-
E'
risaputo che, quando fu arrestato a Dongo, Mussolini aveva presso di s�
una grossa busta di cuoio contenente preziosi documenti. Essi erano tali
da interessare la storia degli ultimi anni. Ma - almeno fino a questo
momento - la storia li ignora. Forse debbono considerarsi perduti, perch�
quella busta scomparve, n� risulta sia stata mai ritrovata.
Fino a quando non sia stato rinvenuto (ma lo sar� mai?)
il carteggio personale e riservatissimo che Mussolini portava con s� e
che dovette abbandonare - non si sa dove, n� come - dopo il suo arresto
sulla riva occidentale del lago di Corno; fino a quel giorno avranno un
acuto interesse e un valore documentario eccezionale le parole, gli scritti,
le dichiarazioni, le confessioni, che egli fece, dett�, espose, o forn�
verbalmente nell'ultima decade della sua esistenza e, particolarmente,
fra il 20 aprile del 1945 e quel drammatico 28 aprile del 1945, in cui
lui e Claretta Petacci vennero uccisi.
Mussolini aveva molte cose da dire. I giornali, i testimoni,
le numerose interviste con partigiani del tempo, sono concordi nel riferire
ci� che il Capo della Repubblica Sociale avrebbe detto ai suoi carcerieri:
"Voglio parlare un'ultima volta al mondo, prima di morire. Sono stato
tradito nove volte. La decima, sono stato tradito dai tedeschi".
E' noto che egli non ebbe modo di parlare come desiderava
e voleva. Quali pensieri gli facevano invocare quest'ultimo colloquio
con gli uomini? Li ignoravamo fino a ieri. Oggi non pi�.
E non perch� siano stati ritrovati documenti che Mussolini
portava con s� nella famosa busta di cuoio prima dell'arresto; ma perch�
� venuto alla luce quello che si pu� a giusto titolo chiamare il testamento
di Mussolini.
Nessun dubbio, a tale proposito. Le sue ultime parole
non solo vennero scritte sotto la sua dettatura; ma Mussolini stesso,
due giorni dopo la definitiva stesura delle cartelle dattiloscritte, volle
rivederle, volle personalmente correggerle; e, infine, volle siglare tutto
il dattiloscritto con la sua ben conosciuta inconfondibile M.
Ci si chieder�: "Come mai questo documento cos�
importante, questa testimonianza cos� vitale, salta fuori soltanto adesso?"
Domanda pi� che naturale; ma la risposta � quanto mai
semplice: perch� l'estensore manuale di quelle dichiarazioni, che furono
a lui dettate, il fortuito raccoglitore delle idee, della volont�, dell'estrema
disperata difesa di Mussolini si era impegnato a non rendere noto il contenuto
di quelle carte se non tre anni dopo la morte di Mussolini stesso.
E questo - come si vedr� - per esplicita volont� di
Mussolini.
Ecco perch� solo ora, trascorsi i tre anni da quel
tragico 28 aprile 1945, il depositario degli ultimi pensieri di Mussolini
si � fatto vivo, ritenendosi giustamente sciolto dall'obbligo del silenzio.
Il documento ha la forma di una intervista; intervista
che Mussolini concesse nel suo studio presso la Prefettura di Milano a
Gian Gaetano Cabella, direttore del "Popolo di Alessandria",
nel pomeriggio del 20 aprile 1945 e che, come si � detto, rivede attentamente
il giorno 22 aprile, cio� sei giorni prima della morte.
Superfluo rilevare che questa non � una intervista
delle solite. Si tratta di dichiarazioni assolutamente eccezionali, fatte
nel momento in cui Mussolini aveva la coscienza del crollo e della sua
stessa fine imminente. Egli stesso, del resto come si vedr�, defin� questa
intervista un testamento.
Quando il giornalista di sua fiducia gliela riport� il 22 aprile, gli
avvenimenti gi� precipitavano con un ritmo che non consentiva pi� illusioni.
Gli angloamericani si erano avvicinati vittoriosi alla linea del Po. Ogni
speranza in una qualsiasi resistenza svaniva, tanto per l'esercito tedesco,
quanto per i fascisti. Nell'ampia cerchia limitata dall'arco alpino, gi�
echeggiava il sinistro: "Si salvi chi pu�". Perci� Mussolini
ebbe la visione, forse ancora nebulosa, ma non per questo meno drammatica,
della prossima fine. E ci� spiega la consegna impartita al fedele dell'ultima
ora: "Se io muoio, non dovete divulgare quanto rimetto nelle vostre
mani se non quando saranno passati tre anni dalla mia morte".
L'importanza storica e umana del documento � eccezionale. E' un estremo
appello alla posterit� quello che Benito Mussolini dett� il giorno 20
e corresse il 22 aprile 1945 nella saletta della Prefettura di Milano.
Gian Gaetano Cabella scrisse poi la Prefazione del
libro "IL TESTAMENTO POLITICO DI MUSSOLINI", Ed. Tosi, Roma
1948, che cos� iniziava
Chi scrive � il giornalista Gian Gaetano Cabella, ex direttore del "Popolo
di Alessandria", giornale che nel 1944 si pubblic� anche a Milano
in una edizione destinata alla Lombardia.
Nell'aprile del 1945 il Cabella, non appena seppe che Mussolini, proveniente
da Villa Feltrinelli sul Garda, era arrivato a Milano, chiese e ottenne
un'udienza dal Capo della Repubblica Sociale.
Lasciamo al Cabella il compito di narrare egli stesso
le varie fasi dell'intervista. Cominci� come una delle tante conversazioni
che Mussolini aveva non di rado con questo o con quel direttore di giornale.
Ma ben presto l'intervista assunse una portata eccezionale:
sia perch� fu l'ultima che Mussolini concesse, sia perch� egli stesso
volle rivederla, completarla, correggerla, annotarla, nella sua redazione
definitiva.
"" Fu il ministro Zerbino che il 19 aprile mi comunic�
l'invito. Mussolini mi avrebbe ricevuto all'indomani, in Prefettura. Feci
subito rilegare i numeri del giornale: tutta la edizione milanese dal
settembre 1944 fino all'ultimo numero, uscito con la data del 21 aprile
1945. Volevo offrire al Duce l'intera collezione, insieme coi prospetti
e i grafici della tiratura, del "Popolo", che, da 18 mila copie
stampate e 16 vendute nel primo anno di vita, era ora asceso a 270 mila
copie tirate e vendute, senza contare i numeri speciali, che avevano ottenuto
un successo anche maggiore. Le richieste, negli ultimi tempi, superavano
la tiratura.
