Biografie

Anno 1960

7 LUGLIO – Riemergono in molte citta’ i gruppi di partigiani, i comitati antifascisti vengono riorganizzati, e altrettanto fanno quelli della destra in un clima di immanente scontro fratricida fra italiani, ritornati al clima dell’8 settembre dove reciprocamente gli uni danno la caccia agli altri. Sono passati quindici anni e nonostante il “miracolo” si e’ quasi al punto di partenza sul piano politico e sociale.
Avvengono a Reggio Emilia i piu’ violenti scontri, centinaia sono i feriti e cinque i morti, ma altri feriti si segnalano in altre citta’, a Parma, Modena, Napoli.

Alla Camera, dove giungono le ferali notizie, si vuole sdrammatizzare e nello stesso tempo insistere con valutazioni inquietanti del Ministro degli Interni SPATARO “e’ in atto una destabilizzazione ordita dalle sinistre con appoggi internazionali” e giustifica l’intervento della sua polizia. TAMBRONI, il presidente del consiglio, afferma le stesse cose. Piu’ ragionevole il presidente del Senato MERZAGORA, che propone di tenere le forze di polizia in caserma e invita le organizzazioni sindacali di non fare scioperi lasciando libere una moltitudine di gente che possono provocare incidenti. Ma non viene ascoltato e l’….

8 LUGLIO le manifestazioni del giorno prima innestano altri incidenti a Palermo e a Catania dove negli scontri si contano altri centinaia di feriti e anche qui quattro morti.
Reggio Emilia sta preparandosi a fare per i suoi cinque morti una manifestazione di cordoglio imponente e dove il clima è già teso, ma con le notizie che arrivano dalla Sicilia la tensione sale ancora e sembra ormai una situazione incontrollabile.

9 LUGLIO – A Reggio Emilia, l’intera citta’, 100.000 persone sfilano in una giornata plumbea e in silenzio davanti alle bare dei cinque caduti. Altrettanto a Palermo e Catania. Sono sconvolti gli ex partigiani e sconvolti sono anche quelli appartenenti alla destra. Ci si interroga. Ma la riflessione non tocca gli esponenti politici responsabili, infatti il….

14 LUGLIO ….alla Camera il Presidente del Consiglio TAMBRONI afferma e mette in relazione il viaggio a Mosca di TOGLIATTI e i fatti accaduti, “questi incidenti sono frutto di un piano prestabilito dentro i palazzi del Cremlino”.

18 LUGLIO – A surriscaldare il clima, ma anche a frenare l’escalation, ci pensano 61 intellettuali DC che preparano un documento che intima ai dirigenti democristiani a non fare alleanza con i neofascisti provocatori e responsabili secondo loro dei gravissimi incidenti destabilizzanti.

19 LUGLIO – Il governo Tambroni è costretto a dimettersi. Le sue invocazioni dopo gli attacchi ricevuti dal suo stesso partito – dove ci sono correnti che hanno forse capito meglio che ci si sta avviando verso una strada pericolosa – non danno piu’ spazio alle sue fantomatiche e inquietanti esternazioni. E rispunta il …..

27 LUGLIO….FANFANI che ricostruisce il suo governo monocolore che al Senato ottiene 128 si, 58 no, 39 astensioni. Mentre alla Camera ottiene 310 si’, 156 no e 96 astensioni. Questa volta ci sono i si’ di DC, con PSDI e PLI, mentre nel no a fianco dei comunisti troviamo il precedente alleato il MSI e nelle astensioni i monarchici e i socialisti.
Fanfani ha rattoppato tutto; e come ha fatto? Ne ha inventata una delle sue, sono quelle che passeranno alla storia come le “convergenze parallele”. Assensi, dissensi ma soprattutto astensioni sono tutti voti preziosi messi insieme ma ognuno resta con le sue autonomie, ovvero accordi su un programma di governo senza che questo comporti rinuncia alle rispettive ideologie. Non siamo ancora al “compromesso storico” ma siamo su quella strada. BERLINGUER lo propose il 28 settembre 1973 e ANDREOTTI aspettera’ qualche anno poi il 6 agosto del 1976 con la “non sfiducia” dei comunisti formerà il suo governo. Assurdamente i voti di astensione superarono i voti sfavorevoli.

