TABELLA BATTAGLIE NELLA STORIA

BATTAGLIA DI YARMUK


Data:

LA BATTAGLIA DI YARMUK 636 d.C.

Data 20 agosto 636 d.C.
Luogo: Yarmuk (Siria meridionale presso le alture del Golan)
Contesto. Conquista islamica della Siria
Eserciti contro: Bizantini e Arabi Mussulmani
Protagonisti:
Bizantini
Imperatore Eraclio
Vahan
Teodoro Triturio
Jabala il Gassanide
Gargis

Mussulmani
Abu Ubayd (Abu Obeida)
Khalid Ibn al Walid
Shurabil
Yazid
‘Amr ibn al As
Forze impegnate
Bizantini 20-40000
Arabi Mussulmani 15-20000

QUADRO STORICO

Secondo lo storico Sebeo, nell’autunno 633 una deputazione di Arabi mandò un messaggio ad Eraclio che sostanzialmente riportava la seguente affermazione:. “Dio diede questa terra (la Palestina) a nostro padre Abramo e alla sua posterità dopo di lui. Noi siamo i figli di Abramo e tu hai posseduto questa terra anche troppo. Cedila a noi pacificamente e non invaderemo le tue terre. Altrimenti ti toglieremo a interesse d’usura quello che ci hai sottratto”-

La replica d’Eraclio non si fece attendere nella sua sicumera- “Questa terra è mia e la vostra eredità è il deserto. Andate in pace nella vostra terra.”

Chiaramente Eraclio non aveva capito con chi aveva a che fare. Gli Arabi della Siria erano ben conosciuti dai Bizantini, che anzi avevano una secolare tradizione di collaborazione con la tribù araba cristiana dei Gassanidi che forniva l’Impero di preziose truppe ausiliarie. Invece poco o nulla si sapeva dei sommovimenti nella penisola araba propriamente detta, dove il Profeta Maometto aveva appena fondato una nuova religione e dove, nell’anno 633, appena dopo la morte del Profeta, i suoi seguaci mussulmani, sotto la guida del primo dei loro “vicari” ben guidati, il Califfo Abu Bakr, avevano sottomesso e arruolato nel loro esercito le bellicose tribù dell’Hijaz, dell’Oman, dello Yemen e di Adramuth. Erano pronti a rivolgere la loro potenza militare, cementata nell’entusiasmo per la nuova fede, contro gli imperi degli infedeli Bizantini e Persiani.

Il loro impatto sulle frontiere bizantine era iniziato sotto forma di scorrerie, e raids, un sistema già praticato in epoca pre-islamica ma mai su scala così vasta. La Palestina fu subito attaccata, caddero Areopoli (Ma’Ab) e Bosra, un primo distaccamento Bizantino venne circondato e distrutto a Dathin il 4 febbraio del 634, e un secondo esercito più corposo non incontrò sorte migliore nella battaglia di Ajnadayn, combattuta il 30 luglio 634. In quello stesso anno, morì il califfo Abu Bakr, e il suo posto venne preso dal più risoluto Omar ibn al Khattab, deciso a trasformare le scorrerie in conquiste stabili con l’attacco ai centri fortificati. Scitopoli, Pella caddero dopo ulteriori battaglie, Damasco ne seguì le sorti dopo un assedio di sei mesi e una capitolazione che offrì alla popolazione delle condizioni di resa assai miti. Infine anche Emesa venne strappata ai Bizantini.

Eraclio non poteva tollerare di perdere regioni intere senza combattere. Pochi anni prima aveva concluso una lunga e sanguinosissima guerra contro i Persiani dove l'Impero Bizantino era arrivato sull’orlo della rovina, e i nemici erano riusciti a conquistare tutto l’oriente fino alle mura di Costantinopoli. In quel frangente Eraclio stesso aveva preso il comando dell’esercito e, penetrando nel cuore dell’Impero Persiano, era riuscito ad ottenere una pace favorevole che gli aveva assicurato il ritorno di tutte le regioni perdute. Ma ora non aveva più la forza o la volontà di guidare un’armata e, d’altra parte, non erano emersi comandanti capaci di assumersi questo compito. Tuttavia dedicò molta energia nel raccogliere un imponente esercito che comprendeva truppe da tutte le parti dell’Impero, compresi contingenti di Armeni e di Arabi fedeli, e lo affidò al tesoriere Teodoro Triturio - che forse per quell’occasione ricopriva la carica di magistr militum per Orientem- e all’armeno Vahan, coadiuvati da Jabala il gassanide che guidava i contingenti delle tribù arabe cristiane.