Molti camerati mi consegnarono scritti e messaggi da
presentare al Duce. Divisi queste carte in tre gruppi: 1) quelle che gli
avrei dato in ogni caso; 2) quelle meno importanti; 3) quelle che avrei
consegnato solamente se il colloquio si fosse svolto in modo particolarmente
favorevole.
Preparai anche una breve relazione delle lunghe trattative
che avevo condotto con elementi partigiani, i quali, in un primo tempo,
mi avevano scritto invitandomi a prendere contatto con alcuni loro rappresentanti.
Avevo accettato senz'altro questo abboccamento che avvenne il 7 febbraio
a Rondissone, vicino a Torino: incontro interessante sotto molti rapporti
e che permise utili intese nell'interesse superiore del Paese.
Alle 14.30 del 20 aprile ero in Prefettura. Nella
prima sala d'aspetto passeggiavano e discorrevano ufficiali e gerarchi.
Il Prefetto, capo della Segreteria particolare, attraversava spesso la
sala che divideva lo studio di Mussolini dal suo ufficio. Nel secondo
salone c'erano il colonnello Colombo, comandante della "Muti"
con il vice comandante e altri.
Alle 15 giunsero il comandante Borghese accompagnato
da alcuni ufficiali, e il Capo di Stato Maggiore della GNR. Il ministro
Fernando Mezzasoma parlava con un gruppo di giornalisti, fra i quali ricordo
Daquanno, Amicucci, Guglielmotti. Si un� al gruppo, poco dopo, anche Vittorio
Mussolini.
Un'apparente serenit� regnava fra quelle persone e,
specialmente nella prima sala, c'era il pi� discreto silenzio. Un ufficiale
delle SS germaniche passeggiava fumando. Il servizio di guardia era limitato
al portone d'ingresso del Palazzo del Governo e a due sentinelle armate
(una SS tedesca e un milite della Guardia) alla postierla della scaletta
che dal cortile conduceva all'appartamento occupato dal Duce e dai membri
del governo.
Alle 15.20 giunse il Questore, che parl� col Prefetto
Bassi. Poco dopo usc� dallo studio del Duce il personaggio che vi stava
gi� da venti minuti; ma non ricordo chi fosse. Forse Pellegrini. Entr�
un usciere, che chiuse la porta dietro di s�; ma non tanto velocemente
da impedirmi di scorgere Mussolini seduto dietro una piccola scrivania.
Nel frattempo, mi aveva raggiunto il mio redattore capo, gi� direttore
di "Leonessa", settimanale della Federazione bresciana: il sottotenente
dei bersaglieri Galileo Lucarini Simonetti.
Finalmente, la porta del Duce si apr�. L'usciere disse
forte il mio nome. Mi precipitai dentro. Deposti i pacchi sopra una sedia
alla mia destra, salutai sull'attenti. Mussolini mi accolse con un sorriso.
Si alz� e mi venne vicino. Subito osservai che Mussolini stava benissimo
in salute, contrariamente alle voci che correvano. Stava infinitamente
meglio dell'ultima volta che l'avevo visto. Fu nel dicembre del 1944,
in occasione del suo discorso al Lirico. Le volte precedenti che mi aveva
ricevuto - nel febbraio, nel marzo e nell'agosto del '44 - non mi era
mai apparso cos� florido come ora. Il colorito appariva sano e abbronzato;
gli occhi vivaci, svelti i suoi movimenti. Era anche leggermente ingrassato.
Per lo meno, era scomparsa quella magrezza, che mi aveva tanto colpito
nel febbraio dell'anno avanti e che dava al suo volto un aspetto scarno,
quasi emaciato. Quel ricordo, dinanzi ad un uomo ora tanto diverso, si
dilegu� immediatamente dalla mia memoria.
Egli indossava una divisa grigio-verde senza decorazioni,
n� gradi. Lasci� i grossi occhiali sul tavolo, sopra un foglio pieno di
appunti a matita azzurra. Notai che il tavolo era piccolo: molti fascicoli
erano stati collocati sopra un tavolino vicino. Alcuni giacevano perfino
in terra, presso la finestra. M'� rimasta l'impressione visiva che sulla
scrivania, in un vaso di cristallo, ci fosse una rosa rossa; ma non potrei
garantire l'esattezza di questo particolare. Sopra una sedia, scorsi tre
borse porta documenti: due in cuoio grasso, una di pelle giallo scura.
Mussolini mi pos� la destra sulla spalla e mi chiese:
"Cosa mi portate di bello?". Queste le prime parole, che gi�
mi aveva dette quattordici mesi prima, bench� con altro tono: un tono
pi� lento, con voce pi� bassa e stanca.
Non seppi rispondere l� per l�. Come al solito, e come
succedeva a molti davanti a lui, mi sentii alquanto disorientato e dopo
una breve esitazione risposi che ero felice di vederlo, e che gli portavo
la raccolta del giornale. Mi batt� la mano sulla spalla. Fissandomi, mi
disse: "Vi elogio per quanto avete fatto per il consolidamento della
Repubblica Sociale. Pavolini mi ha riferito del vostro discorso a Torino
per il 23 marzo e del successo che avete ottenuto. Non vi sapevo anche
oratore".
Gli offersi la raccolta del giornate e gli mostrai
i grafici della diffusione, della vendita, delle lettere ricevute. Gli
consegnai diversi scritti di fascisti, di combattenti, di giovanissimi.
Mi fu largo di elogi, specialmente per i tre numeri speciali, ricchi di
illustrazioni, dedicati a "Stellassa" (Umberto di Savoia), a
"Pupullo" (Badoglio) e a "Bazzetta" (Vittorio Emanuele
III).
Sfogli� la raccolta, soffermandosi su alcuni
numeri. Rise.
"I tre numeri illustrati per "Bazzetta",
" Pupullo" e "Stellassa" sono fatti veramente bene.
Mi hanno divertito. Che tiratura hanno avuto?".
" Duecentosettantamila copie vendute. Per mancanza
di carta non ho potuto far fronte alle trecentottantamila richieste...".
