TECNICA, SOCIETA' E CULTURA
LE MACCHINE DEL
TEMPO di Yuri Marcialis |
Uno dei più famosi
orologi meccanici del mondo: "Dei due mori" - Piazza San
Marco - Venezia
<<ars est unum et scientia est aliud>> questa frase, usata dalle maestranze milanesi in occasione della costruzione della cattedrale gotica del Trecento, rende chiaro quale fosse l’approccio alla scienza sperimentale sino all’età moderna. Il progresso tecnologico medievale può essere diviso in tre parti: utilizzo di innovazioni esterne (bussola, carta, …), adattamento di invenzioni esterne o antiche (mulini) e invenzioni ex novo (orologio, occhiali, …). Le stesse innovazioni nostrane furono, però, frutto di pratiche artigiane e non certo della scienza sperimentale come noi la conosciamo.
L’Europa conobbe un rapido e fortunato sviluppo tecnologico a partire dall’orologio meccanico (prima macchina di precisione inventata in occidente) e dalle tecniche di navigazione che permetteranno di espandere il dominio sull’intero pianeta. A prescindere dagli aspetti puramente tecnici, come già nel XVII secolo comprese l’olandese Nicolaes Witsen, solo l’analisi degli aspetti sociali, politici, economici e culturali può rendere più semplice la comprensione del predominio europeo.
In effetti sino al tardo medioevo l’Europa soffrì di un evidente divario tecnologico nei confronti dell’oriente, ma in soli due secoli riuscirà a ribaltare la situazione. Gli epicentri dello sviluppo furono l’Italia settentrionale, le Fiandre, la Francia e in parte la Germania. Lo sviluppo di queste aree è da attribuire al capitale umano presente: gli amministratori si preoccuparono dell’importazione non solo di generi alimentari o beni di lusso ma anche di tecnici e artigiani all’avanguardia. Tale supremazia durò sino a quando il capitale umano venne meno, infatti gli sconvolgimenti politici e religiosi del 500 favorì la fuga verso regioni d’Europa più sicure, decretando perciò la fortuna dell’Inghilterra, della Svizzera e della Svezia.
In divario con l’oriente crebbe a dismisura quando gli studiosi incominciarono a occuparsi dei problemi fisici piuttosto che metafisici: vennero fondate le Accademie in contrapposizione alle Università conservatrici e si attuò un connubio, una collaborazione proficua tra scienza e pratica. In sostanza le risorse dell’artigiano vennero potenziate dall’applicazione delle teorie scientifiche.
Gli artigiani d’Europa:
La mentalità europea che vede la tecnologia come soluzione ai problemi creati dalla natura, diede nel tardo medioevo, la spinta propulsiva necessaria per sostituire i misuratori del tempo arcaici (meridiane, clessidre candele) con l’orologio meccanico, la cui comparsa può essere situata alla fine del XIII secolo. L’orologio meccanico si diffuse nelle città in maniera relativamente veloce, questo successo è da attribuire all’utilità nel dettare i tempi delle comunità ma ancor di più all’interesse per la meccanica e all’orgoglio cittadino. In effetti i primi orologi furono molto imprecisi e richiedevano costante manutenzione e controllo e spesso le ore vennero aggiornate basandosi sulle meridiane.
Questi orologi furono costruiti con ferro o bronzo e questo spiega come mai i primi artigiani orologiai furono fabbri e fabbricatori di cannoni, è infatti dello stesso periodo la diffusione dell’utilizzo delle bombarde. La mole e il costo di questi oggetti fecero si che solo le amministrazioni pubbliche potessero usufruirne e i pochi orologi privati furono posseduti dall’alta aristocrazia. Inoltre, il meccanismo a pesi obbligò a tenere fermi su appositi piedistalli o appesi alle pareti anche i pochi orologi privati.