I Mussulmani si erano sparpagliati lungo tutta la regione, ma all’arrivo delle forze bizantine nella primavera del 636 abbandonarono Emesa, Damasco e le altre città conquistate, attestandosi presso la città di Jabiya che sorge nei pressi delle alture del Golan. I Bizantini partirono dalle basi di Edessa e Antiochia, avanzarono lungo la valle della Biqa, a sud di Damasco e attraversarono la fascia montagnosa che separa l’altopiano siriano dalla valle del Giordano. I Bizantini posero il primo campo all’altezza della città di Kiswe. Il primo contatto con le forze Mussulmane si ebbe presso Jabiya e, apparentemente, la città che era la capitale degli alleati arabi di Bisanzio, i Gassanidi, venne presa senza difficoltà. La città costituiva un nodo strategico importante, ed era situata un'area dove erano presenti acqua e pascoli in abbondanza. Il campo di battaglia su cui i Mussulmani intendevano battersi era costituito da un vasto altopiano a sud di Jabiya delimitato a nord-ovest dalle alture del Golan, a sud est dalle piane di lava dette harra.

A sud l’altopiano finiva abbastanza nettamente nella gola dello Yarmuk, che scorreva in una specie di canyon tra la città di Adhri’at a est e quella di Yaqusa a ovest. Durante il suo corso riceveva le confluenze di due significativi torrenti: il uadi’ Allan e il uadi Ruqqad. Entrambi entravano nell’altopiano da nord est e con un corso parallelo e, con i letti sempre più incassati nell'altopiano circostante, confluivano nello Yarmuk a sud ovest. Soprattutto il uadi Ruqqad costituiva un ostacolo significativo a causa delle sponde scoscese e delimitava in modo abbastanza netto il campo di battaglia a ovest.. I generali bizantini trovarono le forze arabe concentrate tra Dayr Ayyub e Adhri’at, ma la loro prima preoccupazione non fu di attaccarle, ma di disporre il campo in un luogo sicuro, e per questo scelsero la città di Yaqusa. Essa si trovava protetta a est dalle valli dello Yarmuq e del Ruqqad, ed era accessibile solo attraverso un ponte sul Ruqqad, sul quale passava la strada romana che collegava Damasco alla valle del Giordano per poi proseguire verso l’Egitto.

I Bizantini dipendevano per il loro sostentamento dalle linee di comunicazione che li collegavano a Damasco. Alla popolazione della capitale siriana toccava quindi l’onere di rifornire un’armata di parecchie migliaia di uomini e ciò portò ad una seria rottura tra Mansur Ibn Sarjan, l’amministratore bizantino di Damasco, e Vahan.

Le truppe bizantine persero il controllo della strada romana per Damasco quando un attacco mussulmano il 23 luglio del 636 portò alla conquista di Jabiya. Questo scontro preliminare mutò decisamente la natura della campagna, perché l’esercito bizantino, tagliato fuori dalla rotta per il nord, fu in qualche modo costretto a “ruotare” di 90 gradi la propria disposizione per difendere la sola linea di comunicazione rimasta, quella che passava per il ponte sul uadi Ruqqad a ovest. Segnali di forte scontento tra le truppe e gli ufficiali minarono ulteriormente il morale dell’esercito.

Si riporta che le truppe armene ad un certo punto elessero Vahan imperatore, mentre un ufficiale innominato, chiamato buccinator o drungarios, dal grado che ricopriva, rifiutò di obbedire agli ordini di Gargis. Chiaramente, l’esercito bizantino soffriva della sfiducia dei soldati verso gli ufficiali e delle divisioni tra gli ufficiali stessi, mente nell’esercito mussulmano c’era forte unità di intenti, spirito collaborativi e assoluta fiducia nella vittoria.

