TABELLA BATTAGLIE NELLA STORIA

  L'ASSEDIO DI MASADA 



Giovanni De Sio Cesari
www.giovannidesio.it

 

Anno 74 d.C.
 Contesto: guerra Giudaica -Romana
 Forze contrapposte :
Giudei: circa 1000 persone fra civili e combattenti
comandante :Eleazar Ben Yair
Romani; 7.000 legionari
comandante : Flavio Selva

I FATTI

Nel 76 d.C era scoppiata la rivolta generale in Palestina contro il dominio Romano. Nel 70 Gerusalemme fu presa e completamente distrutta, fin dalle fondamenta, dall’esercito romano guidato da Tito

Solo una fortezza, Masada, resistette ancora a lungo e fu espugnata solamente nel 74 dopo 4 anni dalla presa di Gerusalemme

Masada era situata in una posizione inespugnabile: in mezzo a luoghi inospitali e desertici sorgeva un colle sulla cima del quale già Erode il Grande aveva iniziato a costruire una propria residenza

In seguito era stata adattata a fortezza. Vi erano due vie di accesso : una detta “il serpente”, era stretta e strapiombo sul vuoto difficilmente praticabile anche senza nessuna resistenza, la seconda più agevole era sbarrata da una grande torre: tutta la fortezza era poi circondata da mura alte e spesse. Nella fortezza vi erano poi delle cisterne che raccoglievano l’acqua piovana e vi era accumulate grandissime quantità di derrate alimentari e di armi. Inoltre tutta la spianata poteva essere, all’occorrenza, anche coltivata per procurare prodotti freschi .

In questa fortezza, in un momento imprecisato, si rifugiarono un gruppo di Giudei irriducibili, definiti genericamente Zeloti (cioe "pieni di zelo religioso" , noi diremmo: fondamentalisti ) con le rispettive famiglie, in tutto poco piu di un migliaio di persone guidati da un capo deciso e intrepido di nome Eleazar Ben Yair. Contro questa fortezza mosse un esercito romano di circa 7.000 uomini guidato da Flavio Silva

I Romani erano maestri dell’arte dell’assedio: posero il campo ai piedi del colle, provvidero innanzi tutto alle linee di rifornimento soprattutto di acqua che doveva essere trasportata da sorgenti lontane una quindicina di chilometri. Circondarono quindi con un alto muro tutta il colle della fortezza in modo da sventare ogni eventuale sortita.

Dal punto più alto sul quale poterono arrivare sul colle iniziarono a costruire un grosso terrapieno. Poichè questo non era abbastanza solido, su di esso venne poi costruita una piattaforma di grossi blocchi di pietra sulla quale fu ancora costruita una torre con rivestimenti di ferro in modo da pareggiare e superare l’altezza delle mura della fortezza. Su di essa furono piazzate le baliste che lanciarono ogni sorte di proiettili sui difensori in modo da impedire ad essi di stare sulle mura a difesa. Quindi un grosso ariete cominciò a battere le mura che cominciarono a sgretolarsi. Al di dietro di esse pero i difensori avevano costruito un altro muro formato, pero, da un terrapieno tenuto insieme da un sistema di grossi pali. Esso riusciva ad assorbire i colpi dell’ariete senza grossi danni. I Romani. esperti di ogni astuzia nell’arte degli assedi , allora gettarono spezzoni incendiari contro le impalcature di legno che tenevano insieme il terrapieno. Le fiamme presero a divampare alte e vigorose. In quel momento, però, dal deserto si alzò un vento che diresse le fiamme verso il fronte romano con il pericolo che venissero incendiate le macchine da guerra dei romani.

Grande fu l’entusiasmo e le speranze allora dei difensori perche questo fatto era interpretato come un evidente intervento divino diretto. Ma, all’improvviso, il vento cambiò direzione e si rivolse verso il muro disgregandolo definitivamente: allora ogni speranza si dileguò di fronte all’evidenza che nulla poteva ormai salvare i difensori e che Dio non era affatto intervenuto in loro aiuto.

Si era intanto fatto notte: i romani decisero di aspettare l’alba per evitare una lotta al buio in luoghi sconosciuti, limitandosi intanto a impedire ogni eventuale fuga di difensori.

Nella notte i difensori presero una tragica decisione alla quale si erano già preparati da tempo.