"Avrete la carta che vi occorre...". Prese
la matita e, stando in piedi, tracci� qualche nota su un foglio di appunti.
Allora mi feci animo e gli esposi il caso disgraziato di due camerati
bolognesi. Il suo volto si rattrist�.
"Far� aver loro diecimila lire. Va bene?".
Volle sapere i nomi e gli indirizzi. Li scrisse egli stesso, negli appunti.
Poi mi chiese: " Desiderate qualche cosa da me?". Dopo un momento
di perplessit� risposi: "Il mio premio l'ho gi� avuto, � stato l'elogio
che avete voluto farmi. Oso troppo se vi chiedo una dedica?". Gli
mostrai una grande fotografia. La fiss� un attimo, scosse il capo. Evidentemente,
non era troppo soddisfatto dell'immagine. Poi torn� al tavolo, si sedette,
prese la penna e scrisse: "A Gian Gaetano Cabella, pilota de Il Popolo
di Alessandria, con animo della vecchia guardia. B. Mussolini, 20 aprile
XXIII".
Pos� la penna. Volle vedere i grafici. La tiratura
del giornale era descritta da un diagramma. Vi era tracciata una linea
ascendente, con leggere contrazioni, qua e l�.
"A che cosa attribuite queste diminuzioni di vendita?".
"Credo che occorra ogni tanto, specie dopo numeri
di grande rilievo esteriore, fare uscire qualche numero pallido, senza
forti titoli".
Esposi, poi, brevemente i criteri che seguivo e che
mi parevano giusti, quindi soggiunsi: "Mi siete stato maestro. Conservo
la raccolta de "l'Avanti!" e quella del "Popolo d'Italia"...".
Mussolini scosse la testa, stette un attimo pensoso
e osserv�: "Si nasce giornalisti come si nasce compositori o tecnici.
Creare il giornale � come conoscere la gioia della maternit�. Il criterio
di non monotizzare � giusto. Non si pu� dare un concerto con soli tromboni
e grancasse. Il pubblico, dopo i primi istanti di sbalordimento, finirebbe
con l'abituarvisi. Vedo che siete anche un abile amministratore. Siete
genovese...".
Si sofferm� sul grafico che riguardava la corrispondenza
ricevuta dal pubblico, lettori e lettrici e osserv�: "Molte lettere
anonime, vedo".
"Ricevo al giornale circa un dieci per cento di
anonime. Per� quando le vicende dell'Asse vanno meglio, le lettere anonime
diminuiscono". Gli dissi anche che in Alessandria avevo appiccicato
le pi� divertenti ad una parete.
Mussolini sorrise: "Ho visto le fotografie della
vostra redazione".
"Nel mese di marzo - precisai - su 2785 lettere
ricevute, 360 sono state anonime".
"Oltre 2400 lettere non anonime in un mese: sono
moltissime. Fate rispondere?".
Gli dissi che rispondevo personalmente a tutti e nella
rubrica "Il Direttore risponde" e, in gran parte direttamente.
"Ho constatato che, cos� facendo, si ottiene una
grande pubblicit�. Chi riceve, specie in un piccolo centro, una lettera
personale del direttore, la fa vedere a pi� persone. Automaticamente diventa
un fedele propagandista". Mussolini prese il pacchetto delle lettere
che gli avevo portato insieme con altre cose. Gli feci osservare che avevo
diviso le missive in tre gruppi. Volle tenerle tutte.
"Se avr� tempo, le legger� stasera".
Intanto apr� tre lettere che avevo messo pi� in vista:
una di una signora che abitava presso Torino; un'altra di un giovane volontario,
Puni, di Torino; la terza di una personalit� ligure.
"Ringrazierete la signora e il ragazzo. Lasciatemi
l'altra: far� rispondere direttamente. Avete qualche cosa ancora da dirmi?".
"Ho due collaboratori, un fascista e un vecchio
socialista fiorentino...".
Mussolini mi disse subito i nomi di entrambi e aggiunse:
"Fate loro i miei elogi. Dite loro che leggo gli articoli che scrivono,
con interesse".
Ebbi l'impressione che l'udienza fosse per finire.
Mussolini aveva riaperta la raccolta del giornale e, in ultimo, aveva
trovato le copie del giornale "Il Monarchico", che avevo stampato
alla macchia facendo finta fosse l'organo di un gruppo monarchico "C.
Cavour" di Torino, e una copia del "Grido di Spartaco",
che avevo stampato clandestinamente. Mussolini rise, ed esclam�: "Mi
sono piaciuti. Anche per questo lavoro vi elogio".
Allora mi feci animo: "Duce, permettete che vi
rivolga qualche domanda?".
Mussolini si alz�. Mi venne vicino. Guardandomi negli
occhi, con un accento e un'espressione che non dimenticher� mai, mi chiese
d'improvviso:
-
"Intervista o testamento?".
-
***
-
A quella domanda inaspettata io rimasi esterrefatto. Non seppi cosa rispondere.
Non sfugg� la mia emozione a Mussolini, che cerc� di dissipare la mia
confusione con un sorriso bonario. Sedetevi qui. Ecco una penna
e della carta. Sono disposto a rispondere alle domande che mi farete.
In preda ad una grande agitazione , mi sedetti alla
sua sinistra. La sua mano era vicina alla mia. Molte idee mi si affollavano
nella mente, ma tutte imprecise. Finalmente formulai una domanda assai
generica: Qual � il vostro pensiero, quali sono i vostri ordini,
in questa situazione?. Invece di ordini dissi disposizioni;
ma siccome nel testo dellintervista, che il giorno dopo Mussolini
rivide, corresse e sigl�, sta scritto ordini, lasci� lespressione
chegli stesso approv�. Debbo aggiungere che, quantunque io abbia
preso nota con la maggiore attenzione possibile di quanto Mussolini mi
andava dicendo, non ho potuto, nelle giornate che seguirono il colloquio,
riferirlo con esattezza minuta, rigorosa.
Solo a distanza di tempo, oggi, ricordo bene; con assoluta
precisione. Perci� posso completare ci� che non mi fu possibile allora.
Ecco il perch� di queste note, delle note che seguiranno.
Alla mia domanda, Mussolini, a sua volta domand�:
Voi cosa fareste?.