Nel XV secolo l’invenzione di un nuovo tipo di forza motrice (le molle) consentì la fabbricazione di orologi portatili. Grazie a questo, dal 500 in poi si può assistere alla crescita del numero di artigiani orologiai, nonché alla crescita della domanda di orologi, ormai acquistabili da strati sociali più numerosi. Tra XIII e XIV secolo, i mastri ferrai si occuparono della fabbricazione di orologi e questa attività si diffuse soprattutto nelle zone in cui già esistevano attività di lavorazione dei metalli: Francia, Germania principalmente ma anche l’Italia. Con la nuova moda degli orologi da camera e portatili, le caratteristiche di orologiaio dovettero essere più simili a quelle dell’orefice che del fabbro e questo portò a distinguere la produzione di grandi orologi pubblici da quelli più moderni: piccoli e portatili.
I nuovi orologiai furono mediamente più istruiti, ebbero capacità superiori al semplice saper leggere e scrivere e molti di questi aderirono al protestantesimo, favoriti dalla spinta a leggere in prima persona le sacre scritture. Questo fenomeno può spiegare come le migrazioni del 500, per motivi religiosi, fecero spostare i centri d’elite di produzione dalla Germania e dalla Francia verso Ginevra e Londra, luoghi molto più aperti alle nuove credenze religiose, favorendone lo sviluppo grazie all’arrivo di pochi rifugiati che bastarono a creare una fiorente industria orologiaia.
Col Rinascimento anche tra gli uomini di cultura, attratti da tutte le macchine, si diffuse la moda degli orologi sino all’apice dell’interesse che arrivò con la rivoluzione scientifica nel XVII secolo. L’orologeria fu infatti il primo settore manifatturiero ad applicare le scoperte teoriche e la meccanica interna degli orologi ebbe enormi vantaggi sin dal 600 con l’invenzione del pendolo.
Con il XVII le capacità degli artigiani inglesi crebbe a tal punto da superare quelle degli artigiani francesi e rese i prodotti d’oltremanica, oltre che funzionali, anche originali e riconoscibili. A Ginevra si sviluppò anche una classe di protocapitalisti mercanti che raccogliendo ordinazioni all’estero, poterono organizzare il lavoro dei maestri orologiai locali. Adam Smith rilevò come nel corso del 700 si assistette a una forte diminuzione dei prezzi degli orologi, data dal grande progresso tecnologico; l’allargamento della domanda portò però alla realizzazione di orologi sempre più comuni, composti da parti intercambiabili costruite da operai specializzati: in pratica l’inizio della rivoluzione industriale.
Alla fine del 700 si può assistere alla rinascita dell’industria orologiaia in Francia, grazie alle decisioni del governo per migliorare le condizioni dell’industria locale. Il timore per una sempre maggior invasione di prodotti inglesi e ginevrini spinse la Francia a far arrivare artigiani inglesi, così come fece Londra due secoli prima. Alla fine del XVIII secolo l’industria orologiaia francese raggiunse quella di Londra e di Ginevra quanto a precisione e bellezza, ma non tolse loro la supremazia sul mercato internazionale data dall’efficiente organizzazione commerciale.
I mandarini cinesi:
Dal XVI secolo la presenza europea in oriente fu molto evidente, ma si limitò al controllo del mare e zone costiere, dato dalla superiorità tecnica dei velieri. Le attività nell’entroterra furono esclusivamente di tipo commerciale, infatti ben presto i mercanti si accorsero che non solo le spezie, ma anche il rame, la seta, le porcellane ed altro avrebbero potuto garantire un ampio margine di guadagno.
L’Europa però non ebbe nulla da offrire in cambio, se non argento. I tentativi di far entrare nel mercato cinese i manufatti dell’industria tessile inglese fallirono e anche il tentativo di vendere oggetti d’arte non ebbe alcun successo. I traffici possono essere schematizzati con l’afflusso dell’argento americano in Europa e il successivo invio in Asia. La situazione si fece preoccupante quando i prodotti tessili orientali entrarono in Europa, iniziando a concorrere con la manifattura locale e molti paesi europei vietarono le importazioni di prodotti tessili.