Per evitare di cadere vivi nelle mani dei propri nemici ed essere uccisi fra tormenti e le umiliazioni e che i proprie familiari subissero l’onta della schiavitù decisero, come atto estremo, il suicidio collettivo. Ciascun uomo doveva uccidere la propria mano la propria famiglia, ritenendo la morte mille volte preferibile alla schiavitù

Ciascuno allora strinse la propria sposa fra le braccia e la trafisse con la propria spada ,ciascuno alzò i propri figli in alto fra le braccia e li trafisse con la propria spada. Quindi ciascuno si distese al fianco dei propri cari: dieci uomini, estratti a sorte, passavano e tagliavano loro le gole: quindi i dieci ultimi superstiti tirarono a sorte uno di essi: nove si distesero a loro volta a terra mentre il decimo sorteggiato tagliava le loro gole: alla fine l’ultimo superstite incendiò tutte le loro cose e si getto sulla propria spada. Solo due donne anziane e cinque bambini che si erano nascosti nei cunicoli scamparono alla morte.

All’alba i Romani andarono all’assalto aspettandosi una ultima, disperata resistenza. Trovarono solo morte e silenzio e fiamme dovunque. Appresero dalle donne superstiti quello che era avvenuto: la loro esultanza per la vittoria lasciò il posto alla commiserazione e alla ammirazione per un tale disperato proposito

Lasciarono un piccolo presidio nella fortezza e si ritirarono.

 

Fonti storiche e valutazioni critiche

 

L’unica fonte storica contemporanea è quella di Giuseppe Flacio. Questi era un giudeo che all’inizio prese parte alla rivolta contro i Romani e in seguito si sottrasse al suicidio che gli era richiesto dai suo compagni con modalità analoghe a quelle descritte per Masada e si lasciò catturare dai Romani

In seguito si mise al servizio dei romani facendo da interprete ed emissario. Ottenne il favore dell’imperatore Tito e compensi di buona consistenza. Scrisse quindi la storia della “guerra giudaica” nella quale nei libri VIII e IX descrisse la storia di Masada alla quale ci siamo siamo sostanzialmente attenuti

Per alcuni Giuseppe fu semplicemente un traditore del proprio popolo per interesse personale, per altri invece fu anche una persona che si rese conto della assurdità della rivolta e che realisticamente valutò la ineluttabilità dell’Impero che comunque avrebbe consentito agli ebrei di continuare a prosperare mantenendo le proprie tradizioni religiose che infatti Giuseppe mai rinnegò

Nella sua opera quindi egli descrive i rivoltosi sempre come dei malfattori che non rappresentano il popolo ma che lo costringono a ribellarsi contro i Romani. Ciò pero non gli impedisce nelle sue descrizioni dei fatti di fare emergere il coraggio e l’eroismo dei ribelli. Il gruppo che occupa Masada e resiste ai Romani viene definito dei “ sicari (dal latino "sica” pugnale, cioe assassini) che, secondo la sua versione, terrorizzavano con i loro assassini non solo e tanto i romani quanto i propri connazionali non disposti a ribellarsi. In realtà noi potremmo definirli, con un termine di attualità,  "terroristi"

Molta parte del racconto è occupato da un lungo discorso che il capo Eleazar ben Year avrebbe tenuto ai suoi compagni per convincerli al suicido collettivo: si tratta però di una finzione letteraria, come era costume presso gli storici antichi che componevano, secondo la loro immaginazione, i discorsi dei condottieri

Nella sua lunga esortazione, Eleazar ben Year avrebbe insistito, da una parte sulla sorte terribile che sarebbe toccata ai prigionieri divenuti schiavi dei Romani, uccisi nei circhi per il diletto dei nemici e dall’altro un ampio discorso sulla immortalità dell’anima: da una parte quindi tormenti e umiliazioni e dall’altra la pace di una vita eterna

Dopo quasi duemila anni l’episodio di Masada e tornato di attualità quando, dopo la fondazione dello Stato di Israele, negli anni ’50 gli archeologi ritrovarono le rovine di Masada 

Le ricerche non possono confermare propriamente il racconto come alcuni sostengono: fra l’altro la fortezza fu ancora usata per secoli e quindi ogni traccia sarebbe stata cancellata. Tuttavia lo scenario è compatibile con quello descritto da Giuseppe Flavio: si è notato, in particolare, che le opere di assedio posto in essere dai Romani erano alquanto più modeste di quanto faccia supporre il racconto di Giuseppe e quindi pienamente attendibili

 

L’episodio di Masada ha assunto poi un particolare significato per gli Israeliani, un valore patriottico, è divenuto un mito nazionale: le giovani reclute giurano infatti “mai piu Masada cadrà” come il proponimento di non lasciarsi più massacrare dai nemici e Eleazar ben Year è divenuto una eroe nazionale.


Giovanni De Sio Cesari
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