Debbo aver accennato un gesto istintivo di sorpresa.
Mussolini mi tocc� il braccio, e sorrise di nuovo: Non vi stupite.
Faccio questa domanda a tutti. Desidero sentire il vostro parere.
Duce, non sarebbe bello formare un quadrato attorno
a voi e al gagliardetto dei Fasci e aspettare, con le armi in pugno, i
nemici? Siamo in tanti, fedeli, armati....
Certo, sarebbe la fine pi� desiderabile... ma
non � possibile fare sempre ci� che si vuole. Ho in corso delle trattative.
Il Cardinale Schuster fa da intermediario. Non sar� versata una goccia
di sangue.
Veramente disse: Ho lassicurazione che
non sar� versata una goccia di sangue.
Un trapasso di poteri. Per il governo, il passaggio
fino in Valtellina, dove Onori sta preparando gli alloggiamenti. Andremo
anche noi in montagna per un po di tempo.
Osai interromperlo: Vi fidate, Duce, del Cardinale?.
Mussolini alz� gli occhi e fece un gesto vago con le
mani.
E viscido. Ma non posso dubitare della
parola di un Ministro di Dio. E la sola strada che debbo prendere.
Per me �, comunque, finita. Non ho pi� il diritto di esigere sacrifici
dagli italiani.
Ma noi vogliamo seguire la vostra sorte....
Dovete ubbidire. La vita dellItalia non
termina in questa settimana o in questo mese.
LItalia si risollever�. E questione di anni, di decenni, forse.
Ma risorger�, e sar� di nuovo grande, come lavevo voluta io.
Dopo una brevissima pausa, continu�:
Allora sarete ancora utili per il Paese. Trasmetterete
ai figli e ai nipoti la verit� della nostra idea, quella verit� che �
stata falsata, svisata, camuffata da troppi cattivi, da troppi malvagi,
da troppi venduti e anche da qualche piccola aliquota di illusi.
Forse Mussolini non disse: troppi. Ho limpressione
che dicesse solo: malvagi e venduti. Quando rilesse le righe
che seguono, le segn� a lato; e fece un gesto con la testa come per farmi
comprendere che lespressione non gli era troppo piaciuta. Tuttavia
non la cancell�.
La sua voce aveva i toni metallici che tante volte
avevo udito nei suoi discorsi. Poi, con fare pi� pacato, continu�:
Dicono che ho errato, che dovevo conoscere meglio
gli uomini, che ho perduta la testa, che non dovevo dichiarare la guerra
alla Francia e allInghilterra. Dicono che mi sarei dovuto ritirare
nel 1938. Dicono che non dovevo fare questo, e che non dovevo fare quello.
Oggi � facile profetizzare il passato.
Ho una documentazione che la storia dovr� compulsare
per decidere. Voglio solo dire che, a fine maggio e ai primi di giugno
del 1940 se critiche venivano fatte erano per gridare allo scandalo di
una neutralit� definita ridicola, impolitica, sorprendente. La Germania
aveva vinto. Noi non solo non avremmo avuto alcun compenso; ma saremmo
stati certamente, in un periodo di tempo pi� o meno lontano, invasi e
schiacciati.
Mussolini mi disse di far risaltare che le frasi da
lui sottolineate riguardavano i discorsi della gente. Egli stesso sottoline�
con segno pi� forte lespressione: La Germania aveva vinto,
con tutto ci� che segue.
E cosa fa Mussolini? Quello si � rammollito.
Unoccasione doro cos�, non si sarebbe mai pi� ripresentata.
Cos� dicevano tutti e specialmente coloro che adesso gridano che si doveva
rimanere neutrali e che solo la mia megalomania e la mia libidine di potere,
e la mia debolezza nei confronti di Hitler aveva portato alla guerra.
La verit� � una: non ebbi pressioni da Hitler.
Hitler aveva gi� vinta la partita continentale. Non aveva bisogno di noi.
Ma non si poteva rimanere neutrali se volevamo mantenere quella posizione
di parit� con la Germania che fino allora avevamo avuto. I patti con Hitler
erano chiarissimi. Ho avuto ed ho per lui la massima stima. Bisogna distinguere
fra Hitler ed alcuni suoi uomini pi� in vista....
A queste considerazioni Mussolini ne aggiunse varie
altre. Questa d esempio:
Ho parlato sempre col F�hrer della sistemazione
dellEuropa e dellAfrica. Non abbiamo mai avuto divergenze
di idee. Gi� allepoca delle trattative per lo sgombero dellAlto
Adige, controprova indiscutibile delle sue oneste e solidali intenzioni,
il F�hrer dimostr� buon volere e comprensione.
La sistemazione dellEuropa avrebbe dovuto attuarsi
in questo modo:
LEuropa divisa in due grandi zone di influenza:
nord e nord-est influenza germanica, sud, sud-est e sud-ovest influenza
italiana. Cento e pi� anni di lavoro per la sistemazione di questo piano
gigantesco. Comunque, cento anni di pace e di benessere. Non dovevo forse
vedere con speranza e con amore una soluzione di questo genere e di questa
portata?
In cento anni di educazione fascista e di benessere
materiale il Popolo italiano avrebbe avuto la possibilit� di ottenere
una forza di numero e di spirito tale da controbilanciare efficacemente
quella oggi preponderante della Germania.
Una forza di trecento milioni di europei, di
veri europei, perch� mi rifiuto di definire gli agglomerati balcanici
e quelli di certe zone della Russia anche nelle stesse vicinanze della
Vistola; una forza materiale e spirituale da manovrare verso leventuale
nemico di Asia o di America.
Solo la vittoria dellAsse ci avrebbe dato
diritto di pretendere la nostra parte dei beni del mondo, di quei beni,
che sono in mano a pochi ingordi e che sono la causa di tutti i mali,
di tutte le sofferenze e di tutte le guerre.
La vittoria delle Potenze cosiddette alleate non dar�
al mondo che una pace effimera e illusoria.
Per questo voi, miei fedeli, dovete sopravvivere
e mantenere nel cuore la fede. Il Mondo, me scomparso, avr� bisogno ancora
dellIdea che � stata e sar� la pi� audace, la pi� originale e la
pi� mediterranea ed europea delle idee.