11 OTTOBRE – Il Nuovo clima politico verso una nuova strada e nuovi tempi, porta anche a concessioni pluralistiche. Infatti si inaugura alla televisione Tribuna politica. Viene mandata in onda in occasione delle elezioni amministrative, dove per la prima volta troviamo fra i personaggi esponenti di partiti dell’opposizione.
Non era mai successo in precedenza; a nessun altro partito politico gli era mai stato dato l’opportunità di illustrare dagli schermi televisivi il proprio programma, il permesso di criticare quello degli avversari, o quelli della maggioranza al governo.
E’ il primo passo verso la strada della distensione, il primo verso il pluralismo. Infatti incontra un grande successo. La partecipazione del pubblico è grande, anche se tutto si svolge in un clima ovattato, con un moderatore intransigente alle intemperanze, e dove stempra gli scontri, stronca i battibecchi con fermezza. Ma il successo è strepitoso. Per la prima volta i leader sono sul video. Per molti che li avevano sentiti solo nominare, ora li possono vedere e sentire dal vivo, anche nelle piu’ sperdute contrade. La politica quindi in questo periodo è sentita e la partecipazione ne è un segnale inequivocabile. Poi gli italiani si stuferanno di vedere sempre le stesse facce e queste trasmissioni diventeranno quelle della noia, salvo per gli addetti, o per quelli che vogliono contemplarsi nel proprio narcisistico piacere dell’apparire. E come in molti altri campi anche nella politica nasce il divismo, il “bello” di turno, il sempre sorridente, il vanitoso onnipresente. La politica inizia a dare spettacolo.

6-7 NOVEMBRE – Elezioni amministrative per 32.533.44 italiani. Un banco di prova non indifferente visto che sono coinvolti quasi tutti gli italiani. Le ultime politiche sono del maggio del 58, ma da quel giorno molte cose sono successe, tante cose sono cambiate. All’esame sono interessati quindi un po’ tutti i partiti anche se si tratta di giunte comunali.
I risultati segnano un’avanzata del PCI, una tenuta della DC, un regresso per il PSI.
I RISULTATI E FRA PARENTESI LE POLITICHE DEL ’58
DC 40,3% (42,3)- PCI 24,5% (22,7) – PSI 4,4% (14,2) – MSI 5,9% (4,8) – PSDI 5,7% (4,6) – PLI 4% (3,5) PNM 2,9% (2,6)- PRI 1,3% (1,4)
Roma è tutta DC con le destre, Napoli tutta destra con i monarchici, Bologna invece conferma il tutto rosso.

12 NOVEMBRE – Un duro attacco viene sferrato dal New York Times all’Italia e indirettamente il messaggio tira in causa ENRICO MATTEI che dopo il viaggio a Mosca (fra l’altro con il Capo del Governo, il che ha dato un clima di ufficialita’ alla visita) ha concluso con la Russia un’importante contratto di forniture di idrocarburi; concordato una gigantesco metanodotto che arriva fino in Italia; si è aggiudicato il 20% del fabbisogno energetico dell’Italia e fra l’altro a un prezzo inferiore al 20% del mercato mondiale.
In particolare all’Italia gli si rimprovera di non mantenere i patti stipulati nel dopoguerra, e rimprovera a Mattei di avere rotto gli equilibri del mercato dei prodotti petroliferi, scavalcando e danneggiando con la sua egoistica autonomia non solo gli interessi delle grandi compagnie (le 7 sorelle), ma anche di compromettere gli equilibri politici.

24 NOVEMBRE – FANFANI aveva attaccato TAMBRONI per le sue simpatie di destra (gli ricorda l’appoggio datogli dal MSI al suo governo) e Tambroni contrattacca mettendo l’indice contro Fanfani, accusandolo di simpatie verso le sinistre, e che oltre che andare verso i socialisti tende la mano anche ai comunisti, e invoca severe misure contro questi.

10 DICEMBRE – Scompiglio provoco’ la notizia che sia uomini della Guardia di Finanza e della Polizia, con una lettera aperta indirizzata all’Unita di Genova e di Milano, chiedono al governo miglioramenti salariali e una piu’ corretta applicazione dello Statuto dei lavoratori. Su ordine di un magistrato di Genova, vengono perquisite le sedi dei due giornali, per risalire ai firmatari della lettera che hanno commesso questo atto di insubordinazione, che viene considerato oscuro, permeato da registi occulti, alcuni dicono di destra altri dicono di sinistra, ma rimane il clima di inquietudine che si era diffuso dopo i gravi fatti, e ora anche dentro le caserme, (e attenzione!) negli apparati dello Stato. Uomini che vengono criminalizzati dalla popolazione, che li vede assalire i manifestanti alle volte inermi ma con gli ordini dei superiori, insomma un disagio diffuso ormai nei tutori dell’ordine, pur questi reclutati con severe disposizioni interne riguardo a simpatie politiche che non dovevano essere certamente verso la sinistra, ma erano gradite semmai verso quelle di destra.