L’unica produzione europea che riscuotesse successo in oriente si dimostrò essere quella degli orologi meccanici. I primi ad accorgersene furono i gesuiti che li utilizzarono come doni per avere i favori della burocrazia cinese. La passione cinese per gli orologi fu tale che ci fu un afflusso costante verso il Palazzo imperiale per circa due secoli. I cinesi però guardarono all’orologio non come ad uno strumento utile, ma piuttosto come ad un intrattenimento per la vista non approfondendone mai lo studio e l’utilità pratica.
Il tipo di elite presente in Cina, formata da letterati e non da matematici o astronomi, può farci comprendere perché l’interesse verso questa macchina non fu mai un interesse pratico. Gli orologi non furono oggetto di traffici commerciali ma vennero utilizzati soltanto come doni, perché l’alto costo non consentì la diffusione presso gli strati sociali più bassi e gli unici che avrebbero potuto permettersi una tale spesa, furono in grado di ottenere gli orologi come regalo. La situazione cambiò con la produzione di massa del 700 e gli orologi poterono essere venduti in grandi quantità e a prezzi bassi, ma perlopiù si trattò di oggetti di bassa qualità.A differenza dei cinesi, i giapponesi si interessarono maggiormente agli archibugi europei e solo più tardi agli orologi. In Giappone però, il sistema di misurazione delle ore diverso dalla mattina alla sera, obbligò i giapponesi ad interessarsi al funzionamento degli orologi al fine di poterli adattare ai propri usi.
Un’altra motivazione che può spiegare il differente approccio tra Cina e Giappone è il ruolo delle diverse classi sociali. In Cina artisti e artigiani furono considerati quasi come razze diverse e l’interesse di un mandarino verso un’opera artigianale non fu diverso dall’interesse col quale avrebbe osservato il risultato del lavoro di un castoro; invece il rapporto tra signore feudale giapponese e artigiano si dimostrò molto più fecondo.
VELE E CANNONI
L’invasione turca di Costantinopoli, del 1453, provocò enorme inquietudine in tutta Europa, la capacità di crescita commerciale europea dei secoli precedenti non fu seguita da nulla di simile sul piano militare e politico. Il basso numero di abitanti e le continue lotte interne non permisero all’Europa di potersi confrontare alla pari con gli imperi orientali. Inoltre anche dal punto di vista strategico, la nobiltà europea rimase legata alla cavalleria pesante, molto scenografica ma poco efficace a causa della lentezza.
Tuttavia proprio nel momento di massima espansione turca, quando il cuore stesso dell’Europa era sotto minaccia armata cambiò qualcosa: Spagna e Portogallo prima e Inghilterra e Olanda subito dopo, presero la via del mare. In sostanza gli stati europei ebbero i mezzi tecnici per aggirare il blocco turco e avere una via diretta d’accesso all’Africa occidentale e alle isole delle spezie.
La scena europea:
In Europa le prime armi da fuoco comparvero agli albori del XIV secolo e la peculiarità che colpisce gli osservatori contemporanei è soprattutto la mole di alcuni cannoni. I materiali con cui vennero costruiti furono il ferro e il bronzo, ma i risultati migliori si ebbero dal bronzo, grazie alla dimestichezza acquisita dagli artigiani nella costruzione di campane della medesima lega metallica. Sino al XVI secolo non si distinse tra cannoni d’assedio e da campagna e di fatto l’utilizzo dei cannoni rimase molto circoscritto, a causa delle dimensioni e dei costi di produzione dei cannoni di bronzo, unici in grado di dare sicurezza nell’utilizzo.