Non ho bluffato quando affermai che lIdea
Fascista sar� lIdea del secolo XX. Non ha assolutamente importanza
una eclissi anche di un lustro, anche di un decennio. Sono gli avvenimenti
in parte, in parte gli uomini con le loro debolezze, che oggi provocano
questa eclissi. Indietro non si pu� tornare. La Storia mi dar� ragione.
A questo punto Mussolini tacque. Scosse alcune volte
la testa come per scacciare un pensiero molesto. Quando, due giorni dopo,
gli portai il dattiloscritto di queste dichiarazioni, fece in pi� punti,
specie l� ove mi aveva parlato di una forza di trecento milioni di europei,
di veri europei, alcuni segni di distacco: segni di lapis.
Mi disse che avevo dimenticato molte cose importanti. Oggi le ricordo
benissimo tutte.
Mussolini parl� della sua presa di posizione nel 1933-34
fino ai colloqui di Stresa (aprile 35). Afferm� che la sua azione
non era stata interamente compresa e tanto meno seguita n� dallInghilterra
n� dalla Francia. E soggiunse: Siamo stati i soli ad opporci ai
primi conati espansionistici della Germania. Mandai le divisioni al Brennero;
ma nessun gabinetto europeo mi appoggi�. Impedire alla Germania di rompere
lequilibrio continentale ma nello stesso tempo provvedere alla revisione
dei trattati; arrivare ad un aggiustamento generale delle frontiere fatto
in modo da soddisfare la Germania nei punti giusti delle sue rivendicazioni,
e cominciare col restituirle le colonie; ecco quello che avrebbe impedito
la guerra. Una caldaia non scoppia se si fa funzionare a tempo una valvola.
Ma se invece la si chiude ermeticamente, esplode. Mussolini voleva la
pace e questo gli fu impedito.
Dopo qualche istante di silenzio ardii chiedergli:
Avete detto che leventuale vittoria dei
nostri nemici non potr� dare una pace duratura. Essi nella loro propaganda
affermano...
Indubbiamente abilissima propaganda, la loro.
Sono riusciti a convincere tutti. Io stesso a volte....
Mussolini sottoline� la frase: Io stesso, a volte...
e sorrise. Pos� il lapis sul tavolo e sollev� due o tre volte le mani
fino allaltezza delle tempie. Poi, parlando lentamente e staccando
le sillabe, aggiunse:
Qualunque cosa detta da loro � la verit�. Mi
sono chiesto la ragione di questa specie di ubriacatura collettiva. Sapete
che cosa ho concluso?.
Alz� il capo e mi fiss�. E prosegu�: Ho concluso
che ho sopravvalutato lintelligenza delle masse. Nei dialoghi che
tante volte ho avuto con le moltitudini, avevo la convinzione che le grida
che seguivano le mie domande fossero segno di coscienza, di comprensione,
di evoluzione. Invece, era isterismo collettivo....
Ma il colmo � che i nostri nemici hanno ottenuto
che i proletari, i poveri, i bisognosi di tutto, si schierassero anima
e corpo dalla parte dei plutocrati, degli affamatori, del grande capitalismo.
Mussolini ha segnato fortemente queste righe. Sono
convinto di non aver saputo riferire bene tutto il suo pensiero. Mi disse:
Non avete detto tutto. Avete rimpicciolito la
mia idea. Ne riparleremo....
Invece, non ci fu pi� n� tempo e n� modo di riparlarne.
Pochi giorni dopo, fu Dongo, fu lesecuzione, fu Piazzale Loreto.
-
***
-
La vittoria degli alleati riporter� indietro la linea
del fronte delle rivendicazioni sociali. La Russia? Il capitalismo di
stato russo (credo superfluo insistere sulla parola bolscevismo) � la
forma pi� spinta e meno socialista di un ibrido capitalismo, che si pu�
solamente sostenere in Russia, appoggiato allignoranza, al fatalismo
e alle storie di cosacchi, che hanno lasciato lo knut per
il mitra.
-
Questo capitalismo russo dovr� cozzare fatalmente con il capitalismo anglosassone.
Sar� allora che il Popolo italiano avr� la possibilit� di risollevarsi
e di imporsi. Luomo che dovr� giocare la grande carta....
Sarete voi, Duce....
Sar� un giovane. Io non sar� pi�. Lasciate passare
questi anni di bufera. Un giovane sorger�. Un puro. Un capo che dovr�
immancabilmente agitare le idee del fascismo. Collaborazione e non lotta
di classe; carta del Lavoro e socialismo; la propriet� sacra fino a che
non diventi un insulto alla miseria; cura e protezione dei lavoratori,
specialmente dei vecchi e degli invalidi; cura e protezione della madre
e dellinfanzia....
Mussolini volle sottolineare queste frasi programmatiche.
Mi disse pi� precisamente: Onora il padre e la
madre. Depose il lapis col quale segnava le correzioni sul dattiloscritto
e si pass� una mano sulla fronte. Poi, dopo un attimo di silenzio soggiunse:
A volte si torna indietro nel tempo. E pur grande la nostalgia
del tepore sicuro del petto materno. E continu�: assistenza fraterna
ai bisognosi; moralit� in tutti i campi; lotta contro lignoranza
e contro il servilismo verso i potenti; potenziamento, se si sar� ancora
in tempo, dellautarchia, unica nostra speranza fino al giorno utopistico
della suddivisione fra tutti i popoli delle materie prime che Iddio ha
dato al mondo; esaltazione dello spirito di orgoglio di essere italiano;
educazione in profondit� e non, purtroppo, in superficie come � avvenuto
per colpa degli avvenimenti e non per deficienza ideologica.
Verr� il giovane puro che trover� i nostri postulati
del 1919 e i punti di Verona del 1943: freschi e audaci e degni di essere
seguiti. Il Popolo allora avr� aperto gli occhi e lui stesso decreter�
il trionfo di quelle idee. Idee che troppi interessati non hanno voluto
che comprendesse ed apprezzasse e che ha creduto fossero state fatte contro
di lui, contro i suoi interessi morali e materiali....
