più che sufficiente.
Ma anche Gesù nel Vangelo di Marco (VIII,12) ha parole di biasimo per coloro che si aspettano miracoli o un "segno". "In verità vi dico: non sarà dato alcun "segno" a questa generazione".Malgrado il biasimo, la condanna all'empirismo e dell'irrazionale, le statue e le immagini che iniziarono a lacrimare nel medioevo non si contano. Nei numerosi libri dell'epoca dal 1500 in poi, che a loro volta narrano a modo loro il medioevo, le lacrimazioni sono piuttosto numerose Ma anche in tempi recenti. Non dimentichiamo che nel periodo del secondo dopoguerra, con l'immane "pericolo rosso" dei senza Dio, statue e immagini che lacrimavano per la calamità comunista, si contarono un po' dappertutto in ogni angolo d'Italia.
I vedenti, specie a livello popolare, per essere stati i prescelti, un attimo di celebrità se la godettero sulle varie riviste dell'epoca, sui giornali locali e nazionali. Lo storico del 3000 nello sfogliarli, rimarrà certamente un po' sconcertato.Il più curioso e anche singolare "miracula" fu quello dove Dio comparve come banchiere nelle vesti di un certo Giovanni Battista Giuffrè (vedi anno 1958). La provvidenza divina moltiplicava i biglietti di banca nelle sagrestie, che ovviamente Giuffré prima raccoglieva dai parrocchiani con a fianco i curati che lo trattavano come un santo.
Creò scandalo. Coinvolse banche, vescovi, Stato, due ministri delle Finanze (PRETI (!) e ANDREOTTI).
I giornali pubblicavano perfino le foto quando avveniva la "moltiplicazione delle banconote" con Giuffré attorniato da parroci in estasi. Poi la provvidenza emigrò verso altri banchieri (loro i miracoli normalmente li chiamano "operazione finanziarie di rientro", cioè "paga o ti faccio fallire") , e lui, bello paffuto, col sorriso mefistofelico, non riuscì nemmeno a restituire le somme ricevute.
La provvidenza aveva incontrato il diavolo - disse - e si era nel frattempo mangiato ogni cosa.
A piangere - questa volta - furono decine di migliaia di risparmiatori, per la disperazione di aver perso tutto.
FINE
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