Nella prima fase, i maggiori produttori di cannoni furono Francia, Germania e Italia che vendettero parte delle loro produzioni agli altri Stati europei. La Spagna e il Portogallo non furono mai in grado di produrre in proprio una quantità minima di cannoni sufficiente alle proprie aspirazioni espansionistiche. L’Inghilterra, sottosviluppata agli occhi del resto d’Europa, poté contare sui propri giacimenti di ferro ma finché la tecnica di lavorazione di questo minerale non fu abbastanza progredita fu costretta ad acquistare i propri cannoni all’estero. Le ristrettezze economiche spinsero però Enrico VIII a favorire la produzione di cannoni di ferro. Così in pochi decenni in Inghilterra si sviluppò una buona produzione di cannoni, la qualità rimase inferiore a quelli di bronzo e il peso molto superiore ma i costi di produzione notevolmente più bassi decretarono il successo del nuovo prodotto.
Dall’inizio del XVI secolo la produzione di cannoni di ferro iniziò, con alti e bassi, in molte parti d’Europa e anche la localizzazione dei vecchi centri di produzione cambiò a causa delle persecuzioni religiose. L’Olanda fu il vero catalizzatore di sviluppo: produsse cannoni di bronzo e cannoni di ferro, anche se di qualità inferiore a quelli inglesi, certamente ancor meno costosi.
La Svezia, dotata di grandi giacimenti di rame, stagno e ferro oltre che di enormi foreste, già dal XVI secolo produsse cannoni. All’inizio di ferro battuto, poi di bronzo e infine di ferro colato, entrando nell’elite tecnologica europea, tanto che con la crisi energetica inglese del XVII secolo divenne il fornitore principale di cannoni per l’Inghilterra.
I cannoni di ferro, anche i migliori, rimasero sempre meno efficienti e più pesanti di quelli di bronzo, ma nonostante questo si diffusero sempre più, grazie ai costi molto inferiori, tanto da diventare anche il tipo di artiglieria più presente sulle navi. L’enorme utilizzo nella marina militare e civile è da ricercare nel fatto che il grande problema di mobilità non era sentito a bordo delle navi. La comparsa dell’artiglieria coincise con una sorta di rivoluzione navale favorita dall’incontro delle marinerie nordiche e mediterranee: l’uso della bussola, lo sviluppo della navigazione d’alto mare, le migliori condizioni di vita delle masse che resero più difficile il reclutamento di rematori.
I principali aspetti dell’evoluzione navale sono da ricercare nello sviluppo della velatura complessa e dal passaggio dalla nave ad un albero a quella a tre, nell’aumento del tonnellaggio e appunto nella presenza di artiglieria. Le nuove navi (caravelle e caracche) furono una felice combinazione di tradizione mediterranea e nordica, ma mentre le potenze mediterranee rimasero fedeli alle tattiche di speronamento e abbordaggio, le potenze atlantiche impiegarono nuovi tipi di combattimento, basati sull’utilizzo massiccio dell’artiglieria. Il passaggio ideale di consegne tra il vecchio e il nuovo si ebbe quando all’inizio del 600, Venezia, incontrastata dominatrice del Mediterraneo sino a quel momento, dovette chiedere aiuto a Inghilterra e Olanda per difendersi dalla Spagna.
In sostanza Spagna, Inghilterra e Olanda invece che impiegare enormi quantità di lavoro umano, sfruttarono l’enorme potenziale dato dal vento e dalla chimica!
Cannoni e velieri oltremare:
I musulmani furono i primi a poter copiare la tecnologia dei cannoni, quando questa iniziò a diffondersi nel 300: Ottomani e Mamelucchi trovarono i cannoni estremamente utili contro le fortificazioni. Data la loro superiorità in campo aperto, garantita dalla fanteria leggera, non si preoccuparono della scarsa mobilità dell’artiglieria.
Le elite cavalleresche turche, inclini allo scontro fisico, non pensarono mai di essere sostituite dall’artiglieria, così i cannoni rimasero un’arma da utilizzare solo e soltanto negli attacchi alle fortificazioni. Infatti tutti gli sforzi turchi per migliorare la tecnologia furono indirizzati verso la maggior potenza di fuoco e i sovrani orientali chiesero sempre, ai tecnici occidentali al loro servizio, di aumentare le dimensioni delle bocche da fuoco mentre i loro antagonisti europei tentarono di rendere i cannoni più leggeri e maneggevoli.