Anche qui Mussolini trov� che non avevo detto tutto
quanto egli aveva espresso. Nella riga in cui si registravano le sue parole
a proposito della utopistica suddivisione delle materie prime fra i popoli
della Terra, corresse un errore madornale. Arrossii. Egli se ne accorse
e rise. Poi disse: Quando vi si incolpa di avere sbagliato, dite
pure che Mussolini sbaglia dodici volte al giorno!. Quindi prosegu�:
Abbiamo avuto diciotto secoli di invasioni e di miserie, e di denatalit�
e di servaggio, e di lotte intestine e di ignoranza. Ma, pi� di tutto,
di miseria e di denutrizione. Venti anni di Fascismo e settanta di indipendenza
non sono bastati per dare allanima di ogni italiano quella forza
occorrente per superare la crisi e per comprendere il vero. Le eccezioni,
magnifiche e numerosissime non contano.
Questa crisi, cominciata nel 1939, non � stata
superata dal popolo italiano. Risorger�, ma la convalescenza sar� lunga
e triste e guai alle ricadute. Io sono come il grande clinico che non
ha saputo fare la cura... .
Qua corresse: cura. (Io avevo scritto:
diagnosi). Ci pens� su un attimo, poi aggiunse: la diagnosi era
giusta!. Mi guard�. Mi disse: aggiungeremo qualche altra considerazione....
...esatta e che non ha pi� la fiducia dei familiari
dellimportante degente. Molti medici si affollano per la successione.
Molti di questi sono gi� conosciuti per inetti; altri non hanno che improntitudine
o gola di guadagno. Il nuovo dottore deve ancora apparire. E quando sorger�,
dovr� riprendere le ricette mie. Dovr� solo saperle applicare meglio.
Un accusatore dellammiraglio Persano, al
quale fu chiesto che colpa, secondo lui, aveva lAmmiraglio: quella
di aver perduto rispose.
Cos� io. Ho qui delle tali prove di aver cercato
con tutte le mie forze di impedire la guerra che mi permettono di essere
perfettamente tranquillo e sereno sul giudizio dei posteri e sulle conclusioni
della Storia.
Nel dire ho qui tali prove, indic� una
grande borsa di cuoio. Mi sembra, delle tre, fosse quella di pelle gialla.
Poi tocc� una cassetta di legno......
"Non so se Churchill �, come me, tranquillo e
sereno. Ricordatevi bene: abbiamo spaventato il mondo dei grandi affaristi
e dei grandi speculatori. Essi non hanno voluto che ci fosse data la possibilit�
di vivere. Se le vicende di questa guerra fossero state favorevoli all'Asse,
io avrei proposto al Fuehrer, a vittoria ottenuta, la socializzazione
mondiale".
Mussolini sorrise lievemente quando parl� della sua
serenit� e tranquillit�. Sorrise di nuovo quando fece cenno a Churchill.
Il sorriso si mut� in una smorfia di disprezzo allorch� parl� degli affaristi
e degli speculatori.
"La socializzazione mondiale, e cio�: frontiere
esclusivamente a carattere storico; abolizione di ogni dogana; libero
commercio fra paese e paese, regolato da una convenzione mondiale; moneta
unica e, conseguentemente, l'oro di tutto il mondo di propriet� comune
e cos� tutte le materie prime, suddivise secondo i bisogni dei diversi
paesi; abolizione reale e radicale di ogni armamento".
"Colonie: quelle evolute erette a Stati indipendenti;
le altre, suddivise fra quei paesi pi� adatti per densit� di popolazione,
o per altre ragioni, a colonizzare ed a civilizzare; libert� di pensiero
e di parola e di scritto regolate da limiti: la morale, per prima cosa,
ha i suoi diritti".
Mussolini disse precisamente: "Libert� di pensiero,
di parola e di stampa? S�, purch� regolata e moderata da limiti giusti,
chiaramente stabiliti. Senza di che, si avrebbe anarchia e licenza. E
ricordatevi, sopra tutto la morale deve avere i suoi diritti".
"Ogni religione liberissima di propagandarsi:
siamo stati i primi, i soli, a ridare lustro e decoro e libert� e autorit�
alla Chiesa cattolica. Assistiamo a questo straordinario spettacolo: la
stessa Chiesa alleata ai suoi pi� acerrimi nemici".
Mussolini aveva dettato: "alla Chiesa". Poi
aggiunse: "cattolica". Quindi spieg�: "La Chiesa cattolica
non vuole, a Roma, un'altra forza. La Chiesa preferisce degli avversari
deboli a degli amici forti. Avere da combattere un avversario, che in
fondo non la possa spaventare e che le permetta di avere a disposizione
degli argomenti coi quali ravvivare la fede, � indubbiamente un vantaggio".
Strinse le mani assieme e prosegu�: "Diplomazia abile, raffinata.
Ma, a volte, � un gran danno fare i superfurbi. Con la caduta del fascismo,
la Chiesa cattolica si ritroverebbe di fronte a nemici d'ogni genere:
vecchi e nuovi nemici. E avrebbe cooperato ad abbattere un suo vero, sincero
difensore".
"Nel sud, nelle zone cos� dette liberate, l'anticlericalismo
ha ripreso in pieno il suo turpe lavoro. L'Asino �, in confronto a pubblicazioni
di questi ultimi tempi, un bollettino parrocchiale".
"Anche in questo campo, gli stessi uomini che
oggi non vogliono vedere, saranno unanimi a deprecare la loro pazzia o
la loro malafede. Se la vittoria avesse arriso a noi, questo programma
avrei offerto al mondo e ancora una volta, sarebbe stata Roma a dare la
luce all'Umanit�".
A questo punto Mussolini tacque. Si alz� e si avvicin�
alla finestra. Avevo cercato di fissare gli appunti nel modo il pi� esatto
possibile, tenendo dietro a mala pena alle sue parole, specie quando la
foga del discorso gli faceva affrettare la velocit� dell'espressione.
Le cartelle erano oramai pi� di trenta. Finalmente Mussolini si distacc�
dalla finestra. Si rivolse di nuovo a me e riprese: "Mi dissero che
non avrei dovuto accettare, dopo l'armistizio di Badoglio e la mia liberazione,
il posto di Capo dello Stato e del governo della Repubblica Sociale. Avrei
dovuto ritirarmi in Svizzera, o in uno Stato del sud America. Avevo avuto
la lezione del 25 luglio. Non bastava, forse? Era libidine di potere,
la mia? Ora chiedo: avrei dovuto davvero estraniarmi?".
Nell'esemplare del dattiloscritto dell'intervista che
gli presentai all'indomani, Mussolini sottoline� energicamente le frasi
interrogative.