Della battaglia di Yarmuk tutto è controverso, dal campo di battaglia esatto, ai giorni in cui durò lo scontro e ci sono dubbi persino sui nomi dei comandanti dei vari reparti. Riporto le versioni di David Nicolle (“Yarmuk 636, Osprey, traduzione italiana in Edizioni del Prado, 1999 p. 67) e Walter Kaegi “Byzantium and the early islamic conquests”, Cambridge, 1982 p. 120 riguardo ai comandi in campo.

Nicolle
Abu Ubaida delegò il comando a Khalid Ibn al Walid, che, presumibilmente divise le truppe in trentasei unità di fanteria, formando quattro divisioni. Tre unità di cavalleria, comandate da Qays Ibn Hubaurah, Maysara Ibn Masruq e ‘Amir Ibn Tufayl furono schierate dietro il centro e il fianco, con una riserva di cavalleria più grande sul retro. L’esercito mussulmano fu schierato probabilmente tra Saham al Jawlan e Tal al Jabiya con i Bizantini a un chilometro e mezzo di distanza. Yazid Ibn Abu Sufyan era alla guida del fianco sinistro, Abu Abir ‘Amr Ibn al Jara’a del centro, composto dagli uomini di ‘Abu ‘Ubaida al centro sinistra e di Shurabil al centro destra, mentre ‘Amr Ibn al As comandava il fianco destro. Gli arcieri mussulmani, per lo più yemeniti, erano sparpagliati lungo tutto il fronte, mentre Zarrar comandava la riserva di cavalleria sotto il diretto controllo di Khalid. Rintracciare l’esatta posizione dell’accampamento mussulmano è sempre stato un problema. C’erano, infatti, parecchi campi tribali a se stanti dietro ogni divisione, che si sistemavano nei pressi delle fonti idriche fornendo frecce e altro equipaggiamento.

Kaegi
Mu’az b. Jabal guidava l’ala destra, Qubatha b. Usama comandava la sinistra, Hashim b. ?Utba guidava la fanteria e Khalid b. al Walid guidava la cavalleria. I quattro leaders erano Khalid, ‘Amr b. al .As, Yazid b. Abu Sufyan e Abu ‘ Ubaida.

Quanto ai bizantini, secondo David Nicolle l’ala destra comandata da Gargis era schierata vicino alla gola dello Yarmuk a sud e dietro la valle del Uadi Allan, ma in un punto in cui questo era ancora guadabile da reparti organizzati; era costituita da truppe di fanteria pesante. Il centro, comandato da Vahan in persona probabilmente copriva l’area a est del ponte sul Ruqqad e almeno all’inizio della battaglia era schierato dietro al Uadi Allan. La sinistra infine si spingeva nei pressi di Jabiya ed era guidata dal Drungarios e da Jabala il Gassanide. Forse si appoggiava al colle di. Tall al Jamu’a.L’obiettivo bizantino era di prendere gli accampamenti mussulmani disposti in una posizione non identificata oltre Dayr Ayyub.

La tattica era quella consueta: gruppi di arcieri in prima fila, protetti dai robusti scudi degli scutatoi di fanteria pesante, dovevano scagliare nugoli di frecce davanti alle forze nemiche; quando esse avessero dato segni di cedimento, i ranghi della fanteria si sarebbero aperti per permettere alla cavalleria di attaccare le scompaginate truppe in fuga. I primi due o, addirittura, quattro giorni di battaglia riportano situazioni di almeno apparente vantaggio per l’esercito di Vahan. Il tiro preciso degli arcieri bizantini costringe gli Arabi a ritirarsi precipitosamente nell’accampamento; essi poi si riprendono grazie all’azione delle donne che con minacce e grida obbligano i loro uomini a tornare alla battaglia e a respingere l’attacco bizantino.