Entrare nella polizia o nei carabinieri era impossibile, se solo si aveva un lontano parente attivo nella sinistra o iscritto a qualche sindacato. Le informazioni venivano raccolte meticolosamente. L’autore che scrive, addestrato al Centro Militare dei Paracadutisti Sabotatori della Polizia e facente parte per quattro anni di un reparto molto speciale, operante fra l’altro in particolari zone del terrorismo, ne conosceva la prassi. Non si sfuggiva da rigorose e strettissime maglie degli informatori. Ogni piccola notizia veniva riportata, vagliata, soppesata, e presi gli opportuni severi provvedimenti.

Il blitz di Genova fu ordinato dal procuratore FRANCESCO COCO, che tornerà alla ribalta l’8 giugno del 1976, quando fu assassinato in un agguato dalle “BRIGATE ROSSE”. E’ il primo magistrato a essere assassinato da quello che fu considerato “il partito armato”. Non gli avevano perdonato quella perquisizione. Rimase sempre il quesito se a giustiziarlo siano stati quelli che avevano subito la perquisizione, (i comunisti dell’Unita’) o chi aveva mandato al giornale la “lettera aperta” che scateno’ il putiferio. In un caso e nell’altro ci doveva essere connivenze e reciproche simpatie fra una parte della destra (la polizia e la finanza) e una parte della sinistra (estremisti del giornale comunista).
Un mistero mai risolto, ma che trae origine da questo fatto, ancora molto lontano quel 3 marzo e 25 gennaio 1972, quando le Brigate Rosse dirompenti comparvero sulla scena politica con il loro primo manifestino di rivendicazione a Linate e al sequestro del dirigente della Simens MACCHIARINI.

FINE DELL’ANNO 1960 – Politico

ALCUNE ASPETTI DELLA VITA ITALIANA DI QUEST’ANNO

In Italia BOOM ECONOMICO: tasso di crescita nel periodo ’58-’63, 6,3% annuo; il possesso della TV nelle famiglie italiane passa dal 12% al 50%, frigorifero da 12% a 58%, lavatrice da 3% a 25%, auto da 300.000 a 4.800.000 (!), moto da 700.000 a 5.000.000. Di conseguenza milioni di contadini lasciano le campagne, perche’ nel triangolo industriale del nord alta e’ la richiesta di operai generici in tutti i settori della produzione.

NEOCAPITALISMO – Ma un nuovo fenomeno si sta verificando nell’economia italiana. I protagonisti sono: l’Eni e la Fiat, la Finsider e la Falk, l’Edison e la Montecatini (non ancora fuse nella Montedison) e altri ancora. Intorno a questi gruppi, come scrive Eugenio Scalfari, nella sua inchiesta, sta avvenendo la crescita industriale del paese. Ma, intorno a questi stessi poli, si sta sviluppando anche il cosiddetto neocapitalismo, che nella situazione italiana, presenta risultati positivi e incognite spesso inquietanti.

Nel periodo ’61-’71 nel triangolo Nord, su ogni 100 cittadini locali che incrementano la popolazione in età lavoro, si creano 162 posti extragricoli. E’ la grande fuga dalle campagne per la città. Ne arriveranno milioni e produrranno auto, elettrodomestici, mobili, vestiario, ma rarissimi trattori, camion, autobus (il 5%) mentre la vocazione rurale di certe contrade italiane andranno a catafascio. I giovani partono, i vecchi non hanno macchine agricole e l’agricoltura conosce i suoi anni piu’ neri.

Operai generici che vengono dal grande serbatoio delle popolazioni del Sud, (ma anche dall’entroterra delle citta’ padane, dalle valli prealpine del Nord e dalle campagne venete) che tenute da secoli in condizione di semi analfabetismo si riveleranno preziose e determinanti per questo tipo di sviluppo irrazionale, che pero’ senza una grande programmazione sia nelle direttive di produzione, che in quelle urbanistiche delle citta’, crebbero senza un piano regolatore, senza un decentramento, una localizzazione delle aeree delle grande industrie e dell’indotto, ne’ a livello provinciale ne’ regionale.

Sulla congestione urbana provocata da questa immigrazione selvaggia al di fuori di ogni regola programmata, si costruì con grandi speculazioni l’urbanistica periferica, le grandi zone dormitorio a ridosso dei grandi complessi industriali , dimenticando le strutture di aggregazione sociale, i servizi essenziali, e perfino le strutture commerciali.