"Ero fisicamente ammalato. Potevo chiedere,
per lo meno, un periodo di riposo. Avrei visto lo svolgersi degli avvenimenti.
Ma cosa sarebbe successo?".
"I tedeschi erano nostri alleati. L'alleanza era
stata firmata e mille volte si era giurata reciproca fedelt�, nella buona
e nella cattiva a sorte. I tedeschi, qualunque errore possano aver commesso
erano, l'otto settembre, in pieno diritto di sentirsi e calcolarsi traditi".
"I "traditori" del 1914 erano gli stessi
del 1943. Avevano il diritto di comportarsi da padroni assoluti. Avrebbero
senz'altro nominato un loro governo militare di occupazione. Cosa sarebbe
successo? Terra bruciata. Carestia, deportazioni in massa, sequestri,
moneta di occupazione, lavori obbligatori. La nostra industria, i nostri
valori artistici, industriali, privati, tutto sarebbe stato bottino di
guerra".
"Ho riflettuto molto. Ho deciso ubbidendo all'amore
che io ho per questa divina adorabile terra. Ho avuta precisissima la
convinzione di firmare la mia sentenza di morte. Non avevo importanza
pi�. Dovevo salvare il pi� possibile vite ed averi, dovevo cercare ancora
una volta di fare del bene al Popolo d'Italia E la moneta di occupazione,
i marchi di guerra, che gi� erano stati messi in circolazione, sono stati
per mia volont� ritirati. Ho gridato. Oggi saremmo con miliardi di carta
buona per bruciare".
"Invece nel Sud, i governanti legali, hanno accettato
le monete di occupazione. La nostra lira nel regno del Sud non ha praticamente
pi� valore. La pi� tremenda delle inflazioni delizia quelle regioni cos�
dette liberate. Quando arrivammo nel Nord, in questo Nord che la Repubblica
Sociale ha governato malgrado bombardamenti, interruzioni di strade, azioni
di partigiani e di ribelli, malgrado la mancanza di generi alimentari
e di combustibili, in questo Nord dove il pane costa ancora quanto costava
diciotto mesi fa e dove si mangia alle Mense del Popolo anche a otto lire,
quando arriveranno a liberare il Nord, porteranno, con altri mali, la
inflazione. Il pane salir� a 100 lire il chilo e tutto sar� in proporzione...".
Credo di aver qui reso abbastanza bene il pensiero di Mussolini perch�
all'indomani, rileggendo queste cartelle egli approvava con frequenti
cenni del capo.
"Mi sono imposto e ho avuto uomini che mi hanno
ubbidito. Non si � stampato che il minimo occorrente, di moneta. Ho per�
autorizzato le banche ad emettere degli assegni circolari, questi tanto
criticati assegni. Non sono tesaurizzabili: ecco la loro importanza. La
lira-moneta automaticamente viene richiesta, acquista credito, le rendite
e i consolidati sono a 120, e dobbiamo frenare un ulteriore aumento. Tutto
questo, ho fatto". "Ho impedito che i macchinari venissero trasportati
in Baviera. Ho cercato di far tornare migliaia di soldati deportati, di
lavoratori rastrellati. Anche su questo punto, occorre parlar chiaro:
ho dei dati inoppugnabili".
"Oltre trecentosessantamila lavoratori hanno chiesto
volontariamente di andar a lavorare in Germania, e hanno mandato, in quattro
anni, alcuni miliardi alle famiglie. Altri trecentoventimila operai sono
stati arruolati dalla Todt. ( Dalla Germania sono tornati oltre quattrocentomila
soldati ed ufficiali prigionieri, o perch� hanno optato per noi, o per
mio personale interessamento secondo i casi pi� dolorosi".
"Ho impedito molte fucilazioni anche quando erano
giuste. Ho cercato, con tre decreti di amnistia e di perdono di procrastinare
il pi� possibile le azioni repressive che i Comandi germanici esigevano
per avere le spalle dei combattenti protette e sicure. Ho distribuito
a povera gente, senza informarmi delle idee dei singoli, molti milioni.
Ho cercato di salvare il salvabile. Fino ad oggi l'ordine � stato mantenuto:
ordine nel lavoro, ordine nei trasporti, nelle citt�".
"I ribelli ci sono. Sono molti; ma, salvo qualche
aliquota di illusi, la grande massa � composta di renitenti, di disertori,
di evasi dalle galere e dai penitenziari. Gli alleati sanno perfettamente
questo, ma sanno anche che queste formazioni sono utilissime per i loro
sforzi di guerra. Poi, a liberazione avvenuta, succeder� come in Grecia.
Sul vostro giornale avete messa in giusta evidenza la disperata trasmissione
dei partigiani greci in lotta contro i liberatori inglesi".
Era stata captata una radiotrasmissione clandestina
di partigiani greci in lotta contro i britannici. Detti risalto alla notizia,
e feci distribuire alcune migliaia di copie del giornale nelle zone partigiane.
"Dovevo, di fronte ad una situazione che vedevo tragicamente precisa,
disertare il mio posto di responsabilit�? Leggete: sono i giornali del
Sud. Mussolini prigioniero dei tedeschi. Mussolini impazzito. Mussolini
ammalato. Mussolini con la sua favorita. Mussolini con la paralisi progressiva.
Mussolini fuggito in Brasile". Mussolini mi mostrava i ritagli. Ne
leggeva i titoli ad alta voce. Ogni volta, dopo aver scandito le sillabe
di ogni titolo, sollevava gli occhi per vedere la mia reazione. Poi strinse
il pugno e lo batt� con energia sul tavolo.
"Invece sono qui, al mio posto di lavoro, dove
mi troveranno i vincitori. Lavorer� anche in Valtellina. Cercher� che
il mondo sappia la verit� assoluta e non smentibile di come si sono svolti
gli avvenimenti di questi cinque anni. La verit� � una".
"Ma c'� � ancora una speranza? Ci sono le armi
segrete?".
"Ci sono. Se non fosse avvenuto l'attentato contro
Hitler nell'estate scorsa, si avrebbe avuto il tempo necessario per la
messa in azione di queste armi. Il tradimento anche in Germania ha provocato
la rovina, non di un partito, ma della patria".
Pi� esattamente Mussolini disse: "Ci sono:
sarebbe ridicolo e imperdonabile bluffare".
