SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
MASIMO D'AZEGLIO

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Massimo d'Azeglio, nacque a Torino il 24 ottobre 1798 dal marchese Tapparelli d'Azeglio e da Cristina Morozzo di Bianz�, dopo i fratelli Roberto, Prospero, Luigi ed Enrico che si spense giovanissimo. 

Bambino, visse esule con la famiglia a Firenze, durante l'occupazione francese del Piemonte e, dopo la caduta di Napoleone, frequent� giovanissimo l'Universit� di Torino. Era stato sottoposto ad educazione severa e, nell'acquistata libert�, reag�, vivendo in modo disordinato. Torn� a Torino e fu sottotenente di cavalleria nel reggimento Piemonte Reale. Sent� ben presto vocazione alla pittura e per educarsi all'arte, torn� a Roma per studiare pittura sotto il Verstappen. Non contento di esercitarsi con il pennello, tesseva poemi cavallereschi, tragedie e commedie.

 

Intanto si andava formando in lui l'uomo d'ordine, di disciplina, nemico di ogni furberia e d'ogni violenza, l'uomo della legalit�, tanto che n� le notizie dei moti di Napoli n� quelle dei moti del Piemonte lo commossero troppo.

Educato dal contatto di uomini d'ogni classe sociale e specialmente dalla conoscenza di popolani, egli, che gi� da bambino si era a Firenze "spiemontizzato", fin� col farsi veramente italiano. La passione politica nacque in lui tra il 1843 e il 1844in seguito alla freuqentazione del cugino Cesare Balbo, che incoraggi� a scrivere le "Speranze d'Italia". Alla fine del 1844 Massimo d'Azeglio � a Roma, chiamatovi da un amico; per un'ironia della sorte, colui che sarebbe diventato nemico delle sette e delle societ� segrete si trov� ad avere convegni segreti con alcuni patrioti che l'invitavano a capeggiare, nientemeno che il movimento liberale, il quale, dopo le ultime fallite insurrezioni, era disunito e sbandato. Massimo accett� e in un avventuroso viaggio di esplorazione, con l'apparenza di un divertimento turistico per scopi d'arte, visit� la Romagna, le Marche, la Toscana, e conobbe cos� l'Italia carbonara e mazziniana; ad essa predic� per� la distruzione delle sette, la necessit� della silenziosa disciplina, la fiducia in Carlo Alberto, la pazienza dell'attesa.

Il moto scoppiato a Rimini nel settembre del 1845 diede occasione a d'Azeglio di entrare arditamente e apertamente nella lotta: il suo opuscolo "Gli Ultimi casi di Romagna" (stampato a Torino nel 1846) scoppi� come una bomba: disapprovazione delle congiure segrete ed esortazione agli Italiani a confidare, appunto, in Carlo Alberto, il solo principe disposto a combattere contro l'Austria. Inoltre, con questo strumento, d'Azeglio cercava di dimostrare la necessit� di un nuovo metodo di lotta per la liberazione nazionale, fondato non pi� sulle societ� segrete, ma su una specie di "cospirazione alla luce del sole".

Alla morte di Gregorio XVI, d'Azeglio corse nuovamente a Roma, dove fu testimone degli entusiasmi per Pio IX e partecip� alle speranze di tutti: era il momento giusto per l'idea liberale, moderata, legalitaria. Egli invocava i principi a cooperare strettamente uniti, con politica moderata, per il bene della nazione, su basi di verit� e giustizia, promovendo l'educazione morale degli Italiani, ma l'inazione di Carlo Alberto, sul quale egli contava molto, lo deluse fortemente.

Gli fu offerta la presidenza del Ministero toscano, ma dopo la pubblicazione di una delle sue opere fu allontanato da Firenze. Successivamente, a Torino, nella discussione che si faceva tra chi voleva riprendere la guerra e chi voleva la pace, egli fu per la pace, e per questo motivo non accett� l'offerta fattagli dal re di formare il ministero. Solo dopo Novara accolse l'invito di re Vittorio Emanuele e il 7 maggio 1849 fu nominato presidente del consiglio. Avrebbe governato dal 1849 al 1852, proponendosi come obiettivi primari la pace con l'Austria, l'intesa con la Francia e l'Inghilterra, la difesa della costituzione, riforme interne. Quando la nuova camera eletta nel '49 si dimostr� ostile alla pace e non approv� il trattato di pace egli ne ottenne lo scioglimento dal re. Pochi mesi dopo lo Statuto fu salvo; tuttavia con l'elezione del Rattazzi alla presidenza della Camera, d'Azeglio present� le dimissioni. Egli lasci� cos� la vita politica rattristato un po' dai cambiamenti nella situazione e nell'opinione pubblica: poteva per� dirsi soddisfatto d'aver conservato lo Statuto.

Successivamente partecip� ancora attivamente alla vita politica ma ben presto si rese conto di essere troppo lontano dalle correnti dominanti: era un solitario, trascurato ed incompreso. Si dedic� cos� all'educazione degli Italiani attraverso le sue opere letterarie.

vedi anche LETTERATURA - M. D'AZEGLIO - in STORIA D'ITALIA


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