Quando poi chiuderanno le grandi industrie, interi quartieri periferici o comuni limitrofi diventati popolati come una citta’ di provincia, non avranno ne’ un tessuto urbano ne’ le risorse economiche diversificate di un piccolo paese. Ma solo isole di gruppi umani abbandonati a se stessi senza nessuna vocazione ne’ capacita’ di fare altro.

I nuovi neoproletari abbandonarono casa e terra nei paesi d’origine, e salirono sui “treni della speranza” trasferendosi nelle “colombaie” costruite dalle industrie o nei vetusti casolari delle campagne piemontesi e lombarde ormai sempre piu’ spopolate dai nativi, attirati dagli stipendi che le altre attivita’ economiche distribuivano in ogni settore, anche se ancora bassi. Ma erano per qualcuno i primi veri soldi in contanti che vedevano nella loro vita. Un miraggio atavico quando l’intera economia, salvo qualche sacca produttiva, funzionava con l’autoconsumo, l’autoproduzione e quindi diffuso lo scambio in natura.

Ma nonostante questi primi soldi e proprio perche’ sono pochi rispetto all’incremento produttivo che essi danno, il 61% dello stipendio di un operaio italiano risulta speso per mangiare, in Germania invece incide solo per il 28%, in USA per il 25%, e in Francia per il 39%. I nostri negozi di alimentari hanno pochi prodotti, poveri e costosi, spesso commercializzati con adulterazioni criminali fatta da gente senza scrupoli (lo abbiamo visto lo scorso anno l’inquietante fenomeno) mentre in Germania nei primi supermercati la varietà non è molta, però sono prodotti piu’ spartani, piu’ calorici, abbondanti come quantità messa a disposizione e quindi poco costosi.

Reddito pro-capite annuo (in dollari)
ITALIA 927—-SUD AFRICA 846—-USA 3.221
SVIZZERA 2.213 —SVEZIA 2.161—– G.B. 1.668
GERMANIA 1.773——FRANCIA 1490
GIAPPONE 725——SPAGNA 531.
Queste cifre, si mantengono all’incirca su questa media fino al 1964, con una svalutazione della moneta annua di circa il 4%. L’aumento del reddito avverrà nei prossimi anni (voluto preteso, in parte accordato); ma si verificherà sul mercato una forte domanda interna di beni di consumo. Ma la grande industria sta guardando solo alla produzione e alle esportazione dei beni durevoli, penalizzando la piccola industria che rimasta nelle difficoltà di non poter accedere ai capitali per gli investimenti, verrà messa in difficolta’ per soddisfare la domanda. La conseguenza sarà quella di far salire dopo gli Anni Settanta, l’inflazione a due cifre vanificando gli aumenti.

Il flusso verso l’estero conobbe anche grandissime emigrazioni di massa: Dal 1951 al ’55 furono 1.366.000 gli italiani che emigrarono. Dal 1956 al ’60 1.739.000. Dal 1960 al ’65 1.556.000. Totale 4.662.000. (vedi in Curiosita’ la tabella con piu’ dettagli come anni, numero e destinazione)

Paradossalmente le rimesse di questi emigranti dall’estero furono quelle che andarono a compensare la bilancia dei pagamenti delle importazioni di materie prime nelle aziende del nord, in una percentuale altissima e quindi a foraggiarla.

Era tutta gente vissuta fino a questo momento a vocazione rurale, con quella agricoltura detta eroica. Popolazione da secoli tenuta in condizione di sopravvivenza; e dove spesso affermavano i potenti e governanti di turno “tanto hanno tutti l’orto, la verdura, la frutta, la polenta, per cosa diamo loro le strade, il telefono, la ferrovia, la luce e le industrie, a cosa gli serve?”. Un mondo dove lo scambio in natura era ancora molto diffuso, la moneta circolante era ancora una chimera per pochi e l’autoproduzione c’era ma precaria come quantita’ e qualita’.

La fuga e’ quindi motivata. Infatti in Italia dai 41 % addetti nell’agricoltura nel 1958, si precipita al 14 % nel 1963. Uno spopolamento biblico. Una massa che si calcola essere stata nel corso di alcuni anni di circa 5 milioni (altri dicono 8 milioni) di individui tutti in cerca di un modesto (tale era) guadagno in comparti dove non si richiedeva ne’ arte ne’ parte, cui seguì per quanto bassa, una redditività e un trend di consumi (come spesa) in 5 anni pari a quelli di un’intera generazione.

