TABELLA BATTAGLIE NELLA STORIA

BATTAGLIA DELLA MEDIA (ECTABANA)


Data: tarda primavera 129 a.C.
Luogo: ignota località della Media non lontano da Ecbatana
Eserciti contro: SELEUCIDI E PARTI
Contesto: CAMPAGNA DI ANTIOCO VII SIDETE CONTRO I PARTI
Protagonisti:
ANTIOCO VII SIDETE (sovrano seleucide)
FRAATE II (Re dei Parti)

QUADRO STORICO


La battaglia di Gaugamela del 331 a.C. in cui Alessandro Magno aveva disperso le armate dell’ultimo Gran Re di Persia, Dario III, aveva sancito la vittoria dell’elemento Ellenico su quello Iranico nell’Asia Orientale, una vittoria seguita da decenni di proficua colonizzazione delle satrapie dell’ex impero persiano da parte dei soldati greci e macedoni. Alessandro e la dinastia seleucide, avevano attivamente favorito l’insediamento di coloni in città da loro fondate, lungo la grande strada che attraversava l’Impero, dalla Mesopotamia alla Battriana e attraverso la quale venivano mantenute le comunicazioni e si svolgeva il commercio. Le colonie fondate assicuravano ai sovrani seleucidi il sostegno e la lealtà degli abitanti ellenici o ellenizzati, mentre un’oculata politica di valorizzazione delle diverse culture dei popoli sottomessi assicurò per lo meno l’accettazione del dominio greco macedone da parte dei popoli iranici e mesopotamici.

Ma i Seleucidi, impelagati in continue guerre ai confini occidentali del loro impero contro i Tolemei d’Egitto e gli Attalidi di Pergamo, trascurarono sempre di più la sicurezza delle prospere ma fragili regioni orientali che si trovarono esposte tanto alle invasioni di popolazioni seminomadi che all’ambizione di satrapi aspiranti all’indipendenza. Andragora che era uno dei governatori più ambiziosi, approfittando dell’ennesima guerra tra Seleucidi e Tolemei, seguita immediatamente da una guerra civile all’interno della stessa famiglia seleucide, intorno all’anno 245 A.C. si ribellò all’autorità centrale e fondò un domino autonomo in Partia, la regione che si estende sulle sponde meridionali del Mar Caspio fino alla catena montuosa dell’Elburz. La sua defezione fu seguita da quella di Diodoto, governatore della Battriana che avrebbe fondato un regno greco indipendente destinato a perpetuarsi per oltre un secolo. Andragora non ebbe la stessa fortuna perché il suo regno appena acquistato venne invaso dalla tribù semi-nomade iraniana dei Parni, che fino a quel momento era vissuta nelle regioni a oriente del mar Caspio.

I Parni erano guidati da un re chiamato Arsace, il cui nome venne utilizzato da tutti i successori a somiglianza del titolo di “Cesare” e “Augusto” tra i Romani. Una volta tolto di mezzo Andragora i Parni, si insediarono nel territorio da essi conquistato e da cui trassero il nome di Parti. Più avanti avrebbero adottato per il conteggio dei loro anni l’Era Partica che iniziava dal 247 A.C. anno in cui –forse con qualche anticipo rispetto alla realtà- collocavano la fondazione del loro impero. In seguito fronteggiarono efficacemente tutti i tentativi di Seleuco Callinico e dei suoi successori di respingerli dalla Partia e riuscirono ad espandersi anche a sud dell’Elburz, fondando nel territorio della Media la loro capitale Ecatompilo. Intorno al 209 il più capace dei Seleucidi, Antioco III detto il Grande, riuscì con una campagna durissima a riprendere tutti i territori da loro conquistati e a costringerli all’interno della loro satrapia.

Il re parto Artabano firmò un trattato di alleanza con Antioco e i Parti rimasero inattivi ad assistere alle successive imprese del valente sovrano seleucide che riuscì a costringere anche il re della Battriana Eutidemo a riconoscere la sua autorità e in seguito a penetrare in India dove, attraverso il Sistan e il Kirman, ritornò nella capitale Seleucia. A differenza di Alessandro Magno Antioco non aveva la forza materiale di abbattere i regni con cui si trovò a confrontarsi, ma riuscì tuttavia a riaprire la rotta commerciale che dalla Siria conduceva all’India e ripristinare il controllo seleucide sulla Media, l’Elimaide e la Perside.

Purtroppo la sconfitta di Magnesia ad opera dei Romani (189.190 a.C.), con la conseguente perdita dell’intera Asia minore e la morte miseranda di Antioco III, ucciso durante il saccheggio in un tempio dell’Elimaide dalla popolazione locale inferocita, indebolirono sensibilmente la monarchia seleucide. Nonostante gli sforzi di Antioco IV e il ripristino della politica di fondazione di colonie, il regno continuò a disgregarsi.