Il segno lasciato dagli arcieri bizantini che prediligevano un tiro lento ma preciso, venne ricordato a lungo nei racconti arabi; molti furono i guerrieri uccisi e quelli mutilati ad un occhio come Abu Sufyan, che fu costretto a tornare alla battaglia, dagli energici incitamenti della moglie Hind. Il primo e il terzo giorno della battaglia fu l’ala sinistra di Amr’ Ibn al As ad essere messa sotto pressione, da Jabala e dal Buccinator; il secondo giorno fu l’ala destra guidata da Yazid ad essere spinta fino all’accampamento. La svolta della battaglia sembra essere avvenuta il quarto giorno quando, durante un attacco all’accampamento mussulmano delle truppe bizantine dell’ala sinistra, la cavalleria finì per trovarsi separata dalla fanteria e il corpo scelto di cavalleria di Khalid si interpose tra i due reparti bizantini. La cavalleria, in gran parte araba, disertò o fuggì, mentre la fanteria rimasta isolata venne massacrata.

I Bizantini in ritirata ebbero la cattiva sorpresa di vedere il ponte sul Ruqqad in mano ai Mussulmani, forse sempre quelli di Kahlid, forse quelli di un piccolo reparto speciale che era stato ignorato dalle forze bizantine in avanzata, nascosto dalle asperità del terreno. L’esercito bizantino, costituito dalla ormai martoriata ala sinistra e dai reparti relativamente più intatti del centro e dell’ala destra, si infilò in uno spazio ristretto contornato su tre lati da profondi burroni: quelli del Uadi Ruqqad a ovest, del Uadi Allan a Est e dello Yarmuk a sud. I Bizantini erano rimasti isolati dall’accampamento di Yaqusa, che cadde inevitabilmente nelle mani mussulmane la sera stessa del quarto giorno di battaglia. L’angoscia per una situazione senza via d’uscita, per essere tagliati fuori dal campo, dai rifornimenti e dall’acqua indusse i capi bizantini ad abbozzare una trattativa, ma i capi mussulmani rifiutarono di discutere.

Secondo la tradizione si era al quinto giorno di battaglia. Il giorno dopo, il fatale 20 agosto 636 i mussulmani finirono i demoralizzati avversari, che non offrirono più resistenza, anche perché, al dire del cronista bizantino Teofane, un forte vento prese a soffiare la sabbia negli occhi dei soldati bizantini oscurandone la visuale. Alcuni si fecero massacrare sul posto, altri tentarono la fuga attraverso i burroni e si sfracellarono sul fondo. Soltanto pochi, non più di 1/5 delle forze in campo riuscirono a disperdersi verso Emesa o la costa palestinese, inseguiti dai Mussulmani che non erano disposti a dare mercè ai vinti finchè l’intero esercito non fosse stato annientato. Vahan, Gargis e Teodoro Tritourios caddero sul campo, Jabala, finì per seguire la condotta dei suoi sudditi e passò dalla parte dei Mussulmani, salvo poi tornare sui suoi passi e a trascorrere il resto della sua vita con i seguaci della sua tribù in esilio nell’Impero Bizantino. Ma, ormai non faceva più differenza che i capi bizantini si fossero salvati o no perché dopo Yarmuk non esisteva più una forza organizzata da mandare in campo contro i Mussulmani.

Come ben Eraclio sentì, Yarmuk aveva deciso il destino della Siria, e non furono fatti seri tentativi di difendere l’area a sud del Tauro. Anche Antiochia venne lasciata ai vincitori. Nel giro di pochi anni tutta la costa siro palestinese, la Mesopotamia bizantina e l’Egitto sarebbero stati ingoiati dalla marea araba.

Gli Arabi vennero quasi sempre accolti come liberatori o per lo meno accettati come male minore da una popolazione esasperata da anni di iniqua pressione fiscale e persecuzione religiosa. Eraclio parve perdere la ragione negli oscuri ultimi anni del suo regno e rimase impotente ad assistere all’invasione dell’Egitto. I Bizantini trovarono infine la forza di resistere arroccati all’Anatolia, difesa dalla catena montuosa del Tauro e da numerose piazzeforti. Tuttavia sarebbe trascorso più di un secolo prima che un esercito bizantino guidato dall’imperatore avesse il coraggio di scendere in campo e sconfiggere un esercito arabo.

Libri consultati

Nicolle D., Yarmuk 636. Edizioni del Prado, Madrid 1999
Kaegi, W.E., Byzantium and the Early Islamic Conquests. Cambridge, 1982
Glubb, J.B., The Great Arab Co

by ALESSANDRO CONTI


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