E si verificò il paradosso che le zone povere del Paese andarono ad aiutare lo sviluppo delle zone ricche nelle grandi città della Pianura Padana votata ormai a una vocazione neo-industriale; e in due modi: sia lavorando in quei settori dove più nessun settentrionale voleva faticare, sia nella stessa industria manifatturiera dove occorreva manodopera generica, come le catene di montaggio o le antiquate filature (uno dei settori portanti della grande rivoluzione industriale alla fine del ‘800 inizio ‘900). E nello stesso tempo, pur a paghe basse, consumando e contribuendo a far sviluppare tutto l’indotto.
“Farsi” la macchina” sembro’ il punto d’arrivo di ogni sacrificio e desiderio. “Ha la macchina” diceva orgogliosa all’amica la ragazza che era corteggiata da un pretendente. “Hanno la televisione” dicevano le famiglie parlando del vicino, spesso super riverito con lo scopo di farsi invitare la sera a vederla.

Ferma invece la produzione veicoli industriali. L’Italia sembra interessata a fabbricare prodotti per una civilta’ opulenta, solo auto per andare in vacanza e per il tempo libero, non gli interessava il settore trattori e neppure i veicoli industriali ebbero una priorita’. Altri paesi incentivavano questo importante settore, mentre l’Italia con scelte politiche discutibili accuserà poi ritardi incolmabili, non solo non sviluppando i trasporti su ruota ma nemmeno le ferrovie verso le frontiere. Pazzesco fu l’ignorare poi quello marittimo e fluviale, quando si pensi che meta’ della popolazione italiana (proprio il 50% – pochi se ne rendono conto) vive (favorita quindi a questo tipo di trasporto) sulle coste marine, mentre in Germania con un solo lembo di mare e due fiumi ha incentivato enormemente questi trasporti in un modo razionale facendoli diventare economici.

N. AUTO costruite nell’anno e fra (—-) NUMERO VEICOLI INDUSTRIALI
GIAPPONE 579.000 (1.122.815)(!) — INGHILTERRA 1.867.000 (464.000)
FRANCIA 1.390.000 (245.000) —– GERMANIA 2.650.000 (314.000)
STATI UNITI 7.745.000 (1.562.000) — ITALIA 1.108.000 (59.000)
(un popolo trasformato in turisti domenicali, e non in camionisti)

La produzione e’ rivolta all’esportazione (il 30% in varie, il 44% in auto) ma gli stipendi risultano molto bassi sulla media europea(!), si verifica che lo sviluppo industriale che sta decollando chiamato “miracolo italiano” e’ una realtà per la categoria dei vecchi imprenditori e per quelli che stanno ora emergendo, ma e’ un’utopia per chi in questi 10 anni lavorerà con i bassi salari. Fu un incubo quotidiano. Spesso per dignita’ tenuto nascosto dentro le proprie pareti, in mezzo a quell’euforia che invece c’era intorno.

Lo stipendio di un operaio in una fabbrica tessile di Biella (attaccafili o manovale) e’ di lire 30.400 (47.000 un operaio della Fiat) che lavora in media 211 ore-mese, cioè lire 144 di paga oraria. Un etto di mortadella (scadente) costa lire 72; quindi con un ora di lavoro ne può acquistare al massimo due etti esatti.

E balza subito evidente, in base alla paga oraria, che con un’ora di lavoro, di mortadella (di qualita’ ora superiore) se ne può acquistare oggi (anno 2000) di più di due etti, e che questo operaio anno 1960 doveva proprio fare la fame. Ma il modello dei consumi era indirizzato verso una sola direzione: acquistare auto, moto, scooter, frigo, tv, radio, mobili, tutto a rate e correre al mare in vacanza, dove gli “albergatori”, offrono una pensione completa a 600-1000 lire al giorno e con le loro pensioncine fanno piu’ sacrifici degli operai della Fiat. Per alcuni pescatori sono i primi soldi che vedono in vita loro.
(All’albergo Nuova Rimini di Corso XXIII settembre, si pagava 600 lire, e ancora nel 1972 un giorno di pensione si pagava 1200 lire- Dall’ Annuario Enit).

Oltre che a Torino, Milano e altre città del Nord il miracolo fu pure quello della Costa Romagnola. Qui’ 4.000 (!!) pescatori da Milano Marittima a Cattolica, costruirono in pochi anni 4.600 alberghi-pensioni, sorte dal nulla. Non ci fu romagnolo che non fosse impegnato in un’attività che solo pochi anni prima neppure si sognava. Bagni, balere, pedalò, cabine, pescherecci per gite e, tante tante tante case, belle e brutte trasformate in pensioncine. E nell’inverno tutti i familiari trasformati in muratori a tirare su prima pensioncine, poi alberghi, infine hotel, per la prossima stagione. Le cambiali sull’Adriatico diventarono piu’ numerose dei pesci.

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Redazione