Dopo il 150 A.C. una serie ininterrotta di guerre civili tra il legittimo ramo della dinastia seleucide e una serie di pretendenti, finanziati dai regni ostili, di Pergamo e dell’Egitto, nonché lo scoppio l’insurrezione giudaica mai completamente domata dalle forze seleucidi, consentirono ai Parti di espandersi nuovamente verso la Mesopotamia e la Perside. Mitridate I (171-138)a.C. grazie ad una serie di campagne fortunate riuscì ad estendere l’impero dalla Mesopotamia al confine con l’India, sottraendo territori tanto ai Seleucidi che ai Battriani, anche loro invischiati in lotte intestine. Nel 141 anche Seleucia sul Tigri, una delle capitali del regno seleucide, vide l’ingresso di un esercito partico tra le sue mura.

Solo ora, nel momento in cui le satrapie orientali erano ormai perdute i Seleucidi cominciarono a reagire. Demetrio II detto forse per dileggio Nicatore, che significa il vincitore, dopo aver perduto metà del regno ad opera dell’ennesimo usurpatore Trifone, tentò di riprendersi almeno la Mesopotamia dominata dai Parti. Attaccando in concerto con i Battriani che assalirono i Parti da est, riuscì a riprendere Seleucia e a penetrare in Media.

Mitridate, impegnato a respingere i Battriani, lo lasciò fare, ma quando intervenne l’anno successivo Demetrio venne sconfitto in battaglia e catturato vivo. Mitridate gli concesse di vivere sotto stretta sorveglianza in una tenuta in Ircania e gli concesse pure la mano di sua figlia Rodogune, e intendeva perciò tenerlo in serbo come pedina da giocare nella guerra civile che dilaniava il regno seleucide. Nel frattempo il fratello di Demetrio, Antioco VII Sidete, riuscì con migliore fortuna a sbarazzarsi di Trifone, a sedare la rivolta giudaica e a riordinare il regno per quanto possibile dopo anni di disordini. Nell’anno 130 a.C. si sentì pronto per rinnovare la sfida con la monarchia partica, che non era più guidata da Mitridate I ma dal giovane figlio Fraate II.

TRIONFO E CATASTROFE DI ANTIOCO SIDETE.

Sfortunatamente manca un resoconto contemporaneo degli avvenimenti, per cui non è possibile stabilire che a grandi linee la strategia della campagna. Antioco, a quanto dice Giustino, mobilitò un esercito di eccezionale grandezza: 80000 soldati che comprendevano tanto i contingenti greco macedoni che quelli degli stati satelliti come i giudei di Giovanni Ircano. Al seguito dell’armata c’era parte della famiglia reale: Seleuco figlio di Antioco e Laodice figlia di Demetrio II.

L’attacco ebbe successo anche per il contributo del principe arabo Ispaosine che agendo alternativamente come alleato o nemico dei Parti, aveva fondato un proprio dominio nella parte inferiore della Mesopotamia. Un’armata parta al comando del generale Indate venne sconfitta sul grande Zab, molto vicino al luogo in cui Alessandro aveva battuto i Persiani nel 331. Altre vittorie consentirono ad Antioco di occupare le Babilonia e la Media e di ridurre intorno alla primavera del 129 A.C. i Parti nel loro territorio originario.

Le popolazioni locali si ribellarono al giogo degli Arsacidi, gli abitanti di Seleucia uccisero Enio, il satrapo locale e accolsero festosamente il ritorno dei Seleucidi. Ma ben presto il favore delle popolazioni iraniche volse di nuovo ai vecchi padroni. La grandezza dell’armata seleucide costituì un problema quando si trattò di rifocillare le truppe. Antioco non ebbe altra scelta che dividere il suo grande esercito in corpi minori che avrebbero dovuto alloggiare nelle città occupate. Il fardello del mantenimento delle truppe gravò quindi sulla popolazione locale che dovette pure sopportare le angherie di certi ufficiali macedoni come Ateneo a cui venne concesso di saccheggiare impunemente i villaggi.

Al termine del lungo e rigoroso inverno sui monti Zagros la posizione di Antioco si era così molto indebolita per l’ostilità ormai aperta con le città in cui le sue truppe alloggiavano. Fraate tentò dapprima la carta diplomatica, ma le condizioni che Antioco voleva imporgli erano inaccettabili: avrebbe dovuto rilasciare Demetrio, rinunciare a tutte le conquiste effettuate dai suoi predecessori e pagare pure un tributo. Fraate messo alle strette preparò la campagna minuziosamente. Fece appello al popolo nomade dei Saci perché gli prestasse aiuto con l’apporto della sua formidabile cavalleria, rilasciò Demetrio con una scorta di cavalieri parti perché potesse ristabilirsi in Siria, scatenando una sedizione contro Antioco e, con una mossa che doveva rivelarsi vincente, fomentò la rivolta nelle città in cui erano ancora alloggiati i suoi nemici.