E quando pronunci� la parola "tradimento"
esclamai: "Ma noi vi siamo stati e vi saremo sempre fedeli".
Egli, allora, mi pose la mano sul braccio e mi disse con accento triste:
"Quanti giuramenti! Quante parole di fedelt� e di dedizione! Oggi
solo vedo chi era veramente fedele, chi era veramente fascista! Siete
voialtri, sempre gli stessi fedeli delle ore belle e delle ore gravi.
Facile era osannare nel 1938! Ho una tale documentazione di persone che
non sapevano pi� che fare per piacermi! E al primo apparire della tempesta,
prima si sono ritirati prudentemente per osservare lo svolgersi degli
avvenimenti. Poi si sono messi dalla parte avversaria. Che tristezza.
Ma che conforto, finalmente, poter vedere che vi sono i puri, i veri,
i sinceri. Tradire l'idea... tradire me... ma tradire la Patria".
Quindi, proseguendo a parlare delle armi segrete tedesche,
dichiar�: "Le famose bombe distruttrici sono per essere approntate.
Ho, ancora pochi giorni fa, avuto notizie precisissime. Forse Hitler non
vuole vibrare il colpo che nella assoluta certezza che sia decisivo".
"Pare che siano tre, queste bombe e di efficacia
sbalorditiva. La costruzione di ognuna � tremendamente complicata e lunga.
Anche il tradimento della Romania ha influito, in quanto la mancanza della
benzina � stata la pi� terribile delle cause della perdita della supremazia
aerea. Venti, trentamila apparecchi fermi o distrutti al suolo. Mancanza
di carburante. La pi� tremenda delle tragedie".
"Duce, pensate che inglesi e americani possano
vedere i russi arrivare nel cuore dell'Europa? Non sar� possibile una
presa di posizione...?".
"I carri armati che penetrano nella Prussia Orientale
sono di marca americana".
A questo punto Mussolini volle precisare che non riteneva,
oramai, pi� possibile sperare in un capovolgimento del fronte. Disse anche:
"Forse Hitler si illude". Poi aggiunse: "Eppure, si sarebbe
ancora in tempo, se ...". Alz� le sopracciglia, fece un ampio gesto
con le mani, come per farmi capire: "Tutto � possibile". Quindi
riprese: "Il compito degli alleati � di distruggere l'Asse. Poi...".
"Poi?". "Ve l'ho detto. Scoppier� una
terza guerra mondiale. Democrazie capitalistiche contro bolscevismo capitalistico.
Solo la nostra vittoria avrebbe dato al mondo la pace con la giustizia.
Mi , hanno tanto rinfacciata la forma tirannica di disciplina che imponevo
agli italiani. Come la rimpiangeranno. E dovr� tornare se gli italiani
vorranno essere ancora un Popolo e non un agglomerato di schiavi"
.
"E gli italiani la vorranno. La esigeranno. Cacceranno
a furor di popolo i falsi pastori, i piccoli malvagi uomini asserviti
agli interessi dello straniero. Porteranno fiori alle tombe dei martiri,
alle tombe dei caduti per un'idea che sar� la luce e la speranza del mondo.
Diranno, allora, senza piaggeria, e senza falsit�: Mussolini aveva ragione".
Mussolini a questo punto prese le cartelle dove avevo
messo gli appunti.
"Non farete un articolo. Riprendete da questi
appunti quello che vi ho detto. Dopodomani mattina mi porterete il dattiloscritto.
Se ne avr� tempo riprenderemo fra qualche giorno questo lavoro".
Dissi al Duce che in anticamera era il mio redattore
capo, gi� direttore di un settimanale di Brescia. Mussolini lo fece chiamare.
Rimanemmo ancora dieci minuti in udienza.
Ho terminato stanotte, 21-22 aprile queste note, che
porter� domani al Duce. Per mancanza di carta, ho dovuto scrivere le ultime
quattro cartelle al rovescio delle prime quattro.
Spero di aver interpretato il pensiero del Duce. Viva
Mussolini! Viva la Repubblica Sociale! Viva il Fascismo!
Terminata la dettatura entr� il redattore capo sottotenente
Lucarini. Mussolini si intrattenne con noi ridendo e scherzando per circa
un quarto d'ora. Quando uscimmo nell'anticamera, fummo circondati da gerarchi
e camerati. Vittorio Mussolini volle vedere la fotografia. Mezzasoma disse:
"E' ben raro che egli scriva delle dediche cos�".
Dopo di che mi accinsi al lavoro. Lavorai tutta la
notte al giornale. Quel numero del 21 aprile, per�, non usc� pi�. La notte
seguente misi in ordine gli appunti. Lavorai come potei. Tre allarmi aerei;
tre volte la luce si spense. La mattina del 22, alle 11, tornai in Prefettura.
Mussolini era fuori.
Fece ritorno alle 12,40. Attravers� l'anticamera con
passo rapido. Rispose con aria stanca ai nostri saluti. Quando fu sulla
soglia della sua stanza da lavoro, si volt� e mi fece cenno di attendere.
Barracu, dopo una decina di minuti, mi introdusse da
lui. Stava mangiando. Avevano portato un "cabaret" con una zuppiera.
Sorb� alcune cucchiaiate di minestra. Mangi� un po' di verdura, un pezzettino
di lesso, due patate e una carota bollita. Poi una mela. Bevve due dita
di acqua minerale. Quindi si volse verso di me, e mi disse: "Fatemi
vedere il vostro lavoro". Scost� delle carte. Lesse con attenzione,
lentamente. Il suo volto aveva visibili tracce di stanchezza. Alla distanza
di sole quarantott'ore, sembrava molto invecchiato. Corresse e tracci�
molti segni, come risulta dal dattiloscritto. Alla fine mi disse: "Va
bene. Ci rivedremo forse in questi giorni. Qualunque cosa accada, non
fate vedere ad alcuno questo scritto. Se dovesse accadere il crollo, per
tre anni tenetelo nascosto. Poi fate voi, secondo le vicende e secondo
il vostro criterio. Ora andate".
Salutai senza poter dire una parola. Mi sorrise e fece
un gesto di arrivederci. Uscii dalla Prefettura con l'animo in tumulto.
Non dovevo pi� rivederlo.
Milano, 22 aprile 1945