Questa situazione non ebbe conseguenze sino a che, nel XVII secolo, la Svezia non collaudò un efficiente cannone da campagna e in tutta Europa si compirono enormi passi in avanti in questo campo.Anche in mare i musulmani rimasero ancorati alle vecchie concezioni di speronamento e abbordaggio e le galere rimasero sempre la base della loro flotta. Pur non riuscendo a insediarsi nel mar Rosso, dove le galere avevano la meglio, i portoghesi riuscirono in un decennio a spazzar via i turchi dall’Oceano Indiano.
In Cina, invece, l’artiglieria fu inventata tempo prima dell’arrivo dei portoghesi, ma non possedettero mai armi efficienti come quelle europee, tanto che rimasero terrorizzati dai cannoni portoghesi. I cinesi e la loro elite di letterati non ebbero i mezzi culturali adeguati per contrastare lo strapotere europeo, ma riuscirono a tenerlo confinato in alcuni porti o zone costiere. La produzione cinese di cannoni iniziò nel 500 ad opera dei gesuiti, che in cambio di permessi per aprire conventi furono ben lieti di insegnare l’arte della costruzione e dell’utilizzo dell’artiglieria. Come disse il dr. Chiang << Buddha giunse in Cina a cavallo di elefanti bianchi, Cristo sopra palle di cannone>>.
In ogni caso in Cina, la produzione di cannoni non si diffuse sia perché gli artigiani specializzati non godettero mai di una buona posizione sociale, sia perché gli imperatori ebbero il timore che tali armi potessero diffondersi tra i banditi e sovversivi locali. Comunque la grande differenza tra Cina e Europa fu data dalle navi, la crescita e lo sviluppo europeo fu prodigioso e le differenze aumentarono col passare degli anni e quando i cinesi si resero conto fu ormai troppo tardi.
Il caso del Giappone è diverso, non vedendo il proprio paese come centro dell’universo furono portati da sempre a imitare, dapprima i cinesi e poi gli europei. Inoltre i signori locali furono una classe di guerrieri che favorì da subito la produzione di cannoni e archibugi, quindi si trovarono favoriti rispetto alle altre popolazioni che si trovarono di fronte le nuove tecnologie belliche occidentali.
I Mamelucchi avrebbero dovuto scardinare il sistema feudale e avviare una rivoluzione sociale a cui non erano pronti e i cinesi avrebbero dovuto modificare la propria concezione del mondo. In Europa tutto questo già successe nel XV secolo: i nuovi gruppi sociali badarono all’organizzazione e all’efficienza piuttosto che all’eroismo cavalleresco e l’interesse per la tecnologia crebbe anche tra gli intellettuali.
Se ne evince che il popolo più progredito tecnologicamente è destinato a prevalere a prescindere dal suo grado di “civiltà”. Il predominio occidentale basato sulla tecnologia superiore, obbliga di fatto i popoli non europei a occidentalizzarsi per poter acquisire le tecniche occidentali.
Come scrisse il dr. Chiang: <<poiché fummo messi fuori combattimento dalle palle di cannone, ci siamo naturalmente interessati ad esse, pensando che imparando a costruirle potessimo rispondere all’attacco … Ma la storia sembra muoversi per vie molto strane. Studiando le palle di cannone giungemmop alle invenzioni meccaniche, che ci condussero a loro volta alle riforme politiche; e dalle riforme politiche cominciammo a vedere le teorie politiche, che ci condussero alla filosofia dell’Occidente. D’altra parte, attraverso le invenzioni meccaniche vedemmo la scienza, ed arrivammo a comprendere il metodo e l’atteggiamento scientifico. Poco alla volta venivamo condotti sempre più lontano dalla palla da cannone, eppure nel processo ci avvicinavamo ad essa sempre più>>.
di Yuri Marcialis
fine parte 1