La sollevazione, scoppiando in tutte le città contemporaneamente, impedì ai vari contingenti seleucidi di prestarsi soccorso reciproco. Antioco che venne colto dalla notizia mentre ancora risiedeva ad Ecbatana, uscì con la propria armata per prestare soccorso alla guarnigione più vicina, ma in una località ignota della Media si trovò a fronteggiare l’intero esercito partico guidato da Fraate in persona. Gli ufficiali al suo seguito cercarono di convincerlo a ritirarsi sulle colline, dove la micidiale cavalleria partica non era efficace, ma Antioco disdegnando il consiglio preferì affrontare direttamente i suoi avversari andando incontro al suo destino.

Nella catastrofica sconfitta, Antioco perse la vita, il suo esercito fu quasi interamente annientato, trascinando nella stessa rovina gli altri contingenti rimasti isolati in mezzo alle popolazioni ribelli e degli 80000 soldati che avevano fatto parte del corpo di spedizione, ben pochi fecero ritorno ad Antiochia. Fraate concesse esequie regali al suo avversario caduto sul campo. Il figlio ed erede al trono Seleuco finì in prigionia presso i Parti, mentre la nipote Laodice venne presa in moglie da Fraate stesso, che aveva così la possibilità di rivendicare i domini seleucidi grazie alla parentela con la famiglia reale.

CONSEGUENZE

La vittoria partica fu così totale da sorprendere lo stesso Fraate che, pentito di aver lasciato andare Demetrio cercò di catturarlo per privare la dinastia dell’unico maschio adulto in grado di governare, ma i suoi emissari questa volta fallirono nello scopo. Giunto ad Antiochia dopo dieci anni di prigionia, il fratello di Antioco poteva rivendicare legittimamente il trono rimasto vacante, ma ereditava un regno ormai allo sfascio che nel giro di una generazione, dopo una ridda di effimeri sovrani, sarebbe finito fagocitato dai Parti, dagli Armeni e dagli Arabi.

Fraate non poté beneficiare immediatamente della grande vittoria perché dovette fronteggiare l’invasione di quei Saci che aveva chiamato in aiuto per debellare Antioco e che arrivati troppo tardi per la battaglia e privati così della possibilità di raccogliere bottino, si erano sparsi per il regno partico portando saccheggio e distruzione. Nello stesso tempo Seleucia, passata brevemente ai Parti che avevano compiuto feroci vendette per l’uccisione del satrapo Enio prima dell’arrivo dei seleucidi, venne ripresa dall’arabo Ispaosine che riuscì a mantenervi il controllo per un qualche tempo.

Fraate cadde in battaglia contro i Saci, e pure il suo successore Artabano incontrò lo stesso destino, ma Mitridate II (123-87 A.C.) vinse infine le tribù nomadi che percorrevano l’Iran, sottomise tutti i potentati indipendenti cresciuti sullo sfacelo dello stato seleucide ed estese l’impero partico dall’India fino a Dura Europos sull’Eufrate. I Saci, fronteggiati efficacemente dai Parti si riversarono sul regno battriano, cancellando in dieci anni due secoli di civilizzazione ellenica. Gli ultimi discendenti dei coloni di Alessandro Magno diedero vita ad una serie di oscuri regni nel Punjab indiano, prima di essere travolti dalle invasioni barbariche poco prima dell’inizio dell’era cristiana.

Si può affermare che la disfatta di Antioco Sidete ebbe un valore epocale, perché oltre a sancire il definitivo declino della dinastia seleucide diede un colpo mortale all’ellenizzazione dell’oriente. I Parti non avevano affatto intenzioni distruttive verso la cultura ellenica, ma erano estranei ad essa e lentamente l’elemento greco verrà assorbito da quello iranico fino a scomparire del tutto. Il periodo aperto dalla vittoria di Gaugamela si concluse per sempre. I Parti troveranno un limite alla loro espansione in occidente solo con l’arrivo dei Romani che riuscirono a puntellare la civiltà ellenica a oriente dell’Eufrate e a conservarla per altri sette secoli.

Bibliografia

Giustino “Storie Filippiche” - Rusconi
Diodoro Siculo “Biblioteca Storica Vol. V - Rusconi
Flavio Giuseppe “Storia dei Giudei” – Mondadori-
Malcolm A.R. Colledge “L’impero dei Parti – Newton-
Bevan, The House of Seleucus, Vol. II Routledge & Kegan Paul, London, 1966

by ALESSANDRO CONTI


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